|
Il fatto. In seguito al caso di BSE, il
ministro Alemanno immagina una tassa sulla carne: 5 miseri
centesimi al chilo per drenare le risorse da investire
sulla sicurezza alimentare della carne. Le associazioni dei
consumatori e i produttori insorgono allunisono
per pretendere che la sicurezza alimentare sia garantita dalla
fiscalità generale dello Stato che deve farsi carico
della salute di tutti. I media prestano la loro voce per
dare man forte alle associazioni dei consumatori i quali,
forzando il senso delle parole, riesumano lespressione
tassa sul macinato. E allora cosa fa il ministro
Alemanno? Ritorna sulle sue posizioni. La situazione è
ancora confusa. Non si comprende se si pensa di distribuire
lonere su tutta la filiera produzione-consumo
o, invece, sulla fiscalità generale che lo sposterebbe sul
cittadino generico.
Strana è la realtà
che spesso si rivolta come un guanto. Noi, per certi versi
fautori di una presenza forte dello Stato, siamo costretti a
difendere la proposta iniziale di un ministro liberista. Mentre
una società che ama autodefinirsi civile, e
che di stato vuol sentir parlare assai poco, reclama a gran voce
la fiscalità generale. Ma la questione si
porta dietro altre importanti implicazioni.
Quali?
Sul
piano dellalimentazione si sta svolgendo una battaglia
etica tenuta ancora in sordina dai grandi mezzi di informazione:
la liceità o meno dellalimentazione che, a sua
volta, si alimenta di sofferenza animale. Noi
apparteniamo a una ristretta - anche se crescente - fascia di
popolazione che si rifiuta di essere causa di sofferenza per
esseri innocenti. Guardiamo con fastidio ai consumatori di carne
perché essi, a nostro vedere, partecipano collettivamente
a un atto grave e inaccettabile.
Bene: se si
affermerà lidea che alla sicurezza
dellalimentazione carnea deve provvedere la fiscalità
generale, noi saremo costretti a versare anche pochi centesimi
affinchè altri possano compiere azioni che consideriamo
delitti; lo Stato ci costringerà a essere complici di
comportamenti che consideriamo eticamente inaccettabili. A
differenza dei consumatori di cadaveri, noi non poniamo una
questione di denaro, bensì di responsabilità di
fronte a unetica superiore liberamente scelta.
Lo
Stato, attraverso la violenza legale di cui dispone,
può esercitare coercizione e punizione nei confronti di
chi sceglie le varie forme di obiezione fiscale; per esempio, per
le spese militari. La logica della Nazione è inflessibile:
il cittadino è obbligato a contribuire. Ma il discorso che
stiamo facendo, si può trasferire su questo piano? Noi
diciamo che nessuna giustificazione può trascinarci, sia
pur indirettamente con strumenti fiscali, su un terreno per il
quale abbiamo ripulsa e sul quale pretendiamo di avere libertà
di astensione. In tal caso subiremmo una inaccettabile violenza
morale da parte dello Stato.
Invitiamo perciò
il Governo a insistere sullipotesi iniziale e gli attori
sociali interessati a riflettere sulla peculiarità della
questione che richiede una gestione anomala rispetto a altre
apparentemente simili.
Invitiamo, altresì, le
associazioni animaliste, vegetariane e vegan a farsi portavoce di
questa importante istanza per rimarcare la necessità una
nuova etica ancora sconosciuta ai più e sostanzialmente
trascurata dallo Stato
|
|