Il VANGELO SECONDO PIETRO di Alessandro Rossi e altri




Genesi di un risveglio


Il progetto “Il Vangelo di Pietro" è presumibilmente abortito. Se dopo molti mesi il sito “Romanzo Animalista" è fermo sul primo capitolo — La Notte del Risveglio — significa che difficilmente potrà riprendre quota. Nessun  navigatore si è sentito coinvolto.

La ragione della mancata collaborazione è legata, probabilmente, ad una eccessiva strutturazione del primo capitolo che scoraggia la prosecuzione del lavoro. E' vero che la pluralità degli stili e delle architetture era nelle ambizioni degli autori, ma il potenziale collaboratore può aver provato il disagio di proseguire in modo dissonante sullo stile proposto.

Peccato! Sarebbe un bel laboratorio dell'immaginario animalista. Detto questo, è possibile ragionare sull'unico capitolo esistente; infatti, anche se il racconto rimane aperto a sviluppi potenziali, può essere immaginato conchiuso in sé.

La vicenda in sintesi.

Pietro, un misantropo moderno, un rifiuto sociale benchè lavori in un'istituzione pubblica (la scuola), torna a casa dopo una giornata particolarmente critica e stressante. Con la mente pressata da mille problemi si accinge a svolgere in modo quasi automatico gli atti che completano la sua tristissima esistenza quotidiana. Potrebbe essere una serata come le altre, immersa in una depressione endemica appena riscaldata dalla presenza dell'amata gatta e delle appassionate letture, ma commette l'errore di accendere la televisione. Incappa così in un servizio sulla "mucca pazza" che cambia la sua esistenza. Nelle ore scure riceve il dono della consapevolezza tramite un andirivieni tra sonno, veglia e stato intermedio. Quando al mattino apre gli occhi è un uomo completamente trasformato. La dichiarata cessione della gatta alla sorella chiude il racconto prefigurando azioni di "disturbo sociale" suggerite anche da tremende consegne notturne ricevute dalla materializzazione di un sorprendente personaggio coltivato a lungo nei meandri dell'inconscio.

Il racconto procede veloce con i pensieri del protagonista che si intrecciano fittamente con il narrare della voce di fondo. L'artificio realizza una dialettica dentro/fuori assai appiattita, per la verita', considerando la sintonia tra il sentire di Pietro e quello del narratore. Pur non eccellendo nella scrittura, il racconto risulta comunque notevole per due ragioni:

1) La prima ragione può essere identificata con la descrizione dell'illuminazione e delle condizioni che la rendono possibile;

2) La seconda ragione per l’originale impiego di concetti che non si trasformano ancora in "direttive" solo per mancanza di un soggetto sociale disponibile a porsi in rapporto dialettico con esse. Questa parte si sviluppa durante il secondo sogno e evidenzia un certo sforzo di riproduzione di un linguaggio con venature "arcaiche" per conferire credibilità al sulfureo e spettrale visitatore notturno di Pietro, un famoso personaggio storico ribattezzato con il nome di Pierre Robert. Essa costituisce il punto terminale di un processo di rivoluzione cognitiva, un artificio con il quale il protagonista esce da una lunga fase di chiusura per riaprirsi al mondo in modo interlocutorio a causa della interruzione della narrazione.

L'illuminazione di Pietro.

Pietro è un uomo da lungo tempo disarmato. E’ stato disarmato delle sue armi (dialettiche), delle passioni, delle speranze. Rimangono intatte le convinzioni di un tempo. Non avendo abbracciato il processo di abiura collettiva seguito alla caduta del Muro di Berlino, la sua mente è rimasta imprigionata in qualcosa di irreale e, almeno per lungo tempo, irripetibile. Assomiglia dunque a un essere in letargo, ibernato in un mondo che non vuole riconoscere per nessuna ragione. Forse non lo è mai stato, ma nel passato poteva contare su qualcosa di suo. Insomma, su una nicchia abbastanza spaziosa che, inoltre, credeva essere in espansione. Ma ora, quella parte di mondo – geografica, relazionale, culturale – è scomparsa.

In questo stato lo coglie il servizio sulla mucca pazza. Il servizio lo travolge, gli apre gradatamente visioni inaudite, gli pone domande che non si era mai sognato di porsi, domande che rimangono sospese in una dimensione interiore. Una mistura distruttiva di ingredienti – depressione, rabbia, disagio stratificato in anni di angosce – trova un varco e straripa dentro la sua coscienza attraverso la compassione per esseri dimenticati. Gli occhi di un vitello escono dallo schermo, gli si piantano dentro e, a metà del ciclo notturno, egli individua in quegli occhi, nell’incapacità umana di penetrare quello sguardo, la tragedia di una distrazione che fa dell’umanità il soggetto ignaro di un crimine la cui eco si propaga fino al punto in cui l’universo confina col nulla.

Nella vicenda di Pietro possiamo rilevare uno schema del “risveglio”, una teoria delle condizioni che rendono possibile la presa di coscienza: quella modalità di porsi di fronte al mondo che tanti richiamano con estrema leggerezza ignorando il terribile lavorìo che la rende possibile, in genere pretendendola senza sforzo, quasi fosse una condizione da raccogliere allungando semplicemente una mano, attivabile con un semplice atto di volontà. Il risultato di questa semplificazione è evidente: spesso si contrabbanda per coscienza critica un semplice frammento di rilessione che si discosta di un quanto rispetto al conformismo imperante. Niente a che vedere con quella frattura che reinterpreta le cose umane su una base irriducibile al pensiero generale regolarmente imbrigliato dalle precauzioni del Potere e delle forme istituzionali che lo supportano.

In realtà la storia di Pietro ci consegna una teoria dell’illuminazione – etica, non cognitiva – tutt’altro che consolatoria perché ci spiega quanto sia difficile, se non impossibile, aprire la mente dove  il cuore sia chiuso. Per cambiare il mondo non basta avvicinare la gente e proporre messaggi che alimentino il salto civile. Se così fosse, per cumulazione progressiva, i “banchettari” (a cui si accenna anche nel racconto con evidente simpatia) dovrebbero trasformare in vegetariani tutti i passanti che riescono ad avvicinare. Invece è noto come il disgusto  di fronte alle immagini scabrose di bovini squartati e di scimmie vivisezionate sia soggetto a rapida estinzione, una volta deviato lo sguardo dal luogo della dimostrazione. Forse per autocancellazione dell’orribile, forse per il soccombere al desiderio di allontanare il pensiero dall’angoscia. Una frase attribuita a Linda Mc Carthy dice: “Se i macelli avessero le pareti di vetro, saremmo tutti vegetariani”. Niente di più errato. Forse l’uomo moderno non riuscirebbe più ad eseguire le funzioni del boia (ma non per questo rinuncerebbe ai suoi utili servigi). Ma sarà poi vero? Non ha dimostrato, questa specie, di saper regredire al punto giusto, nel momento giusto con sorprendente facilità? Non sarà, quello slogan, un sogno che confonde desideri con realtà, confidando in una impraticabile dimostrazione contraria?

Pietro ci dimostra invece come la “presa di coscienza”, l’illuminazione etica che riscopre l’altro da sé, non sia altro che l’istante terminale di un lungo training di sofferenza che improvvisamente schiude una visione diversa e mette a nudo ciò che già c’era ma non trovava la sua compiutezza. Come se improvvisamente si spalancasse una finestra e la luce invadesse un ambiente scuro rivelando tutti gli addobbi di cui è già riccamente dotato. Non a caso il racconto stesso sfrutta le metafore del buio e della luce, della polvere e dell’aria fresca, della “chiusura” e dell’”apertura” i cui termini estremi occupano l’inizio e la fine della narrazione. La coscienza di Pietro è già arredata al punto giusto. Ha un potenziale inespresso che esplode appunto con l’appropriato detonatore: il servizio televisivo.

Il racconto suggerisce indirettamente, dunque, la tragedia prima dell’uomo. Hanno ben da dire i grandi riformatori dell’umanità! Affermano l’inutile quando sostengono la necessità di una trasformazione interiore. Inutile perché banale pretesa. E’ chiaro che il Mondo cambierebbe istantaneamente se la specie umana scoprisse la Compassione Universale rivolta a ogni manifestazione del vivente. Essa si rifletterebbe di colpo su ognuno cambiando le prospettive dell’essere nel luogo in cui effettivamente conta perché unico reale: l’esistenza terrena. Detto questo ci si deve chiedere se il risveglio della coscienza universale possa nascere per semplice comunicazione della “norma retta”. L’esperienza dimostra come la “prescrizione sia fiacca” e trovi aperture solo in casi particolari e ininfluenti dalla origine incerta.

In realtà il “risveglio” risponde a ben precise regole di formazione genetica mancando le quali il profeta urla nel deserto. Sì! La trasformazione passa attraverso – non potrebbe essere diversamente – esperienze che si muovono sugli irti percorsi del conflitto. Esperienze analoghe a quelle vissute in gioventù da Pietro, che lo hanno scavato nel profondo per consentire la canalizzazione della compassione universale in forme nuove e estese. La liberazione dall’ignoranza è il frutto di grandi battaglie condotte entro procedure di tensione e conflitto con il Potere costituito. La strada della liberazione è una strada di duro contrasto, non di convincimento progressivo. Certo, è una strada destinata anch’essa a perdere, almeno finché affare di singoli o di pochi. Perciò il problema si sposta sul piano politico, ovvero sul piano che non ricusa la forza e la battaglia, ma comunque su un piano in cui tutto questo non si presenta con i caratteri della disperazione e reazione per le proprie angosce, piuttosto dell'energia al servizio di un piano strategico. In questo senso, il messaggio di Pietro rischia di suggerire una impostazione “politicamente scorretta”: una versione distorta dall'infiltrazione di venature anarcoidi all’interno di un modello per altri versi robusto e positivo.

EL.ZA




“La Notte del Risveglio”, ospitato presso i racconti di RA, si trova anche in

http://digilander.iol.it/romanzo_animalista

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