Bloc Notes

Quel certo fondamentalismo

Di
Maria Rosa Nobilio




Il pensiero della c.d. “intellighentia” della chiesa torna a farsi sentire a proposito di animali, del rapporto animali-uomo, della supremazia dell’uomo sugli animali  per riaffermare il ben noto concetto  antropocentrico come visione dell’universo.

E’ di ieri – 3 ottobre – la pubblicazione su alcuni quotidiani di un articolo  che illustra il pensiero dei gesuiti sulla questione del riconoscimento dei diritti agli animali: a questi non competono diritti in via esclusiva ed autonoma in quanto sono  stati creati da Dio  in funzione dell’uomo il quale – unico - è dotato oltre che di materia anche di spirito. Essi sono quindi al servizio dell’uomo .

E’ lo spirito che fa la differenza. Differenza per cosa? Se riconosciamo che gli animali sono esseri viventi, che hanno una vita sociale, che patiscono dolore, che manifestano emozioni come gioia, paura, gratitudine, etc, cosa impedisce ai gesuiti di accedere ad una più vasta visione biocentrica della vita? Quello spirito che farebbe la differenza può eticamente autorizzare la vivisezione su esseri viventi anche nel caso fosse  utile all’uomo? Secondo i Gesuiti, sì,  così fu sostenuto in un articolo del 19 marzo del 1999.

Da “buona atea” ho qualche problema a comprendere la coerenza di dettami quali amore, carità, pietà, solidarietà allorchè questi stessi vengono incanalati e praticati diversamente a seconda dei destinatari : animali umani sì, animali non umani no.

Il riconoscimento della bio-diversità è un traguardo di civiltà per il genere umano ed il conseguente rispetto anche  per le creature viventi non umane è l’unica etica condivisibile e possibile all’interno della quale non possono essere ammessi compromessi di nessun genere che implichino sofferenza per gli animali. Di più, in un percorso di progresso etico la questione animalista non può rappresentare un argomento marginale ma deve integrarsi con i temi della lotta al capitalismo feroce, al giusto senso del rifiuto della globalizzazione allorchè essa significhi sfruttamento di altri popoli, alle lotte per il diritto ad un’esistenza dignitosa.

Mi sfugge il mancato raccordo fra i fattori sopracitati e, purtroppo, gli esempi non mancano. Qualcuno ricorderà che il quotidiano “ Il Manifesto” nel luglio scorso diede spazio ad un brutto articolo di D’Eramo sempre sui diritti animali. Ciò dimostra che non c’è niente di più trasversale  della questione animalista  sia in positivo sia in negativo.

Mi rattrista profondamente, però, constatare che chi pennaiolo non è, né politicante, insista nell’esprimere posizioni di diniego di riconoscimento dei diritti agli animali in nome di “ quello spirito” che Dio ha dato all’uomo e non all’animale; ebbene, con tutta la forza io rifiuto quello spirito, non lo voglio.

 

4 Ottobre 2003

Nobilio Maria Rosa





Data: 05/10/03

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