Officina della THEORÎA |
Quale
moratoria? |
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Guai
a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri
imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono
pieni di ossa di morti e di ogni putridume.
Il 18 dicembre 2007 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva la risoluzione sulla moratoria universale per l’abolizione della pena di morte nel mondo. L'approvazione della risoluzione rappresenta un invito a sospendere tutte le esecuzioni già programmate e a non infliggerne di nuove da parte dei tribunali delle nazioni aderenti e si configura come il primo passo per giungere alla completa abolizione del millenario mestiere del boia. L’Italia ha avuto un ruolo importante perché ha «promosso per prima un’iniziativa progressivamente trasformata in una grande coalizione intesa a favorire i diritti dell’uomo». Così ha detto un commosso Romano Prodi (Fonti: corriere.it, 18/12/2007). D’altra parte la risoluzione sulla moratoria costituisce il coronamento di una lunga battaglia condotta per 15 anni dall’associazione “Nessuno tocchi Caino” e dal Partito Radicale. Naturale quindi l’entusiasmo dei promotori e il plauso che i politici che hanno condotto l’operazione rivolgono a se stessi. Quella che segue è la posizione in proposito di Rinascita Animalista. * 1 * Non esiste un pensiero umano più diffuso dell’ossessione della morte. Ogni popolo, sotto ogni latitudine, ha messo in atto finissime strategie per controllare quello che probabilmente è il suo vero male, quello che lo condiziona di più e che con il suo manifestarsi, e persino con il suo occultarsi, mostra di dare corpo al suo eterno dramma esistenziale. Sia Confucio che Buddha sono interrogati dal discepolo di turno sull’esistenza dell’aldilà. I due onest’uomini trovano il modo di disperdere nel vento una domanda che non può avere risposta. In Occidente invece sono fioriti profeti, figli di Dio, libri scritti direttamente dalla divinità, insomma apparati di certezze, finalizzati a soggiogare il terrore della sparizione totale dell’io. L’insistenza delle domande sulla salvezza dopo la morte, a prescindere dalla diversità delle risposte, indica forse un corredo di strutture psichiche che prescindono da etnie e culture. Di certo sul terrore per l’estinzione si sono innestati gli interessi delle caste sacerdotali che lo hanno strumentalizzato a proprio vantaggio, ma è indubbio che se l’umano non fosse stato sensibile a qualcosa che pare configurarsi come il problema dei problemi, le logiche del dominio si sarebbero espresse soltanto con la violenza pura evitando l’impiego di costruzioni immaginifiche coltivate lungo i millenni. Stando così le cose sembra di vedere qualcosa di innammissibile nella pena di morte. Non si comprende come possa essere comminata in quelle culture che hanno assorbito queste narrazioni le quali, pur strambe e incredibili, sono il frutto di un stupefacente lavorìo culturale plurisecolare. In effetti, nelle culture teocratiche egemonizzate dai monoteismi la pena di morte dovrebbe essere inimmaginabile. Il presunto giudizio di Dio, mostrandosi con la morte assoluto e definitivo, rende inutile e forse persino empia l’accelerazione per legge di un processo naturale. Ma la pena di morte è assurda anche se comminata da una istituzione laica, perché la stessa esistenza dell’ossessione universale dovrebbe renderla un orribile tabù in cui la fine dell’altro rispecchierebbe la propria riuscendo così a inibire una condanna e un atto fino a tal punto estremi. La pena di morte dovrebbe essere dunque veramente barbara, intesa nel senso di “prodotta da barbari” cioè da popolazioni (ammesso che esistano entro la specie umana) non condizionate dall’angoscia della morte. Ma a questo punto non verrebbero comminate da tribunali, ma da un colpo di clava. Invece, l’impiego ancora attuale di questa procedura punitiva da parte di decine di stati che pure si dicono civili sta a dimostrare che il ragionamento esposto deve pur possedere in qualche passaggio, un errore logico che lo falsifica. O forse no. In fin dei conti non è vero che civiltà e barbarie coesistono dentro l’umano? La capacità di empatia – che qualcuno fa risalire al corredo dei neuroni specchio, i quali ci permetterebbero di vivere i sentimenti altrui – ci mette forse al riparo da quella violenza che, unica tra tutte, la nostra specie si permette di esibire? Non è forse vero che esistono santi e criminali? Chissà che i primi abbiano una buona dotazione di quei neuroni specchio e gli altri non ne abbiano punto! In attesa che qualche figuro ci illumini con esperimenti su qualche gruppo di povere rhesus non ci rimane che prendere atto della sostanziale ambiguità della natura umana. * 2 * Ma se le cose stanno in questo modo non si deve esultare per il successo della moratoria? Almeno da un punto di vista pratico sembrerebbe un passo avanti in cui l’umanità dà prova di consolidare la componente civile a vantaggio di quella barbarica. Perciò non dovremmo anche noi, come Prodi, commuoverci? Commuoverci come lui e tutti coloro che si sono allineati sul giudizio di un’Italia, nobile, ispirata e dinamica sul piano diplomatico? Neanche per sogno. Non trasaliamo e nessuna commozione ci invade per questo. Semmai ci commuoviamo, attivando i nostri neuroni specchio, per l’essere che tira un respiro di sollievo vedendo allontanarsi l’orrore del cappio. In ogni umano c’è un potenziale “uomo di Alcatraz” e anche se la riabilitazione morale e la redenzione non si manifestano c’è sempre un’alternativa umana per la Giustizia. Ma ha senso concedere reputazione a governi che cercano di rastrellare crediti morali? Avrebbe senso se, insieme con il riufiuto della pena di morte, governi e stati inaugurassero un nuovo clima internazionale in cui l’uguaglianza, motore vero della fratellanza universale, venisse perseguita smontando la colossale macchina dello sfruttamento, dell’infelicità, della povertà che continua a mietere vittime in misura tale che a fronte dei suoi effetti le condanne a morte comminate dalle false giustizie sono meno di nulla. Da due secoli un’area autodefinitasi “Occidente” per rimarcare la sua presunta supremazia “civile” sul resto del mondo si macchia di orribili crimini. Prima con i nazionalismi; poi con il pretesto di esportare la “democrazia”, ma con la turpe consapevolezza di esportare il mercato e, col mercato, lo scambio ineguale per mezzo del quale interi popoli sono spogliati del diritto all’esistenza dignitosa. L’acme di questa devastazione morale universale è iniziata con la prima guerra mondiale dove gli stati europei si sono scannati mandando al macello i loro eserciti di contadini. Ma in seguito l’inferno si è stabilizzato e ha portato i frutti maledetti della “democrazia dei possidenti”. Crisi economiche, altra guerra mondiale con la splendida battuta finale di Hiroshima e Nagasaki. E poi l’Algeria, il Congo, l’Indocina con il suo napalm. E’ finalmente tutto finito? Niente affatto. L’Iraq, la Palestina, l’Afganistan, lo smembramento della Jugoslavia sono lì a ricordarci che se qualcuno osa frapporre ostacoli alla mano invisibile del mercato, deve tosto aspettarsi di vedere apparire all’orizzonte, non più le cannoniere ottocentesche, ma i cacciabombardieri punitivi di un ordine che non deve essere criticato neppure nell’immaginario. Applaudire una moratoria contro la pena di morte insieme a chi dovrebbe essere incriminato per aver seminato uranio impoverito in Serbia? Che con la montatura internazionale del “genocidio” del Kosovo si appresta a introdurre nuove perturbazioni internazionali solo per interessi geopolitici della UE? La Storia dimostra che, almeno in questa ultima fase del percorso umano, il Potere Unico è ossessionato dall’esigenza di mostrarsi civile, benevolo, disponibile a perfezionarsi, migliore rispetto al passato, quando in realtà ha assunto i tratti della ferocia e della spietatezza assoluta. Può benissimo liberarsi degli aspetti simbolici della disumanità della pena di morte – è strano che ci sia chi ancora pretende di mantenerla, vista la sua inutilità rispetto agli scopi che la sua applicazione si prefigge –, l’importante è che permanga la spietatezza intrinseca del mercato che arricchisce i ricchi e condanna a una vita infame milioni di miserabili sterminandone una gran parte per privazioni inenarrabili. Ma poi è veramente abolita la pena di morte nei paesi che hanno sottoscritto la moratoria? Prodi e i suoi farebbero bene a commuoversi più che per l’intraprendenza diplomatica della loro Patria (tanto solerte a dire come dovrebbero comportarsi gli altri), per gli 800 milioni e pił di morti assassinati che avvengono nel loro Paese. Tante sono le vittime di cacciatori, allevatori, macellai, sperimentatori – persone che, a quanto pare hanno qualche deficit di neuroni specchio – che potenziano le capacità riproduttive dei Popoli Muti per massacrarli senza pietà dopo una vita di torture, sfruttamento e violenze. |
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madamina... il catalogo è questo... |
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Piccoli
animali......... |
................850
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Milioni |
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Appello Questo è un appello alle buone coscienze che gioiscono per la moratoria sulla pena di morte nel mondo, votata il 18 dicembre 2007 all’Onu da 104 paesi. Rallegriamoci, e facciamo una moratoria per gli animali massacrati. Infatti per ogni pena di morte comminata a un essere umano vivente ci sono milioni, miliardi di uccisioni comminate a esseri non umani viventi, concepiti nel disprezzo o nell’indifferenza e poi destinati allo scannamento, alla elettrocuzione, alla tortura, in nome di una schizofrenica e grottesca ideologia della centralità dell’Uomo, che con l’uomo in carne e ossa che abita la periferia dell’impero – a cui speranza, salute e salvezza vengono negate – non ha nulla a cui vedere. Questi animali non umani ai quali procuriamo la morte legale hanno ciascuno la propria struttura cromosomica, unica e irripetibile. Sempre, anche se mai li chiamiamo “esseri viventi” ma “bestie”, hanno la natura (che sia o no a somiglianza di Dio lo lasciamo decidere alla coscienza individuale) di “persona”. Qualche volta, è accaduto di recente, queste persone si ammalano, e allora non meritano nemmeno una morte rapida e soccombono dopo una regolare condanna dell’istituto sanitario venendo seppellite vive nell’indifferenza generale. La pena di morte per la cui virtuale moratoria ci si rallegra oggi è di due tipi: conseguente a un giusto processo o a sentenze di giustizia tribale. Sono due cose uguali, naturalmente, e la nostra buona coscienza ci induce a complimentarci con noi stessi perché non facciamo differenze, e condanniamo in linea di principio la soppressione legale di un essere umano senza guardare ai suoi motivi. Ebbene, i 10 miliardi e più di uccisioni praticate ogni anno da sempre, poiché le legislazioni permettono il massacro di persone legalmente innocenti, prima create e poi distrutte dal mero potere del desiderio, (desiderio di mangiare il superfluo, di sperimentare, di giocare, di divertirsi a loro spese) sono lo scandalo supremo del nostro tempo, costituiscono una ferita catastrofica che lacera nel profondo le fibre e il possibile incanto della società moderna. E’, oltre tutto, in molte parti del mondo, un capolavoro ideologico di specismo in marcia con la forza dell’eugenetica. Rallegriamoci dunque, in alto i cuori, e dopo aver promosso la Piccola Moratoria promuoviamo la Grande Moratoria della strage degli innocenti. Si accettano irrisioni, perché le buone coscienze sanno usare l’arma del sarcasmo meglio delle cattive, ma anche adesioni a un appello che parla da solo, illuministicamente, con l’evidenza assoluta e veritativa dei fatti di esperienza e di ragione.
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30/12/07 |