Officina della THEORÎA |
Considerazioni
molto ponderate |
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Alla
chiusura del notevole sito “Laboratori Criminali” gli
autori hanno risposto con la riapertura presso un provider meno
“zelante” (almeno per ora). |
Laboratori Criminali è stato oscurato dal provider che lo ha visto nascere. Uno dei siti più significativi sulla documentazione delle crudeltà della vivisezione, non è stato ritenuto degno di offrirsi alla vista dei naviganti di Internet. Poco importa se i misteriosi autori di questo splendido lavoro sono riusciti a riaprirlo altrove: l'atto censorio rimane in tutta la sua evidente gravità. Il provvedimento merita qualche considerazione. Innanzi tutto fa sorridere che gli esempi di pagine web non ammesse dalla policy del Provider (pedofilia, pornografia, apologia del razzismo, virus e crack, materiale privo di copyright) siano agli antipodi rispetto ai contenuti che gli autori avevano sistemato nel sito. Del resto, è specificato con chiarezza: i cinque casi sono portati a titolo "esemplificativo e non esaustivo". Il motivo per il quale si diffida della enumerazione dei casi è semplice: la "creatività" della umana specie è troppo imprevedibile per poter essere immaginata in anticipo. Allora, per mantenere l'autonomia di intervento, lo Staff ha adottato esattamente il sistema seguito dal Legislatore. Ha scelto la parola d'ordine: "mantenersi sulle generali". Tutta la policy si riduce così a quattro scarne righe che permettono di essere tirate di qua e di là come i fili di una maglia slabbrata: "... secondo le vigenti leggi, all'interno dei propri domini non potranno essere inserite pagine contenenti materiale o estratti di materiale che:
nei casi più gravi, tali pagine saranno direttamente denunciate alle autorità competenti". Si osservi che la policy avrebbe potuto essere ulteriormente ristretta e ridursi a: "... secondo le vigenti leggi, all'interno dei propri domini non potranno essere inserite pagine contenenti materiale o estratti di materiale che violano o contravvengono in modo diretto o indiretto alle vigenti leggi [notare l'ossessiva ripetizione del tutto ridondante e persino circolare; n.d.a.] dello Stato Italiano o di qualunque altro stato." Così si sarebbe prodotto un enunciato sufficientemente generale per conglobare tutti i punti della policy i quali configurano delle fattispecie ben considerate dai codici. Invece, con i primi tre punti, lo staff si ritaglia un ambito di "sheriffato" in cui l'offesa alla morale (e, strana dizione, dell'ordine pubblico), la tutela della quiete pubblica o privata, come pure l'offesa generica e il danno, diventano terreno di giudizio insindacabile da parte dei fornitori del servizio. Tutto questo significa andare ben oltre uno zelo suggerito dal timore di ospitare pezzi di illegalità nei domini gestiti. Infatti, pensiamo, basterebbe, anziché prendere una decisione autonoma, segnalare alle autorità competenti le pagine dubbie e lasciare che la decisione venga presa da chi deve prenderla. Se invece lo staff ritiene di dover legittimamente stabilire cosa turba o reca offesa, allora correttezza vorrebbe che fosse emessa proprio una casistica esaustiva costruita per enumerazione semplice delle tipologie di pagine web vietate. Altrimenti, crediamo, si compie un atto vessatorio e prevaricatore. Ma, a ben vedere c'è dell'altro. Il lettore può prendere visione - lo riportiamo in seguito - del comunicato a firma della SIF. Dal documento si desume che il Prof. Vincenzo Cuomo, presidente della SIF, ha esercitato delle pressioni sul Ministro della Salute, On. Girolamo Sirchia, per ottenere il provvedimento di chiusura. E poiché l'atto è stato consumato dopo questa comunicazione, si deve ulteriormente dedurre che, a sua volta, il Ministro (o chi per lui) abbia esercitato una pressione sul Provider. Dunque, a prescindere dagli aspetti sostanziali sui quali ritorneremo, sembra manifestarsi uno scenario allarmante. Lo Stato rinuncia a svolgere la sua funzione di repressione di atti contrari alla pubblica morale, che turbano l'ordine pubblico e criminalizzano onesti lavoratori che portano avanti i loro studi per il benessere dell'umanità, e confida sull'autonomia del Provider il quale può assumere decisioni di espulsione sulla base di una policy mal scritta. Non si può negare che se le cose stessero in questi termini ci sarebbe da rabbrividire perché si prefigurerebbe un esempio di regressione istituzionale impressionante anche con questo governo che ci ha abituato a ogni sorta di novità. Il titolare assoluto del "potere legale" rinuncia alle proprie prerogative lasciando agire, in sua vece, un semplice commerciante. Le considerazioni che precedono sono tuttavia secondarie rispetto a una questione di ben altro spessore; un aspetto che dovrebbe spingere il Movimento Animalista a una riflessione approfondita. Vedersi accomunati a pornografi, pedofili, razzisti e ladroni mentre si porta avanti un discorso inequivocabilmente indirizzato all'allargamento di quell'etica monca che si è venuta a formare in Occidente attraverso un lungo processo storico, significa, di fatto, essere obbligati a dare un giudizio ponderato sul Potere e tutte le sue manifestazioni istituzionali e informali. Essere accusati di turbare l'ordine pubblico direttamente dalle istituzioni dello Stato o da solerti commercianti proni alle pressioni oscure delle prime, con l'occhio fisso all'interesse prima ancora che all'impegno civile, dovrebbe spingere a interrogarsi in termini problematici sulla legittimità di un potere che non esita a ricorrere a mezzi poco ortodossi pur di chiudere, non si dice iniziative dirette a liberare vittime di azioni "barbariche", ma prassi comunicative tendenti a ristrutturare cognitivamente l'atteggiamento dell'opinione pubblica rispetto al problema della vivisezione. Insomma si sancisce che, attorno a certi problemi occorre fare terra bruciata; bisogna vietare persino quello che la società liberale classica non solo permette, ma giudica il suo valore fondante: la libera comunicazione nell'"agorà" nella quale i suoi membri si confrontano. Per chi, da tempo, è consapevole delle finzioni che si realizzano nella "democrazia", un evento di questo genere non costituisce valore aggiunto di esperienza. La famosa "piazza della libera comunicazione" della "società aperta" popperiana funziona fin tanto che i termini della discussione comportano variazioni di vedute accettabili entro quello che è il corpus di visioni del mondo delineato dall'elìte. Non più un'elìte centrata come nell'Ancien Règime, ma diffusa. In ogni caso sempre elìte, cioè fluido umano costituente l'elemento regolativo di una società omeostatica che per sopravvivere ha bisogno di continue trasformazioni, ma lungo l'asse del tempo si mostra, dal punto di vista strutturale, sempre identica a sé stessa. Paradossalmente sono accettate anche manifestazioni sconvenienti. Basta pensare alla colossale discarica di Blob. La caotica volgarità della società mediatica ha proprio la funzione di ostacolare la formazione di sedimenti di visioni del mondo alternative. In quel berciare scombinato di "persone in vista" in cui pare che si sia persa completamente la capacità comunicativa, si afferma silenziosamente il conformismo di massa necessario per distruggere ogni forma di dissenso, o, per lo meno, per metterlo in quarantena in attesa che perda la sua carica potenzialmente eversiva, ammesso che in certi casi (rarissimi) la possegga. Invece, nel momento in cui qualcosa si sottrae al gioco delle parti e si pone pericolosamente davanti agli occhi dell'opinione pubblica per tentare di spalancare le palpebre socchiuse, ecco che scatta la reazione. Si legga bene il comunicato della SIF. Da: Si noti: la "cosa gravissima" dei dati personali dei ricercatori menzionati è messa in subordine rispetto a tutta una serie di altre questioni, quali: il discredito per tutta la comunità scientifica (sic!), la criminalizzazione dei ricercatori che effettuano ricerche utilizzando animali, e (implicitamente) il disturbo di una attività di ricerca nel pieno rispetto della legge (sic!). In altre parole si chiede l'intervento per far cessare un'opera di disturbo e si dichiara che una legge non debba essere messa in discussione di qui all'eternità. Si noti come la "comunità scientifica" non sia in grado di rispondere alle accuse emerse in Laboratori Criminali ma invochi l'intervento dello Stato per eliminare il fastidioso Grillo Parlante, il quale, lungi dall'impostare un discorso esclusivamente etico, scende con grande competenza professionale nel campo degli stessi vivisettori mostrando le assurdità della loro pratica. E la comunità scientifica, di converso, messa allo scoperto non può fare altro che invocare la censura. E per quanto riguarda i dati personali dei ricercatori? Per gli indirizzi si può rispondere che sono presi da elenchi pubblici e quindi non soggetti alle pretese della 675. Rispetto ai ruoli, va osservata la schizofrenia di una società che, millantando la responsabilità individuale, paranoicamente fa di tutto per nascondere gli obblighi etici dell'individuo legati alla sua attività professionale soprattutto qualora questa sia impegnata in “funzioni chiave” nel cuore del sistema. Perché sapere che Tizio e' responsabile di un ruolo specifico, per esempio di un progetto o di uno stabulario, deve essere considerato un dato personale del ricercatore? Forse perché nella società capitalistica il lavoro perde completamente la sua connotazione sociale per diventare merce. E dunque anche sul lavoratore si riversa il concetto di “segretezza” che accompagna la produzione di merci. Ma questo approccio non conduce ad altro se non al crollo di responsabilità degli atti umani. E non si parli di funzione velatamente intimidatoria delle liste! Essa è facilmente confutabile dal fatto che in Italia non è mai stato torto il pelo di uno stinco ad alcun vivisettore giacché la cultura animalista si inscrive pienamente nell'ambito di una generale tendenza pacifista. Dunque tali liste, piuttosto che essere intimidatorie, si configurano invece come mezzi per tentare di sviluppare la stigmatizzazione sociale di una pratica ritenuta da alcuni, disgustosa e violenta e quindi da loro legittimamente criticabile. Spetta poi al visitatore del sito accettare il messaggio o respingerlo esprimendo un giudizio che rimane tutto interno alla sua coscienza. Forse anche la riflessione e la ricerca interiore non sono più ammesse nella società liberale? Il riferimento ai documenti riservati offre maggiori appigli. Ma i documenti riservati pubblicati da Laboratori Criminali possono svolgere una funzione terapeutica che una società che non fosse pervicacemente ripiegata sul suo patologico desiderio di rimanere malata, dovrebbe accettare di buon grado. La pubblicazione di quei documenti costituisce una sfida per perfezionare la dimensione etica di una comunità e ad essa si dovrebbe rispondere in un modo soltanto: sul piano della comunicazione. Quando si crede nel proprio operato ci si confronta e non si nascondono i propri atti dentro frasi stereotipate che fuggono i fatti come il diavolo l'acqua santa: frasi come quelle riportate nel comunicato della SIF. Ma poi; è possibile che esistano ambiti come questi protetti dal segreto? Di cosa stiamo parlando? Delle preferenze sessuali del direttore di tale istituto universitario? No! di atti regolamentati dallo Stato; di norme emanate dallo stesso con l'intento di salvaguardare, per quanto possibile, la condizione degli animali nei laboratori. Ora questa presunta salvaguardia è vanificata con la scusa della riservatezza dei protocolli e trasferita in una oscura relazione tra Stato e centri di sperimentazione. Perché, se si è convinti della legittimità dei propri atti, non è possibile controllare documentazione e stabulari? Perché, per ripercorrere il filo morale di un racconto apparso recentemente, non si portano le scolaresche in visita in quei luoghi spiegando, documenti alla mano e protocolli in vista, le meravigliose sorti progressive della Scienza? Perché, insieme con la concessione delle autorizzazioni, si sottraggono al controllo pubblico - quello vero, non quello prezzolato - anche a quelle poche e miserabili norme che l'Istituzione suprema si dà per mostrare una più che dubbia umanità? La risposta è semplice; la vivisezione è un antro oscuro nel quale nessuno deve entrare se non chi, attraverso un lungo training, ha completamente perduto la sua umanità. Un antro in cui, tra terrori e indicibili sofferenze, si scorgono i risultati di una scienza grottesca che si nutre di sperimentazioni per fornire una passerella di cadaveri alle carriere di molti luminari. Del resto Laboratori Criminali ha ben documentato quella che forse è la storia più scandalosa di tutto il sito: la leggerezza, per non dire il menefreghismo, con la quale il Ministero ha concesso l'autorizzazione a una sperimentazione immaginaria. Fatto di per sé sufficiente a descrivere quanto sia fittizia e priva di effettiva efficacia l'attuale legislazione di limitazione dell'uso degli animali nei laboratori. A quanto detto c'è poco da aggiungere. Se non questo. La Democrazia è trasparenza come metodo e umanità come sostanza. Lo Stato democratico deve elaborare, attraverso le leggi e il senso della Giustizia, una pragmatica della autocorreggibilità senza la quale esso non si può più considerare tale. Se si nega per principio la possibilità che una visione del mondo minoritaria diventi maggioritaria attraverso la libera comunicazione, ne consegue che si gettano le basi per trasformare lo Stato democratico in una finissima variante dello stato totalitario. Nel momento stesso in cui ciò accade, anche i metodi di resistenza da parte del cittadino nel cui cuore alberga la giustizia incominciano a essere ripensati. |
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17/12/02 |