E’ IL 1° MAGGIO ED E’ TEMPO DI RIFLESSIONI
Oggi 1° maggio 2009, ancora una volta, a Raccuja, celebriamo la Festa dei Lavoratori.
Una tradizione che si ripete e si rinnova da 60 anni.
Della generazione di mio padre, che nel dopoguerra, organizzò per la prima volta questa festa sono rimasti in pochi.
Cosa sognava quella generazione? Cosa sogniamo noi adesso?
E’ passato il tempo e sono cambiate tante cose. Sono crollate le ideologie.
Gli ideali non trovano spazio in questo mondo dominato dai media.
L’oppio dei popoli è oggi la televisione.
La società è frammentata, la crisi si sente sempre più forte.
Forse c’era più speranza allora che adesso.
Oggi, è la nostra festa laica, almeno lo è per me.
E’ sempre il lavoro che si chiede, oggi come allora.
Un lavoro onesto, adeguato ai nostri sforzi ed alle nostre aspettative.
Un lavoro sicuro per durata e per la propria salute.
Un lavoro con il quale esaltare la propria dignità, non un lavoro per il quale bisogna vendere la propria dignità.
Questo giorno, questa festa, ci ricorda cosa è stata Raccuja e quanto forte è stata un tempo la speranza.
Questo giorno, questa festa, ci impone di riflettere e pensare sul futuro di Raccuja.
In questi ultimi 30 anni un susseguirsi di liti e continue divisioni hanno lacerato l’anima del nostro paese e ne hanno ferito profondamente il corpo economico e sociale.
Nessuna delle Amministrazioni Comunali che si sono succedute dal 1978 ad oggi è uscita indenne da crisi e rotture, palesi o nascoste. Solo l’amministrazione Cugno, tra il 1982 ed il 1987, non subì strappi durante il mandato. Ma chi ha buona memoria può ricordare che alle elezioni del 1987 per poco non ci fu un ribaltone ante litteram con l’accordo, poi sfumato, tra PSI - PRI e PCI.
Troppi scontri, troppi egocentrismi, troppa distanza tra le cose proclamate e le cose realizzate.
Una volta persa l’innocenza con la crisi del 1980, il paese si è via via perso del tutto.
La nostra generazione e quella che di pochi anni ci precede non sono state all’altezza dei propri padri.
I nostri titoli di studio hanno solo ingigantito la nostra presunzione.
Il buon senso che guidava un tempo le persone è stato soppiantato dalla supponenza.
Se Raccuja, ancora oggi, è l’unico paese del circondario a festeggiare il 1° Maggio, lo dobbiamo alle persone che superano i 70 anni.
Uomini e Donne semplici, di pochi o niente studi, ma ricchi della conoscenza che derivava dalla terra e dalla fatica.
Uomini e Donne che dovevamo confrontarsi ogni giorno con la difficoltà di portare a casa qualcosa da mangiare, ma che riuscirono in anni lontani a far si che Raccuja fosse al passo con il mondo e quella che allora era la “modernità”.
Oggi sentiamo il peso delle divisioni. La crisi e lo spopolamento che da anni investe i paesi montani si sente ancor di più.
Il tutto, però, è aggravato dalla mancanza di una prospettiva.
Siamo riusciti o farci raggiungere e superare dagli altri paesi.
Ci restano i ricordi ed una celebrazione importante come quella odierna.
E’ per questo, per il rispetto che dobbiamo a questa festa, ai nostri genitori, a tutti quelli che hanno lottato e sofferto e dato un contributo per rendere migliore Raccuja, che dobbiamo pensare al futuro e rimboccarci le maniche.
Prendendo coscienza anche dei nostri errori e dei nostri limiti.
E’ tempo di rinnovamento
E’ tempo di seminare la speranza
E’ tempo di progettare l’avvenire
Per questo non basta una Amministrazione comunale che curi, nella sostanza, solo l’ordinaria manutenzione. E’ importante, certo, riparare le buche nelle strade, sostituire le lampadine fulminate, pulire i bevai ed occuparsi dei tanti piccoli problemi che assillano i cittadini. Può essere anche redditizio elettoralmente, ma non è assolutamente sufficiente. E’ come dare l’aspirina ad una malato grave, a lungo andare il paese muore.
Senza un progetto generale non si và da nessuna parte, ci si perde alla deriva.
Occorre uno sforzo collettivo, come è già accaduto in passato.
Occorre mobilitare le nostre energie migliori.
Occorre che ciascuno di noi dia il proprio contributo, senza chiedere nulla, dedicando un po’ del suo tempo ed un po’ di passione.
Il mondo corre troppo veloce ed è da tempo che non aspetta più Raccuja.
Per questo bisogna concentrarsi sui problemi veri, sulle cose serie da fare e da portare avanti, dando un peso reale alle diverse questioni, senza perdersi in mille piccole ed inutili polemiche.
Abbiamo davanti un anno di tempo per pensare al futuro di Raccuja.
Un anno per discutere, incontrarsi, confrontarsi ed anche scontrarsi se necessario.
Tutti, nessuno escluso: singoli cittadini, partiti, associazioni, gruppi di persone.
Un anno per tirare fuori idee e progetti per far rinascere Raccuja, per costruire una speranza, per realizzare un cambiamento, ora più che mai indispensabile.
Io ho utilizzato questo glorioso giornale murale.
E’ qui da più di 50 anni, costituendo da sempre uno spazio di dibattito (e di polemica), aperto a chiunque voglia dire qualcosa. Cercherò di portare il mio contributo, quantomeno di pensiero, pubblicando con cadenza mensile alcune mie note.
Spero che questo mio scritto apra una riflessione generale che coinvolga quanti più cittadini e gruppi possibile, anche solo per criticare il mio pensiero.
Spero che questo sasso lanciato in uno stagno generi molte onde.
E’ un primo passo, è tempo che Raccuja si rimetta in cammino.
Viva il 1° Maggio – Viva i Lavoratori - “Que Viva Raccuja“
Giovanni Barone
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