Un
nuovo saggio di Massimo Filippi. Sorprendente l'approccio: in un
periodo oscuro in cui tutti abbandonano la nave del comunismo,
c'è ancora chi rivendica, con le necessarie precisazioni,
non solo il diritto ad abitarla, ma anche l'obbligo morale di
sfrattare gli indegni. Posizione culturale e politica decisamente
apprezzabile!
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“Se
un uomo si accinge ad un’opera e non fa per finta, ma
desidera veramente condurla a termine, agirà in modo
conforme; cioè compirà le sue azioni secondo una
successione precisa, pertinente all’opera stessa. Se fa
dopo quello che, secondo logica, avrebbe dovuto fare prima, o se
tralascia del tutto un passaggio necessario, si può esser
sicuri che non sta facendo sul serio, ma finge”. Lev
N. Tolstoj
Credo
che una delle caratteristiche più interessanti e
condivisibili del comunismo sia l’intransigente difesa dei
più deboli. Il comunismo dovrebbe essere per sua natura
internazionalista ed inclusivo. Tuttavia, il pensiero marxista
classico per motivi storici (non ci si può dar pena in un
sol colpo di tutti i mali del mondo) e per le sue radici
filosofiche (il marxismo prende le mosse dall’hegelismo,
filosofia eminentemente antropocentrica) ha drammaticamente
limitato la propria sfera prottettiva e rivendicativa alle
necessità ed ai diritti dei membri della nostra specie.
Ma
oggi è ancora possibile essere comunisti e non considerare
la sorte dei nostri fratelli minori che, in silenzio, abitano con
noi questo pianeta sperduto nell’immensità dello
spazio cosmico? E’ possibile ancora oggi non riconoscere
che lo sfruttamento degli animali è la premessa e la
giustificazione logica dello sfruttamento umano? Leggendo i
filosofi marxisti della scuola di Francoforte (tra gli altri,
Adorno, Horkheimer e Marcuse) sembrerebbe proprio di no. Ad
esempio, Adorno afferma che “Auschwitz inizia quando si
guarda ad un macello e si pensa: sono solo animali”. Con
questo, Adorno intendeva dire che il mantener fuori dalla sfera
della considerazione etica un’intera classe di esseri
senzienti, fornisce non solo la giustificazione etica per le
nostre pratiche infernali di trattamento degli animali, ma anche
la possibilità ideologica di equiparare dei gruppi umani
“indesiderati” agli animali stessi, presi come
sistema di riferimento negativo, al fine di poter riservar loro
lo stesso trattamento, cioè lo sterminio. E’ un caso
che i coloni europei chimassero “scimmie” i nativi
africani o i pellirossa, che i nazisti definissero gli ebrei
“ratti” o che gli americani, in tempi più
recenti, hanno definito i vietnamiti e gli iracheni
rispettivamente “termiti” e “scarafaggi”?
L’accettazione
e la diffusione delle teorie darwiniane sull’evoluzione
naturale ed il conseguente riconoscimento scientifico della
comune capacità di percepire il dolore ed il piacere sono
stati tra i fattori principali che hanno permesso al marxismo di
andare, almeno teoricamente, oltre Marx. Se accettiamo questa
linea di continuità tra mondo animale umano e non-umano
(e, per un comunista genuino, non dovrebbero esserci motivi
perché non sia così), dovremmo iniziare a basare i
nostri principi etici non su differenze effimere (quali il colore
della pelle, il numero di zampe, la capacità di parlare
l’inglese o quella di trovare tartufi), ma l’essere
tutti, umani e non-umani, viventi e senzienti. Come esseri
viventi dovremmo, come minimo, aver tutti garantita sia la
capacità di vivere una vita adeguata alle caratteristiche
etologiche della specie di appartenenza sia la possibilità
di passare alla prole il nostro patrimonio genetico. Come esseri
senzienti non dovremmo essere sottoposti a procedure dolorose,
quali ad esempio la tortura. E’ difficile non vedere come
negli allevamenti intensivi e nei macelli (ma anche nei
laboratori di vivisezione, nell’industria delle pelli,
nella pratica della caccia, ecc) questi principi minimi di
tutela, a cui un comunista, per definizione, non dovrebbe
derogare di un solo passo, non solo non siano garantiti, ma che
proprio sulla loro sistematica violazione queste attività
“umane” si basano e prosperano. Nei moderni
allevamenti industriali, nel trasporto ai macelli e nei macelli
medesimi, gli animali, infatti, non sono trattati come esseri
senzienti, ma come macchine capaci di trasformare proteine
vegetali in proteine animali, e pertanto da trattare senza
riguardo al fine del massimo profitto economico. Questo senza
considerare l’uccisione, che di per sé già
costituisce un problema etico enorme (si calcola che per
l’alimentazione umana vengano uccisi almeno 10 miliardi di
animali all’anno). Se solo fossimo capaci di un minimo di
immaginazione e riuscissimo a capire cosa significa vivere e
morire in un allevamento intensivo e se solo introiettassimo la
lezione della continuità nella capacità di provare
dolore/piacere delle diverse specie, difficilmente sosterremmo
pratiche, quali il mangiar carne, che sono alla base dei moderni
allevamenti intensivi.
Ma
è “solo” un problema etico quello che dovrebbe
logicamente far sì che nessuno possa onestamente definirsi
comunista senza essere vegetariano? Certamente no. Non è
qui possibile, per motivi di spazio, elencare tutti gli aspetti
negativi del mangiar carne. Mi limiterò, pertanto, a
considerarne solo alcuni, scelti per gravità, per la loro
pressante attualità e per il fatto che difficilmente
dovrebbe sfuggire ad un comunista (o sedicente tale) la loro
importanza:
La
fame nel mondo. Decine di migliaia di nostri simili muoiono
ogni giorno di fame e denutrizione, per colpa di un’iniqua
distribuzione delle ricchezze. Purtroppo, ci dimentichiamo che
“ricchezza” non significa solo dollari, ma anche
proteine alimentari. E ci dimentichiamo di ricordare che per
produrre un chilo di proteine animali occorrono 16 kg di
proteine vegetali e che nei paesi sviluppati (compresa l’Italia)
ogni individuo (compresi neonati e vegetariani) consuma in media
circa 90 kg di carne all’anno. E’ stato calcolato
che il milardo e 300 milioni di ruminanti (quindi non tutti gli
animali di cui ci cibiamo, ma solo una minima parte) consumano
una quantità di cereali che sfamerebbero 9 miliardi di
umani. Considerando che attualmente gli abitanti umani del
pianeta sono circa 6 miliardi, cosa pensereste di qualcuno che,
definendosi comunista, protesta contro la fame nel mondo mentre
si mangia una bistecca?
La
scarsità d’acqua. Siamo tutti preoccupati, ed a
ragione, della scarsità d’acqua sulla terra e dei
rischi della sua privatizzazione. Più di un miliardo di
umani non dispongono neppure di una goccia di acqua potabile.
Tuttavia, non ci preoccupiamo di come l’acqua (che è
presente in maniera definita e quantificabile sul nostro pianeta
e non si crea dal nulla) venga sprecata. Il 70% dell’acqua
è, infatti, utilizzata per la zootecnia e per
l’agricoltura (la maggior parte della quale serve a
produrre alimenti per gli animali d’allevamento). Questo
comporta che produrre 1 kg di carne costa all’ambiente
3150 litri di acqua. Siete ancora disponibili ad ascoltare
sedicenti comunisti contrari alla privatizzazione dell’acqua,
mentre si cibano di porchetta e mortadella?
Il
disastro ecologico. Come detto, per alimentare 1.300.000.000
bovini, 2.000.000.000 tra ovini e caprini, 1.000.000.000 di
suini e 12.000.000.000 di polli (tanti sono gli animali allevati
al mondo senza considerare quelli che non vengono contati
individualmente, come pesci e conigli, perché venduti a
peso!) c’è bisogno di molto cibo. Questo fa sì
che porzioni sempre più ampie del nostro pianeta
diventino terreno per coltivare cereali per alimentare animali o
terreno di pascolo per gli animali stessi. Tutto questo
determina desertificazione, distruzione delle foreste pluviali,
perdita della biodiversità vegetale ed animale, consumo
delle riserve d’acqua potabile, aumento dell’inquinamento
organico (ad esempio, una mucca produce 180 quintali di feci
all’anno), e, alla fine, tutto ciò contribuisce in
maniera significativa al riscaldamento globale del pianeta (a
questo proposito potrebbe essere utile ricordare che uno dei gas
serra è il metano, che più di metà del
metano è prodotta da attività umane e che tra
queste una componente non secondaria è dovuta alle
flatulenze degli animali d’allevamento! Cari compagni, una
scoreggia ci seppellirà?). Alla luce di tutto questo cosa
pensereste di chi si definisce preoccupato per l’ambiente
(e molti a sinistra dicono di esserlo) e continua a mangiare
senza problemi tutto ciò che si muove sotto il sole?
Il
petrolio e le guerre. A sinistra, chi si definisce
comunista, ha pochi dubbi che le attuali guerre, preventive o
meno, convenzionali o meno, che si sono fatte o si stanno
scatenando nella ex-Yugoslavia, in Medio Oriente, in Cecenia ed
in Afghanistan, così come la destabilizzazione politica
del governo democraticamente eletto del Venezuela, hanno come
origine la ricerca spasmodica del controllo del sistema di
produzione e di distribuzione del petrolio e degli altri
idrocarburi fossili, le cui riserve si stanno rapidamente
esaurendo. Pochi, però, vogliono sapere che, dato il
dispendio energetico più volte ricordato per produrre la
carne, servono circa 9 litri di benzina per produrre 1 kg di
carne bovina. Da ciò discende necessariamente che chi
consuma carne contribuisce significativamente ad esaurire il
petrolio (che come l’acqua è presente in quantità
definita sul nostro pianeta e non si crea dal nulla) e,
pertanto, ad acuire le tensioni internazionali associate al suo
controllo. Molti comunisti si definiscono pacifisti e, nello
stesso tempo, organizzano le loro feste a base di salamelle.
Costoro sono pacifisti credibili?
La
globalizzazione. La globalizzazione è l’estrema
manifestazione del rapace capitalismo occidentale e,
normalmente, pensiamo che sia resa possibile dal perseguimento
tenace dell’interesse di pochi privilegiati a capo degli
istituti finanziari mondiali e delle multinazionali. Ora, è
bene sapere che poche multinazionali controllano l’alimentazione
carnea in tutti i suoi aspetti, dalle sementi geneticamente
modificate per produrre alimenti animali agli animali
geneticamente modificati per incrementare al massimo la loro
produttività, dagli erbicidi per facilitare la produzione
delle sementi per l’alimentazione animale agli antibiotici
ed agli ormoni necessari per la “crescita” ed il
mantenimento in vita degli animali nelle condizioni innaturali
dell’allevamento intensivo, dalle catene di “smontaggio”
pre- e post-macellazione al marketing su vasta scala ed alla
distribuzione al dettaglio. Ma questo sistema è mantenuto
grazie alla quantità di consumatori finali di carne. Che
direste della coerenza di chi si definisce no-global e,
contemporaneamente, come consumatore di alimenti industriali di
origine animale sostiene uno dei principali meccanismi del
fenomeno che dice di avversare?
Gli
organismi geneticamente modificati (ogm). Una delle spinte
maggiori ai tanto (giustamente) vituperati ogm è la
necessità di creare vegetali più resistenti a
micro-organismi patogeni (ad esempio, virus o batteri) e ad
erbicidi e pesticidi (prodotti dalle stesse multinazionali che
producono gli ogm per contrastarli!) e di disporre di animali
più produttivi (ad esempio, maiali e pesci giganti grazie
all’inserimento di ormoni della crescita). Il tutto per
cercare di migliorare la più volte ricordata inefficienza
del sistema di trasformazione di proteine vegetali in proteine
animali, al fine di poter abbassare i prezzi dei prodotti
animali al dettaglio e, conseguentemente, il guadagno delle
poche multinazionali a spese dei consumatori, degli animali e
dell’ambiente. Che direste di chi si oppone agli ogm ed
allo stesso tempo sostiene il sistema consumando prodotti
animali in ragione direttamente proporzionale al loro essere “a
buon mercato”?
I
diritti dei lavoratori e dei migranti. Nell’ottica del
miglior profitto, i lavoratori dei macelli sono tra i lavoratori
peggio pagati, con minore tutela sindacale e con il maggior
tasso di incidenti gravi sul lavoro. I lavoratori delle grandi
catene distributive non stanno meglio (i loro contratti
lavorativi sono tipicamente flessibili e limitati nel tempo).
Vista la scarsa specializzazione richiesta, questa tipologia di
lavoratori è reclutata tra gli emigrati di recente
arrivo, per definizione, privi di diritti, e spesso anche
incapaci di parlare la lingua del paese “ospitante”.
Che ne direste di un’attivista sindacale impegnato a
difendere l’articolo 18 ed il referendum a favore della
sua estensione anche ai lavoratori attualmente non protetti,
mentre si mangia un panino all’hamburger comprato da
qualche catena alimentare americana?
La
sanità privata. Senza alcun dubbio, il consumo di
proteine animali è sicuramente associato ad un
incrementato rischio di cancro, infarto e malattie
cerebro-vascolari (le tre più gravi minaccie per la
salute nei paesi ricchi). In ossequio alle logiche del massimo
profitto, i moderni allevamenti hanno aumentato esponenzialmente
questi rischi. Senza parlare dei rischi per la salute umana
connessi all’alimentazione animale con sementi modificate
geneticamente e con farine di origine animale (che sono
responsabili della malattia della mucca pazza) e senza parlare
dei residui di antibiotici, di ormoni ed di altri farmaci o
sostanze chimiche le più disparate (ad esempio, la
famigerata diossina) nelle loro carni, andrebbe ricordato che le
carni “moderne” contengono 7 volte più grasso
delle carni non industriali. L’aumento di malattie
facilmente prevenibili ha come conseguenza, da un lato, il
distogliere le poche risorse sanitarie per la cura di altre
malattie più “naturali” e, dall’altra,
di creare un interesse per i privati a trasformare la sanità
in un business. Che credibilità può avere chi si
oppone ai ticket sui medicinali ed alla privatizzazione della
sanità e, nello stesso tempo, ha le arterie occluse dal
grasso accumulato in decenni di sregolata dieta carnea?
Alla
luce di quanto riportato esiste una sola risposta alla domanda
del titolo. E questa è un secco e definitivo “No”.
Questo è il motivo per cui un comunismo militante che
uscisse da una tradizione medioevale e si adeguasse alla visione
di alcuni dei suoi teorici più avveduti (come i filosofi
marxisti della Scuola di Francoforte) sarebbe più
credibile e, forse, vincente. Un noto slogan materialista recita
“l’uomo è ciò che mangia”. Chi
mangia carne, per quanto detto, non è un comunista, ma uno
stronzo.
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