Officina della THEORÎA |
Meditazioni
sulle meditazioni del Cardinale Biffi |
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1) Le meditazioni del Cardinale Biffi 2) Religione e conservazione 3) Il vuoto dello Stato laico 4) Le religioni e l'antispecismo |
... considerando
come vanno le cose nel mondo sublunare penso che abbia ragione
Vonnegut: c’è un paranoico lassù che
scorrazza follemente tra le nuvole...
Il cardinale Biffi ha predicato gli esercizi spirituali della Quaresima di quest’anno alla Curia vaticana e al Papa Benedetto XVI. Nell’occasione, tra l’altro, ha proposto una meditazione prendendo a pretesto il racconto dello scrittore e filosofo del XIX secolo Vladimir Sergeevic Soloviev che ruota intorno alla figura dell’Anticristo. Tale riflessione risulta piuttosto interessante per i suggerimenti che fornisce sulla natura della Chiesa Cattolica e, per estensione, del Cristianesimo. Proponiamo il commento del Cardinale Biffi (punto 1) a cui seguiranno le nostre considerazioni (punti 2-3-4). * 1 – Le meditazioni del Cardinale Biffi * L’esordio della riflessione parte dalle illusioni della fine del XIX secolo rispetto al futuro dell’umanità. L’immaginata pace e la prevista prosperità sono, per chi ha potuto sperimentare le vicissitudini del “secolo breve” una amara e dolorosa beffa. Due guerre mondiali e la gestazione di un’infinità di conflitti tutt’ora perduranti inducono a riflettere sull’ingenuità di quelle illusioni. Così, il Cardinale ha buon gioco a presentare la visione opposta del filosofo russo che, con spirito profetico, aveva immaginato il tragico portato dei tempi che si sarebbero succeduti. Ma Soloviov fa di più. Non soltanto immagina le violenze che sarebbero sopraggiunte, ma consegna a un racconto una sorprendente profezia: alla fine, l’Europa, stanca dei grandi conflitti, avrebbe portato epilogo ai drammi umani per mezzo della formazione di una grande unione politica tra gli stati. In tali sviluppi, però, i sorprendenti progressi della scienza, lungi dal risolvere i problemi dell’uomo, avrebbero decretato il “completo fallimento del materialismo teoretico”. A tale disfatta di civiltà non sarebbe seguita comunque una ripresa della spiritualità e la rinascita della fede, come nel passato è talvolta accaduto. Soloviov immagina che il caos dei tempi tumultuosi avrebbe generato un’ulteriore caduta nel vuoto dell’incredulità, nel rifiuto delle Scritture e nella diffusione dell’ateismo. In questo vuoto si sarebbe inserito lui: l’Anticristo! La meditazione di Biffi bypassa gli elementi descrittivi delle situazioni del racconto essendo interessato a riprendere l’intento diretto di Soloviov: raccontare la figura dell’Anticristo e il suo ruolo particolare negli Ultimi Tempi prima della Parusia. Quest’uomo, l’Anticristo che aveva portato la pace tra gli uomini, era un autentico spiritualista, uno studioso delle scritture, un benefattore sincero dell’Umanità che dava “altissime dimostrazioni di moderazione, di disinteresse e di attiva beneficenza”. Egli aveva conquistato il cuore degli uomini di tutto il mondo con un testo dal titolo: “La via aperta verso la pace e la prosperità universale” in cui riprendeva le perle di saggezza del passato inserendole in un vasto programma di riforme sociali e politiche in cui l’interesse generale era ben integrato con il rispetto dell’individualità. In esso si fondevano in modo mirabile “il più elevato idealismo in fatto di principi direttivi con la precisione completa e la vitalità delle soluzioni pratiche”. Aveva un grosso problema. Non credeva in Cristo. O meglio, non credeva nella natura divina di Cristo ritenendolo un importante saggio che, insieme a altri, aveva dato luogo a un processo storico culminato con la sua opera definitiva. Insomma, considerava Cristo uno dei suoi precursori negandone la natura divina. Ma questo strabiliante personaggio non sarà soltanto un riferimento ideale, ma assurgerà, come un novello imperatore, alla guida dell’umanità tutta. In poco tempo potrà dire di aver mantenuto la sua principale promessa: la pace universale. In questo ruolo darà ampia dimostrazione della sua eccezionalità. Non solo avrà conquistato il bene più prezioso, la pace, ma riceverà dalla sorprendente intuizione di Soloviev, quei tratti di cui si discute tanto oggi: l’ecumenismo, l’ambientalismo e persino l’animalismo. Biffi usa coscientemente dei neologismi, ma il testo del filosofo russo non lascia dubbi. “Il nuovo padrone della terra – era anzitutto un filantropo, pieno di compassione, non solo amico degli uomini ma anche amico degli animali. Personalmente era vegetariano, proibì la vivisezione e sottopose i mattatoi a una severa sorveglianza; le società protettrici degli animali furono da lui incoraggiate in tutti i modi”. Questo per quanto riguarda l’animalismo. Ma anche sul piano dell’ecumenismo l’Anticristo svolgerà una funzione esemplare ponendo fine in modo decisionista alle diatribe tra diverse confessioni. “Se non siete capaci di mettervi d’accordo tra voi – dirà ai convenuti dell’assise ecumenica – spero di mettere d’accordo io tutte le parti, dimostrando a tutti il medesimo amore e la medesima sollecitudine per soddisfare la vera aspirazione di ciascuno”. Perciò concederà a ognuna di esse quanto ritenuto soddisfacente generando così la pace tra le fedi. La sua illuminata azione provocherà la riconoscenza dei fedeli delle varie dottrine religiose i quali, colpiti dal carisma dell’Anticristo, rimarranno ingannati da un “ecumenismo esteriore” e fondamentalmente vuoto di contenuti. Ma per fortuna nell’ombra e nel silenzio piccoli gruppi di cattolici, ortodossi e protestanti si riuniranno in un’unica chiesa sotto il primato (sic) dell’ultimo papa, Pietro II, portando a termine “l’ecumenismo della verità”. Ma quest’unione ritrovata nella “verità” avverrà alla fine dei tempi. Infatti di lì a poco apparirà, in un folgorante squarcio nel cielo, “una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle” Con la critica al pacifismo, all’ecumenismo e – per mezzo di espressioni ante litteram – all’ecologismo e all’animalismo si apre la riflessione del cardinale che fino a questo momento era rimasta coperta dietro il racconto. Invero la posizione del cardinale si era già adombrata con il sostegno aperto verso la polemica di Soloviev contro il pacifismo e la non-violenza di Tolstoj. Quanto al pensiero sulla guerra nel senso più comune e ovvio del termine, ricordiamo che il primo dei tre dialoghi solovëviani è tutto dedicato alla critica del pacifismo tolstojano e della dottrina della non-violenza. La guerra – vi si afferma – è certamente un male, ma bisogna riconoscere che, sia nella vita dei singoli sia in quella delle nazioni, si danno situazioni in cui alla violenza malvagia non basta rispondere con gli ammonimenti e le buone parole. Possiamo dire che, secondo Solov’ëv, mentre gli ideali di pace e di fraternità sono valori cristiani indiscutibili e vincolanti, tali non possono essere ritenuti il pacifismo e la teoria della non-violenza che finiscono col risolversi troppo spesso in una resa sociale alla prevaricazione e in un abbandono senza difesa dei piccoli e dei deboli alla mercé degli iniqui e dei prepotenti. Tuttavia, viene il momento in cui il cardinale Biffi si incarica di assumere l’ammonimento del filosofo russo per rimarcarne completamente le tesi. Egli vede realizzata la profezia riconoscendo nell’attualità un indebolimento della cristianità che anziché esaurirsi nel “fatto salvifico, che non può essere accolto se non nell’atto difficile, coraggioso, concreto e razionale della fede” (sic!)[1] tende a disperdere la sua essenza “in una serie di “valori” facilmente esitabili sui mercati mondani”. Verrebbe da pensare che l’indifferenza (per non dire “disprezzo”) per la pace, per l’ecologia, per la vita e la dignità dei Popoli Muti, e per lo stesso ecumenismo (se visto come procedura ideale di risoluzione delle controversie umane) si esprima in quella virgolettatura posta sulla parola “valori”. Evidentemente la Chiesa non li riconosce come tali. Passi l’incapacità (che essa condivide con tutte le espressioni tradizionali dell’umano) di riconoscere la sbalorditiva scoperta del diritto degli animali a non soffrire e a godere della propria autonomia. Qui entra in gioco una pazzesca visione ancora considerata stravagante, una tendenza recentissima e forse unica visione che permetta l’autentica rinascita dell’umano; ma la pace, il dialogo, la cura dell’ambiente, valori effettivi di un’umanità che si sta risvegliando con fatica grazie alla sua parte migliore... tutto questo, fuori dal “cristianesimo “di Gesù Cristo”, il cristianesimo che ha al suo centro lo “scandalo” della croce e la realtà sconvolgente della risurrezione del Signore”, pare non avere alcun valore. Anzi, si merita di essere considerata produzione dell’Anticristo. E ancora: “Il Figlio di Dio crocifisso e risorto, unico Salvatore dell’uomo, non è “traducibile” in una serie di buoni progetti e di buone ispirazioni, omologabili con la mentalità mondana dominante. Non occorre insistere. Più chiaro di così! E’ evidente che il cristianesimo si basa su certi valori irrinunciabili. Il Cardinale Biffi, riprendendo la tradizione tomistica, ripropone i valori assoluti o trascendentali: il vero, il bene, il bello. Valori talmente assoluti che non ammettono interpretazioni fuori dal mistero di Cristo Redentore. Gli altri sono valori di secondo livello. Il dialogo con l’altro, la ricerca di un ordine nella dimora della vita (la natura), la pace e la solidarietà sono effettiva ricchezza se viste come “occasioni concrete di un approccio iniziale e informale a Cristo e al suo mistero”. Altre interpretazioni che rendano “autonomi” questi valori, specie se assunte da parte di un cristiano, diventano “istigazioni all’idolatria” con ciò che ne consegue, cioè “il peccato di apostasia” per mezzo del quale ci “si ritrova alla fine dalla parte dell’Anticristo”. Si arriva così all’esortazione finale per mezzo della quale il cardinale compie un’operazione duplice. Da una parte ribadisce l’inconsistenza di un cristianesimo senza Cristo assimilandolo a un semplice buco, ovvero un vuoto puro e semplice. Ma dall’altra esprime un giudizio spietato su chi, “fuori di Cristo” può trovare soltanto vuoto e disperazione. * 2 – Religione e conservazione * Abbiamo ascoltato un resoconto particolarmente prezioso che esprime la posizione ufficiale della Chiesa senza inutili giri di parole. Il porporato dice esattamente quello che pensa senza il bisogno di quel linguaggio mediato che talvolta le circostanze e la diplomazia impongono[2]. Si sorprendono solo gli ingenui se in un mondo in cui vi sono guerre efferate causate da quell’occidente (che si dice cristiano) assetato di petrolio e affamato di materie prime, il porporato se la prenda con i pacifisti, che, saranno di certo naif, ma almeno nutrono sinceramente dentro il loro cuore il rifiuto della violenza. Biffi critica: “il pacifismo e la teoria della non-violenza che finiscono col risolversi troppo spesso in una resa sociale alla prevaricazione e in un abbandono senza difesa dei piccoli e dei deboli alla mercé degli iniqui e dei prepotenti...” Qui si assiste a una costruzione argomentativa che ha dell’incredibile. Si esercita la critica verso i pacifisti perché non difendono i “piccoli e i deboli” dagli “iniqui” e dai “prepotenti”, ma di fronte agli orribili eventi che segnano il mondo, la Chiesa, da sempre, si rifiuta di indicare e condannare gli iniqui e i prepotenti in nome di stili tipici della peggiore diplomazia. Quelle forze ignobili che nel mondo hanno conquistato il predominio assoluto della forza e la usano senza alcun freno per i loro conclamati interessi non sono onorate di una sola parola dalla Sacra Istituzione per condannare, non azioni generiche e solo alluse – queste invero vengono talvolta deplorate –, ma i soggetti concreti, sostanziali che stanno trasformando il mondo in inferno. Anche la critica agli ambientalisti avrebbe senso se questi fossero delle persone aduse a esagerare la dinamica distruttiva delle forme di vita messe in moto da un umano “creativo”, ma non sembra proprio che questo sia il caso. Del resto non possiamo sorprenderci se la sottovalutazione, per non dire il disprezzo, dei problemi ambientali arriva da un’istituzione che, interpretando forse in modo distorto le parole di un antico saggio, da secoli incoraggia calamitose politiche demografiche. Sono proprio questi atteggiamenti e concezioni che inducono i critici a rilevare la natura conservatrice e addirittura reazionaria della Chiesa. Le critiche alla Chiesa intesa come istituzione conservatrice al servizio dei potenti sono state, sono e saranno esibite in migliaia di occasioni, ogniqualvolta accada di osservare senza preclusioni di sorta questo stranissimo prodotto storico nelle sue relazioni mondane. Ma la critica è veramente fondata? Basta tutto ciò per arrivare a simili conclusioni? Certo, ogni volta che si presenta qualche necessità la Chiesa si schiera apertamente con gli ambienti più conservatori e reazionari, ma ciò, lungi dal caratterizzarla come istituzione conservatrice e reazionaria, dimostra soltanto che questa scelta è solo un modo per affermare la sua vocazione. Qual è la sua vocazione? E’ possibile penetrare la natura intima di questa dottrina approfittando del mirabile commento che il cardinale Biffi ha esibito illustrando il racconto di Soloviov. Partiamo dai valori assoluti. Biffi li richiama “trascendentali” e dice che sono il giusto, il bene, il bello. Giusto, bene e bello sono valori che impregnano anche la vita dei laici. Ma a ben vedere, il giusto, il bene e il bello, accompagnati da quello strano aggettivo che non vuol dire niente – trascendentali –, trasferisce l’attenzione fuori dal mondo in uno spazio fatto di sfere luminose e perfette, abitate da strati di cherubini e serafini. Il vero non ha a che fare con la funzione “vero” impiegata dalla logica, ma piuttosto con il messaggio di Dio per mezzo di Cristo; il bene non significa il bene dell’umanità, ma il bene divino verso l’uomo; il bello non ha a che fare con la cappella Sistina, ma con la contemplazione di Dio. Insomma, se questi valori sono “trascendentali” vuol dire che non sono di questo mondo, sono valori dell’altro mondo. Ci si può chiedere con una certa ironia come possano essere valutati il giusto, il bene e il bello se esportati fuori dalla biosfera. Questo non potrà mai essere concepito da un materialista o anche semplicemente da un laico razionale. Logico, perché il materialista non può credere che un dio abbia mandato suo figlio in terra, un figlio che, dopo aver compiuto la missione, è risorto ritornando da chi l’ha mandato. E’ evidente che credere una cosa così stupefacente non può permettere al fedele di vivere al di fuori di un evento così ragguardevole. La salvezza dell’umanità può avvenire solo in Cristo e nella sua resurrezione, fatto che esclude la possibilità che esista un’alternativa. Certo l’animale umano fa di tutto per dimostrare di non avere risorse per una “resurrezione” civile autodiretta che permetta di considerare la Storia come una lunga via per giungere a una svolta nella sua millennaria striscia di sangue e violenza. Si può immaginare, dunque, che chi abbia interiorizzato la storia dei vangeli veda proprio nel fallimento della Storia la conferma del ritorno di Cristo alla Fine dei Tempi. E’ evidente che la Chiesa (ma questo è un difetto almeno di tutti i monoteismi) vive fuori dalla Storia. La vita e la resurrezione di Cristo e la sua seconda venuta costituiscono le due parentesi che aprono e chiudono un semplice incidente. E’ naturale allora che gli altri valori vengano visti in funzione dei primi, di quei valori trascendenti senza i quali perdono completamente efficacia. Non solo: non devono essere universali perché altrimenti sono concorrenti della triade dei valori assoluti. La cura ambientale può essere locale: dunque va bene. La pace può essere intesa come negazione di un conflitto specifico; e allora va bene. Invece, assolutamente da negarsi è l’ecumenismo fuori dalla direzione generale della Chiesa (ricordare l’illuminante passo relativo a Pietro II). Infatti l’ecumenismo è per natura universalista e se un movimento laico si muove in questa prospettiva ci sono buone ragioni per pensare che ci sia sotto il Diavolo (o l’Anticristo) perché tale movimento pretende di conquistare un universale dialogo tra gli umani fuori della “salvezza”. Men che meno l’antispecismo (l’animalismo). La cura per il gattino è consentita, e forse persino promossa da qualche papa, ma l’animalismo vero, l’antispecismo, è una terribile bestemmia perché scuote le fondamenta della dottrina che assegna solo all’uomo una fiammella divina. Perciò, poiché i laici e gli uomini di buona volontà che vivono per un progetto di rinnovamento del percorso umano su questa Terra assolutizzano i valori che la Chiesa chiama di secondo livello, è naturale che l’incomunicabilità, esprimandosi su visioni incompatibili, diventi assoluta. Non solo. Già soltanto il tentativo di mettere ordine nella Storia costituisce un attentato all’ossessione del Grande Ritorno. Tutti i riformatori debbono essere ostacolati soprattutto se pensano in grande. E se evidenziano tendenze universalistiche ancora peggio: diventano il nemico assoluto. Perché Cristo ritorni sulla Terra è necessario che ve ne sia bisogno. Che cosa accadrebbe se ritornando trovasse tutto in perfetto ordine? Se gli umani, parlando al loro Padre dicessero: “Ci hai dato un luogo da gestire. Abbiamo fatto una fatica boia, ma alfine ecco: te lo restituiamo nel migliore dei modi dopo aver raggiunto tra noi la migliore concordia”. Chiaramente la Chiesa non desidera il Male, ma questa strana istituzione sviluppa un inevitabile tropismo verso il Male. Il Male deve esserci. Le guerre, l’inquinamento, la discordia, la sofferenza, tutto questo dà senso alla vita che del resto, non dimentichiamolo, è stata prodotta da un “atto di disubbidienza verso Dio”. Questa è una valle di lacrime e tale deve rimanere. Se il Papa invoca la pace, si dirà, è perché non vuole la guerra. E in effetti si presume che sia sinceramente orientato alla pace ogni volta che da qualche parte sorge un conflitto. Ma la vera e definitiva pace i sofferenti la troveranno nel Regno di Dio e non quaggiù. Perché stupirsi allora delle minacce verso chi si indirizza ai valori “secondari” in assenza dei riferimenti tomisti al Giusto, al Vero, al Bello? Il cristianesimo, basandosi su un Dio misericordioso, avrebbe potuto rinunciare a quell’altra sorprendente ossessione (che si ritrova anche in altre dottrine religiose) della pena eterna. Solo una mente davvero tormentata può immaginare una cosa del genere. Leggere, prego, un passo della meditazione: E’ una “pietra”, come egli ha chiaramente detto di sé – e come noi raramente abbiamo il coraggio di ripetere –: su questa “pietra”, o (affidandosi) si costruisce o (contrapponendosi) ci si va a schiantare: “Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà” (Mt 21,44).” Spaventoso davvero, così come i già citati “istigazione all’idolatria”, “peccato di apostasia”, “ritrovarsi, alla fine, dalla parte dell’Anticristo”. Tutto un armamentario di minacce che non si basano sulla morte o su una punizione temporanea, ma nelle fiamme eterne periodicamente ricordate a duro monito. Anche le immagini della fine del mondo non sono così tranquillizzanti. Quella signora che appare in un cielo sfolgorante che squarcia le tenebre della notte, così, improvvisamente, con 12 stelle sul capo è un’immagine che può soltanto fare rabbrividire e chissà di quanti infarti, anche tra i giusti, sarebbe causa se davvero si mostrasse improvvisamente al vasto pubblico dell’umanità. In effetti non sono pochi i casi in cui persone condizionate da piccole a queste comunicazioni terrorizzanti passano la vita in stato succubo. Nel passato era un disastro di massa. La religione cattolica – ma sarebbe meglio dire cristiana – ha letteralmente plasmato la psiche di moltitudini condizionate da truci minacce. La storia dell’arte potrebbe essere sufficiente per esprimere quanto terrore si sia sparso, soprattutto, ma non esclusivamente, nei periodi in cui le chiese hanno goduto del potere temporale. Ultimamente abbiamo ricevuto una comunicazione orale relativa alla soddisfazione con cui un alto rappresentante della Chiesa dichiarava la diffusione del terrore degli atei in punto di morte, per il dubbio che l’inferno possa davvero esistere. Non si può escludere che, a livello inconscio, in persone che da piccole hanno ricevuto un bel massaggio dalla dottrina cristiana e successivamente si sono allontanate da essa, si manifestino degli effetti che si concretizzano nella riemersione del dubbio, ma la Chiesa dovrebbe essere poco fiera di conquistare “anime” con il terrore. In questo contesto vale dire qualcosa sulla irritazione che la Chiesa prova verso gli animalisti e i vegetariani. Può stupire che un russo dell’800, pur non impiegando espressamente il neologismo “animalisti”, attribuisca all’Anticristo un atteggiamento compassionevole verso gli animali, ma quest’ostilità è antica. Una vecchia questione pone il problema della sofferenza degli animali. Ma anche la risposta arriva da lontano. Si può evitare la carne ma solo per castigarsi, come fanno gli eremiti, altrimenti sono guai perché sopraggiunge l’anatema[3]. Recentemente la musica non cambia. Cambia talvolta solo lo stile, che ha assorbito le morbidezze del politically correct. Ma mica sempre. La meditazione del Cardinale Biffi lo dimostra. E in un sito internet che consigliamo vivamente di visitare (mondooggi) e che illustra tutti i pericoli del mondo attuale (tra i quali si annoverano quelli estremi e terribili dell’ambientalismo e del vegetarismo) viene fornita questa informazione nella forma della domanda e della risposta.
D – Ma
"allora con il nostro rispetto per la dignità sia
dell'Uomo che della Natura finiremo all'Inferno? Finiremo
all'Inferno per aver rispettato più creature del
dovuto?" Assaporare bene lo stile dell’ultima frase: vegetariani pentitevi perché siete a un passo dalla maledizione divina e dalla dannazione eterna. Ora si comprende perché la Chiesa si trovi (in perfetta linea con tutti gli altri monoteismi) allineata con i conservatori e i reazionari nei momenti topici. Il conservatore, con la sua pratica che realizza una visione gerarchizzata e spesso violenta, assicura che il mondo non potrà essere migliorato neanche di un pezzettino, rendendo in tal modo più vicino il ritorno di Cristo. Il reazionario o colui che semina la violenza sulla terra rappresenta la conferma che l’uomo non possiede le risorse per uscire dalla sua millennaria condizione. C’è un predicatore pazzo molto ben considerato dai teocon degli Stati Uniti che auspica che la guerra atomica avvenga il più presto possibile e in tal senso cerca di influenzare la politica. Per quale ragione? Semplice. Essa darebbe il via a Armageddon, la fine del mondo. I religiosi non sono tutti così, ci mancherebbe. Ma la differenza, se si scende sotto la coltre delle apparenze, tende a sfumarsi. Per tutti i monoteismi la storia è un accidente. Di fronte a questo fatto così sostanziale che valore può avere il resto? Insomma, la Chiesa (o le chiese) si allineano alle manifestazioni storiche del potere temporale e alle forme del dominio ad esse relative, ma non si identificano con esse. I conservatori e i reazionari, con l’azione che svolgono nel mondo, permettono di perpetuare quelle angosce che possono essere rimediate soltanto con l’intervento definitivo del Divino. Essi sembrano l’involontaria emanazione sulla terra della volontà di Dio. I conservatori e i reazionari hanno interessi molto terreni e alimentano la battaglia egoistica per l’appropriazione delle risorse, mentre le dottrine religiose costituiscono quella fenomenologia che qualcuno ha definito “nevrosi ossessiva universale”[4], tesi che alla luce del racconto di Soloviov e del suo autorevole commentatore tende a essere confermata in pieno. La Chiesa è condannata perciò a sostenere i conservatori non perché è affine politicamente a loro, ma perché ossessionata dalle incastellature ideologiche che ha messo in piedi nell’arco di due millenni e che infine vuole vedere inverarsi. Essa è la prima vittima delle incredibili costruzioni mentali sgorgate dai racconti dei pastori della mezzaluna fertile. Questo non significa che non vi siano molti suoi personaggi più pragmatici e interessati esclusivamente ai fasti del potere, ma è anche vero che essi non rappresentano l’essenza della Chiesa quanto piuttosto una sua – in un certo senso – sana (perché apertamente reazionaria) ma estranea mutazione genetica[5]. Riassumendo sul rapporto simbiotico tra campo conservatore e l’istituzione religiosa. Il primo sfrutta la religione per istituire reali pratiche di dominio. Una società fatta di persone che sanno stare al loro posto rispettando gerarchie e regole di sudditanza sarà facilmente controllabile e con maggiore difficoltà potra mettere in discussione lo stato di cose presente. La seconda può mantenere nel proprio seno anche una componente che si muove sullo stesso piano degli interessi delle elìtes laiche, ma occorre dire che se si dovesse interpretare l’istituzione religiosa unicamente (e fondamentalmente) in tal senso, si perderebbe la percezione della natura intrinseca di quella “nevrosi ossessiva universale” che l’accompagna lungo tutta la sua storia. Un apparato che volesse muoversi solo nella dimensione del dominio non avrebbe bisogno di costruzioni immaginifiche di morti che resuscitano, di pani che si moltiplicano, di apocalissi che si inverano. * 3 – Il vuoto dello Stato laico * Di fronte alle assolute rigidità della Chiesa – pacs, dico, embrioni, aborto, divorzio – i laici tentano di attuare due strategie di contenimento. 1) La prima consiste nella richiesta di una precisa linea di demarcazione che divida il pubblico dal privato, la laicità dello Stato che è di tutti i cittadini (di tutte le fedi) dalla dimensione privata della fede. 2) La seconda si traduce in indicazioni alla Chiesa su quelle che dovrebbero essere le sue scelte, inducendola a essere più moderata e attenta ai cambiamenti dei tempi. Questo secondo aspetto – che si manifesta in consigli e prescrizioni su come la Chiesa debba comportarsi per essere più al passo con le evoluzioni culturali, più aderente al messaggio evangelico ecc.ecc. – è talvolta molto nascosto, ma un’attenta analisi di molte comunicazioni rileva come esso sia frequentissimo, persino in ambienti la cui estraneità a problematiche religiose dovrebbe ben consigliare di tacere. Ebbene, entrambe le strategie di contenimento per parare le interferenze della Chiesa nello Stato sono semplicemente assurde. La prima è errata perché il cristiano cattolico è un cittadino della Repubblica. E’ inevitabile che se le sue convinzioni più profonde e non negoziabili vengano stravolte dalla volontà del parlamento, egli reagisca con tutti i mezzi che deciderà di adottare. Se per lui l’aborto è un assassinio, lo Stato, permettendolo, si macchierà di un’azione talmente grave da rimettere in discussione la sua legittimità. E’ insensato invitare il cristiano a uniformarsi alle sue credenze e lasciare che gli altri si regolino sulla base delle loro intime convinzioni. Nulla è più assurdo che pretendere che l’altro si uniformi quando possiede dei valori fondativi propri talmente radicati. Altrettanto ovvio è che una istituzione come la Chiesa che rappresenta queste istanze non negoziabili perché facenti parte dei suoi valori fondativi, cerchi di orientare (o “manovrare”: scegliere il verbo che più aggrada) i cittadini e i personaggi aventi funzioni istituzionali di uno stato straniero affinchè si uniformino alla sua visione del mondo. Punto. Non c’è nulla da aggiungere. Ma anche la seconda è errata. Spesso l’obiezione si basa su un dato: il corpus evangelico dentro la Chiesa è piccola parte rispetto alla sovrastruttura che gli è stata costruita intorno. Su questa osservazione si insiste sulla necessità che la Chiesa abbandoni certi dogmi superati per rinnovarsi. Ma questo non è un argomento. Se la dottrina della Chiesa fosse anche l’1% di derivazione neotestamentaria e per il 99% costruita nei secoli con i vari concilii, ai vari suggeritori laici sulle necessità di attualizzazione può interessare qualcosa? Un’istituzione millennaria sarà libera di costituirsi come diavolo vuole? Sarà autonoma nelle sue credenze quand'anche costruite rimestando e rimasticando le scritture? Spesso si fa leva sull’esistenza del cristiano “progressista” che introduce nella dottrina elementi spuri dimostrando così la possibilità effettiva di rinnovamento. Il cristiano “progressista” è però un’autentica jattura perché contribuisce a diffondere la convinzione che la Chiesa possa tradire la sua essenza per abbracciare una natura in cui si allentino i presupposti che l’hanno resa una forza universale, per quanto attualmente in declino. Egli, una volta compreso che il suo sforzo è semplicemente inutile, dovrebbe togliere le tende e costruirsi una religione “fai da te”, ma, guarda un po’, non lo fa mai[6]. Si tratta di due strategie di contenimento che, mentre mostrano la loro essenziale inutilità, hanno anche il potere di gettare una luce intensa sulla natura di una “laicità” incapace di generare valori di qualche genere e quindi perennemente in difesa rispetto ai rigurgiti clericali (di tutti i cleri) provenienti da ogni luogo della Terra. Lo Stato borghese è semplicemente un comitato di gestione di meccanismi economici del modo di produzione liberal-capitalistico, espressione di una società civile diventata soprattutto l’arena di rapporti reificati in cui le relazioni tra gli umani sono strumentali e caratterizzati dal semplice e nudo interesse. Lo Stato borghese, deprivato del suo concorrente storico, fa piazza pulita di qualsiasi considerazione etica diventando il campo in cui le varie lobby, o gruppi di pressione, fanno sentire la loro influenza nefasta nella guerra per l’appropriazione di risorse sempre più scarse in un contesto di individui atomizzati come non mai. Tuttavia, questa guerra di tutti contro tutti deve essere moderata per evitare l’implosione sociale. In questo quadro, le religioni “addomesticate” possono rappresentare una semplice vernice di contenimento di spinte endogene distruttive e quindi essere ben accette. Solo che le religioni monoteiste, segnate da un’inestinguibile tendenza apocalittica, non possono accettare, in ultima analisi, un ruolo ridotto senza perdere tutto quello che le ha rese grandi (pur in accezione negativa) e dunque, nel momento in cui perdono potere di condizionamento, diventano pericolose e aggressive, siano protestanti, cattoliche, islamiche o ebraiche. Ed è anche naturale che lo Stato, non esprimendo alcuna funzione etica, si trovi esposto ai rigurgiti religiosi e che le richieste di moderazione – il rispetto della laicità dello Stato e l’invito a modernizzarsi – debbano cadere nel vuoto. L’unica barriera che esso riesce a erigere, trovando spesso un robusto consenso, è quella costituita dai cittadini vuoti di interessi ideali, ma ormai plasmati dalla logica dell’“avere” che, pur soffrendo la loro condizione alienata, non sono in grado di individuarne la radice e perciò difendono il loro stato di vuoto presente costruito sulla condizione del possesso. Ma guai se la cornucopia del capitalismo dovesse incominciare a rallentare l’effluvio dei suoi beni e se vaste masse dovessero capire che l’antica promessa è definitivamente perduta. E’ conseguente una ripiegatura della società verso l’offerta degli arcaici venditori di etiche metafisiche con la conseguente riemersione di antiche inquisizioni. * 4 – Le religioni e l’antispecismo * I liberali moderati, non avendo valori propri da proporre perche’ puri amministratori dell’esistente, difendono e auspicano le religioni in formato “mini” pensando che possano, integrando i bisogni della società, contribuire alla produzione e diffusione di un’etica che regoli e moderi il disordine etico prodotto dal mercato. L’errore fondamentale di questo orientamento consiste nel pensare che le religioni monoteiste possano essere attenuate per raccordarle con la società civile borghese. Abbiamo visto che se qualche alleanza si stabilisce, si tratta di un'alleanza fittizia e strumentale. D'altra parte, lo stato borghese, non avendo una funzione etica propria, non può intervenire come concorrente nello spazio interiore del cittadino per proporre valori specifici (che non possiede) in alternativa a quelli delle religioni apocalittiche. Un'alternativa a tale stato di cose è accaduta per la prima volta nella storia moderna, solo con la formazione degli stati comunisti. Mai, come con il comunismo, si è cercato di costruire un’etica basata su valori autenticamente laici e dalla dimensione veramente universale. E’ chiaro che le religioni hanno intravisto nel comunismo quel nemico che il Cardinale Biffi ha discusso nella sua meditazione sull’Anticristo; ovviamente chi si cimenta in un’impresa del genere non può essere altro che un’emanazione del Demonio. Il comunismo ha ripagato le religioni concependole come forme dell’alienazione della natura umana che non sa riconoscersi e quindi si proietta al di fuori di sé stessa. Ovviamente il comunismo, pur consentendo la libertà di culto, ha posto forti restrizioni alle religioni. E' normale che, mentre tenta di costruire una solida etica laica che si ponga in concorrenza con le fole delle religioni smascherandone la natura illusoria, lo Stato comunista attui un robusto piano di propaganda antireligiosa e ateistica. Del resto è il minimo che possa fare mentre il concorrente l’addita ai fedeli come emanazione dell’Anticristo. Ma ora sorge una domanda. Anche il comunismo, così come si è storicamente realizzato, ha manifestato una natura antropocentrica. L’ateismo di cui si è fatto portatore, se andiamo a ben vedere, era un ateismo debole o ontologico, qualcosa di molto più vicino a un agnosticismo. Infatti è noto che non si può dimostrare né l’esistenza di Dio, né la sua inesistenza e l’opzione risulta, in entrambi i casi, un atto di fede o di interpretazione. L’antispecismo introduce una nuova condizione, l’ateismo epistemologico. Si tratta di un ateismo non più basato su una convinzione, ma su un ragionamento. Di nuovo non può dimostrare l’esistenza assoluta di Dio come non può negarla. Ma qui non si parla di un Dio assoluto, quanto del Dio che si è rivelato per mezzo dei (vari) profeti. Su questo Dio che si rivela e che spedisce i vegetariani all’inferno più o meno in tutte le varianti monoteiste, gli antispecisti hanno da introdurre un argomento nuovo, storicamente inedito per quanto elementare. Essi diranno che è un Dio falso sulla base di una contraddizione che diventa evidente non appena si distoglie l’attenzione dall’uomo e lo si rivolge alla natura. Poiché la natura è il luogo della violenza assoluta in cui esseri massacrano altri esseri, tutti e indistintamente senza che per loro sia stabilita una retribuzione (con l'eccezione, ovviamente, dell’UOMO), significa che l’ipotetico Creatore di questo mondo non corrisponderebbe alla descrizione dell’essere misericordioso che ama le sue creature. Se esistesse, davvero si potrebbe dire di lui ch'è “un paranoico lassù che scorrazza follemente tra le nuvole”. Ma ciò contrasta con la dichiarata e sottolineata misericordia divina. Perciò diventa automatico dedurre che anziché essere Dio a creare l’uomo, è stato l’uomo a creare Dio. Quella che per i critici delle religioni è sempre stata una convinzione intima, per gli antispecisti diventa il rilievo di una contraddizione nelle scritture celata per secoli dalla disattenzione che l’umano ha mostrato per gli animali. E ora ecco la domanda. Considerando che per gli antispecisti la religione si manifesta oggettivamente come il disvelamento di un assurdo, una ipotetica società antispecista potrà accettare le religioni apocalittiche o non dovrà andare oltre l’esperienza del comunismo del secolo scorso sradicando definitivamente dal cuore degli uomini le sue millenarie catene?
* Note *
[1] Quest’accostamento tra “razionalità” e “fede”, pur appartenente alla tradizione teologica cattolica, ad un laico non puo’ non apparire espressione assai strampalata), [2] Potra’ sorprendere questa affermazione in un momento in cui l’offensiva vaticana verso lo Stato risulta a uno dei massimi livelli, ma si consideri che le scomuniche, la minaccia dell’inferno, il ricorso alla figura dell’Anticristo non sono attrezzi utilizzati tutti i giorni. [3] "Se qualcuno, perche' giudica immonde le carni che Dio ha donato agli uomini per nutrirsi, e non perche' desidera mortificarsi, si astiene dal mangiare queste carni, su di lui anatema!" [Concilio di Braga, 577] (citato in "La via Lattea", di Luis Buñuel) [4] Secondo Freud l’origine dell’idea di Dio e della religione va rintracciata nelle dinamiche profonde che legano gli umani alla figura del padre e alla sua autorità, dinamiche che possono essere all’origine di diverse forme di patologie. Da questo punto di vista, la religione si presenta come una sorta di “nevrosi ossessiva universale” [Un’etica senza dio – E. Lecaldano, pag. 43] [5] Il riferimento è quel personale ecclesiastico che non crede in niente perché ha perso la fede da tempo immemorabile e vive con un piede nella sua istituzione e l’altro nella mondanità avendo sempre cura di accompagnare i potenti nei suoi rituali. [6] Ecco un esempio che afferra in un colpo solo tutta una galleria di strani “legami indissolubili”. Ma è anche un esempio che tradisce, sia pure indirettamente, la soddisfazione di un giornale di sinistra per un Cattolicesimo in sedicesimo e che dimostra come una certa corrispondenza di amorosi sensi si annidi anche dove non se ne dovrebbe sentire alcuna necessità. «Che cosa hanno in comune un capo scout, un’attivista delle Acli, un sindacalista in pensione divorziato ma credente, una credente che si occupa di formazione degli adolescenti e una cattolica omosessuale? Dicono tutti peste e corna del Family day, della propaganda contro i Dico e degli attacchi a conviventi e omosessuali. La cosa strana è che li abbiamo pescati a caso nella città del presidente della Cei, l’arcivescovo Angelo Bagnasco: Genova. E in più alcuni di loro appartengono proprio alle associazioni che promuovono la giornata a favore della famiglia» (Noi, cattolici, tifiamo Dico – Il Manifesto, domenica 22 aprile2007)
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22/05/07 |