1921. Eccidio di Santa Giustina
"il Ponte", n. 16, 25.04.1993.
Dal libro su Don Giovanni Montali, intitolato «Una cara “vecchia quercia”», e pubblicato di recente dalle Edizioni Il Ponte (lire 15.000), presentiamo alcune pagine relative al periodo che precede l'avvento del fascismo, in particolare al biennio 1920-21, nel Riminese. Nel numero del 17 gennaio 1993, abbiamo parlato delle uccisioni di Secondo Clementoni a San Lorenzino (Riccione), e del dott. Carlo Bosi a San Marino. In quello del 14 marzo, del delitto Platania.
Secondo Clementoni era un possidente di 44 anni. Mentre stava recandosi alla fiera di Cattolica, domenica 2 giugno 1920, fu fatto segno ad un colpo d'arma da fuoco sparato a bruciapelo. L'11 maggio 1921, alla vigilia della consultazione elettorale del giorno 15, il dott. Bosi viene ferito nel territorio di San Marino, mentre stava ritornando da una gita in città. Muore il 14, dopo una straziante agonia. Bosi era un semplice simpatizzante del fascio. Luigi Platania, pluridecorato al valor militare, mutilato di guerra il 19 maggio 1921 viene ucciso alla stazione ferroviaria di Rimini, dove lavorava come guardasala: per la sua morte viene prima arrestato Guerrino Amati. Nel '23, del delitto si assume la responsabilità Carlo Ciavatti, che non poteva essere l'autore del fatto. Alcuni testimoni, la sera del 19 maggio, lo avevano visto al cinema Fulgor. Nel '24, Ciavatti viene condannato a 20 anni di carcere: ne sconta 14.
Nella terza puntata (28 marzo), si è parlato di che cosa successe a Rimini dopo l'uccisione di Platania. In questa, (che è la conclusiva), si ricostrusce l'eccidio di Santa Giustina, avvenuto il 22 maggio '21, dopo i funerali di Platania.


6. Santa Giustina
Domenica 22 maggio 1921 sera, avviene l'eccidio di Santa Giustina, la frazione di Rimini posta sulla via Emilia, che i fascisti emiliani percorrono sui loro automezzi per tornarsene a casa. Per la festa del Corpus Domini, la gente si è radunata nel piazzale antistante alla chiesa che sorge proprio lungo l'antica strada consolare romana. C'è animazione tra la folla. I fuochi d'artificio rimbombano nell'aria. Ad un tratto avviene un fuggi fuggi generale. Si fatica a comprendere che cosa sia successo. Il bilancio complessivo sarà di tre persone uccise.
Sul terreno resta il corpo di Ferdinando Samuelli Amati, 40 anni, sposato e padre di quattro figli. All'ospedale muoiono Pierino Vannoni, 18 anni, sposo da un mese; e Salvatore Sarti, 42, di San Lorenzo in Monte. Sono tutti lavoratori della terra. Sarti si trovava a Santa Giustina per ritirare del grano da un mugnaio del luogo.
A sparare sono stati i fascisti. Ma perché? L'Ausa del 25 maggio parla di «qualche provocazione e gesto all'indirizzo dei fascisti», di fischi, colpi di rivoltella, e di «un fascista leggermente ferito ad un polso». Il socialista Germinal del 28 assicura: «Nessuno ha sparato, nessuno ha provocato». Il Carlino del 24 ipotizza un agguato contro i fascisti, confermato (ma senza prove di fatto) dall'autorità di Polizia. L'Avvenire d'Italia dello stesso giorno scrive: «Secondo una versione, il delitto sarebbe stato provocato da elementi comunisti, fermi sul piazzale della borgata, i quali avrebbero rivolte parole ingiuriose contro i fascisti bolognesi mentre passavano in camion». (15)
Tra gli arrestati, secondo L'Avvenire, c' è anche «il fascista ferito dai comunisti alla mano destra». Costui, scrive il Carlino, «raggiunse il vicino piazzale della Chiesa, entrò nella Canonica, si fece medicare, e al parroco raccontò di essere stato colpito…».
«Quella fu una notte tremenda che si poteva evitare, e che noi vecchi non sappiamo ancora dimenticare», testimoniò a Flavio Lombardini nel 1982 un anziano di Santa Giustina che aveva assistito all'eccidio: «Sul momento la gente non si rese conto di quanto avveniva». Su quattro persone incontrate, soltanto due raccontano qualcosa a Lombardini. «Al momento di congedarmi, il più vecchio dei quattro, un ottantenne ancora “in gamba”, che per tutta la durata del colloquio osservò il più “placido silenzio”», scrisse Lombardini, «tenne a dichiarare che in quel tempo Santa Giustina era conosciuta come la frazione di Rimini in cui più forte era l'antifascismo, che si raccoglieva attorno al socialista Adamo Berti e al parroco don Silvio Casadei». Don Silvio è il sacerdote che aiuta don Montali nel fare i conti della Cassa rurale di San Lorenzino.
L'opinione di quell'interlocutore “muto” di Lombardini, la troviamo espressa anche in una breve biografia di Berti: «La violenza fascista aveva scelto Santa Giustina come villaggio da colpire e su cui sfogarsi prima di tornare a Bologna, perché antifascista più degli altri paeselli e certamente si volle lasciare un'impronta della pazzia e della cattiveria dei suoi alfieri, sparando all'impazzata». (16)

7. La vendetta di luglio
I funerali di Platania erano stati disertati dalla popolazione, come abbiamo visto nella precedente puntata. Il settimanale fascista di Bologna, L'Assalto, definì allora Rimini «la città dei rammolliti e dei vili», un «paese di mercanti ed affittacamere», ed assicurò: «La vendetta fascista avverrà… nel periodo più movimentato della stagione balneare». Essa ci fu, ma fortunatamente senza conseguenze, il 10 luglio '21.
Una squadra di fascisti provenienti da Forlì, si limita a dare qualche pugno «ad un giovane che parlando con degli amici, aveva pronunciata una frase» che le camicie nere ritennero diretta a loro.
Più drammatico invece è l'episodio del 21 agosto: all'ingresso di Riccione, alcuni giovani sportivi riminesi vengono scambiati per dei fascisti. Sono a bordo di un camion, e stanno tornando da Morciano, dove si è svolta una gara motociclistica, durante la quale hanno prestato servizio d'ordine. «In doveroso silenzio per la morte avvenuta sul percorso del corridore Gaddoni di Faenza», scriveva Lombardini, quel gruppo viene «fatto segno ad una nutrita scarica di fucili, partita da dietro un bosco». Restano feriti seriamente Mario e Giovanni Gorini, ricoverati all'ospedale Ceccarini. In maniera leggera, Libero Battistini e lo stesso Flavio Lombardini, impallinato alle gambe e alla schiena. (17)
«La sparatoria riccionese ebbe origine dal fatto che nel pomeriggio di domenica 21 agosto era transitato da Riccione un camion di fascisti bolognesi diretto a Cattolica per una spedizione punitiva in seguito ad incidenti verificatisi fra bagnanti bolognese e antifascisti di Cattolica» che avvertirono i loro colleghi di Riccione. I quali così passarono all'azione, ma sbagliando bersaglio. Per poco, non si ebbe una strage come quella di Santa Giustina. (18)
L'Ausa del 27 agosto, a proposito di quell'episodio, parla di «alcuni riccionesi i quali hanno l'incubo fascista che li terrorizza», e commenta: «La selvaggia imboscata dei tanto decantati fautori della libertà ha prodotto profondo disprezzo e schifo in ogni galantuomo (che fortunatamente c'è ancora nel nostro paese)».
La violenza fascista dilaga in tutt'Italia in quell'agosto '21. Il giorno 20 L'Ausa esce con queste parole: «Sarebbe ora di finirla! I signori fascisti dovrebbero sentire il dovere di espellere dal loro seno i delinquenti che si sono infiltrati, e di smascherarli coraggiosamente».
A Rimini in piazza Tripoli, il giorno 14 agosto, sotto la pioggia, un nucleo di arditi del popolo (comunisti) ha attacca to alcuni fascisti. Un componente del direttorio di Bologna, Augusto Alvisi è restato ferito alla natica sinistra. Per quell'episodio, con l'accusa di tentato omicidio, il 29 agosto viene arrestato Carlo Ciavatti. Nella primavera del '23, si confesserà autore dell'omicidio Platania.
Per la famiglia Platania, per tutta l'estate del '21 si raccolgono fondi: il totale è di 23.986,40 lire. Per le famiglie delle tre vittime di Santa Giustina, la somma raggiunta è di 727 lire.
Antonio Montanari
(4. Fine.)


NOTE
(15) Le citazioni dei quotidiani sono tolte da F. Lombardini, L'eccidio di Santa Giustina, dattiloscritto 1982, Biblioteca Gambalunghiana, passim. Sul luogo dell'eccidio, nel 1971 è stata posta una lapida commemorativa «a perenne ricordo» dei tre cittadini «barbaramente uccisi dai fascisti».
(16) Cfr. W. Berti, Adamo Berti 1862/1923, Sapignoli, Torriana s. d., p. 44. L'Ausa del 3 settembre 1921 riporta che Adamo Berti, presidente della Cooperativa di consumo ha denunciato don Silvio Casadei, segretario e cassiere della stessa Cooperativa «prima che le si imprimesse la marca socialista», e il magazziniere Settimio Ronci, per appropriazione indebita e falso nelle registrazioni. Don Casadei e Ronci sono assolti per inesistenza del reato. L'Ausa definisce Berti il «solito barbuto capoccia del comunismo locale (ma che in realtà sta arricchendo come un qualunque odiato borghese)».
(17) Cfr. F. Lombardini, Chi ha ucciso Platania?, p. 24.
(18) Ibidem, p. 29.
Rimini 1900, articoli de "il Ponte". Indice
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Pagina 1798. Creata, 19.12.2012. Modificata, 19.12.2012, 10:22