Bloc Notes |
In margine alle critiche alla nuova “legge sui maltrattamenti” |
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Ora che tutto è concluso, vorrei raccontare di un piccolo fatto accaduto dopo la smagliante stesura del ddl approvato alla Camera nel gennaio dello scorso anno. Sì, parlo di quel ddl che ancora abita nel “Parco del Rimpianto” di molti animalisti, quel ddl che molti hanno visto come esempio fulgido di legislazione contro i maltrattamenti. Uno di noi, leggendo quel testo è sobbalzato sulla sedia. Ha visto ciò che ad altri era sfuggito. Precisamente l’art. 727-bis (Capo II – Disposizioni Comuni) che così recitava: “Chiunque produce importa o esporta o espone al pubblico videoriproduzioni o materiali qualsiasi contenenti scene o immagini relative a delitti contro gli animali e punito con ecc.ecc. I divieti di cui al primo comma non sia applicano alle associazioni per la tutela degli animali riconosciute, alle università degli studi e alle istituzioni scientifiche” Quando ci ha ragguagliato non potevamo crederci! A parte il fatto delle “associazioni riconosciute”, il quale rappresenta già una restrizione di libertà che assegna guarentigie e bollini di autorizzazione, l’articolo si presentava stupefacente per un’altra ragione. Il primo comma, infatti, vietava “scene o immagini relative a delitti contro gli animali”; da ciò si poteva pensare a scene di combattimenti tra cani, immagini sadiche e simili. La ragione del divieto poteva essere la consueta e sempre emergente protezione della sensibilità degli umani messi di fronte a rappresentazioni sgradevoli. Ma il secondo comma mostrava in tutto il suo fulgore la potenza del lapsus freudiano. Infatti, oltre alle associazioni col bollino, si toglieva il divieto alle università degli studi e alle istituzioni scientifiche! Ora, poiché università e istituzioni scientifiche non si curano affatto dei combattimenti tra cani, ma delle loro discutibili pratiche sugli animali, tecniche di macellazione eccetera, ne consegue che il Legislatore chiamava delitti il massacro dei macelli o la sperimentazione in vivo. Quando il nostro attento lettore ci ha chiarito ciò che difficilmente poteva essere interpretato in modo diverso da una santa cappella parlamentare, abbiamo pregato iddio che, dacché i deputati, in misura di 630 lettori, non si erano accorti di nulla (roba da pazzi!), sviasse l’occhio anche ai senatori. Sarebbe stato uno splendido autogol se lo Stato Italiano avesse chiamato delitti pratiche “legali”, creando così una magnifica delegittimazione di sé stesso (Lo stato, per definizione, non può compiere delitti. Lo dice lui di sé stesso!). Il giorno dopo che la norma fosse diventata legge dello Stato ci saremmo messi una bella maglietta con immagini di “delitti” e avremmo preteso di essere arrestati. Da sbellicarsi, come dice Totò. Voi comprendete il nostro disappunto quando in alcune m-l animaliste qualcuno, notando la norma e temendo di non poter distribuire materiale presso i banchetti, rischiava di mandare tutto a gambe all’aria. Ppssssttttt! silenzio! maledizione! vaffa...! ma perché non ragioni, volevamo dire! Ma siamo stati obbligati a tacere sperando che nessuno desse spago a ‘sti guastafeste. In effetti nessuno ha dato spago. Purtroppo il Senato ha fatto sparire la norma con nostro terribile disappunto. Ma vogliamo scommettere che la cancellazione non sia stata dovuta alla scoperta di quella splendida contraddizione bensì alla presa d’atto di rendere difficilmente operativa una norma che, tra l’altro, avrebbe coinvolto anche gli organi di informazione. Peccato, comunque, ci siamo restati molto male! Sappiatelo. Un’occasione così capiterà il prossimo secolo e noi non la rivedremo [sospiro].
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Data: 27/07/04 |
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