Officina della THEORÎA

Analisi logica degli obblighi umani verso gli animali da decorazione e di affezione in un contesto antropocentrista moderato
- a cura del Collettivo -









Saggio già presentato dentro la vecchia Rinascita Animalista.
Trasferito nell'Officina per una collocazione più adeguata alla natura dello scritto.

Queste note non si addentrano nel terreno impervio del Diritto. Si limitano a invocare una applicazione letterale e non di comodo di alcune norme. Inoltre accennano agli effetti extragiuridici e prettamente politici e sociali che possono scaturire da una interpretazione caparbiamente distorta come quella a tutt'oggi seguita.

In particolare si vuole dimostrare che, perfino in un ‘contesto antropocentrista moderato’ (CAM):

  • è d'obbligo distinguere gli 'animali da decorazione' (add) dagli animali di affezione (ada);

  • non esistono motivi per accettare l'incrudelimento verso gli add impartito per mezzo del semplice possesso;

  • non esistono motivi per accettare l'incrudelimento verso gli ada impartito per mezzo di abbandoni e maltrattamenti;

  • la problematica di incrudelimento sugli ada e sugli add deve essere risolta;

  • la mancanza di soluzione mina alle fondamenta la legittimità dello Stato democratico e libera l'individuo - che si fa carico del problema degli animali di affezione - dalla relazione contrattualistica con la società e le sue istituzioni.

§§§

Definizioni e specificazioni.

Il 'contesto antropocentrista' è genericamente caratterizzato:

  • dalla credenza diffusa secondo la quale l'interesse umano giustifica qualsiasi livello di sofferenza impartito agli animali;

  • da una prassi sociale rispecchiante detta credenza.

  • da una corrispondente emanazione di provvedimenti legislativi e dai relativi adeguamenti da parte delle istituzioni giuridiche.

In tale contesto, in Italia, è prevista la norma che impone il divieto di 'incrudelimento senza necessità' (art.727cp), ma l'ambigua formulazione contempla unicamente il caso di gratuità dell'atto. In altri termini, solo se non esiste necessità non si può incrudelire sull'animale. Per questo parliamo di 'contesto antropocentrista moderato' (CAM).

Vediamo le parti salienti della norma:

'Chiunque incrudelisce verso animali senza necessità o li sottopone a strazio o a sevizie o a comportamenti e fatiche insopportabili per le loro caratteristiche, ovvero li adopera in giuochi, spettacoli, o lavori insostenibili per la loro natura, valutata secondo le loro caratteristiche etologiche, o li detiene in condizioni incompatibili con la loro natura o abbandona animali domestici che abbiano acquisito abitudini della cattività, è punito con l'ammenda da lire due milioni a lire dieci milioni...'

Bisogna subito rilevare che il concetto di 'necessità', inerente non solo alla prima delle condizioni ma anche alle successive, viene lasciato nel vago per poter sempre essere impiegato a posteriori sulla base di esigenze non prima definibili. La macellazione viene giustificata con la dichiarata necessità umana di una alimentazione carnea. Si conviene che l'animale debba soffrire il meno possibile. In questo caso potrà essere sancito lo stordimento preliminare. Ma basta che una minoranza etnica avanzi esigenze legate alla sua tradizione ed ecco che scatta la deroga: la macellazione rituale. Oppure: è evidente che l'uccisione di animali per l'alimentazione debba escludere atti ludico - sportivi. E infatti tali atti sono esclusi dalla macellazione. Tuttavia, basta spostarsi di ambito ed essi riappaiono in forma scoperta: per esempio nella caccia.

Nel contesto antropocentrista moderato in Italia non si dichiara in modo operazionale ciò che si può fare e ciò che non si può fare; semmai si mostra la necessità di avere le mani libere di fronte a ripensamenti legati a emersioni improvvise di un nuovo 'bisogno umano'. La 'necessità' inclusa nella norma deve essere, pertanto, assai generica e elastica. Solamente se non c'è una necessità dichiarata e riconosciuta collettivamente, non si può incrudelire sull'animale.

Nel CAM è sufficiente che emerga un interesse anche minimo nell'impiego dell'animale da parte umana per giustificare qualsiasi livello di sofferenza. Tale interesse può anche esprimere un livello di bisogno molto basso. Il CAM non stabilisce un rapporto quantitativo tra bisogno umano e sofferenza dell'animale destinato a soddisfarlo. Per condannare l'incrudelimento tale rapporto deve essere 'zero', ovvero deve essere nullo il numeratore del rapporto, cioè il bisogno umano.

Una pratica collettiva non può essere punita proprio perché, essendo socialmente fondata, è autocentrata e ha la precedenza su qualsivoglia orientamento di 'protezione'. In altri termini, la coerenza non può essere richiamata perché il significato di 'incrudelimento' si manifesta sempre a posteriori rispetto a quelle che potremmo chiamare 'forme di vita' del contesto antropocentrista.

L'art.727cp è dunque un articolo senza riferimenti reali? No, ovviamente.

Esso può essere applicato in caso di crudeltà perpetrato verso un animale mediante un comportamento violento individuale che si discosti da quello sociale. Se un contadino uccide in modo efferato il suo maiale, nel caso di denuncia comprovata, scatta sicuramente l'applicazione dell'articolo in oggetto. Le sue applicazioni hanno come riferimento casi caratterizzati dall'evidenza anche in ambito antropocentrista.

Vi sono poi alcune situazioni marginali dove l'interpretazione non è ben definita. Le sagre paesane, spesso a sfondo religioso e così crudelmente insensibili verso gli animali utilizzati paradossalmente in termini simbolici (colombe, agnelli, asinelli), costituiscono ambiti in cui il maltrattamento talvolta è sanzionato, talvolta no.

Parrebbe allora che non esistano categorie intere di animali destinate a protezione integrale e incondizionata proprio perché l'uso dell'animale è implicito in ogni ambito antropocentrista. Ma è proprio vero? Lo scopo delle proposizioni che seguono è quello di individuare tali classi, le quali, si anticipa, sono almeno due: gli animali da decorazione (add) e animali di affezione (ada).

 

1 - La 'stravaganza' è una condizione psicologica non comparabile a quella di 'necessità'.

Dal punto di vista fenomenologico 'necessità' e 'stravaganza' si differenziano profondamente. La 'necessità' è legata a un bisogno, la 'stravaganza' no. Non si possono intercambiare i termini anche se qualcuno potrebbe affermare che 'sente il bisogno' di squartare il proprio cane per vedere come è fatto dentro. La stravaganza è legata a sinonimi come bizzarria, ticchio, stranezza, capriccio e simili. Il bisogno, la necessità, l'esigenza sono condizioni (più o meno nobili) legate a uno stato psicologico da riportare in equilibrio per evitare una condizione di disagio giustificato da componenti biologiche o sociali. Può darsi che la psicologia del profondo rilevi una compenetrazione anche elevata tra i due termini, ma non sussistono dubbi che, sul piano sociale, la distinzione sia compresa in modo chiaro tra due parlanti con normale livello di competenza linguistica.

 

2 - Nel CAM, la stravaganza non può, al contrario della necessità, implicare alcun incrudelimento su animali con un sistema nervoso evoluto capace di sperimentare sofferenza. In caso contrario rientra nei rigori del 727cp

In effetti, il CAM non rifiuta cartesianamente l'idea che l'animale possa soffrire. Anzi, con il 727cp e il riferimento sintetico a acquisizioni scientifiche inoppugnabili ('...valutata secondo le loro caratteristiche etologiche...') lo considera scontato. Semplicemente, come già affermato nella premessa, esso subordina i bisogni dell'animale alle esigenze e ai bisogni anche minimi umani. Poiché la stravaganza ha un contenuto di bisogno uguale a zero, è escluso il diritto di impartire sofferenza gratuita dell'animale.

 

3 - Gli 'animali da decorazione' (add) non configurano un bisogno bensì una stravaganza espressa a prezzo di sofferenza animale.

Gli 'animali da decorazione', ovvero quelli la cui funzione è di abbellire un ambiente domestico, sono caratterizzati, per ragioni filogenetiche, dall'impossibilità di svolgere quel ruolo ampiamente riconosciuto che invece è assegnato agli animali di affezione (qualora un add possegga le caratteristiche di un animale da affezione, viene fatto rientrare nella caratteristica di quest'ultima classe). Uno scoiattolo, un furetto, un iguana, un serpente equatoriale per fare esempi di animali oggi di moda, strappati dal loro ambiente, evidenziano stati di malessere legati a stress, deprivazioni di esigenze fisiche e 'sociali'. Vale la pena osservare che, anche se fatti nascere in cattività, questi animali manifestano le stesse condizioni di disagio, giacché il breve percorso ontogenetico presso gli umani, non modifica essenziali strutture fisiologiche e psicologiche costruite nel processo filogenetico. A fronte di questa sofferenza si erge l'esclusiva pretesa del loro proprietario di alimentare una condizione di stravaganza: mostrare l'originale ricostruzione nell'appartamento di ambienti esotici estemporanei.

 

4 - La detenzione di un add contravviene all'art. 727cp.

Le proposizioni 2 e 3 implicano la 4. Gli add devono costituire una categoria idealmente vuota ed esistere solamente in quanto fenomeni che il crimine produce al di fuori della legge. Ne consegue che il problema degli animali a rischio di estinzione (lista della Convenzione di Washington) o degli animali pericolosi non dovrebbe porsi nel CAM. La loro detenzione, oltre quella degli altri add, è esclusa dal 727cp prima di ogni altra considerazione. Tutti gli add sia esotici che autoctoni, in definitiva, non possono essere detenuti né in ambienti domestici, né in ambiti pubblici adibiti a luogo di spettacolo.

 

5 - Gli animali di affezione (ada) sono destinati a alimentare un rapporto affettivo riconosciuto dalla legge

Gli ada possono essere concepiti come animali capaci per caratteristiche etologiche, di instaurare un rapporto affettivo con gli umani. Ciò vuol dire che sono in grado di scambiare (dare e ricevere) sensazioni di tipo affettivo con uno o più "padroni - custodi". Ma "alimentare un rapporto affettivo" potrebbe anche voler dire: "soddisfare un'esigenza di elicere affetto" da parte del custode. In questo caso avremmo, non una relazione affettiva, ma una sensazione unidirezionale di un uomo verso un ente oggettuale esterno. In effetti si può alimentare la propria sfera affettiva in un rapporto con oggetti, per esempio guardando con trasporto la foto di parenti scomparsi. In questo caso la foto crea uno stato interno nell'osservatore che non richiede necessariamente rispetto per l'oggetto in sé (la foto). Questa seconda interpretazione, ridurrebbe l'animale a semplice strumento di realizzazione di un bisogno affettivo di una persona. Essa sarebbe sicuramente possibile in un ambito antropocentrista radicale, ma nel nostro caso può essere esclusa in partenza perché il Paese vi ha rinunciato con la l.n.281/91 (legge quadro in materia di animali di affezione) che esplicitamente dichiara.

Art.1 Principi generali. Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali d'affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente.

Ciò, pur non costituendo il riconoscimento di un rapporto paritario nello scambio affettivo, implica un'implicita accettazione di una relazione bidirezionale la cui componente animale viene ammessa. Se gli ada fossero equiparati a semplici oggetti destinati a 'subire' l'affezione umana senza restituirne un almeno una parte, la legge non avrebbe alcun senso.

 

6 - Sono ada solamente gli animali capaci di sviluppare un rapporto affettivo con gli umani.

Assunta la prima interpretazione della proposizione 5, la proposizione 6 è una logica conseguenza. Altrimenti nascerebbe una contraddizione in termini. Non tutti gli animali sono in grado di sviluppare un rapporto affettivo con un umano (per es. gli add). Quindi questi devono essere esclusi dalla funzione esercitata dagli ada, fatto già messo in evidenza dalla proposizione 3.

 

7 - L'ada è un animale 'chiamato in vita' dall'uomo.

L'ada è frutto degli allevementi. Se venisse sottratto dall'ambiente 'naturale' egli dovrebbe sopportare il trauma della separazione da un contesto di vita riconosciuto come proprio e ciò contrasta in modo netto con lo scopo di farne un compagno verso il quale sviluppare un rapporto di affezione. Che l'ada sia chiamato in vita dall'uomo risulta evidente considerando l'effetto diretto degli allevamenti e dei 'parti casalinghi', ma anche quello indiretto (cucciolate di animali in condizione di apparente libertà che si riproducono solo col sostegno umano attraverso l'offerta di un ambiente favorevole alla riproduzione).

 

8 - Un ada, se esotico non può essere detenuto.

Per due ragioni. Innanzi tutto risulta praticamente impossibile sapere se è nato in allevamenti o strappato dall'ambiente naturale. Poi perché i trasferimenti di animali da paesi lontani sono letali per molti e traumatici per tutti. Non si può accettare che l'esercizio dell'affezione si sviluppi a scapito della sofferenza dell'animale (prop. 5). Da ciò discende che un esotico, ada o add non deve comparire per alcuna ragione in ambiente domestico. Le proposizioni 4 e 8 definiscono, insieme, la seguente situazione.

- Add esotico: non detenibile
- Ada esotico: non detenibile
- Add autoctono: non detenibile
- Ada autoctono: detenibile

 

9 - L'animale di affezione possiede nel CAM uno status vantaggioso rispetto agli altri animali.

Nel CAM, la condizione vantaggiosa dell'ada rispetto a altri animali consiste nel fatto che se l'animale umano ha bisogno di instaurare un rapporto affettivo, lo adotta. Se non sente il bisogno non lo adotta. In entrambi i casi il maltrattamento (di cui il randagismo è solo una delle forme) non nasce. Detto in altri termini, non può emergere una situazione di maltrattamento verso gli ada che non diventi oggetto di sanzione previsto sia dalla legge in questione, sia dall'articolo previsto del C.P. Può nascere l'obiezione: ci può essere un interesse momentaneo, effimero di un individuo a adottare un ada, fatto che poi può tradursi in un abbandono, in una eliminazione del soggetto o in una detenzione indegna. Ma allora non si tratta di un bisogno, ma di semplice stravaganza. Poiché una stravaganza non giustifica il più basso livello di sofferenza, ne deriva che, nel caso, la legge debba intervenire senza incertezze. Per gli add, invece, il problema non si pone perché la logica insita nella normativa prevede semplicemente la loro 'non esistenza'

 

10 - Se 'rapporto' viene inteso come scambio affettivo tra custode dell'animale e animale stesso (v. prop. 5), ne derivano conseguenze particolari: gli animali umani si trovano, nei confronti dei loro compagni non umani, in uno stato di obbligo totale.

Ogni animale scelto per scambiare una relazione affettiva, al di là di ogni considerazione tassonomica relativa a intelligenza, sensibilità o livello di percezione del dolore posseduto, considerato che il suo possesso non è un obbligo, deve godere di uno scudo protettivo particolare, anche se il contesto in cui viene assunto è un contesto antropocentrista, proprio perché, in virtù della legislazione anche scarna, è un contesto 'moderato'. L'animale di affezione non deve essere abbandonato e, anzi, deve essere protetto da ogni forma di sofferenza.

 

11 - Poiché la condizione degli ada non è garantita da una popolazione ancora incapace di un rapporto maturo, lo Stato deve produrre una legislazione avanzata che riduca il maltrattamento a semplice manifestazione marginale di casi che sfuggono agli strali della legge. La stessa legislazione deve stroncare con energia il commercio degli add in quanto causa di maltrattamento diretto e ingiustificato in base all'articolo fondamentale 727cp.

Lo Stato deve assurgere come garante del più piccolo, "passivo", "insignificante" animale che venga fregiato della dizione "di affezione"'. L'obbligo nasce dal fatto che l'ada potrebbe benissimo non esistere. Se esiste è perché è 'chiamato in vita' dalla società umana. Nel momento in cui la società umana fa la sua scelta, contrae un obbligo nei suoi confronti; una scelta che impone implicitamente la responsabilità. Un essere senziente, chiamato in vita per svolgere il ruolo dichiarato, deve avere le garanzie ragionevoli che la sua esistenza non si trasformi in quell'inferno che attualmente segna la parte più sfortunata degli animali d'affezione. La sfera della politica si deve trovare il modo di alzare la soglia della responsabilità umana attraverso una riduzione del numero degli animali chiamati in vita e adottati. Si può fare questo sottraendo gli ada dalla condizione di 'merce'. Ma se in ragione delle scarse virtù dei nostri tempi non si potesse evitare di lasciare al 'mercato' l'attività della nascita, della vita e della morte degli ada, allora lo Stato deve comunque trovare le forme certe di controllo per rimediare all'inevitabile livello di inefficienza dell'attività privata affinché essa non si traduca nel malessere di un numero immenso di ada. Nel contempo la massima istituzione legislativa deve chiudere il rubinetto che importa nel Paese ogni sorta di add. In questo caso il suo compito è estremamente semplificato perché vietare è più semplice che gestire. Comunque le proposizioni 2, 3 e 4 non lasciano scampo e sanciscono un obbligo.

 

12 - La non accettazione delle 11 precedenti proposizioni mina alle fondamenta la legittimità dello Stato democratico e libera l'individuo - che si fa carico del problema degli ada - dalla relazione contrattualistica con la società e le sue istituzioni.

Lo Stato non rispetta una legislazione elementare di sua emanazione? Ne consegue una domanda cruciale: perché i cittadini sensibili e portatori di un'etica diversa e più ampia, costretti a registrare impiccagioni, squartamenti, avvelenamenti, abbandoni e violenze di ogni genere su esseri indifesi dovrebbero continuare a mantenere un rapporto contrattualistico con lo Stato? Lo Stato non può invocare nessuna delle giustificazioni a cui può attingere quando si tratta di spiegare la persistenza dei nodi irrisolti della società italiana. In quei casi non si possono risolvere quei problemi eliminando i 'veri' soggetti di diritto verso i quali le politiche legislative sono indirizzate. Nel caso degli ada le cose cambiano. L'obbligo di protezione assoluta è implicato dalla condizione di non necessità di esistenza degli ada, che, si ricordi, sono animali 'chiamati in vita'. Se la settima potenza economica mondiale non riesce a trovare le poche risorse per proteggere gli ada in modo sostanziale a fronte dell'immenso beneficio che ottiene, rinunci ad essi chiudendo senza eccezioni gli allevamenti e sterilizzando tutti gli ada esistenti. Se questa appare una provocazione, è facile rispondere che è invece criminale condannare agli abbandoni e alle torture più efferate milioni di esseri chiamati in vita per una ragione d'amore. Infine, questa storia, qualora si protraesse, avrebbe una drammatica implicazione: come potrebbe, una comunità che non è in grado di fare cose semplici, gestire problemi ben più complessi? Il fallimento della politica indirizzata agli ada rischierebbe di apparire come la cartina di tornasole di un processo storico in cui il Diritto approda a 'pura finzione'.


Conclusioni

Vi sono due strade. Il Parlamento può scegliere la barbarie cancellando il 727cp. In tal caso si rientra in un contesto antropocentrista radicale e il discorso fin qui condotto decade (naturalmente se ne aprirebbe un altro: niente illusioni!). Oppure ribadisce solennemente il valore di una politica di protezione degli animali (ada e add) per i quali non vi possono essere maltrattamenti giustificati da nessuno stato di necessità. Può fare questo costruendo una nuova attenzione verso il 727cp - sicuramente da rinnovarsi profondamente - e una nuova legge di protezione degli animali da affezione. Barbarie o progresso: al Paese e alle sue Istituzioni la scelta. Ma si ricordi che i fondamentalismi nascono sempre dalla mancata capacita' dei detentori del potere, siano o no "rappresentanti democratici", di rispondere a gravi problemi con atti di giustizia. E gli ada (insieme con gli add) attendono da troppo tempo un atto di giustizia.








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01/12/02 (già presentato in “Documenti” il 20/09/00)