La
critica
La
critica è l'inquietudine di Prometeo incatenato. Non arriva cavalcando
un cavallo bianco, con la speranza di dare vita al mondo con un bacio:
è la vita del mondo. La critica può essere soltanto un movimento verso
il fuori da noi stessi.
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Il segreto
Il segreto è che siamo sognatori,
siamo utopisti,
ma non di quei sognatori
che stanno sempre
con il cuscino sotto la testa
sulla veranda di casa…
Siamo sognatori
con i piedi ben piantati per terra,
siamo sognatori
con gli occhi ben aperti,
siamo sognatori
che conoscono gli amici
e che conoscono i nemici…
Tomas
Borge
Comandante del Fronte Nazionale di Liberazione Sandinista (Nicaragua)
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La trattativa
(prima puntata)
Pubblichiamo
l'intervista del Segretario di Rifondazione Comunista di Assago all'architetto
Paolo Zoccarato, consulente tecnico dell'Amministrazione comunale, dimessosi
lo scorso 22 dicembre. Monaldeschi:
Girano tante "leggende metropolitane" sulle sue dimissioni del 22 dicembre,
lette da alcuni come "polemiche": ci spiega il motivo della sua decisione?
Zoccarato: La mia semplice rinuncia è datata mercoledì 22: segue
la precisa scelta della Giunta, di lunedì 20, di non rinnovarmi l'incarico
diretto che mi aveva affidato il 17 settembre. Dopo 18 anni di Pubblica
Amministrazione ho imparato che solo gli atti scritti hanno valore.
M: Questo fatto viene letto come difficoltà del Sindaco nel rispettare
il programma elettorale. Cosa ne pensa, o meglio, a che punto siamo con
i piani urbanistici?
Z: A novembre la Giunta indicò 4 punti fermi per la zona
"D4": 1 - riportare le opere pubbliche all'interno della legittimità,
trasferendo a proprietà comunale gratuita le aree per strade, parcheggi
e verde all'interno del comparto edificatorio; 2 - ridurre la
volumetria commerciale; 3 - bloccare la residenza permanente;
4 - far pagare la metropolitana interamente ai privati. Il 15 ottobre
abbiamo fatto (N.d.R.: Zoccarato e i due avvocati, Pucci e Brambilla Pisoni)
una relazione che forniva alcune importanti indicazioni da sviluppare:
l'assenza di un chiaro indirizzo politico alle trattative, volutamente
delegate ai tecnici, portava a non raggiungere tali obiettivi. Non mi
sono sentito d'avallare passi indietro, per rispetto della mia professionalità
e del mio cliente/Comune di Assago.
M: Vi sono spazi di recupero?
Z: La Giunta deve riappropriarsi delle proprie prerogative superiori
di interesse pubblico, riprendendo il pallino in mano. Si deve affrontare
il vero nodo: le illegittimità delle Varianti che stanno a monte dei piani
attuativi D4 e Bazzana, con il coraggio di chiedere tutto il dovuto, in
termini di aree ed opere, dentro il limite del comparto del Piano Regolatore
Generale precedente (quello dell'ex assessore Targetti, per intenderci).
M: Molto si discute sulle aree verdi all'interno dei piani esecutivi.
Z: La convenzione attuale prevede l'accettazione di aree, definite
verde secondario, dentro le fasce di rispetto stradali, in contrasto con
le norme e il buon senso: si dovrebbe lasciarle agricole.
M: Cosa ne pensa del progetto di mobilità della D4?
Non sono molto chiare le soluzioni adottate per le strade e le capacità
di traffico: c'è confusione tra strade di transito e ingressi ai parcheggi.
Inoltre il Piano attuativo non ha tenuto conto degli attuali vincoli del
"Centro abitato" secondo il Codice della strada, che impongono limiti
maggiori di distanza dall'autostrada: ad esempio esiste un vincolo di
inedificabilità di 60 metri.
M: E per quanto riguarda la tanto attesa riduzione volumetrica
commerciale?
Z: Direttamente non si può imporla, ma il Comune può usare, come
dissuasione, la "non monetizzazione" delle aree che dovrebbero
essere cedute al Comune nel lotto edificatorio. Penso sarà interesse anche
del privato ridurre le volumetrie al fine di poter realizzare un migliore
intervento edificatorio.
(Il seguito, verrà pubblicato sul prossimo numero)
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Un muro è un Muro...
Ho
visto un Muro. Un bel Muro, di lamiera sagomata, alto, con filo spinato
in cima.
Quando vedi un Muro così, difficilmente te lo scordi.
Quando incontri un Muro così, in mezzo ad una città, lo "respiri". Non
puoi fare a meno di pensareogni cosa in funzione di quel muro. Ogni volta
sbatti in quel muro, visivamente e praticamente. Giri l'angolo della strada
e il Muro è lì. Cerchi qualcosa e ti dicono "da questa parte non c'è,
ma se vai dall'altra parte del Muro…". E la gente che vive sotto quel
Muro pensa che questo lato sia il lato sbagliato: dall'altra parte c'èsicuramente
il meglio, tutto il meglio che puoi immaginare. Nasci, cresci, vivi
per andare dall'altra parte. Perché nessuno sogna di vivere in un
luogo dove l'acqua non c'è, il lavoro non c'è, la casa è un baracca, la
giustizia è un optional, dove la vita è una variabile senza senso. Dall'altro
lato vedi casette di marzapane, aiuole fiorite, prati rasati, strade asfaltate.
La TV ti mostra tutti i giorni l'altro lato del Muro con i suoi
lustrini, i suoi premi miliardari e i suoi eroi di un'ora, e pensi "cosa
ci faccio in questo letamaio?".
Vuoi solo passare dall'altra parte del Muro, costi quel che costi, anche
la vita, pur di non morire dal lato sbagliato. Non esiste più niente.
Non esiste legalità, ma nemmeno amico, padre, madre, moglie, figli; niente
e nessuno potrà fermarti. Così ci provi una volta e, se va male, ci riprovi
una, dieci, quante volte servono o sino a che non ti ferma la morte.
Dimenticavo di dirvi che il Muro divide in due una città ed è ben sorvegliato
di giorno e di notte da ottimi sorveglianti dotati di tutto quanto serve
a far bene il proprio lavoro.
Muri così esistono dappertutto. Di lamiera, di cemento, di filo spinato,
di mare, di pensiero.
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Tsunami e mercato sessuale
La
visione dei bambini colpiti dallo Tsunami ha fatto scattare negli occidentali,
insieme alle lacrime di commozione, il desiderio di adottarli, di sottrarli
a quella immane tragedia. Per non morire di fame quei bambini e quelle
bambine cercano cibo nei rifiuti dei grandi alberghi; a molti di loro
capita anche di trovare un "lavoro servile": quello di "accontentare"
il turismo sessuale degli occidentali. Voglio solo ricordare che l'Italia
è ai primi posti nel turismo sessuale e che l'area più gettonata è proprio
il Sudest asiatico. Le bambine del Sudest asiatico, truccate e seminude,
con il corpicino acerbo racchiuso in abiti succinti ridicolmente provocanti,
con le calze a rete e i tacchi a spillo, talvolta hanno anche meno di
dieci anni. Vengono vendute dalle famiglie ai mercanti del sesso e offerte
ai nostri "connazionali" (come li chiama Fini). Se Dio esiste, è sicuramente
anticonformista e perciò le bambine del piacere saranno accolte in Paradiso.
Lì ci sono fontane e sorgenti d'acqua pura (gratis); possono bere e mangiare
i frutti degli alberi (non le merendine Kinder e le patatine del benessere
occidentale); possono finalmente giocare a girotondo e a nascondino a
piedi nudi, sulla sabbia di un paradiso che è vietato ai loro ansimanti
aguzzini. Sono tante piccole maddalene non pentite. Ma loro non hanno
bisogno di pentirsi, perché sono innocenti.
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Andata e ritorno
Esattamente
come una partita di calcio nella competizione più importante d'Europa:
la Coppa dei Campioni. 180 minuti nei quali si dà l'impossibile
pur di superare gli avversari. Già, 180. È il numero che in questo
momento tuona sinistro (o destro?) su tutti noi. 180 sono i giorni
che l'Amministrazione comunale ha avuto a disposizione per tutelare gli
interessi dei cittadini di Assago, in conformità a un programma elettorale
ben preciso (vedi pag. 5: "rinegoziare con le proprietà delle aree D4
- terziario e commerciale - e Bazzana - residenziale - le destinazioni
e le tipologie degli insediamenti, in termini di riduzione sia dei volumi,
sia delle quantità di edificazione". 180...000 (mila) sono i metri
quadrati della discordia (D4), 180 sono i minuti che servono per
percorrere in aereo la tratta A/R Bari Palese - Milano Linate. Tirando
le somme, visto che si parla di prati, si può certamente pensare di affidarci
a un nuovo esperto giardiniere per liberare i terreni in questione dalle
erbacce infestanti e dalle margherite che li ricoprono. In questi giorni
ad Assago circola con insistenza il nominativo del signor Nichi Vendola,
da Bari, che di margherite e non solo se ne intende. Cari Assaghesi, notiamo
bene: dalle elezioni: 180, D4: 180...000 (mila), Bari-Milano:
180. Vendola!! Bingo!!!
La
mano sinistra
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Cellule
staminali e fecondazione assistita
La
recente legge 40 sulla fecondazione assistita prevede il divieto della
clonazione a fini terapeutici. La conseguenza di questo provvedimento
sarà l'introduzione di un nuovo ostacolo a un settore della ricerca che
nel nostro paese vantava un numero di successi piuttosto rilevante. Mi
riferisco alla ricerca sulle cellule staminali, che sono delle cellule
immature che potrebbero essere usate per creare nuovi tessuti e quindi,
in futuro, per curare malattie che per il momento sono inguaribili (morbo
di Alzheimer, morbo di Parkinson, diabete, patologie della cornea, traumi
del midollo spinale, sclerosi multipla e molte altre). La fonte per la
produzione di cellule staminali potrebbe essere costituita dal grande
numero di embrioni congelati dei quali la nuova legge vieta l'uso per
la ricerca.: si tratta di embrioni destinati a rimanere inutilizzati
e a spegnersi senza dignità e senza aver dato alcun contributo a nessuno.
Ha fatto un certo scalpore, lo scorso settembre, la notizia di un bambino
di cinque anni, malato di talassemia: è stato curato con cellule staminali
prelevate dal cordone ombelicale di due gemellini concepiti dalla madre
del bambino con la fecondazione assistita, i cui embrioni erano stati
preselezionati per essere sicuri che i nuovi nati non fossero affetti
dalla stessa patologia. Con la nuova legge, questa cosa non sarà possibile.
In Italia la ricerca sulle cellule staminali è a un buon livello, ma probabilmente
avrà una battuta d'arresto, costringendo i ricercatori a prendere la via
verso altri paesi. Così si fa morire la ricerca in Italia.
I referendum sulla legge 40 saranno un'occasione importante. per
dire che si vuole che il nostro paese non abbandoni la speranza di dare
a molte persone sofferenti la possibilità di avere una vita normale.
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La Giornata della Memoria
Sessant'anni
ci separano dai giorni in cui gli Alleati giunsero ai campi di sterminio
nazisti restituendo la libertà ai pochi prigionieri scampati al massacro.
Da allora la memoria della Shoah rappresenta un elemento costitutivo
dell'identità ebraica. Ma
anche per tutti gli altri popoli la necessità di ricordare è diventata
più urgente, da quando hanno alzato la voce i negazionisti: coloro
che fanno a brandelli i documenti, che uccidono la memoria, i cospiratori
del silenzio: è intollerabile che anche i crimini più atroci possano
cadere nell'oblio.
È importante che un impegno pedagogico offra alle generazioni più giovani
il senso concreto di un legame tra lo sterminio nazista e la violenza,
l'offesa ai diritti umani e gli eccidi che tutt'oggi avvengono. Il
ricordo del male passato non può e non deve ridursi a retoriche manifestazioni
in chiave celebrativa, sorte di compenso postumo alle vittime. Occorre
tenere viva la consapevolezza del male per favorire la progettazione di
un futuro migliore. La frase "ciò non deve accadere mai più"
rimane priva di reale efficacia quando non si saldi a una ricerca analitica
sul presente. Gershon Scholen diceva: "Per quanto sublime possa essere
l'arte di dimenticare, noi non possiamo praticarla". Queste parole
sono un monito a non lasciare che la memoria dello sterminio si inabissi
nel rimosso della storia. Ne dobbiamo accogliere la necessità con la convinzione
che solo conservando la memoria del passato potremo coltivare la speranza
di una riconciliazione.
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"L'albero delle storie"
di Saira Shah
Saira
Shah è afgana. La sua famiglia, negli anni sessanta, dopo 900 anni, è
costretta all'esilio in occidente, a Londra, sentendosi straniera ovunque
sia. Lei
cresce lì sognando quel magico paese che suo padre le racconta come fosse
una fiaba. Cresce con valori che fanno dell'Islam un vero paradiso: "le
donne sono la metà gemella degli uomini", "l'inchiostro del dotto è più
sacro del sangue del martire…".
A 21 anni parte per il primo di una serie di viaggi clandestini alla ricerca
delle proprie radici e trova un vero inferno. Reporter di frontiera, si
unisce alle donne afgane del RAWA: eroine che appannano il mito dell'eroe
uomo, che devono lottare per tutto, compreso il diritto all'istruzione
e che hanno trasformato il burqa da simbolo di sottomissione a mezzo per
documentare, grazie a un coraggioso foro che cela una piccola telecamera,
filmati delle atrocità a cui sono sottoposte. Questi filmati hanno fatto
il giro del mondo e questo libro-reportage emoziona, sospeso tra una realtà
tragica e un meraviglioso patrimonio di miti e leggende che sopravvive
alle rovine e alla distruzione.
Saira Shah, L'albero delle storie, Bompiani editore, 2004.
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Scelta di stili come strumento di pace
"È
un momento grave per l'umanità stretta dentro un sistema economico-finanziario-militare
che permette al 20% di consumare l'80% delle risorse mondiali...
All'umanità non rimane che un salto di qualità antropologico: il rifiuto
radicale della violenza, il rendere la guerra tabù. Il cuore di questo
salto è il rifiuto radicale della violenza, della guerra. Si tratta di
vita o di morte per tutta l'umanità... Viviamo dentro un sistema economico-finanziario
che ammazza e uccide milioni di esseri umani. Sono i prodotti dell'impero
del denaro costruito su un'economia di opulenza, che richiede una politica
di oppressione e che sottende una religione dove Dio diventa il garante
dell'ordine (disordine!) costituito" (Alex Zanotelli). Quando il conflitto
diventa la regola, occorre un intervento che sia in grado di superarlo
con la forza della ragione, attraverso il dialogo. Dobbiamo promuovere
azioni per chiedere che il mondo si occupi della pace, quella vera, che
nasce dalla tolleranza e dall'accettazione delle differenze politiche
e culturali, viste come strumenti di confronto. Muoversi insieme,
partendo da esperienze diverse, per comprendere che ciascuno può essere
segno di cambiamento, nel momento in cui è disposto a trasformare gli
ideali in prassi operativa e a sostenere nella quotidianità la forza di
un sogno. "Ci impegniamo a consumare in modo critico, rifiutando di essere
complici di ogni sfruttamento dell'uomo, della donna e dei bambini" (dal
documento "Il giubileo degli oppressi" dei Missionari Comboniani). Occuparsi
di commercio Equo e solidale vuole dire promuovere e sostenere
concretamente questo tipo di cultura: "ogni bottega, oltre che vendere,
dovrebbe essere un luogo di ritrovo, di riflessione, di analisi, di cambiamento
di stili di vita. Dovrebbe recuperare il senso della comunità, del far
festa, dell'interculturalità, del danzare la vita. Dovrebbe essere un
luogo di resistenza al sistema" (Alex Zanotelli).
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La (contro)riforma Moratti
Visto
che tutti ne parlano, ma forse pochi la conoscono, ho letto la tanto discussa
"riforma Moratti". Il sunto è questo: "...diritto all'istruzione e alla
formazione per almeno 12 anni o comunque sino al conseguimento di una
qualifica entro il 18°anno di età attraverso il 1°ciclo (scuola primaria
e secondaria di 1° grado) e il 2°ciclo (sistema dei licei e dell'istruzione
e della formazione professionale, nonché nel sistema dell'apprendistato).
I giovani, conseguito il titolo conclusivo del 1° ciclo, sono iscritti
a un istituto del sistema dei licei o del sistema di istruzione e formazione
professionale fino al conseguimento del diploma liceale o di un titolo
o di una qualifica professionale di durata triennale entro il 18° anno
di età.
Gli studenti che hanno compiuto il 15° anno di età possono svolgere l'intera
formazione dai 15 ai 18 anni attraverso l'alternanza di studio e di lavoro.
I percorsi sono attuati sulla base di apposite convenzioni con le imprese
disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di apprendimento in
situazione lavorativa, che non costituiscono rapporto individuale di lavoro.
Tra le altre "novità": "introduzione dell'insegnamento della lingua inglese
e dell'alfabetizzazione informatica fin dal 1° anno della scuola primaria"
e "abolizione dell'esame di stato alla fine della 5^ classe della scuola
primaria".
Per quanto riguarda l'università, il disegno di legge approvato il 16
gennaio 2004 abolisce la categoria dei ricercatori, che saranno gradualmente
sostituiti da personale a contratto, e i concorsi torneranno ad essere
gestiti a livello nazionale. I contratti per i professori avranno durata
massima triennale, rinnovabile una sola volta, le ore di lezione aumenteranno
da 100 a 120 ore e il salario sarà pari a quello del personale a tempo
pieno; per i contratti di ricerca si tratterà invece di collaborazioni
coordinate e continuative della durata di 5 anni, rinnovabili una sola
volta.
Questa brillante controriforma della scuola, che ci fa fare un tuffo indietro
di quarant'anni, la trovate sul sito www.istruzione.it/riforma.
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"Private": il conflitto nel privato della casa "
Mohammad, professore di letteratura inglese in un liceo palestinese,
vive con la sua famiglia in un villaggio ai confini dei territori occupati. La quotidianità della
vita è scandita dai ritmi del lavoro, dallo studio e dalla gestione della casa e della famiglia; nel quotidiano
entra anche la dura realtà del conflitto: colpi di arma da fuoco, rumori
di elicottero, urla e voci concitate irrompono minacciose nella vita della
famiglia. Ma Mohammad è un convinto sostenitore delle ragioni del pacifismo
di fronte all'arroganza delle armi, persino quando l'esercito occupa la
sua casa. I militari intimano il divieto assoluto di utilizzare il piano
superiore nel quale essi si stabiliscono e l'obbligo, per la famiglia,
di dormire nel salotto alla fine della giornata dopo esservi rinchiusi.
La resistenza all'occupazione militare per Mohammad è nel continuare a
vivere con dignità la quotidianità dell'esistenza; è la ricostruzione
della serra dopo la distruzione ad opera dei soldati, ma è anche l'opposizione
alla richiesta della moglie di abbandonare
la casa; è resistere con ostinazione alla figlia che ritiene arrendevole
la sua posizione; è opporsi con la resistenza pacifica alla violenza dei
kamikaze che affascinano le fantasie di rivolta del figlio maggiore; ma
è anche la curiosità verso la vita dell'occupante osservata dagli occhi
della figlia maggiore, per scoprire l'esistenza di una umanità nascosta
dalle divise e dalle armi. Girato con la tecnica del documentario, con
la cinepresa in continuo movimento sui volti dei protagonisti, il film
di Saverio Costanzo, premiato con il Pardo d'oro al Festival di Locarno,
ci offre uno spaccato del conflitto israelo-palestinese, in cui la casa
è la metafora del territorio conteso, dove si scontrano storie e culture
differenti che possono e devono trovare soluzione. Quella proposta dal
regista e dall'attore Mohammad Bakrì, attore protagonista e regista a
sua volta premiato a Locarno per il documentario "Jenin, Jenin",
è la necessità della costruzione di un percorso di pace attraverso la
resistenza pacifica di stampo ghandiano in opposizione alla violenza del
fanatismo fondamentalista dei kamikaze.
Private, Italia, 2004, Saverio Costanzo.
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L'ultimo treno della notte
L'ultimo treno della notte è un romanzo che esplora in profondità
l'universo giovanile del nostro tempo. Due giovani si trovano nello
stesso scompartimento di un treno in viaggio da Monaco a Berlino. Henry,
più giovane ed estroverso, ha voglia di narrare la propria storia, per
poter condividere con qualcuno la sua insicurezza; Paul, invece, è più
introverso, risponde a monosillabi e custodisce dentro di sé un segreto
troppo macabro per essere raccontato. Le pagine del libro scorrono
via con la storia, narrata a voce alta da Henry, sugli amici che aveva
e che non rivedrà più, intervallata dalle riflessioni e dai ricordi che
si accavallano nella mente di Paul, che ascolta in silenzio. È una storia
sulla paura , l'insicurezza e i dubbi giovanili ,
sull'ansia di essere accettati, sulla ricerca di una felicità che non
si trova, sullo scarto tra i sogni e i desideri e la realtà quotidiana,
sull'incapacità di comunicare e di relazionarsi che si accompagna a un
generale disagio verso il mondo e i suoi valori. Un mondo il cui
modello di affermazione e di successo è dato dalla bellezza, dalla ricchezza,
dalla vuota apparenza, dalla cieca sicurezza di sé, che contrasta con
una realtà fatta di umane debolezze e insicurezze, di pauraad esprimere
se stessi e i propri sentimenti. La lettura di questo libro trasmette
ansia e disagio e termina senza offrire alcuna via d'uscita. La realtà
a mio avviso non è così tremenda: il muro della solitudine è alto, ma
si può scavalcare, basta non avere paura di esprimersi come si è, senza
falsità e ipocrisie, con tutte le proprie imperfezioni e debolezze, che
rendono meravigliosa l'umanità e necessaria la relazione e l'aiuto reciproco.
Benjamin Lebert, L'ultimo
treno della notte, Marco Tropea Editore, 2004, pp. 313, euro 16,50.
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