Un ducetto di provincia
Paolo Tacchi figura emblematica dell'Italia di Salò. Dai sogni di gloria alle violenze compiute presso la sede del fascio, nella Colonia Montalti sul Marecchia.

I giorni dell’ira, 17. "il Ponte", 03.02.1991
70. Un simbolo.
La vicenda umana e politica che lega Tacchi al destino dei Tre Martiri, ha tutti i caratteri di altre storie nate sotto il fascismo e poi sfociate nello scontro della guerra civile.
Ricostruire la figura di Tacchi e la la sua vicenda, significa anche descrivere un tratto di storia nazionale, con le contraddizioni, le esaltazioni e le miserie morali di ogni guerra.
Chi è Tacchi? Nato a Scheggia nel 1905, alto 1.64, occhi castani, colorito roseo, capelli lisci, «doveva essere un ragazzo esuberante, un pò vocione e spavaldo». (1)
Nelle cronache locali, il suo nome appare raramente, prima della guerra. Nel '25, Tacchi viene descritto come un giovane «allegro», in mezzo ai balli di carnevale. (2)
Dieci anni dopo, egli è fra i trentotto riminesi che ottengono il brevetto della Marcia su Roma: molti di loro non si erano mossi da Rimini, il 28 ottobre 1922. Nello stesso '35, Tacchi diventa dirigente dei fasci giovanili: nelle parate, sfila in testa alla premarinara. (3)
«Nel 1938 ha delle reprimende dal Fascio perché troppo impulsivo». Nel '41, organizza la giornata di propaganda marinara; scrive un articolo sul «Corriere Padano» in ricordo di un caduto, e porta i premarinari in gita a Venezia. Poi, c'è il richiamo alle armi, come maresciallo di Marina, al deposito di Pola, quindi a Piombino, Roma e Trapani. (4)
La sera del 25 luglio '43, ritorna a Rimini, per una licenza di convalescenza. Davanti al Caffè Marittimo gli gridano: «E' finita anche per te». Per lui, invece, deve ancora cominciare. Dopo la liberazione di Mussolini, Perindo Buratti lo lancia verso il vertice del partito repubblichino, di cui diventa segretario per Rimini. (5)
Da quel momento, Tacchi detta legge in città e nel circondario. Non solo, tenta pure di estendere la sua influenza anche sulla neutrale San Marino. Impone il nome di Ughi quale Commissario al Comune, spaventa la gente con minacce, prepotenze, soprusi di ogni tipo.
Fino all'ultimo giorno di agosto '44, quando fuggirà da Rimini all'avvicinarsi degli alleati, sarà «il fascista di punta», come lo definisce Cavallari. (6)
Cavallari ha consultato documenti ed interrogato nemici ed amici di Tacchi, ricavandone un ritratto a due luci, in netto contrasto, senza alcuna sfumatura. «Un generoso, un uomo pieno di fede, un uomo che si esaltava nell'azione», rispondeva (ovviamente) il suo patron Buratti.
«Servì mirabilmente la causa della fraternità, della pace e della fede», attestò mons. Giuseppe Zaffonato, vescovo di Udine, nel '72.
«Ligio al dovere e operoso», secondo il cap. Umberto Zamagni di Venezia.
«Un sadico, un delinquente», «Mezzo normale e mezzo fanatico, quando era in divisa voleva fare il 'duro', peccato che fosse quasi sempre in divisa», dicono due riminesi indicati con le sole sigle (A.F. ed N.T.). (7)
«Girava armato fino ai denti su un'auto con mitraglia sempre con la scorta. Voleva combattere, ma a combattere non andava, non andò. Anzi fuggì», puntualizza Cavallari. (8)
Il gen. Carlo Capanna, in un'intervista esclusiva per «Il Ponte», ci dichiarò: Tacchi era «un matto, un esaltato e violento. Uno che faceva pressione sui ragazzini». (9)
Taglia corto efficacemente, Cavallari: «Tacchi: un uomo sbagliato al posto sbagliato». (10)


Note
1) Cfr. O. Cavallari, Bandiera rossa…, cit., p. 77.
(2) Cfr. O. Cavallari, Rimini imperiale!, cit., p. 38.
(3) Cfr. O. Cavallari, Bandiera rossa…, cit., p. 77.
(4) Ibidem, p. 78.
(5) Cfr. cap. 56, puntata n. 11 de I giorni dell'ira.
(6) Cfr. O. Cavallari, Bandiera rossa…, cit., p. 78.
(7) Ibidem, pp. 78-79.
(8) Ibidem, p. 79.
(9) Cfr. «Così arrestai Tacchi a Padova», «Il Ponte», 29. 8. 1989.
(10) Cfr. O. Cavallari, Bandiera rossa…, cit., p. 85.



71. Il riposo del guerriero.
Quando Tacchi cadde in disgrazia, dopo la Liberazione, anche i suo ex camerati lo attaccarono. Giuffrida Platania mostrò verso di lui «un odio ben chiaro», dicendo che 'Paolino' «era intrattabile specialmente se in compagnia delle sue belle, la Ines Porcellini e la Maria Succi, quest'ultima sua segretaria privata e cassiera del Fascio». (1)
Altra accusa di Platania: Tacchi aveva portato «il suo quartier generale a San Marino, ove soleva riposarsi dalle fatiche fasciste in compagnia delle sue compagne ed amanti abbandonandosi ad orgie neroniane durante le quali spesso venivano torturati i partigiani caduti nelle imboscate».
Il riposo del guerriero. «Il Platania ha aggiunto di aver sempre detestato il Tacchi per i suoi atti di violenza per le azioni criminose che questi commetteva soprattutto se ispirato dalle sue amanti». (2)
Bianca Rosa Succi 'canta' davanti ai partigiani, nel '45, accusando Tacchi di aver bastonato «spesse volte» alla Colonia Montalti, sede del fascio: «Platania poi, rimproverava Tacchi di essere troppo buono». (3)
I riminesi, aggiungeva la Succi, «quando avevano bisogno di fare affari o di ottenere qualcosa... strisciavano» Tacchi, «magari inneggiando anche al Fascio Repubblicano». (4)
«Per ordine del Capo della Provincia», leggiamo in una cronaca del '45, «il Tacchi aveva avuto l'incarico di comandare tutti gli organi di polizia, compresi i carabinieri. La sua guardia del corpo era costituita da militi della Venezia Giulia in un primo tempo, poi da dodici ragazzi di Corpolò. Verbali e interrogatori erano spesso eseguiti da una delle donne che se la intendevano con lui, certa Bianca Rosa Succi...». (5)
La Succi, in una lettera al presidente del tribunale di Forlì, ove era imputato Tacchi, accusava il suo ex amante di aver organizzato i rastrellamenti nel Riminese, di aver catturato prigionieri di guerra alleati, e di aver collaborato con il Comando tedesco, per la compilazione di liste di riminesi da deportare in Germania. (6)
«La Ines Porcellini afferma nella sua deposizione scritta che... i rapporti fra il federale riminese [Tacchi, n.d.r.] e gli ufficiali germanici furono improntati sempre alla massima cordialità, provocando frequenti reciproci inviti a cene e a divertimenti». (7)
Il vice di Tacchi nel partito, Mario Mosca, dichiarò a Cavallari: «Tacchi era un impulsivo e più di una volta mi opposi a lui per certe spericolate e inutili missioni». (8)
A proposito della cattura dei Tre Martiri, Mosca difende Tacchi da ogni responsabilità, raccontando che «un maresciallo tedesco si mise alle costole di Tacchi», in via Ducale. (9)
Tacchi invece dichiarò al processo di aver seguito lui, casualmente, la macchina con il maresciallo tedesco che si recava in via Ducale. (10)


Note
(1) Cfr. «Giornale di Rimini», 15. 7. 1945.
(2) Ibidem.
(3) Cfr. «Il Garibaldino», 8. 9. 1945.
(4) Ibidem.
(5) Cfr. «Giornale di Rimini», 8. 7. 1945.
(6) Cfr. «Città Nuova», 12. 5. 1946.
(7) Ibidem.
(8) Cfr. O. Cavallari, Bandiera rossa…, cit., p. 85.
(9) Ibidem, p. 86.
(10) Cfr. A. Montemaggi, 16 agosto 1944: impiccati in piazza tre giovani partigiani riminesi, «Carlino», 15. 8. 1964. Tacchi, al processo di Forlì del '46, dove era imputato anche per l'uccisione di partigiani e di renitenti alla leva oltre alla «responsabilità presunta» nell'impiccagione dei Tre Martiri, fu condannato a morte. Nel '49, la Cassazione lo assolse per non aver commesso il fatto: l'uccisione dei Tre Martiri avvenne, secondo la sentenza della Suprema Corte, «per circostanze improvvisamente sorte e non prevedute, per iniziativa e ordine dell'autorità militare germanica» (ibidem). Sull' argomento, vedi nel nostro «Rimini ieri», cit., il cap. 26. I conti con il passato.



Al capitolo precedente.

Antonio Montanari



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