Dicono che la Democrazia sia nata in Atene e portano come
testimonianza l'etimologia della parola. Ma la democrazia
ateniese reggeva la sua esistenza su un numero di schiavi che
superava di gran lunga quello dei liberi.
La democrazia ateniese si pone come eloquente modello di un
doppio movimento messo in pratica dall'animale umano lungo tutto
l'arco della sua storia: un modello che contempla, nello stesso
istante, inclusione e esclusione. A livello puramente teorico il
processo sembra ora concluso. La schiavitù è stata
abolita da tempo. Le donne hanno prima ritrovato l'anima che i
Padri della Chiesa avevano loro precluso; infine hanno
conquistato fondamentali diritti sociali. Altre minoranze, de
jure se non de facto non sono discriminate sulla base
delle loro scelte e chiunque si permette di mettere in dubbio i
diritti dell'uomo viene pesantemente tacitato e stigmatizzato.
A livello teorico la barriera è stata posta sul cerchio
che separa la specie Homo dal resto del vivente. La maledizione
dell'esclusione, grazie a quella terribile realizzazione umana
costituita dagli allevamenti intensivi, è tuttavia
aumentata considerando i 700 milioni di vittime della follia
registrabili soltanto in Italia.
Ma questo l'abbiamo ripetuto alla nausea. Invece c'è un
fatto nuovo. Da un po' di tempo in zona europea si registrano
pesanti atti di esclusione dalla sfera dei diritti di individui
che accolgono un'etica antispecista e, conformando a essa la
propria esistenza, lottano contro la violenza universale sugli
animali.
Divieti di manifestare, fogli di via, assimilazioni di
liberazioni di canarini a pesanti interventi terroristici,
traduzione di attivisti nelle Aule di Giustizia. E' possibile
trovarsi di fronte alla Legge per aver svolto semplicemente una
pacifica propaganda antispecista, per aver insistito troppo in
una civile protesta, per aver partecipato a una manifestazione
soppressa all'ultimo minuto, per slogan pronunciati durante
manifestazioni, magari forti, ma che in ogni altro contesto sono
benignamente accettati. Forse non c'è abbastanza
attenzione a questo fatto, ma riteniamo che esso rappresenti una
novità grave. E oggi, a tutto ciò, si aggiungono
anche brutali pestaggi.
Il ricorso ai tribunali contro chi "ruba" filmati
dentro un centro di vivisezione o un macello o chi chiama
"vivisettori" i vivisettori, rappresenta una
sottrazione violenta di tematiche civili dallo spazio
pubblico. Poi, le botte in piazza – opportunamente
segretate dalla stampa di ogni tendenza – da parte del
“Potere Legale” verso persone inermi che esercitano
i loro diritti costituzionali, sono un fatto intollerabile.
Ci possiamo chiedere quale sostanzialità possieda il
modello democratico quando la tolleranza e il pluralismo vengono
posti sotto arbitrato e permessi soltanto a gruppi, associazioni
o istituti assai remissivi e perciò dotati del bollino di
concessione. Che fine ha fatto l'ideale liberale che prevede la
possibilità che gruppi minoritari possano apertamente
porre alla società civile problemi nuovi e trascinare
l'opinione pubblica dalla propria parte? L'esaltazione del
pluralismo corrisponde a un supremo principio regolativo o a un
flato nell'acqua? Corrisponde a convinzioni profonde o a
semplici decorazioni con le quali le istituzioni dello Stato
mascherano intollerabile dispotismo e propensioni manesche?
Perché è evidente che gli animalisti non possono
né vogliono limitarsi a colonizzare i salotti delle
signore per bene.
Può essere fatta un'ipotesi inquietante in proposito. La
questione animale è talmente inaudita per istituzioni e
società civile che forse qualcuno vuole ritagliare
l'attivismo animalista dal consorzio umano per ricondurlo in un
angolo di emarginazione dove non possa nuocere, né
rischiare di accrescere consensi.
Sì, sta nascendo il sospetto che la società
specista non riesca a tollerare un animalismo più
determinato di quello tradizionale ma pur sempre disponibile a
una relazione contrattualistica fatta di diritti e doveri con il
resto della società.
Ma attenzione: pratiche di liberazione davvero inedite, e non si
sa quanto accettabili dall’establishment, potrebbero
costituire la classica profezia che si autorealizza in virtù
di due motivi: sordità e esclusione. Sordità che
si rifiuta di ascoltare un grido di dolore che non conosce
pause. Esclusione dall’arena civile di attivisti che fino
a oggi hanno cercato – e per lungo tempo, caparbiamente,
cercheranno ancora – il confronto con cittadini e
istituzioni. Per questo è importante che coloro che
ancora credono che lo spazio pubblico costituisca il luogo di
autocorrezione delle distorsioni della società, possano
agire liberamente per criticare le brutture e le violenze di cui
il Sistema pare non riuscire di fare a meno. Senza che siano
ostacolati da parte di nessuno!
Ne tenga conto chi deve farlo.
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