Officina della THEORÎA |
Ridateci
Salomone |
|
|||
---|---|---|---|---|---|
La storia della nuova legge sui maltrattamenti è stata fonte di una inesauribile riserva di riflessioni a cui hanno contribuito soprattutto i critici, cioè le 50 associazioni che si sono schierate contro l'architettura normativa voluta dal Parlamento. Con questo articolo pensiamo di aver chiuso, per quanto ci riguarda, la questione. A meno di fatti nuovi, dopo aver incamerato l'ennesima sconfitta, riporremo altrove la nostra attenzione. |
A distanza di un paio di mesi, con la certezza di vedere la questione con più freddezza, è possibile fare alcune riflessioni conclusive. Con la nuova legge “antimaltrattamenti” (ma sarebbe meglio dire “che reintroduce la possibilità di maltrattamenti prima sanzionati”), finisce una storia. Una storia fatta di suggerimenti pazzeschi al Legislatore da parte di grandi associazioni, di cocciute acclamazioni di individui sempre contigui ai luoghi che contano, di risposte impreviste e meritevoli di un animalismo di solito inerte, di sorprendenti giri di valzer, di dichiarazioni incomprensibili in merito alla positività (o negatività) del provvedimento da parte di moderni “giano bifronte”. Queste cose sono state analizzate compiutamente e probabilmente lo saranno ancora negli ambienti animalisti. Vorremmo invece porre l’attenzione su alcuni aspetti che potremmo definire di “metaevento”. Insomma, vorremmo spendere qualche riga, non sulla legge, bensì sugli artefici degli articoli (il lettore ci perdoni il bisticcio). Una lettura di questo genere getta luce interessante sul rapporto tra il parlamentare e la legge. Essa attiene più ai comportamenti che non ai contenuti degli atti parlamentari e trascende l’aspetto specifico del fatto in questione. Tuttavia è anche vero che senza questa occasione non avremmo avuto modo di cogliere quanto esporremo. Una prima riflessione è questa. Il 15 gennaio 2003, la Camera ha licenziato un testo praticamente all’unanimità. Su questo testo, che ancora viene giudicato da molti soddisfacente, abbiamo prodotto una prima decisa e tempestiva critica. Ma non è questo che importa. Invece riteniamo che sia importante il fatto che alcune centinaia di deputati abbiano sottoscritto un testo con sorprendente unanimità (se ricordiamo bene c’è stato soltanto un astenuto). Né partiti sempre in conflitto, né visioni parzialmente diverse del problema, né aspetti caratteriali, niente di niente, insomma, ha contribuito a spezzare la fierezza con la quale gli onorevoli hanno pensato di presentare un provvedimento che per sua natura doveva essere ritenuto assolutamente bipartisan. Possibile? Tre pagine fitte fitte di articoli: possibile che tutto andasse bene a tutti? Insomma, che non vi fosse neppure un piccola disparità di vedute rispetto a qualcosa, foss’anche una virgola? Accordo completo! Ma i parlamentari leggono le leggi che votano? Certo, nessuno può essere onniscente e non c’è nulla di strano se un deputato si fida del lavoro di analisi del suo gruppo. Ma qui non si nega questo. Ci chiediemo: i parlamentari che hanno lavorato intorno al ddl, come hanno potuto trovare questo splendido accordo su tutto? Vuol dire che hanno lavorato bene e con diligenza? Ma se hanno lavorato bene e con diligenza, come si spiega la pioggia degli emendamenti e delle modifiche successive che hanno ulteriormente consentito alla cattiveria umana di inasprirsi contro gli animali? Lo spostamento del testo dal Titolo XII al Titolo IX, la cancellazione dell’insostenibilità per le caratteristiche etologiche dell’animale, la variazione (al ribasso) delle sanzioni, l’art.19-ter, la storia delle manifestazioni “storiche e culturali”, la colpevole modifica del 727, e tutto il resto, non erano, dal loro punto di vista, questioni di cui avrebbero dovuto accorgersi in prima stesura? Pare che dopo l’approvazione alla Camera, un senatore (ci sembra di AN) abbia sollevato un putiferio affermando che mezza Italia avrebbe potuto essere messa in galera se la nuova legge avesse visto la luce. Ci scappa da ridere. Ma ammettiamo che fosse vero. Ma allora, la commissione di deputati che ha lavorato intorno al primo testo come ha potuto correre il rischio di un insostenibile aumento dei costi di gestione delle case di pena? Qualcuno diceva tanti anni fa che il bicameralismo serviva per aspettare che la minestra si raffreddasse. Una impostazione di questo genere, da un punto di vista teorico, riconduce tutto il problema all’interno dell’attività parlamentare. Siccome le materie sono complesse, soprattutto dove lo Stato è espressione di una società complessa, ne consegue che aspetti reconditi di una legge sbagliata, se non visti per tempo, possano creare problemi seri. Di qui la necessità del bicameralismo. In base a questa interpretazione, in rapporto al problema che stiamo sollevando, i deputati si sarebbero fatti scappare, non qualche minuzia, ma aspetti decisamente importanti dal loro punto di vista[1]. Francamente allora ci sarebbe da rifarsi la domanda: ma leggono quel che elaborano? E la risposta conseguente sarebbe: "sì, e proprio per questo si giustificano gli ampi svangamenti sul ddl". Ma è una risposta che non convince per il contrasto esistente tra un testo che sembrava fatto di cemento alla Camera, che è stato modificato profondamente al Senato, che ha ricevuto di nuovo delle trasformazioni in sede referente dalla II Commissione permanente della Camera. E allora? Ci diamo una duplice risposta. La prima. Sì, presumiamo che leggano, anche se con una leggerezza che ci irrita nel profondo (naturalmente ci riferiamo ai parlamentari delle commissioni; per gli altri non si potrebbe logicamente pretendere). Ma la vera ragione che produce questi sconvolgimenti di testi che passano da commissione in commissione non dipende dalla distrazione o superficialità di lettura a cui vien posto rimedio con un successivo controllo. Insomma non diamo troppo credito al raffreddamento della minestra. Il vero motivo che comporta lo stravolgimento dei testi è, a parer nostro, la penetrazione di influenze extraparlamentari e di interessi esterni che si manifestano passo dopo passo, non attraverso le consultazioni avviate dalle Commissioni Parlamentari per ascoltare ragioni delle parti sociali, ma attraverso influenze lobbistiche che costituiscono il cancro della democrazia. La democrazia dovrebbe perseguire (anche da un punto di vista specista) gli interessi generali di un popolo[2], mentre quella caricatura che è la democrazia borghese altro non è che la manifestazione della risultante della costellazione delle forze che si esprimono nella società. Laddove le leggi esprimono grandi interessi strutturali del dominio di classe, esse rappresentano senza residui il potere di controllo di tali interessi sulla società. Dove invece si manifestano interessi minori di corporazioni, espressioni di interessi parziali – è il nostro caso –, il Parlamento viene irretito da comunicazioni sotterranee che, nuovamente, non hanno nulla a che vedere con la vera democrazia. Ora, nel caso in questione, è noto che varie categorie professionali, confessionali e istituzionali contano molto di più degli animalisti. Dunque... Ecco un possibile motivo per il quale la legge sui maltrattamenti ha subito così notevoli trasformazioni nel suo iter. Se si considera quanto fosse di basso profilo il testo originario, possiamo comprendere i livelli dell’approdo dopo una notevole serie di supposte ma plausibili “interferenze”. Quale insegnamento deriviamo da questa storia? Sembrerebbe che le leggi ispirate da criteri di “civiltà” predispongano all’atteggiamento bipartisan, fermo restando che se qualche elemento imprevedibile si inserisce nel procedimento, allora la rissa, sempre latente, si manifesta in modo repentino. Pare che la differenza tra l’approccio bipartisan della prima scrittura e quello frastagliato dell’ultima sia dovuto proprio alla penetrazione di interessi di immagine manifestatisi in modo sempre più marcato. In questa cornice i voti a favore, quelli contrari e gli astenuti diventano semplicemente lo specchio di pressioni esercitate verso un gruppo o l’altro. Ma allora siete incontentabili? A parte il fatto che la legge è passata, dovreste comunque essere riconoscenti a verdi e margheritari perché hanno preso le distanze dal papocchio! E magari, anche ai moderni ponzio pilato (i DS) che si sono astenuti. Questo è l’appunto che ci sembra di sentire dal lettore. Ebbene, se verdi e margherite avessero preso queste decisioni riflettendo sull’articolato e, per tempo, avessero fatto una opposizione autonoma, il nostro atteggiamento sarebbe diverso. Ma poiché astensioni e opposizioni sono emerse soltanto alla fine e persino dopo i contributi dei dissenzienti al peggioramento della legge, non si capisce perché si dovrebbero ringraziare dei parlamentari che votano o sulla base di ritorni di immagine o in rapporto alle fratture che si aprono o ricompongono a seconda del barometro parlamentare. Anche i verdi hanno assunto una posizione corretta solo perché sono stati tirati per i capelli. Abbiamo tutti i motivi per credere che, qualora non vi fosse stata una reazione forte da parte delle associazioni animaliste che si sono opposte fino all’ultimo, anche da parte loro vi sarebbe stata l'ovazione. Insomma, per citare un proverbio cinese, quando la persona sbagliata fa la cosa giusta, la cosa giusta assume il sapore di una cosa sbagliata. Per quanto il sig. Felicetti non occupi nel nostro cuore uno dei primi posti nella hit parade degli “animalisti per bene”, tuttavia riconosciamo che la sua irritazione, dal suo punto di vista, è pienamente giustificata quando dice: ... abbiamo letto di tutto come nelle tre precedenti approvazioni da gennaio 2003. Parlamentari di parti politiche che attaccano, di fatto, la propria, dimenticando o non sapendo chi è stato relatore o proponente di emendamenti peggiorativi, parlamentari che utilizzano una legge per attaccare il fronte contrario... In effetti il resoconto della fatidica seduta finale dell'8 luglio è quanto di meglio si possa leggere, per verificare il grado di (in)coerenza umana e il massimo di sfida alla logica classica (quella che è talmente naturale da impregnare il linguaggio naturale, ma, evidentemente, non quello parlamentare). Proprio questo è il fatto: appaiono certi tizi che hanno proposto emendamenti peggiorativi i quali tentano, quando l'aria si fa brutta, correzioni in extremis per arginare il giudizio di "esagitati" che si stanno dannando per segnalare la regressione legislativa. Altri che propongono emendamenti dopo improvvise illuminazioni e poi votano a favore per obblighi di schieramento. E infine la Maggioranza: essa sa che dai contestatori della legge, per estraneità politica e culturale, di voti ne prende pochi, e allora decide la fine della discussione, giacché va superato il momento che intralcia. Ma intralcia cosa? Che diamine! intralcia l'obbligo morale di: "approvare un testo che senza dubbio alcuno rappresenta un decisivo passo in avanti nella direzione di dotare il sistema normativo italiano di misure atte a garantire e tutelare gli animali da violenze e maltrattamenti. (…) Analogo parere contrario esprime il rappresentante del Governo, evidenziando la necessità di una rapida approvazione del testo, così come trasmesso dalla Camera." Così si preannuncia un autentico taglio gordiano con un semplice stravolgimento della realtà che mostra tutta la raccapricciante capacità del linguaggio umano di costruire reltà fittizie per chiudere la comunicazione e la relativa ricerca di verità e ragionevolezza: "E' sua convinzione pertanto che l'approvazione del disegno di legge (…) costituisca un buon punto d'incontro tra il legislatore ed una sensibilità verso gli animali sempre più diffusa nell'opinione pubblica." Curioso davvero che una restrizione della copertura di protezione degli animali impiegati nella molteplicità delle attività umane corrisponda a una sensibilità sempre più diffusa presso l'opinione pubblica in favore degli animali. Il cultore dei fatti di varia umanità può gustarsi (e soffrire) il notevole resoconto con tutto il corteo di (giuste? insincere? interessate? tardive?) argomentazioni dei pentiti dell'ultim'ora, troncate con un semplice niet, duro, secco, privo di risvolti riflessivi, semplicemente autoritario nel quale intravediamo la semplice manifestazione di quel dispotismo tipico della specie che nei momenti determinanti emerge per dare forma primaria alla natura umana. Per chi non ha voglia di fare ricerche sugli atti parlamentari, proponiamo una panoramica limitata. Cominciamo dal parere finale del presidente relatore Antonino Caruso. "Il Presidente relatore ritiene poi necessario richiamare l'attenzione sul fatto che la sua scelta di votare a favore dell'approvazione del testo trasmesso dall'altro ramo del Parlamento, senza modificarlo ulteriormente, è maturata anche alla luce degli incontri avuti con alcune associazioni impegnate sul fronte della tutela e della protezione degli animali,… Il presidente relatore ci appare come una ben strana figura; considerando che, tranne la LAV e l'ENPA, il mondo animalista e protezionista si è ribellato come non era mai accaduto in occasione di altre leggi, l'affermazione appare dapprima surreale. Fintanto che non la si inquadra nell'interpretazione sopra esposta. Tuttavia il bello viene dopo: …nel corso dei quali le argomentazioni addotte da chi era contrario all'approvazione definitiva della nuova legge gli sono sembrate non convincenti per la loro evidente contraddittorietà, laddove finivano per giudicare inaccettabile la legge in quanto questa assicurava, in concreto, una soddisfacente protezione più o meno a venti milioni di cani e gatti e trascurava invece circa settecentomila animali di altro tipo. Settecentomila? No, non è né un errore di stampa né un lapsus, perché altrimenti non sarebbe stato impiegato in quella forma. Mettete il vero numero nella frase (700 milioni, signor Presidente!) e la frase cade miseramente, non può più essere pronunciata. E allora ci chiediamo, riproponendo la domanda iniziale… ma i parlamentari leggono quello che scrivono? fanno risuonare le parole dentro di sé prima di dirle? hanno in così poco conto cio che dicono gli animalisti da non chiedersi quale sia il motivo del loro scontento? possibile che non sentano come stride quel numero? come sia incongruente? Ma per fortuna ci conforta la chiusa finale… Inoltre, ritiene decisivo il fatto che i beni che vengono in considerazione nella materia oggetto del disegno di legge in titolo siano, per il loro rilievo e per la loro indisponibilità, tali da imporre una scelta che privilegia gli aspetti positivi del disegno di legge su quelli negativi, fermo restando che per quest'ultimi, anche alla luce dell'esperienza, rimane ovviamente aperta la possibilità di una loro futura correzione." Grazie presidente. Meno male che ancora ci è concessa questa possibilità, magari tra 10 o 20 anni. Ma credevamo che fosse implicito nella realtà del modello politico italiano e occidentale della democrazia cambiare una legge. Dobbiamo incominciare a nutrire preoccupazioni quando ciò che è ovvio viene precisato. Infine chiediamo un ulteriore sforzo al lettore per sapere se l'impressione che riceve dalla lettura del passo seguente è la stessa che abbiamo ricevuto noi: “Il senatore FORLANI (UDC) dichiara il voto favorevole del suo Gruppo e con l'occasione auspica (…) che gli operatori del diritto, ed i giudici in particolare, in relazione alla varietà delle possibili fattispecie possano dare un'interpretazione equilibrata delle nuove norme, ponendo in tal modo rimedio a quelle lacune ed incertezze dell'articolato che comunque sarebbe stato preferibile evitare.” Un parlamentare che licenzia una legge con voto favorevole con l'auspicio che sia il giudice a dare una interpretazione equilibrata delle norme? Ci sembra una cosa da pazzi: che i giudici debbano "interpretare" è un fatto inevitabile legato a diversi fattori, non ultimo l'impossibilità di irregimentare la realtà nel linguaggio normativo. Ma solo dopo che il Legislatore abbia fatto lo sforzo massimo di approvare una legge che, nel momento finale, gli appaia compiuta nella massima chiarezza possibile. Altrimenti pre-vedere (vedere prima) l'ambiguità interpretativa di un passaggio e passare la palla agli operatori del diritto, francamente ci sembra troppo. Dovremmo dunque sentirci orfani di Salomone? Tre poteri in uno! E tutto concentrato in una persona! che rapporto qualità/costi, ragazzi!!!
[1] Anche la sostituzione di un infido “Chiunque senza necessità ovvero fuori dei casi previsti dalla legge” con il famigerato e ben dettagliato art.19-ter – che specifica le leggi di riferimento più tutte quelle a futura memoria – non è cosa da poco perché dimostra che il Legislatore non vuole, sulla questione lasciare dubbi interpretativi. [2] Naturalmente questo non è possibile nella società cosiddetta sistemica. In essa, contraddicendo la visione illuministica dei cittadini che si fanno stato, un complesso infinito di entità private di varia natura si frappone tra cittadino e istituzioni politiche. Ne consegue la problematicità della Democrazia come modello concretamente praticabile.
|
|
|||
|
|
|
|||
|
|
|
|
||
|
|
|
|
|
23/08/04 |