Officina della THEORÎA

Politica e animalismo:
a proposito di un'intervista notturna
- a cura del Collettivo -





ROMA 27 FEBBRAIO 2005: UN COLLOQUIO NOTTURNO TRA MAX TETTAMANTI E PAOLO RICCI - Proposta di legge, lobby, animalismo suicida, caccia e una nuova visione.




Con l'accompagnamento dell'impegnativo sottotitolo si è svolto, nella data precisata, l'intervista sottostante (parte sinistra della pagina). Il contenuto del dialogo si inscrive all'interno di una prospettiva, a nostro avviso, assai preoccupante che va facendosi strada presso alcune frange dell'animalismo extrassociazionistico attuale. Le nostre preoccupazioni trovano spazio sul testo a fronte.
Riteniamo che le affermazioni riportate siano molto pericolose e debbano essere contrastate adeguatamente prima che si rafforzino con grave danno per il nascente movimento di liberazione degli animali.

Nota – L'intervista è riportata quasi integralmente. Sono stati soppressi alcuni passaggi ininfluenti ai fini delle questioni centrali. L'intervista completa è comunque disponibile sul sito www.ahimsa.it



1) PdL 5442

RICCI: Caro Max prima di tutto un piacere vederti. [...] Ho letto che le trattative ai tavoli tra animalisti e vivisettori vanno avanti da almeno un anno e mezzo. Avete concluso con la revisione del decreto legislativo 116/92 che regolamenta l'uso degli animali nei laboratori, e la proposta di legge, presentata nel dicembre 2004 da Giulio Schmidt, la n. 5442. Mi piacerebbe chiederti una cosa: se tu dovessi spiegare con grande semplicità le conclusioni dell’accordo riguardante la vivisezione, che diresti? [...] riusciresti a spiegarmi quello che è accaduto?

MAX: Caro Paolo, quello che è successo è notevolmente complicato nei dettagli tecnici ma molto semplice nell’essenza. Un politico, Giulio Schmidt, ha pensato fosse possibile riunire intorno a un tavolo antivivisezionisti, ditte farmaceutiche e vivisettori dell’Università italiana per trovare quello che lo stesso Schmidt ha definito “il massimo compromesso possibile tra le parti”. Perché questa idea è sensata? Perché la vivisezione è principalmente regolamentata da leggi europee e da protocolli internazionali e NON è possibile abolirla a livello nazionale. Un tavolo di lavoro del genere coi cacciatori ad esempio è improponibile in quanto la caccia si può abolire a livello nazionale e quindi né noi, né loro accetteremmo di trovare una soluzione INSIEME. L’idea era quella di vedere cosa era possibile fare considerando i forti limiti nazionali.

RICCI: Quello che mi colpisce è la divisione che l’accordo ha creato, da una parte una maggioranza che concorda con la posizione tua e della Berati, dall’altra una minoranza molto ferma sulle sue scelte. La cosa positiva è il tono abbastanza controllato: se non si precipita nella violenza verbale tutto è possibile. Io rispetto le posizioni della Galbiati o di Sottofattori - che conosco personalmente - e in un senso il mio cuore - ma non la mia testa - è dalla loro parte (nel senso della volontà di liberare in maniera radicale gli animali dalle sevizie e dallo sfruttamento umano); però non capisco una cosa, attenendosi a crudi fatti della realtà - e a quello che ci è possibile ottenere nel “hic et nunc” storico del momento - ammesso che tu e la Berati abbiate concluso un accordo “inverecondo”, cosa suggeriscono di fare tutti coloro che si sono attestati sulle posizioni di Oltrelaspecie, Rinascita animalista, UNA, Animalisti Italiani ecc…? Oltre a gridare il loro sdegno con striscioni e cartelli inquisitori davanti ai laboratori di vivisezione, che intendono fare? Hanno delle proposte alternative? E se l’accordo dovesse crollare che cosa accadrebbe? In ducati sonanti: qual è la strategia del fronte del “NO”, rifiutare l’accordo e fare cosa?

MAX: L’accordo ottenuto, detto in tre frasi è:

1)     Abbiamo la possibilità di abolire tutti i campi di vivisezione che sono abolibili a livello nazionale.

2)     Abbiamo la possibilità di avere antivivisezionisti a far parte di un osservatorio nazionale sulla vivisezione

3)     Abbiamo la possibilità di impedire al vivisettore di “autoautorizzarsi” a fare vivisezione (cosa che adesso avviene nella maggioranza dei casi)

Questo è quello che, forse, riusciremo a ottenere. Forse qualcuno ha pensato che questa legge fosse considerata un punto di arrivo della battaglia antivivisezionista. Ma questa idea è palesemente fasulla. Al limite possiamo considerarlo un passo avanti, non un punto finale. Infatti sia io che Marina abbiamo una valanga di progetti futuri già attivi, alcuni locali, altri nazionali, altri internazionali. Progetti scientifici, legislativi, economici, ecc. Però possiamo creare dei precedenti nazionali importanti anche in vista della loro esportazione in altre nazioni con cui abbiamo già contatti e scambi di informazioni. Non ho la minima idea di come voglia affrontare il discorso vivisezione chi è contrario alla proposta di legge su cui abbiamo lavorato. Abbiamo provato a organizzare un dibattito pubblico per gli attivisti per confrontarci sia nei contenuti della legge sia nelle iniziative future, ma hanno rifiutato il dibattito. È un problema loro, sai perché? Perché non capiscono la base del movimento animalista, quella base silenziosa, che si occupa di risolvere problemi concreti, che è la vera forza dell’animalismo. Base però che è poco su internet e quindi non si sente, non si vede, non appare… Non so cosa vogliano fare, né sinceramente, me ne frega molto…

RICCI: Cosa succede se non viene approvato il nuovo PDL sulla vivisezione?

MAX: [...] Non prendo neanche in considerazione questa possibilità. Sarebbe la fine. Nessun politico vorrà mai più avere a che fare con gli animalisti o far leggi a favore degli animali. Schmidt sta facendo molto per la vivisezione e riceve insulti principalmente dagli animalisti.

L'intervista parte con la questione che ha tenuto banco negli ultimi tempi: il PdL sulla vivisezione che dovrebbe riordinare la materia.

Ogni tentativo di giudicare il PdL non può prescindere da una analisi dettagliata degli aspetti che il progetto ha toccato. Il Movimento Antispecista, per esempio, ha elaborato un dossier con una miriade di considerazioni dalle quali si deriva un giudizio fortemente negativo.

Gli scambi da parte dei due fronti sono stati assai pesanti, ma questi non avrebbero dovuto precludere, se non il dibattito pubblico, almeno valutazioni a distanza sui documenti altrui. Valutazioni che sono completamente mancate. Ciò dimostra che la disponibilità alla discussione è stata piuttosto carente.

Tuttavia la posizione negativa del M.A. non è concettualmente di qualità diversa da quella positiva di Tettamanti. Infatti entrambe poggiano il giudizio sul bilancio della contrattazione tra le parti ora valutato positivo, ora negativo.

Oltre alla posizione “misurazionista” la quale fa discendere il giudizio dalla percentuale di positività degli interventi rispetto alla vecchia norma (indipendentemente dal fatto che ci siano stati o no), è possibile rilevare una posizione qualitativamete diversa: quella “non collaborazionista”. Risulta obiettivamente difficile per un liberazionista – Tettamanti dovrebbe comprenderlo facilmente – accettare che l’“antivivisezionismo entri a far parte di un osservatorio nazionale sulla vivisezione”, indipendentemente dal grado di miglioramento di una legge.

Ciò scaturisce da un atteggiamento non metaforico del concetto di “olocausto animale”. Se la sperimentazione crudele sugli animali viene considerata equivalente alla sperimentazione crudele sugli uomini, così come non sarebbe eticamente accettabile far parte di un comitato di gestione della seconda, così non pare accettabile condividere la responsabilità di gestione della prima. Insomma, l'azione intrapresa sembra più appartenere al vecchio modo di fare animalismo che al nuovo.

L'episodio offre anche un risvolto apparentemente assurdo. Pare che in assenza di qualche consenso da parte di una “controparte” animalista, ditte farmaceutiche e vivisettori gettino all'aria il tavolo della trattativa e procedano per conto loro peggiorando la norma. In una società come la nostra, caratterizzata dall’estrema materializzazione degli interessi, la mediazione tra parti contrapposte prevede un inevitabile “do ut des”. Ora non si comprende quale sia l'utilità di un assenso animalista per la lobby dei vivisettori e perché accettino un miglioramento della condizione animale solo se qualcuno del campo avverso si presta a dare il suo consenso. O l'offerta dei vivisettori ha un costo per la ricerca, e allora non si capisce come possa essere ripagato dal semplice assenso animalista. O non ha un costo, e allora è strano che condizionino il lieve miglioramento della condizione animale a tale assenso.

2) Una nuova scelta di vita?

RICCI: Quello che mi ha colpito in una tua lettera è l’abbandono del termine “animalista” che consideri obsoleto, superato… o forse troppo riduttivo? [...]

MAX: [...] Io cerco di non usare più il termine animalista perché per me l’animalismo è morto. Soffocato in un mare di litigi fra associazioni, in un mare di personaggi squallidi che hanno dimenticato la priorità di salvare animali affogando in un mare di seghe mentali inutili. Io da questo movimento ne sono uscito, ne sono fuori. Non mi classificherò più come animalista perché è ormai un termine sporcato. Nessuna conferenza, nessun progetto, nessun aiuto ad associazioni che ti pugnalano alle spalle. Cercherò nuove alleanze e nuove strade per gli animali.

RICCI: Arriviamo al punto. Io penso che se i vegetariani e i vegani fossero uniti politicamente (in uno schieramento trasversale puramente pro animali) l’accordo ottenuto da te e la Berati sarebbe stato di maggiore portata. Io penso che senza un progetto politico articolato non si va da nessuna parte. Tu cosa pensi?

MAX: Sicuramente sì, ma non credo che l’attuale movimento per gli animali sia in grado di unirsi.

RICCI: Se non c'è possibilità di unire il movimento animalista troppo disgregato al momento, da dove si prendono le forze?

MAX: Al di fuori, per progetti specifici. Ad esempio per la caccia: agriturismi che vengono disturbati dai cacciatori, persone che vivono in campagna e hanno paura a uscire, coltivatori che hanno paura di andare nei campi, ecc. ecc.

RICCI: Uscire dall'animalismo attuale, vuol dire abbandonare definitivamente l'idea animalista, o cercare di fondare un nuovo movimento che non abbia le tare del vecchio?

MAX: Non lo so. Se otteniamo risultati in altro modo forse si può pensare a rifondarlo. Se riusciamo ad abolire la vivisezione - abolibile in Italia - e riusciamo ad attaccare la caccia forse possiamo dimostrare che abbiamo ragione. Se non ci riusciamo non c'è speranza.

Non si tratta di una questione terminologica per quanto Ricci tenti di caratterizzarla come tale. Massimo Tettamanti non sa come farlo capire al suo interlocutore. “Io da questo movimento ne sono uscito, ne sono fuori”. L'intervistato ritiene, a ragione sotto molti punti di vista, che il movimento animalista sia terribilmente inquinato da deformazioni tipiche di associazioni autoreferenziali.

Il “nuovo” animalismo, quello dei coordinamenti e delle pressioni dirette si spesso rivelato altrettanto incapace, litigioso e ornato dai peggiori difetti degli ambienti di derivazione.

Detto questo occorrerebbe sviluppare due linee di ricerca. La prima sulla biografia di Tettamanti come attivista per verificare se non vi siano stati errori anche da parte sua, errori del resto plausibili, data la complessità della “causa” animalista.

La seconda, ben più importante, sulla possibilità di successo circa l’attività a favore degli animali per “progetti” tutti interni a una logica politico-istituzionale. Può darsi che qua e là si trovino microsoluzioni anche interessanti, ma è inevitabile il rischio che, con il “gran rifiuto” dell'animalismo, si cada nell'abbandono del più grande dei progetti (la diffusione di una cultura della “liberazione”).

Per quanto possa apparire problematica, la via dell'”animalismo” o dell'antispecismo è una via obbligata e se questo animalismo non ci piace, è solo perchè contiene dei difetti originari che occorre scoprire e emendare. Non ci sono altre soluzioni e la via di fuga è la peggiore.


3) Lobby: parte prima

RICCI: [...] Arriviamo al sodo: tu cosa pensi di un grande gruppo di pressione politico che aiuti gli animali? 

MAX: Penso che debba essere chiamato col suo nome: LOBBY. I cacciatori sono i migliori, sono bravissimi a fare lobby, eccezionali. La lobby è la capacità di tradurre in pratica a livello legislativo opinioni, sentimenti e obiettivi di un movimento o un gruppo di persone. Vuol dire stringere mani di esseri viscidi, lavorare con flessibilità e realismo, strisciare nel fango della politica per l’ottenimento di obiettivi specifici e chiari. I cacciatori sono pochissimi, compatti e ci schiacciano. Con loro siamo sempre “in difesa”. Con una legge nazionale contraddittoria e malvista dalla maggioranza degli italiani, quando va bene riusciamo a bloccare dei peggioramenti. Se i cacciatori vincono la colpa è nostra. Nessuna scusante.

RICCI: La cosa che trovo più bizzarra è che almeno 12 organizzazioni vegetariane in Italia non abbiano mai ancora pensato a fare un sondaggio sugli orientamenti politici dei vegetariani. Un sondaggio accurato non è stato mai fatto. Ma perché tutte queste associazioni non possono unirsi per scoprire una cosa così importante? Anche se le idee basilari sono in contrasto tra di loro lo scambio di informazioni aiuterebbe tutti. Si fa un sondaggio e si utilizza come si crede. Ognuno alla maniera sua. Tuttavia, io penso - basandomi anche su serie statistiche eseguite nel Regno Unito (ove i vegetariani sono quattro milioni e i vegani 250.000) - che bisogna prendere sul serio le informazioni riguardanti il numero dei vegetariani in Italia che si dovrebbe attestare intorno ai 2.900.000. Veganitalia afferma che siano ormai sei milioni. Ma a me sembra eccessivo. Dalle statistiche lette il numero dei vegetariani etici dovrebbero essere il 94% della totalità. Se questo fosse vero, dal momento che un vegetariano etico può essere definito un animalista, esiste allora un grande serbatoio di voti “animalisti” che potrebbe essere utilizzato in maniera devastante. Non credi?

MAX.: Lo credo per certo. Siamo tanti, e su progetti specifici, possiamo stringere alleanze nuove e utilissime. O facciamo un salto di qualità in relazione al fatto che il movimento è cresciuto oppure siamo morti. Personalmente penso che l’animalismo sia attualmente morto in quanto rappresentato da chi non riesce a mettere da parte le proprie idee/ideologie e ragionare col “principio di realtà”. La scelta di alcuni è quella dell’autoghettizzazione dove, se esprimi un’idea diversa, vieni automaticamente classificato come “fascista”.

Inizia qui, in modo esplicito, il gioco di squadra per propagandare le virtù taumaturgiche di quel comportamento socio-politico chiamato “lobby”.

Sulla lobby, ultimamente si è discusso parecchio nelle varie liste animaliste. In genere a smozziconi e improperi come si è adusi quando si dispone di idee a corto raggio.

In realtà l’argomento è serio e richiederebbe una strumentazione concettuale ben congegnata per sondare non soltanto le possibilità di successo di una iniziativa del genere, ma anche i suoi possibili campi di applicazione. Non è escluso che si possa attivare in alcuni campi (probabilmente solo in uno: la caccia). In ogni caso occorrerebbe ragionare su una base più sostanziale di quella che viene posta.

L’insistenza con cui Ricci richiede sondaggi alle società vegetariane incorpora errori macroscopici. I vegetariani non sono 3 milioni, ma anche se lo fossero non sarebbero disposti a vedere il problema animale in termini totalizzanti. L’epoca delle visioni ideologiche per ora è chiusa e l’individuo è inserito entro una rete di interessi molteplici in cui il vegetarismo si trova, se va bene, in concorrenza con la riforma delle pensioni, il prezzo della benzina, l’occupazione del figlio oltre a un altro centinaio di bisogni che reclamano più di quanto non sia capace di fare una componente ideale della personalità di un vegetariano generico. Un altro errore è il credito aperto verso le società vegetariane che spesso non hanno “idee in contrasto tra loro”, ma si limitano a annunciare la “buona novella” di un mondo ripulito dalle brutture del necrofagismo. Alla domanda precisa di Ricci, Tettamanti sposta il discorso dal versante vegetarista a quello animalista più ideologizzato e conlittuale e altrettanto leggero in termini quantitativi. Ed è anche interessante rilevare che subito dopo aver dichiarato la possibilità teorica di alleanze provveda a chiudere le speranze dichiarando morto il movimento.

4) Sollecitare un dibattito e ignorarlo

RICCI: [...] ho letto gli “assunti indiretti” del Collettivo di Rinascita Animalista. [...] Condivido in gran parte tutto quello che dice il collettivo, incluso “il riconoscimento senza condizioni degli interessi della vittima e non certo del carnefice”. Ma quello che mi sfugge è capire la strategia alternativa che suggerisce. Io penso che il motivo principale della lotta sia basato sul semplice fatto che non bisogna torturare o uccidere esseri viventi. Tutto il resto è minima appendice. Però capisco che se – per esempio- si convince la gente che la carne causa il cancro, o che la caccia è pericolosa per tutti, la lotta può essere avvantaggiata da simili informazioni, insomma si compiono dei passi verso chi ancora non è arrivato alla consapevolezza etica di certe scelte. Io mi baso – per alcuni erroneamente – su una serie di dati nell’identificare gli spazi per la battaglia animalista: il numero dei vegetariani e vegani in Italia, l’alta percentuale di coloro che sono ostili alla vivisezione (39% - leggermente inferiore alla percentuale inglese che è del 41%) , l’altissima percentuale di coloro che sono contrari alla caccia (74,1%) il numero crescente di coloro che mangiano carne ma dicono che smetteranno. Nel Regno Unito, tanto per dare un’idea - 2000 persone alla settimana scelgono di diventare vegetariani. Su questa grande base di dati io penso che qualcosa di grande si stia muovendo e qualcosa di politico a questo punto va costruito. Tu che pensi?

MAX: Tra le varie idee che proponevi nella tua lettera all’Osservatorio Politico Animalista escluderei l’entrata diretta in politica e mi concentrerei direttamente sulla Lobby. Inutile girarci intorno. O iniziamo a capire che il modo di fare politica è cambiato dal dopoguerra oppure non ci muoviamo. Politicamente non contiamo nulla. Proprio nulla. Mentre siamo tanti. Molti di più di quello che potrebbe sembrare seguendo solo Internet. Siamo tanti e con una forte passione, più forte di altre, per la quale siamo disposti a tutto. Ci sono politici che danno per scontato che avranno i voti di molti animalisti, mentre altri politici danno per scontato che non saranno mai votati. Esattamente il contrario della lobby. Dobbiamo spaventarli, ricattarli, minacciarli. Dobbiamo fare come i cacciatori per i quali destra e sinistra lottano per far vedere chi fa di più per meritarsi i loro voti.

L’introduzione ai saggi sull’antivivisezionismo scientifico, quella che Ricci richiama, era semplicemente uno schema che non sondava in modo sistematico l’efficacia o meno degli “assunti indiretti” (cosa che comunque andrà fatta). Probabilmente occorreva approfondire quali sono gli ambiti in cui possono offrire un valido supporto agli assunti diretti (cioè quelli che pongono il problema dell’animale direttamente su base etica) e quali sono quelli in cui si dimostrano inutili o addirittura controproducenti.

In effetti esiste un collegamento tra validità (eventuale) di un assunto indiretto e la costituzione di una lobby. La prima può giustificare la seconda. Ma i due interlocutori non approfondiscono, rimangono su esasperanti astrazioni. Del resto la riflessione teorica non è molto gradita da Tettamanti

Possiamo prenderne atto considerando il fallimento di una iniziativa da lui citata, la discussione avviata nel sito “Osservatorio politico”. L’intervistato taglia corto e detta la sua soluzione. Del ricco confronto di tesi e controtesi non è rimasto nulla se non una convinzione che probabilmente era già precostituita al momento in cui Ricci mandava al sito la sua interessante provocazione. Sono anche questi gli atteggiamenti che creano malumori. A che serve discutere se poi i tuoi sforzi vengono considerati “inutili seghe mentali”?

5) Tecniche di propaganda

RICCI: Una cosa che mi ha colpito è stata un e -mail da Vitadacani. Sara D’angelo ha scritto: “ nel nostro orizzonte esiste solo l’abolizione della vivisezione, quello che si è ottenuto è un compromesso; ma  state attenti – ha messo in guardia - a non far cadere questo PDL perché siamo noi che con le mani insanguinate raccogliamo gli animali straziati per portare a casa quello che resta”. Quella lettera mi ha commosso e ferito.

MAX: Un altro punto fondamentale della proposta di legge è la possibilità di salvare tanti animali dalla morte in laboratorio. Finora, a mia conoscenza, solo Sara con VitadaCani e il progetto Vitadatopi hanno salvato animali dai laboratori. 1500 circa in totale. Con fatica, con difficoltà e ostacoli burocratici spesso insormontabili. Se questa proposta diventa legge sarà molto più facile. Potremo prenderne e salvarne tanti. So che la base degli attivisti è con noi perché i rifugi per animali ci appoggiano, tantissima gente si offre di dare una casa a questi animali. Quando porto dei topi a casa di qualcuno l’unica cosa che mi dice è “portatene fuori altri, non mi interessa come fate, non mi interessa se con una legge o una azione diretta, non mi interessa di che associazione siete o se siete o meno un’associazione … noi siamo qui a dargli una casa”. È questo supporto che abbiamo che mi spinge a fregarmene assolutamente di chi fa dell’animalismo un modo per diventare presidente di qualcosa.

Spesso si accusa il Sistema di manipolare abilmente gli uditori con tecniche che toccano le parti più intime della compassione umana mettendo l’ascoltatore in una condizione di impossibilità di diniego. Ecco un ottimo esempio. Ricci si commuove, come si commuove chiunque legga quelle righe e abbia a cuore la condizione animale. Tettamanti prende la palla al balzo per raccomandare la bontà della scelta da lui adottata.

Ora non si dubita che l’animalismo debba avere un’anima per intervenire nei casi in atto, ma quello che sfugge, a dispetto del ricorrente impiego della parola “politica”, è il rifiuto di qualsiasi visione di prospettiva, “politica” appunto, capace di uscire da una logica infernale che alla fine potrà persino rivoltarsi contro le iniziative messe in campo (il riversamento nelle mani degli animalisti di migliaia di animali “esausti” trasforma la natura e gli scopi dell’attivismo animalista e contribuisce a sfiancarlo pericolosamente).

6) Lobby: parte seconda

RICCI: Devo dire che l’accordo con Schmidt mi ha lasciato interdetto. [...] E quando ho sentito l’apertura di Forza Italia mi sono venuti i brividi. Nella doppiezza del piccolo machiavellismo italico, esistono in FI “gli amici degli animali” e i fautori post-fascisti delle aperture dei parchi per massacrare tutto quello che si muove. La domanda ovvia è: “Perché hai scelto di lavorare con Schmidt?” La risposta in parte la conosco. Perché gli imbecilli di sinistra non ne volevano sapere. Potresti elaborare una semplice spiegazione per semianalfabeti come me?

MAX: Facile. Perché lui ha aperto una porta. Una possibilità di salvare animali. Se lo faceva uno di Rifondazione Comunista personalmente sarebbe stata esattamente la stessa cosa. Il fatto che lo faccia uno della maggioranza dà solo maggiori speranze. Il fatto che qualcosa sta cambiando lo vedo proprio dall’esperienza personale. Prima quando c’era un progetto dovevamo strisciare in ginocchio davanti agli uffici per farci ricevere e poi, puntualmente non succedeva niente. Ora ci chiamano loro. Prima i politici venivano pubblicizzati come “votabili” in base alle loro promesse elettorali (errore enorme). Ora li inseriamo nel database dell’osservatorio politico ogni volta che fanno qualcosa contro gli animali. E’ solo un piccolo cambio importante. E non abbiamo ancora una lobby!!!

RICCI: Se le idee politiche non contano, che ruolo avrà la politica nel nuovo movimento "per i diritti di tutti gli esseri viventi"?

MAX: Copiamo dai cacciatori, pronti a togliere il voto a chi non li appoggia. I cacciatori di destra non voteranno mai a sinistra e viceversa. Ma possono togliere il supporto. Un animalista antiberlusconiano non voterà mai Berlusconi ma potrà ricattare la sinistra. Non garantendo il voto a priori: caro politico, se fai quello che chiedo ti voto e ti supporto, altrimenti ti considero un traditore della mia idea politica e mi rifiuto di appoggiarti.

RICCI: Già, quello che fanno gli inglesi da tempi lontani… una domanda: Caccia il Cacciatore e OPA sono il punto di partenza del piano di organizzazione di una Lobby trasversale?

MAX: Assolutamente si!!!

RICCI: Ci sono motivi politici che ostacolano l'approvazione del nuovo PDL sulla vivisezione? Sono più forti i motivi etici o quelli politici di chi dice no?

MAX: Da una parte sicuramente motivi politici in quanto alcuni degli oppositori sono direttamente collegati, si candidano o lavorano, all’interno dei Verdi. Infatti dicono cose palesemente false nelle loro critiche alla proposta di legge. Ma credo che molti siano invece in buonissima fede e convinti che l’animalismo non debba sostenere una proposta di legge giudicata non abbastanza migliorativa. Penso però che se qualcuno pensava di poter fare di meglio non aveva che da venire al tavolo di lavoro. Era aperto a tutti. Credo che se il proponente fosse stato dei Verdi e non di Forza Italia nessuno ci avrebbe criticati e insultati così tanto.

Uno dei motivi per i quali nell’ultimo anno si sono scatenate delle risse portentose in seno all’animalismo extraassociazionistico dipende proprio dal fatto che la relazione tra Tettamanti e Schmidt è stata vista come uno stretto “connubio”. A ciò è seguito un argomento derivato: poiché FI è parte di un governo in cui ci sono coloro che vorrebbero affondare i gommoni, ne consegue che anche Tettamanti è responsabile degli eventuali affondamenti dei gommoni. Il sillogismo è un po’ tirato per i capelli, ci sembra. Anche altri hanno osservato che la diatriba non sarebbe sorta se l’interlocutore di Tettamanti fosse stato un verde (o un rosa). Tesi vera al 100%, e francamente non si capisce come l’animalismo italiano debba cadere in questo colossale errore rimanendo succube di forze politiche ritenute affini sulla base di un equivoco che non si riesce a sciogliere pur essendo stato ampiamente disvelato.

Ma vi è dell’altro in questo passaggio dell’intervista.

Si osservi l’ingenuità con la quale si ipotizza che i cacciatori possano togliere il supporto ai loro partiti di riferimento. Di nuovo siamo costretti a sottolineare che nessun umano possiede soltanto un ruolo sociale. Pertanto, se le sue richieste in quanto cacciatore non vengono ascoltate, oltre a non votare a sinistra se è di destra (o viceversa), si limiterà a bofonchiare ma continuerà a votare per chi ha sempre votato. Qui si distorce per ignoranza, non certo per cattiva fede, il meccanismo lobbista il quale non funziona per via populista, ma attraverso “rappresentanze” particolarmente significative sul piano dei poteri (armieri, industriali, ecc.) E se queste soccombono in una occasione si riorganizzano per ritentare un’altra volta, senza drammi, e senza che i cacciatori o altre categorie vadano oltre al mugugno. Ha ragione Tettamanti quando dice che la politica non è più quella del dopoguerra, ma il fatto che il voto di appartenenza sia venuto meno non significa che il gesto elettorale sia cosi' sensibile agli aspetti a cui Ricci e Tettamanti assegnano grande importanza.


7) Lobby: parte terza

RICCI: Quello che trovo bizzarro è l’indignazione di coloro che si arrabbiano con la RAI perché non troviamo spazio nei vari programmi. Il problema principale è che in una democrazia moderna gli spazi si conquistano con la forza. Non quella fisica ma quella dei potenziali elettori. A che serve piagnucolare se non si fa uno sforzo per capire chi siamo e quanti siamo? Se non si arriva a comprendere quanti siamo e quanti potenzialmente possiamo essere a che serve scrivere lettere alla RAI? Devo dire che trovo stravagante il tabù che vieta di fare domande fondamentali in un sondaggio unificato e preciso. Basterebbe ampliare il sondaggio eseguito per Veganitalia dando a uno specialista di statistiche l’incarico. Dobbiamo fare uno sforzo per capire quali siano le tendenze politiche del mondo dei vegetariani e dei vegani. E anche le tendenze religiose vanno comprese e analizzate. E’ necessario infrangere i tabù che limitano questo tipo di domande “perché ci fanno litigare”. Io voglio capire dove il popolo vegetariano tende politicamente, perché se è vero quello che si dice che tende fortemente a sinistra allora bisogna che qualcuno da quella parte si svegli e cominci a prenderci molto, molto sul serio… non pensi?

MAX: Sarebbe interessante fare un sondaggio fatto bene sia sulle scelte vegetariane/vegane, sia su altro … legando l’empatia per gli animali con le scelte politiche. Lo facciamo?

RICCI: Certo.. è ESSENZIALE! VITALE! E’ “conditio sine qua non” per capire chi siamo! [...] Un’ altra cosa che mi ha sorpreso è il fatto che l’86% dei vegetariani aderisce a gruppi e associazioni. Il 19,9% fa parte di partiti politici; il 29,7% difende l’ambiente (e quindi deve essere attento alla politica) il 18,1% fa parte di Centri Sociali, il 21,4% fa parte di organizzazioni per i diritti degli uomini, il 77% è membro di organizzazioni animaliste. Questo dimostra una capacità e una volontà politica a organizzarsi notevole.

MAX: Manca un passaggio: coesione. Senza questo siamo isole divise e in lite l’una con l’altra.

RICCI: Giusto! Ma su questo dobbiamo lavorare……dobbiamo unificare in una grande isola le isole raggiungibili…

MAX: Con le associazioni attuali? Utopia. Impossibile. Dobbiamo creare progetti concreti e realizzabili. E creare una lobby con alleanze oltre l’animalismo e, nello stesso tempo, lasciare la possibilità ai singoli attivisti per gli animali di far sentire il loro peso. Sarebbe tutto più facile se le associazioni animaliste, primo punto di riferimento dei politici, svolgessero già da sole questo compito, ma così non è. E, sempre per “principio di realtà”, dobbiamo prendere atto di questa carenza.

[...].

Nella parte terminale di questo brano Tettamanti afferma: “Sarebbe tutto più facile se le associazioni animaliste, primo punto di riferimento dei politici, svolgessero già da sole questo compito, ma così non è.”

Il passaggio è estremamente condivisibile e fotografa nello stesso tempo l’impossibilità di realizzazione di tale progetto, almeno fino a che non accadrà il miracolo di una indecifrabile trasformazione di intenti (sia chiaro: continuiamo a non credere nell’impiego generalizzato della lobby, ma in ogni caso l’associazionismo animalista potrebbe almeno tentare di attuare al meglio la sua natura protezionistica).

Quanto precede, unito all’assurdità della richiesta di lobby a chi, per motivazioni varie, non può espletarla (i gruppi di movimento), dimostra né più, né meno l’inutilità di insistere su una prospettiva irrealizzabile.

Da qui prende le mosse quanto riteniamo assurdo: il tentativo di risolvere il “problema animale con forze che non si curano di animali. Ma Ricci non si dà per vinto e continua a insistere sul progetto di ricognizione delle idee politiche dei vegetariani per realizzare ciò che Tettamanti sembra accettare ma che continua a respingere con molta delicatezza: “Con le associazioni attuali? Utopia. Impossibile. Dobbiamo creare progetti concreti e realizzabili. [...] sempre per “principio di realtà”, dobbiamo prendere atto di questa carenza.” Tutta l’intervista appare come un coretto all’unisono, ma, a leggerla bene, si scorge un Ricci ancora legato alla speranza e un Tettamanti bruciato dall’esperienza animalista e proteso (irrimediabilmente?) verso altri lidi.

Infine una piccola osservazione: se i vegetariani fossero davvero tre milioni e il 77% di essi fosse membro di organizzazioni animaliste, ne conseguirebbe che dovrebbero esserci 2 milioni e trecentomila animalisti organizzati...


8) Sociologia allegra

RICCI: Conoscevo, in Toscana, un simpaticissimo romano chiamato “Er Panza” (ovviamente per l’escrescenza adiposa che si trascinava dietro). Era una persona umanissima con l’imperdonabile difetto di essere laziale (che tu sai è una cosa imperdonabile!). “Er Panza” salvava cani, gatti e seppelliva animaletti schiacciati dalle macchine. Era di una bontà incredibile ma mangiava pesce. Era in continua lotta con i cacciatori che odiava con una passione travolgente. La domanda che ti faccio è questa: secondo te “Er Panza” era ed é un animalista?

MAX: Prima dovremmo trovare una definizione univoca di animalista. Cosa che non credo possibile. Personalmente, però, la mia risposta è semplice: sì. È un animalista. Non credo nella perfezione. È un alleato non un avversario.

RICCI: Allora il numero degli animalisti sarebbe veramente grande! E se fosse così grande il numero non è criminale non tentare di unirli politicamente per ottenere risultati migliori di quelli che abbiamo finora ottenuto? Si può arrivare ad un unità strategica del popolo vegetariano - vegano per ottenere risultati che salvino migliaia di animali? Con una forte struttura politica dietro non sarebbe più facile trattare sui tavoli di lavoro e per Sadar salvare le sue adorate tartarughe?

MAX: Si, ne sono convinto. Molte delle persone che danno la vita per gli animali nei rifugi NON sono né vegetariane né tanto meno vegane. Questa è per me una contraddizione incomprensibile, ma non ho il potere di modificare la realtà a mio piacere e devo accettarla per quella che è. Anche solo per cercare di modificarla.

RICCI: Consideri un semivegetariano che raccoglie randagi e lotta a Huntingdon contro la vivisezione un animalista? O cosa lo consideri?

MAX: Senz’altro animalista.

[...]

... a cui dovrebbero aggiungersi altri “mezzi animalisti” come “Er Panza” che vegetariani non sono. Si arriva dunque per vie molto allegre a moltiplicare dei numeri reali per un paio di ordini di grandezza (si commette lo stesso errore a sostenere che il monte Bianco è alto dai 40 agli 80 metri), continuando inoltre a ignorare quella che è la principale critica che Ricci non vuole accettare: nella società moderna ogni individuo assomma nella sua persona molti ruoli e dunque, l’“animalista”, tranne casi particolari, non sarà disposto a inserirsi in quel disegno di trasformazione a cui egli sembra generosamente anelare ma che, in sostanza, rimane generico, astratto e subordinato a altri interessi.

9) Sintomi di resa?

RICCI: Cosa pensi di quelli che considerano la domesticazione di alcune razze avvenuta 50.000 anni fa una violenza e che vogliono ricondurre cani, gatti e altri animali allo stato selvaggio?

MAX: Impossibile. Il massimo che puoi ottenere è ridurre randagismo e limitare i canili lager, nulla di più.

RICCI: Non esiste secondo te nessuna possibilità di un rapporto non deviato tra uomo e animale? In fondo non è un animale anche l'uomo? E non fanno tutti parte della stessa biosfera? Potrebbe l'uomo sussistere senza avere rapporti con altri esseri e specie? Non diverrebbe un’aberrazione questa sua condizione isolata dal resto degli esseri viventi?

MAX: Forse con un numero minore di animali d'affezione e eliminando l'importazione di esotici potremmo avere un rapporto migliore. Non è necessario arrivare a punti estremi. Cani e gatti ormai fanno parte del nostro mondo.

[...]

Questo breve passaggio era destinato a essere eliminato come ininfluente. L’abbiamo recuperato per due ragioni. Esso trasmette una sensazione di perdita di principi fondamentali per un liberazionista. Teorizzare l’eternità della presenza di cani e gatti nella società umana significa accettare il massacro di altri animali che ricoprano il ruolo di cibo. E’ accettabile?

Inoltre è accettabile pensare, con tutti i progetti di lobby richiamati ossessivamente ad ogni istante, che randagismo e canili lager siano soltanto ridotti, limitati? Neanche un rapporto corretto con gli animali di affezione è possibile per un lobbista? E’ veramente un ben magro strumento quello a cui ci si affida! Non è questo un inizio di arrendevolezza a un mondo prima considerato nemico?

10) La politica come fatto intimo

RICCI: Quello che mi ha sorpreso sono state le reazioni nei confronti tuoi e della Berati; io capisco che qualcuno possa non essere d’accordo, ma trasformarvi in nazisti è stata una cosa oltraggiosa. Direi disgustosa. E permettimi - conoscendo  i miei polli e avendo militato nella sinistra una vita - immagino che presto appariranno le liste di proscrizione. O mi sbaglio?

MAX: Ah ah ah… Se parlo con Schmidt sono fascista. Se organizzo un’azione shac divento un anarchico. Quindi sono un fascista anarchico? O un anarchico fascista? A dire la verità mi diverto abbastanza a seguire l’evolversi delle classificazioni. [...] Personalmente ho delle chiare e precise idee politiche, non le dico e non le sa nessuno, e le definizione che mi danno altri mi fanno sorridere.

RICCI: E a proposito della strettoia ideologica quello che mi colpisce è che in un mondo che cambia si voglia imbrigliare l’animalismo in qualcosa – che pur essendo stato terribile e grandioso – è passato. Io leggo quello che accade in Italia. Bertinotti afferma che sente un brivido quando entra nelle chiese. Fassino sfodera la trascendenza. D’Alema ringrazia Wojtila per averlo salvato dal comunismo (che trovo assai triste!). Tutto rotea a velocità inaudita. La socialdemocrazia diventa inaccettabile. E qualcuno ci vuole infilare in un buco nero ideologico dal quale non si esce. Io sono fondamentalmente convinto che il capitalismo produca effetti disastrosi e l’ho scritto nei miei tre romanzi. Ma non sono d’accordo con soluzioni che lo stesso Marx - se fosse vivo - scarterebbe. Ciò che è stato tragico e rivive si copre il volto con la maschera della farsa. Io penso come Klaus che l’ideologia “animalista” si definirà nella lotta in maniera autonoma e originaria, e che non potrà non essere anticapitalista, riuscendo ad assimilare quello che la politica progressista è riuscita ad accumulare e insegnare attraverso la storia. Ma sicuramente, anche se fortemente anticapitalista (almeno come impostazione), l’animalismo come grande movimento di pensiero autonomo, non sarà né troskista, né stalinista. Tu che pensi?

MAX: Ho letto quello che ti ha detto Klaus, ma non credendo che esisterà mai un mondo anticapitalista, non credo che l’animalismo sarà anticapitalista. Sarà contro lo sfruttamento di animali per motivi economici o ludici. Non necessariamente anticapitalista.


La diatriba degli ultimi mesi – avvenute in seguito ai noti fatti di Morini – è anche scivolata su affermazioni paradossali e, come dice Ricci, oltraggiose. Riteniamo che chi è più politicizzato (chi ha il senso della politica) dovrebbe stare attento alle parole che usa e non lasciarsi andare al fuoco delle passioni. Tuttavia bisogna ammettere che Tettamanti se le tira dietro. Egli ha una ben strana visione della politica: “Personalmente ho delle chiare e precise idee politiche, non le dico e non le sa nessuno...”. Non si tratta di un incidente, di una frase maldestra uscita per caso visto che il Nostro la ripete con una certa frequenza. Ora si comprende perchè abbia così tanta ostilità verso la politica che associa ripetutamente a non ben precisati “ideologismi”. Evidentemente egli la interpreta come un fatto privato, come qualcosa da coltivare nell’intimo. Ma un’idea politica coltivata nell’intimo cessa di essere un’idea politica, la quale, per essere tale, ha bisogno di essere pubblica.

Dunque l’intervistato accetta la politica quando è semplice “gestione dell’esistente” (e si rivolge ai rappresentanti politici perché l'amministrino in vece sua). La rifiuta quando è progetto di una realtà diversa: quella realtà che dovrebbe essere costituita per ospitare il rispetto di esseri diversi entro la società umana. Di nuovo siamo costretti a registrare i nostri dubbi: certe frequentazioni possono generare effetti strani anche sugli attivisti più impegnati e preparati. Il processo negativo investe anche gli aspetti più importanti. Su temi fondamentali come la dichiarata compatibilità capitalismo-animalismo occorrerebbe andare oltre quelle che possono essere le proprie generiche sensazioni.

11) Chiarificare le categorie della politica!

RICCI: Dopo che Liberazioni espose  la colta ricerca di Maurizi riguardante “Marxismo e animali”, invitato da Sottofattori, ho fatto un’intervista a Klaus e due amici a Barnstaple. A questa intervista Agnese Pignataro ha risposto piuttosto indignata. [...] La Pignataro - che secondo me non ha letto con attenzione quello che dicono i quattro ubriaconi nella conversazione bisboccia da “pub” - parte dal presupposto - che è il “refrain” classico ripetuto “ad nauseam” dagli amici di Liberazione - che occorre un piedistallo ideologico per l’animalismo radicale; e che il piedistallo ideologico del nuovo animalismo nascente non può essere altro che il marxismo ortodosso. Tu che pensi di questo?

MAX: Lobby, lobby, lobby!!! Non contano le mie idee politiche o quelle di nessun altro. Priorità uno: salvare animali. Con ogni mezzo necessario. Qualsiasi autolimitazione è un errore. Se qualcuno “non ce la fa” a parlare con uno di Forza Italia allora si concentri con chi sente politicamente più vicino. Chi ottiene risultati ha ragione. Punto e basta. La strategia inglese di pressione costante ha ottenuto risultati e quindi ha ragione. Punto e basta. Chi chiude i laboratori, chi blocca sperimentazioni ha una strategia che merita di essere seguita. QUALSIASI ESSA SIA.

RICCI: Occorre ora creare una leadership in grado di farci muovere, di superare la palude stagnante del chiacchiericcio inane e sconfitto. Occorre anche tirare una linea. Tutto ciò che diventa volgare, gratuito attacco, scriteriato insulto va abbandonato. Abbandonate le scorie si riparte. Però non dico di chiudere le porte a coloro che criticano. Questo sarebbe folle. Dico di chiudere le porte in faccia a coloro che vogliono, attraverso lo scontro folle, la morte del movimento. Sicuramente non mi riferisco a coloro che criticano la posizione tua e della Berati. Ora è tempo di aggregare per creare qualcosa che diventi valido politicamente. Qualcosa in grado di salvare numerosi viventi da strazio e massacro. Io penso che il riformismo momentaneo non precluda rivoluzioni. Sotto un grande ombrello mille diversità possono prendere riparo senza cambiare la loro natura. E bisogna imparare da un nemico capace: e nemici abili come i cacciatori in questo paese dove vivo e quelli della terra da dove origino ce ne sono pochi. E tu l’hai detto. Anche Lenin studiò i metodi dei gesuiti, e i gesuiti i metodi marxisti. Però dove vivo c’è una notevole differenza: gli inglesi hanno studiato i metodi dei cacciatori e con i loro stessi metodi li stanno battendo. E li stanno sconfiggendo politicamente, non con le chiacchiere su internet. E’ tempo che si esca dal ghetto luminoso e piagnucolante per salvare i viventi massacrati. E’ tempo di avere il coraggio di superare le differenze politiche e di unirsi in alleanze mirate e trasversali, che salvino la propria identità, di qualunque orientamento essa sia. Ma le differenze non devono essere necessariamente disgreganti come sta succedendo ora. E’ giunto il momento della svolta, è giunto il momento di lavorare per una grande aggregazione.

MAX: E’ TEMPO DI LOBBY!!! Ma, non credendo che l’animalismo così come adesso si presenta sia maturo e pronto per il grande passo … io ne esco. È ora di cercare alleanze nuove su progetti specifici. Tantissimi odiano i cacciatori. Fare lobby vuol dire aprirsi a forze sociali NON animaliste per l’obiettivo comune anticaccia. La caccia è e deve essere il primo obiettivo legislativo concreto. Perché è palesemente antidemocratica. Non è come un lavoro di sensibilizzazione verso uno stile di vita vegano, lavoro che continua in parallelo, non si può parlare e sensibilizzare un cacciatore. Non è come una pressione su un laboratorio, geograficamente localizzabile e quindi attaccabile. Dobbiamo vietargli la possibilità di sfogare le sue voglie venatorie assassine. Dobbiamo partire dalla caccia. Dobbiamo creare la lobby. Le interminabili discussioni su cosa debba essere o come debba comportarsi un animalista le lascio dietro le spalle. È tempo di lobby. [...]

Rinascita Animalista non propone alcun piedistallo ideologico e tanto meno si attribuisce propensioni verso un presunto “marxismo ortodosso” che non sappiamo bene cosa sia. Invece chiediamo di ragionare intorno alla (in)compatibilità tra una opzione di “allargamento etico” che crei pace tra l’uomo e il resto della natura, e una organizzazione sociale distruttiva e intrinsecamente violenta a cui ci si rivolge per chiedere una collaborazione di lunga prospettiva (“…non credo che esisterà mai un mondo anticapitalista”).

Alla strana affermazione di Ricci sul marxismo ortodosso, Tettamanti risponde con il mantra “lobby, lobby, lobby” a cui aggiunge un’ovvietà: se le idee politiche sono quelle che lui serba in segreto nel suo intimo, è chiaro che non serviranno a nessuno.

Infine non si capisce quanto la confusione giocata sulla sovrapposizione di due cose strutturalmente diverse sia voluta o meno: “La strategia inglese di pressione costante” – che si svolge a livello sociale – è una cosa, la pressione di lobby è un’altra. Che la prima debba confluire o per necessità o per scelta nella seconda non sta scritto in nessun luogo. A noi pare che si debba sviluppare la prima andando oltre il modello inglese, conferendole la forza di un’organizzazione autonoma che vada oltre l’obiettivo immediato e lasciare la seconda come un’opzione da studiare e applicare in ambiti circoscritti mediante leadership separate! Questa ci sembra la giusta via da seguire.

E’ necessario uscire, qui concordiamo con Ricci, dalla logica piagniucolosa che appartiene tradizionalmente all’animalismo per sviluppare una politica del conflitto, non della collaborazione.

Stupisce, però, che si chieda: “Ecco, io pagherei oro per sapere da Sottofattori in poche, chiare, succinte parole qual è la strategia da seguire ... Io conosco Sottofattori da anni ma non sono mai riuscito a capire dove vada a parare.” Ma Ricci non ha letto i documenti sul sito dell’Osservatorio politico? Li è presente tutta l’impostazione che giudichiamo preliminare, punto di partenza condannato però a rimanere sempre tale finchè saremo circondati da conservatori, anarcoidi e incostanti. Le chiacchiere da internet? I ghetti luminosi? Ci siamo tutti dentro, fino al collo. E vero, bisogna uscirne, ma il problema è come si vuole uscirne e per andare dove! Si ribadisce: tempo di lobby, e si pensa di iniziare dalla caccia.

Chissà, forse la caccia costituisce un terreno sul quale potrebbe avere fortuna l'impostazione di Cacciailcacciatore. Questo problema, per le sue peculiarità, potrebbe prestarsi a quella soluzione a cui Tettamanti fa cenno. Dunque gli facciamo gli auguri più sinceri per una buona riuscita dell'impresa che, se dovesse contrassegnarsi con un successo, sarebbe comunque non soltanto il primo, ma, con certezza, anche l’ultimo.



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01/04/05