Officina della THEORÎA

Pensieri sull'antivivisezionismo scientifico
- Di Alessandra Galbiati -





Questa lettera aperta nasce sull’onda di alcuni pensieri suscitati dalla puntata della trasmissione Report sulla vivisezione. E’ l'occasione di parlare di un problema che mi sta a cuore e che vede la mia posizione nettamente in minoranza all'interno del dibattito animalista. Credo che discutere dell’antivivisezionismo scientifico possa essere importante per capire meglio quali obiettivi vogliamo raggiungere e come. Quando accenno a problemi di questo tipo la reazione più comune è quella di dire che nel movimento tutto va bene pur di salvare animali, punto. Questa risposta, che apparentemente sembra non fare una grinza, ci obbliga a guardare più lontano e verificare se veramente salveremo sempre più animali procedendo come stiamo facendo o se non stiamo invece contribuendo involontariamente al perpetrarsi di una mentalità violenta e irrispettosa dei più deboli che porterà gli animali ad essere sempre più sfruttati.

La puntata del programma televisivo "Report" sulla vivisezione è stata interessante per molti aspetti (malasanità, inciuci di potere a livello ministeriale, incompetenza, spreco di animali e risorse) ma non ha centrato il vero problema della sperimentazione sugli animali. Infatti, il giorno in cui produrranno (faccio un esempio a caso, tra i mille fantascientifici che si possono fare) cloni animali con parti di tessuti umani perfettamente compatibili con le nostre caratteristichie genetiche, tutte le teorie dell'antivivisezionismo scientifico crolleranno e la sperimentazione sarà utile e corretta (del resto, tutti gli esperimenti a cuore aperto o i trapianti multipli sarebbero stati impossibili senza sperimentazione animale, perchè negarlo?). Il vero problema è etico, non scientifico, altrimenti saremo sempre occupati a rincorrere le ultime frontiere della scienza e non la raggiungeremo mai.

In tutta la trasmissione non c’è stata una sola, dico una sola, frase che alludesse al problema dell’ingiustizia di sperimentare sugli animali. Non c’è stato un momento in cui si mettesse in dubbio il punto di vista antropocentrico.

Propongo un esercizio di fantasia. Immaginiamo un documentario su Mengele in cui si parlasse, con voluto distacco, dell’inutilità di alcuni esperimenti, di come altri fossero stati condotti senza rispettare i protocolli scientifici, di come alcuni esperimenti fossero stati già fatti da altri e infine, come la ciliegina sulla torta, di come il tutto fosse dannoso per la vera scienza, quindi per le vere cure mediche. Un documentario siffatto ci farebbe inorridire perchè, dopo il primo impatto (alcune immagini possono dare fastidio ai più sensibili tra gli spettatori) l’idea che comunica è: noi vogliamo una scienza vera ed efficace per curarci, non esperimenti inutili che rubano soldi. Idea legittima e corretta, che può preoccupare gli scienziati e gli economisti, ma che non ha nulla a che vedere con l’infinito dramma etico dello sterminio degli ebrei. Perchè la coerenza scientifica della sperimentazione animale dovrebbe riguardare noi? Perchè ci dovrebbe interessare stare a discutere con i ricercatori se quello che fanno è fatto bene o male? Perchè fuori dai cancelli delle industrie farmaceutiche ci illudiamo di convincere lo sperimentatore che sta lavorando contro la vera scienza, dando in mano, a lui, che è uno scienziato vero, un volantino che gli spiega che si sbaglia di grosso, che quello che fa non serve a nessuno? Io mi rifiuto di distribuire simile materiale. Porto con me il mio solito striscione che dice “i vostri esperimenti mi fanno orrore e voi anche” e se proprio qualcuno si ferma e fa la solita domanda “ma allora preferiresti un cane o un bambino” io rispondo “ma allora se dovessi uccidere un bambino per salvarne 1000, lo faresti?” Gli esperimenti sugli animali non si fanno per gli stessi motivi per cui non si vivisezionano bambini. Il diritto alla vita della nostra specie non può essere sostenuto dalla sofferenza e morte di altri animali. E’ su questa questione che si deve aprire il dibattito. Il dibattito che dobbiamo saper sostenere non è quello sulla validità dei metodi sostitutivi o sulla percentuale dei farmaci dannosi e ritirati dal mercato ma quello che riguarda i motivi per cui il mio cane, o meglio la mucca dell’allevamento qui di fianco, ha gli stessi diritti alla vita e alla felicità che ha un qualsiasi abitante umano della terra. Allora si che la discussione si fa interessante e gli argomenti possono essere sfoderati con più sicurezza. E' che questa questione, quella della parità dei diritti, ci fa paura; ci diciamo sempre che messo così, il problema, non è proponibile perché troppo distante dal pensiero medio; l'unico argomento veramente convincente che abbiamo, abbiamo paura ad utilizzarlo. Perchè? Io credo che il motivo sia che noi stessi, più o meno in fondo, siamo ancora troppo antropocentrici.

E' come per la carne. Sono stufa, per non dire arcistufa, di continuare a sentire dire che la carne fa male. Se uno mangia carne due-tre volte la settimana (e magari bio), non credo proprio che possa avere gravi problemi di salute e comunque, così come uno fuma, ognuno è libero di inquinarsi di ormoni e antibiotici quanto gli pare e piace (il problema, se esiste, riguarda la salute pubblica, il bilancio per la sanità e i medici, non chi sta facendo una battaglia per i diritti degli animali). La questione è squisitamente etica e solo inquadrata da questo punto di vista diventa, se lo diventa, convincente al 100% (i vegetariani che tornano carnivori, sono solo quelli salutistici). Convincere la gente che l'animale esige lo stesso rispetto dell'uomo, richiede più tempo, più preparazione, più capacità dialettica, ma è l'unico argomento che può veramente cambiare la visione del mondo e modificare sostanzialmente il nostro rapporto con gli animali.

Tutto il resto è corollario, propaganda, tentativo di far cambiare un comportamento in maniera superficiale. Ovvio che è più facile convincere una persona che la vivisezione è inutile piuttosto che convincerla che un ratto vale quanto lui, ma fino a che non riusciamo a convincere le persone che gli animali sono portatori di diritti fondamentali esattamente come noi, non cambieremo di una virgola la visione antropocentrica imperante, anzi continueremo a rafforzarla (la vivisezione è dannosa per l'uomo, la carne fa male all'uomo,...).

Anche dal punto di vista dell’energia utilizzata c’è da fare una considerazione: se mi metto nell’ottica di convincere qualcuno che la vivisezione va abolita perché non è scientifica, che la carne va abolita perché fa male, che la caccia va abolita perché inquina i campi, con quali argomenti potrò convincere contro gli zoo, i circhi, le pellicce, la pesca sportiva,....? E quanto tempo ci metterò prima di affrontare tutte le questioni una per una? Non è meglio centrare subito il vero e unico cuore della questione? Se si convince una persona che il diritto alla vita e alla non sofferenza è un diritto fondamentale per qualsiasi essere vivente, tutte le azioni che assecondano questo principio diventano facilmente intuibili, ovvie e coerenti. L’unica cosa da mostrare (per non scoraggiare i timorosi) è che i vegani sono persone normali, sane, che non fanno sacrifici sovrumani per sopravvivere e non sono stravaganti marginali della società.

Mi sposto un attimo dal punto di vista della scienza. Capisco che l'antivivisezionismo scientifico ha le sue buone ragioni e va bene che conduca le sue battaglie per una scienza più corretta nei suoi metodi di ricerca; ma allora mi chiedo perché non le conduce, queste battaglie, nei suoi ambiti prettamente specialistici, invece di mescolarsi continuamente col movimento per i diritti animali. Prima di convincere l’uomo della strada (in questa categoria rientriamo anche noi, attivisti animalisti), che solitamente di scienza non sa nulla di nulla (provate a chiedere quanti sanno cosa sia un trial in doppio cieco) mi piacerebbe che i i medici vegetariani e vegani parlassero e convincessero i loro colleghi dietologi, che gli scienziati esperti antivivisezionisti si rivolgessero principalmente ai loro colleghi medici,, biologi e chimici (esistono scienziati antivivisezionisti che si battono contro la vivisezione per puri motivi scientifici, a cui non interessa nulla di nulla di animali? boh, mi piacerebbe saperlo...). E’ lì che devono mettere in gioco le loro competenze e la loro capacità di convincimento. Noi attivisti dobbiamo utilizzare altri strumenti, primo perché utilizzando questi appena detti rischiamo di fare figuracce (non essendo scienziati o medici ci zittiscono subito) secondo perché il messaggio che dobbiamo comunicare agli altri non riguarda la scienza o il benessere di una dieta macrobiotica ma la difesa di una massa enorme di esseri viventi totalmente in balia all’indifferenza etica dell’uomo.

Queste le mie perplessità su questo tipo di approcci: servono per le battaglie (se servono) ma rischiano di posticipare (e far perdere poi) la guerra.

Alessandra Galbiati



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12/02/05