Una
guida “a posteriori” per una rilettura guidata del
saggio fondamentale “Marxismo e animalismo”. Questi
testi, integrati dalle “Nove tesi sull'Antispecismo
Storico” costituiscono un tutto integrato che inizia a
gettare una luce intensa su un animalismo inedito e di grandi
prospettive
|
Lo scritto "Marxismo e animalismo"
ha suscitato qualche reazione nell'ambiente animalista. Come era
da immaginarsi: prevalentemente negativa. Ciò su cui si
dovrebbe riflettere non è però il perché di
questo rifiuto, quanto la modalità con cui esso è
stato argomentato. O, sarebbe meglio dire, non
argomentato. In effetti, l'unico pregio che posso, senza tema di
sembrare presuntuoso, attribuire al mio scritto è quello
di aver tentato di delineare una prospettiva teorica inedita:
l'elaborazione di una critica sociale al tempo stesso marxista
e animalista. A questo tentativo di elaborazione di un
percorso teorico comune mi aspettavo (ingenuamente) una risposta,
magari anche critica, ma dello stesso tenore. Invece il tutto è
stato filtrato attraverso le rozze categorie del sì o no a
un non meglio identificato "comunismo" e con questo si
è preteso "confutare" l'articolo. Ora,
procedendo in questo modo non solo le tesi che ho esposto non
sono state confutate ma, anzi, la paura espressa nell'articolo
stesso che la forma mentis piccolo-borghese fosse
inconsapevolmente condivisa da buona parte dell'animalismo
italiano è stata ampiamente confermata. Poiché è
evidente che le tesi da me sostenute non sono state affatto
comprese, è forse necessario mettere in chiaro cosa non
ho sostenuto.
1. Uno spettro si aggira nelle menti degli
animalisti (apolitici)
Benché nel mio articolo
criticassi Massimo Filippi per aver parlato genericamente di
"comunismo" e abbia posto l'esigenza di chiarire meglio
cosa si nasconde dietro questo termine apparentemente
auto-evidente, tutte le critiche all'articolo hanno invece
saltato a pie' pari questo problema e ci hanno regalato triti
esercizi di anti-comunismo in perfetto stile berlusconiano.
Ovviamente alcuni pensano che le mie cautele nel delineare più
da vicino il "comunismo" siano solo strumentali
tentativi di infiltrare perniciose idee staliniste
nell'animalismo. Ma proviamo a chiarire il problema ponendo agli
animalisti una contro-domanda: cos'è l'animalismo?
Possiamo davvero parlare con serietà dell'animalismo come
di un tutto organico sul quale si può giudicare con un
semplice sì o con un no? Dire sì all'animalismo
vuol dire essere d'accordo con Marina Berati, Aldo Sottofattori,
Walter Caporale, con i liberazionisti, gli estinzionisti, i
fruttariani? Condividono tutti le stesse idee, gli stessi metodi,
gli stessi fini? No, si dirà, ma condividono un'idea
generale comune. E quale sarebbe? L'amore per gli animali?
L'animalismo si chiarisce forse regredendo alla zoofilia? O non è
forse il tentativo di produrre - a partire certo da questo amore
- un cambiamento reale delle condizioni di sofferenza degli
animali? Quindi l'essenziale per definirlo sono proprio i metodi
e gli obiettivi, ergo, ciò che divide a tutt'oggi
gli animalisti. Se ora facessimo la stessa operazione
chiedendoci cos'è il "comunismo" troveremmo la
medesima frammentazione, le medesime contraddizioni, la medesima
impossibilità di giungere ad una definizione
esaustiva. Benché gli animalisti apolitici facciano di
tutto per negarlo, accomunare Trotsky a Stalin è come
accomunare Paolo Ricci e me (a voi il compito di decidere chi è
chi). Contro quale comunismo si scagliano allora gli
animalisti apolitici?
2. Chi ha letto Arcipelago Gulag
può smettere di pensare
La risposta ovviamente è:
noi non abbiamo bisogno di un concetto di comunismo, ci
bastano gli orrori del socialismo reale per definirci
anti-comunisti. Da ciò discende che tutti i comunisti
libertari, democratici e antistalinisti o non sono comunisti o
sono degli imbecilli che non hanno capito cos'è il
comunismo per cui combattevano. E qui appare in tutta la sua
tragicomica evidenza la contraddizione in cui cadono gli
animalisti impolitici. Questi animalisti si comportano nei
confronti dei comunisti come i carnivori nei confronti dei
vegetariani. Ripetono come un mantra le loro banalità
presupponendo che il loro interlocutore sia un beota che deve
essere ancora illuminato. "Non mangi la carne? Ma non sai
che così facendo morirai?"..."Sei comunista? Ma
non sai che il comunismo porta terrore, oppressione e povertà?".
E se noi dicessimo che vogliamo pensare un comunismo diverso, un
comunismo in cui l'animalismo sia non solo possibile ma
necessario? Eresia, follia. Ovviamente non c'è
possibilità, né necessità di pensare
qualcosa di diverso. Stalin ha già messo a tacere chi
voleva un comunismo diverso con una picconata in testa e gli
animalisti apolitici non sono da meno.
3. Va bene la
teoria ma senza Marx
Il discorso tentato in "Marxismo
e animalismo" era dunque un discorso teorico che
proponeva di unire la critica radicale del capitalismo con l'idea
di liberazione animale. Ovviamente c'è chi considera i
discorsi teorici inutili perdite di tempo da filosofi ed
evidentemente l'articolo non era stato scritto per costoro. Chi
pensa che l'animalismo non abbia bisogno di teoria può
continuare tranquillamente a litigare nei newsgroup. Ma ci sono,
occorre riconoscerlo, anche animalisti apolitici che hanno capito
che questo era il livello su cui si muoveva la proposta e che
magari condividono l'idea che l'animalismo implichi una critica e
una trasformazione radicale della nostra società. Per
costoro, però, ogni riferimento a Marx è di per sé
controproducente o sbagliato (non è infatti ben chiaro
cosa voglia dire chi ammonisce a non avvicinarsi al totem
marxiano). Ora, che sia "controproducente" cercare
di arricchire la critica sociale animalista usando Marx significa
solo che si ha paura di cadere vittime della propaganda
anticomunista orchestrata dalle multinazionali e dai mass media
compiacenti. Ma occorre dire che l'animalismo, nella misura in
cui non scende a compromessi, ha già una pessima fama
nella mente dell'uomo della strada, proprio grazie a quei poteri
che gli animalisti apolitici sperano ingenuamente di
ingraziarsi. Se invece si intende dire che l'animalismo non
deve fare riferimento a Marx perché le sue idee sono
"sbagliate" allora bisognerebbe capire su quali basi
alcuni animalisti criticano il capitalismo visto che se
possediamo un'analisi critica del capitale e della struttura
politico-sociale prodotta da esso è proprio grazie a Marx,
come ha giustamente fatto notare Agnese Pignataro.
4.
Niente ideologie, per favore!
Il fatto è che è
difficile liberarsi di Marx, visto che il pensiero critico da
cent'anni a questa parte - con buona pace degli animalisti
apolitici - si è abbeverato alla sua fonte. Ed è
curioso vedere questi stessi animalisti ricorrere
inconsapevolmente a Marx proprio quando affermano di rifiutarne
l'ipoteca. Cosa dire infatti di quelli che proclamano:
"l'animalismo non si deve legare a ideologie"? Proprio
in questo caso diventa evidente come per rifiutare Marx bisogna
prima conoscerlo, altrimenti per non voler essere marxisti si
finisce per diventare stalinisti. Il concetto di ideologia è
infatti un concetto eminentemente marxiano. Ma in Marx ha un
significato critico, indica infatti un sistema di idee,
credenze e valori che occultano e non esprimono la realtà.
Ad esempio è ideologia l'affermazione dei diritti
universali dell'uomo che attribuisce ad ognuno il diritto alla
proprietà in un mondo in cui la proprietà è
saldamente in mano ad una ristretta minoranza del globo. Oppure -
tanto per mostrare l'utilità del concetto marxiano in un
contesto animalista - è ideologia la pretesa dei
vivisezionisti di possedere un metodo scientifico "superiore"
quando noi invece sappiamo che la vivisezione è solo un
paravento per velocizzare carriere accademiche e ottenere fondi
dall'industria farmaceutica. Per Marx l'ideologia è quindi
qualcosa di negativo ed è legato a fattori
oggettivi-economici. L'uso che ne fanno gli animalisti (e con
loro chiunque subisca l'indottrinamento politico delle nostre
democrazie) è invece del tutto acritico e positivo:
ideologia è semplicemente un sistema di idee, credenze e
valori. Ideologia è solo la "visione del mondo"
che un soggetto si è scelto, a prescindere dal suo
contenuto di verità. Ideologia è allora il
liberalismo, il socialismo ma anche il cattolicesimo e, perché
no?, l'animalismo. Questo concetto formale di ideologia ha
due padri storici. Uno è Karl Mannheim che, appunto, ha
spuntato il concetto marxiano di ogni potenziale critico. L'altro
padre storico è, di nuovo, lo stalinismo (qui, occorre
riconoscerlo, con qualche complicità del leninismo) che
per costruire la propria totalitaria visione del mondo ha
affermanto senza mezzi termini che il comunismo è
un'ideologia. E questo in barba a Marx che definiva senza mezzi
termini il comunismo "la critica dell'ideologia".
Certo, per coloro che si beano del fatto che "Marx è
morto" non è importante conoscere i suoi
assassini.
5. Quale marxismo?
Il marxismo non è
una "visione del mondo" preconfezionata, né un
corpus di dottrine o verità eterne scritte in un
libro. Marx ha infatti semplicemente posto le basi per una
analisi della società moderna a partire dai fondamenti del
suo sistema produttivo (l'opposizione capitale-lavoro) e ha messo
in chiaro che una società non va compresa a partire dalle
idee che essa ha di sé ma dalla sua struttura produttiva
poiché l'uomo prima di pensare deve esistere e non può
esistere se non riproduce col lavoro la propria esistenza. Il
marxismo è - dal punto di vista teorico che qui ci
riguarda - il tentativo di leggere gli sviluppi della società
capitalista alla luce di questi suoi inevitabili presupposti. Ma
a differenza dell'animalismo apolitico che pensa di aver trovato
la verità eterna leggendo Regan o Singer e ripetendone
meccanicamente qualche frase, il marxismo è una prassi
creativa e collettiva che costantemente deve aggiornare il
proprio pensiero facendo anzitutto riferimento all'oggetto che
esso critica: il capitalismo (mentre lo specismo è
considerato dagli animalisti qualcosa di eterno e immutabile che
non ha bisogno di essere compreso: basta gridare "specismo!"
e tutto si spiega da sé). Preveniamo le prevedibili
obiezioni; di quale marxismo stiamo parlando qui? Stiamo parlando
delle orde di burocrati indottrinati dai partiti del blocco
sovietico che si vantavano di aver trovato un'ideologia positiva,
una "visione del mondo" preconfezionata in cui
comprimere tutta la realtà? O invece di coloro che, per
aver criticato questa involuzione ideologica e aver ricordato
l'aspetto critico e creativo del marxismo sono stati messi a
tacere o costretti ad adeguarsi? Stiamo parlando del Lukacs
giovane e rivoluzionario o del Lukacs maturo e burocratizzato,
docile strumento di apparato? Dopo la morte di Lenin questo
marxismo eretico (l'unico che meriti davvero questo nome) non ha
avuto un posto in cui nascondersi: schiacciato dagli apparati di
potere nell'est è stato perseguitato anche all'ovest. Ma,
con buona pace degli animalisti apolitici che vorrebbero
seppellirlo assieme alla mummia di Lenin, è esistito e
continua ad esistere.
Per questo risulta risibile quanto è
stato scritto:
"il marxismo, come il capitalismo,
come le religioni monoteistiche sono
colpevoli...etc.etc.etc."
Nella bocca dell'animalista
apolitico questa frase è priva di senso. Il "marxismo"
è qui un'idea vaga e onnivora che include Polpot &
Adorno, le poesie dei giovani rivoluzionari sudamericani &
gli sciatti manuali di partito scritti dagli impiegati della DDR,
chi è finito nel Gulag e il suo carceriere. Il
"capitalismo" è un concetto vuoto di cui non si
è in grado di capire né l'origine, né la
struttura, né la dinamica. Non si sa bene cosa sia ma per
l'animalista è qualcosa di cattivo, visto che ha prodotto
gli allevamenti intensivi. Già, e perché mai l'ha
fatto? Forse il marxismo potrebbe aiutare a spiegare questo
fatto? Ma no, ovviamente, la risposta è già pronta
ed è tutta animalista: lo specismo! La cattiva volontà
degli uomini di soggiogare gli altri animali. E perché è
successo proprio in questi ultimi secoli e con queste modalità?
Chiaro, gli uomini sono diventati più cattivi.
Nota. Ma non va meglio con "le
religioni monoteistiche": migliaia di anni di storia umana
su cui si sorvola senza pietà, con lo sguardo vacuo di chi
ignora ogni differenza. Anche il "cristianesimo", con
la possibile eccezione di S. Francesco (eletto, non si sa da chi,
santo ufficiale degli animalisti), diventa per l'animalista
apolitico una poltiglia dove carnefici e vittime, ideologi ed
eretici, potenti e rivoluzionari pari sono: Innocenzio III, Huss,
S. Tommaso, Meister Eckhart, Pio XI, Gioacchino da Fiore etc.
etc.
6. Marxismo e animalismo, ancora una
volta
Riassumo qui di seguito le tesi (ancora non
confutate) del mio articolo sperando che questo piccolo
chiarimento possa suscitare un confronto più serio per
l'elaborazione comune di una critica sociale animalista.
Forse è il caso di ribadire che qui non si propongono tesi
belle e pronte ma si vuole aprire un dibattito sui fondamenti
dell'animalismo, un dibattito che richiede un lavoro teorico da
svolgere insieme, finalizzato all'elaborazione di strategie
comuni di lotta.
I. La critica di Marx alla società
capitalistica non è una critica etica che
presuppone la superiorità dell'uomo sull'animale ma è
anzi la critica di ogni teoria etica in quanto astratta e
astorica definizione dell'essere umano.
II. La storia
dell'uomo è definibile come storia della sua "fuoriscita
dalla condizione animale". Questo strappo dalla condizione
animale però non è e non può essere
compiuto. Anzi tutta la storia e la cultura dell'uomo è
una fuga impossibile dalla propria animalità.
III.
Lo specismo non è conseguenza dell'egoismo umano ma della
violenza che l'uomo compie su se stesso allontanandosi come
essere "spirituale" dalla condizione naturale
originaria. Lo specismo è perciò un processo
sociale, è congiunto all'oppressione sociale dell'uomo
stesso e solo nel rovesciamento di questo può trovare una
soluzione.
IV. Non è possibile pensare una società
emancipata dalla violenza sugli animali che non abbia posto fine
anche alla violenza dell'uomo sull'uomo.
V. La richiesta
di "diritti" animali è solo un modo astratto di
pensare una società senza violenza sugli animali. In
realtà la pluralità di diritti animali non può
essere né ricondotta ad un'unità né essere
articolata in una serie di rapporti giuridici concreti perché
il modello di società immaginato dall'animalismo è
un modello meramente negativo: la società attuale senza
lo sfruttamento sugli animali.
VI. L'animalismo è
strabico. Ha un'anima messianica e millenaristica (vuole la fine
dello specismo e il cambiamento radicale dell'immagine che l'uomo
ha di sé) ma la esprime con mezzi legalistici e la
politica dei piccoli passi.
VII. Gli attuali ordinamenti
giuridici - espressione di un modello economico e politico
determinato: il capitalismo - non possono realizzare la
liberazione animale senza essere rovesciati dalle fondamenta.
Tale rovesciamento deve essere pensato a livello politico e deve
includere tra i suoi fini la liberazione umana.
|
|
|
Per
il concetto formale e reazionario di ideologia: K. Mannheim,
Ideologia e utopia, Il Mulino, Bologna 1957. T. Hanak, Die
Entwicklung der Marxistischen Philosophie, Wissenschaftliche
Buchgesellschaft, Darmtsadt 1976, pp. 116 e sgg.
Per
la critica a Mannheim vedi: M. Horkheimer, "Un nuovo
concetto di ideologia?" in Id., Studi di filosofia della
società, Einaudi, Torino 1981, pp. 3-27. Th. W. Adorno,
"La coscienza della sociologia del sapere", in Id.,
Prismi, Einaudi, Torino 1972, pp. 23-38.
|
|