3 giugno 2003
Le presenti Considerazioni non contengono nuovi elementi dottrinali, ma intendono
richiamare i punti essenziali circa il suddetto problema e fornire alcune
argomentazioni di carattere razionale, utili per la redazione di interventi
più specifici da parte dei Vescovi secondo le situazioni particolari
nelle diverse regioni del mondo: interventi destinati a proteggere ed a promuovere
la dignità del matrimonio, fondamento della famiglia, e la solidità
della società, della quale questa istituzione è parte costitutiva.
Esse hanno anche come fine di illuminare l'attività degli uomini politici
cattolici, per i quali si indicano le linee di condotta coerenti con la coscienza
cristiana quando essi sono posti di fronte a progetti di legge concernenti
questo problema.
INTRODUZIONE
1. Diverse questioni concernenti l'omosessualità sono state trattate
recentemente più volte dal Santo Padre Giovanni Paolo II e dai competenti
Dicasteri della Santa Sede.(1) Si tratta infatti di un fenomeno morale e sociale
inquietante, anche in quei Paesi in cui non assume un rilievo dal punto di
vista dell'ordinamento giuridico. Ma esso diventa più preoccupante
nei Paesi che hanno già concesso o intendono concedere un riconoscimento
legale alle unioni omosessuali che, in alcuni casi, include anche l'abilitazione
all'adozione di figli. Le presenti Considerazioni non contengono nuovi elementi
dottrinali, ma intendono richiamare i punti essenziali circa il suddetto problema
e fornire alcune argomentazioni di carattere razionale, utili per la redazione
di interventi più specifici da parte dei Vescovi secondo le situazioni
particolari nelle diverse regioni del mondo: interventi destinati a proteggere
ed a promuovere la dignità del matrimonio, fondamento della famiglia,
e la solidità della società, della quale questa istituzione
è parte costitutiva. Esse hanno anche come fine di illuminare l'attività
degli uomini politici cattolici, per i quali si indicano le linee di condotta
coerenti con la coscienza cristiana quando essi sono posti di fronte a progetti
di legge concernenti questo problema.(2) Poiché si tratta di una materia
che riguarda la legge morale naturale, le seguenti argomentazioni sono proposte
non soltanto ai credenti, ma a tutti coloro che sono impegnati nella promozione
e nella difesa del bene comune della società.
I. NATURA E CARATTERISTICHE IRRINUNCIABILI
DEL MATRIMONIO
2. L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla complementarità
dei sessi ripropone una verità evidenziata dalla retta ragione e riconosciuta
come tale da tutte le grandi culture del mondo. Il matrimonio non è
una qualsiasi unione tra persone umane. Esso è stato fondato dal Creatore,
con una sua natura, proprietà essenziali e finalità.(3) Nessuna
ideologia può cancellare dallo spirito umano la certezza secondo la
quale esiste matrimonio soltanto tra due persone di sesso diverso, che per
mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, tendono
alla comunione delle loro persone. In tal modo si perfezionano a vicenda,
per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite.
3. La verità naturale sul matrimonio è stata confermata dalla
Rivelazione contenuta nei racconti biblici della creazione, espressione anche
della saggezza umana originaria, nella quale si fa sentire la voce della natura
stessa. Tre sono i dati fondamentali del disegno creatore sul matrimonio,
di cui parla il Libro della Genesi.
In primo luogo l'uomo, immagine di Dio, è stato creato « maschio
e femmina » (Gn 1, 27). L'uomo e la donna sono uguali in quanto persone
e complementari in quanto maschio e femmina. La sessualità da un lato
fa parte della sfera biologica e, dall'altro, viene elevata nella creatura
umana ad un nuovo livello, quello personale, dove corpo e spirito si uniscono.
Il matrimonio, poi, è istituito dal Creatore come forma di vita in
cui si realizza quella comunione di persone che impegna l'esercizio della
facoltà sessuale. « Per questo l'uomo abbandonerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola
carne » (Gn 2, 24).
Infine, Dio ha voluto donare all'unione dell'uomo e della donna una partecipazione
speciale alla sua opera creatrice. Perciò Egli ha benedetto l'uomo
e la donna con le parole: « Siate fecondi e moltiplicatevi » (Gn
1, 28). Nel disegno del Creatore complementarità dei sessi e fecondità
appartengono quindi alla natura stessa dell'istituzione del matrimonio.
Inoltre, l'unione matrimoniale tra l'uomo e la donna è stata elevata
da Cristo alla dignità di sacramento. La Chiesa insegna che il matrimonio
cristiano è segno efficace dell'alleanza di Cristo e della Chiesa (cf.
Ef 5, 32). Questo significato cristiano del matrimonio, lungi dallo sminuire
il valore profondamente umano dell'unione matrimoniale tra l'uomo e la donna,
lo conferma e lo rafforza (cf. Mt 19, 3-12; Mc 10, 6-9).
4. Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure
remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la
famiglia. Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano
con la legge morale naturale. Gli atti omosessuali, infatti, « precludono
all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità
affettiva e sessuale. In nessun modo possono essere approvati ».(4)
Nella Sacra Scrittura le relazioni omosessuali « sono condannate come
gravi depravazioni... (cf. Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 10; 1 Tm 1, 10). Questo giudizio
della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono
di questa anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che
gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ».(5)
Lo stesso giudizio morale si ritrova in molti scrittori ecclesiastici dei
primi secoli (6) ed è stato unanimemente accettato dalla Tradizione
cattolica.
Secondo l'insegnamento della Chiesa, nondimeno, gli uomini e le donne con
tendenze omosessuali « devono essere accolti con rispetto, compassione,
delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione
».(7) Tali persone inoltre sono chiamate come gli altri cristiani a
vivere la castità.(8) Ma l'inclinazione omosessuale è «
oggettivamente disordinata »(9) e le pratiche omosessuali « sono
peccati gravemente contrari alla castità ».(10)
II. ATTEGGIAMENTI NEI CONFRONTI
DEL PROBLEMA DELLE UNIONI OMOSESSUALI
5. Nei confronti del fenomeno delle unioni omosessuali, di fatto esistenti,
le autorità civili assumono diversi atteggiamenti: a volte si limitano
alla tolleranza di questo fenomeno; a volte promuovono il riconoscimento legale
di tali unioni, con il pretesto di evitare, rispetto ad alcuni diritti, la
discriminazione di chi convive con una persona dello stesso sesso; in alcuni
casi favoriscono persino l'equivalenza legale delle unioni omosessuali al
matrimonio propriamente detto, senza escludere il riconoscimento della capacità
giuridica di procedere all'adozione di figli.
Laddove lo Stato assuma una politica di tolleranza di fatto, non implicante
l'esistenza di una legge che esplicitamente concede un riconoscimento legale
a tali forme di vita, occorre ben discernere i diversi aspetti del problema.
La coscienza morale esige di essere, in ogni occasione, testimoni della verità
morale integrale, alla quale si oppongono sia l'approvazione delle relazioni
omosessuali sia l'ingiusta discriminazione nei confronti delle persone omosessuali.
Sono perciò utili interventi discreti e prudenti, il contenuto dei
quali potrebbe essere, per esempio, il seguente: smascherare l'uso strumentale
o ideologico che si può fare di questa tolleranza; affermare chiaramente
il carattere immorale di questo tipo di unione; richiamare lo Stato alla necessità
di contenere il fenomeno entro limiti che non mettano in pericolo il tessuto
della moralità pubblica e, soprattutto, che non espongano le giovani
generazioni ad una concezione erronea della sessualità e del matrimonio,
che le priverebbe delle necessarie difese e contribuirebbe, inoltre, al dilagare
del fenomeno stesso. A coloro che a partire da questa tolleranza vogliono
procedere alla legittimazione di specifici diritti per le persone omosessuali
conviventi, bisogna ricordare che la tolleranza del male è qualcosa
di molto diverso dall'approvazione o dalla legalizzazione del male.
In presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali, oppure dell'equiparazione
legale delle medesime al matrimonio con accesso ai diritti che sono propri
di quest'ultimo, è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva. Ci
si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione
o all'applicazione di leggi così gravemente ingiuste nonché,
per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo.
In questa materia ognuno può rivendicare il diritto all'obiezione di
coscienza.
III. ARGOMENTAZIONI RAZIONALI CONTRO
IL RICONOSCIMENTO LEGALE DELLE UNIONI OMOSESSUALI
6. La comprensione dei motivi che ispirano la necessità di opporsi
in questo modo alle istanze che mirano alla legalizzazione delle unioni omosessuali
richiede alcune considerazioni etiche specifiche, che sono di diverso ordine.
Di ordine relativo alla retta ragione
Il compito della legge civile è certamente più limitato riguardo
a quello della legge morale,(11) ma la legge civile non può entrare
in contraddizione con la retta ragione senza perdere la forza di obbligare
la coscienza.(12) Ogni legge posta dagli uomini in tanto ha ragione di legge
in quanto è conforme alla legge morale naturale, riconosciuta dalla
retta ragione, e in quanto rispetta in particolare i diritti inalienabili
di ogni persona.(13) Le legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali sono
contrarie alla retta ragione perché conferiscono garanzie giuridiche,
analoghe a quelle dell'istituzione matrimoniale, all'unione tra due persone
dello stesso sesso. Considerando i valori in gioco, lo Stato non potrebbe
legalizzare queste unioni senza venire meno al dovere di promuovere e tutelare
un'istituzione essenziale per il bene comune qual è il matrimonio.
Ci si può chiedere come può essere contraria al bene comune
una legge che non impone alcun comportamento particolare, ma si limita a rendere
legale una realtà di fatto che apparentemente non sembra comportare
ingiustizia verso nessuno. A questo proposito occorre riflettere innanzitutto
sulla differenza esistente tra il comportamento omosessuale come fenomeno
privato, e lo stesso comportamento quale relazione sociale legalmente prevista
e approvata, fino a diventare una delle istituzioni dell'ordinamento giuridico.
Il secondo fenomeno non solo è più grave, ma acquista una portata
assai più vasta e profonda, e finirebbe per comportare modificazioni
dell'intera organizzazione sociale che risulterebbero contrarie al bene comune.
Le leggi civili sono principi strutturanti della vita dell'uomo in seno alla
società, per il bene o per il male. Esse « svolgono un ruolo
molto importante e talvolta determinante nel promuovere una mentalità
e un costume ».(14) Le forme di vita e i modelli in esse espresse non
solo configurano esternamente la vita sociale, bensì tendono a modificare
nelle nuove generazioni la comprensione e la valutazione dei comportamenti.
La legalizzazione delle unioni omosessuali sarebbe destinata perciò
a causare l'oscuramento della percezione di alcuni valori morali fondamentali
e la svalutazione dell'istituzione matrimoniale.
Di ordine biologico e antropologico
7. Nelle unioni omosessuali sono del tutto assenti quegli elementi biologici
e antropologici del matrimonio e della famiglia che potrebbero fondare ragionevolmente
il riconoscimento legale di tali unioni.
Esse non sono in condizione di assicurare adeguatamente la procreazione e
la sopravvivenza della specie umana. L'eventuale ricorso ai mezzi messi a
loro disposizione dalle recenti scoperte nel campo della fecondazione artificiale,
oltre ad implicare gravi mancanze di rispetto alla dignità umana,(15)
non muterebbe affatto questa loro inadeguatezza.
Nelle unioni omosessuali è anche del tutto assente la dimensione coniugale,
che rappresenta la forma umana ed ordinata delle relazioni sessuali. Esse
infatti sono umane quando e in quanto esprimono e promuovono il mutuo aiuto
dei sessi nel matrimonio e rimangono aperte alla trasmissione della vita.
Come dimostra l'esperienza, l'assenza della bipolarità sessuale crea
ostacoli allo sviluppo normale dei bambini eventualmente inseriti all'interno
di queste unioni. Ad essi manca l'esperienza della maternità o della
paternità. Inserire dei bambini nelle unioni omosessuali per mezzo
dell'adozione significa di fatto fare violenza a questi bambini nel senso
che ci si approfitta del loro stato di debolezza per introdurli in ambienti
che non favoriscono il loro pieno sviluppo umano. Certamente una tale pratica
sarebbe gravemente immorale e si porrebbe in aperta contraddizione con il
principio, riconosciuto anche dalla Convenzione internazionale dell'ONU sui
diritti dei bambini, secondo il quale l'interesse superiore da tutelare in
ogni caso è quello del bambino, la parte più debole e indifesa.
Di ordine sociale
8. La società deve la sua sopravvivenza alla famiglia fondata sul matrimonio.
La conseguenza inevitabile del riconoscimento legale delle unioni omosessuali
è la ridefinizione del matrimonio, che diventa un'istituzione la quale,
nella sua essenza legalmente riconosciuta, perde l'essenziale riferimento
ai fattori collegati alla eterosessualità, come ad esempio il compito
procreativo ed educativo. Se dal punto di vista legale il matrimonio tra due
persone di sesso diverso fosse solo considerato come uno dei matrimoni possibili,
il concetto di matrimonio subirebbe un cambiamento radicale, con grave detrimento
del bene comune. Mettendo l'unione omosessuale su un piano giuridico analogo
a quello del matrimonio o della famiglia, lo Stato agisce arbitrariamente
ed entra in contraddizione con i propri doveri.
A sostegno della legalizzazione delle unioni omosessuali non può essere
invocato il principio del rispetto e della non discriminazione di ogni persona.
Una distinzione tra persone oppure la negazione di un riconoscimento o di
una prestazione sociale non sono infatti accettabili solo se sono contrarie
alla giustizia.(16) Non attribuire lo statuto sociale e giuridico di matrimonio
a forme di vita che non sono né possono essere matrimoniali non si
oppone alla giustizia, ma, al contrario, è da essa richiesto.
Neppure il principio della giusta autonomia personale può essere ragionevolmente
invocato. Una cosa è che i singoli cittadini possano svolgere liberamente
attività per le quali nutrono interesse e che tali attività
rientrino genericamente nei comuni diritti civili di libertà, e un'altra
ben diversa è che attività che non rappresentano un significativo
e positivo contributo per lo sviluppo della persona e della società
possano ricevere dallo Stato un riconoscimento legale specifico e qualificato.
Le unioni omosessuali non svolgono neppure in senso analogico remoto i compiti
per i quali il matrimonio e la famiglia meritano un riconoscimento specifico
e qualificato. Ci sono invece buone ragioni per affermare che tali unioni
sono nocive per il retto sviluppo della società umana, soprattutto
se aumentasse la loro incidenza effettiva sul tessuto sociale.
Di ordine giuridico
9. Poiché le coppie matrimoniali svolgono il ruolo di garantire l'ordine
delle generazioni e sono quindi di eminente interesse pubblico, il diritto
civile conferisce loro un riconoscimento istituzionale. Le unioni omosessuali
invece non esigono una specifica attenzione da parte dell'ordinamento giuridico,
perché non rivestono il suddetto ruolo per il bene comune.
Non è vera l'argomentazione secondo la quale il riconoscimento legale
delle unioni omosessuali sarebbe necessario per evitare che i conviventi omosessuali
perdano, per il semplice fatto della loro convivenza, l'effettivo riconoscimento
dei diritti comuni che essi hanno in quanto persone e in quanto cittadini.
In realtà, essi possono sempre ricorrere – come tutti i cittadini
e a partire dalla loro autonomia privata – al diritto comune per tutelare
situazioni giuridiche di reciproco interesse. Costituisce invece una grave
ingiustizia sacrificare il bene comune e il retto diritto di famiglia allo
scopo di ottenere dei beni che possono e debbono essere garantiti per vie
non nocive per la generalità del corpo sociale.(17)
IV. COMPORTAMENTI DEI POLITICI
CATTOLICI NEI CONFRONTI DI LEGISLAZIONI FAVOREVOLI ALLE UNIONI OMOSESSUALI
10. Se tutti i fedeli sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle
unioni omosessuali, i politici cattolici lo sono in particolare, nella linea
della responsabilità che è loro propria. In presenza di progetti
di legge favorevoli alle unioni omosessuali, sono da tener presenti le seguenti
indicazioni etiche.
Nel caso in cui si proponga per la prima volta all'Assemblea legislativa un
progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali,
il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente
il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio
del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune
della società è un atto gravemente immorale.
Nel caso in cui il parlamentare cattolico si trovi in presenza di una legge
favorevole alle unioni omosessuali già in vigore, egli deve opporsi
nei modi a lui possibili e rendere nota la sua opposizione: si tratta di un
doveroso atto di testimonianza della verità. Se non fosse possibile
abrogare completamente una legge di questo genere, egli, richiamandosi alle
indicazioni espresse nell'Enciclica Evangelium vitae, « potrebbe lecitamente
offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale
legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della
moralità pubblica », a condizione che sia « chiara e a
tutti nota » la sua « personale assoluta opposizione » a
leggi siffatte e che sia evitato il pericolo di scandalo.(18) Ciò non
significa che in questa materia una legge più restrittiva possa essere
considerata come una legge giusta o almeno accettabile; bensì si tratta
piuttosto del tentativo legittimo e doveroso di procedere all'abrogazione
almeno parziale di una legge ingiusta quando l'abrogazione totale non è
possibile per il momento.
CONCLUSIONE
11. La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può
portare in nessun modo all'approvazione del comportamento omosessuale oppure
al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. Il bene comune esige che
le leggi riconoscano, favoriscano e proteggano l'unione matrimoniale come
base della famiglia, cellula primaria della società. Riconoscere legalmente
le unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non
soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo
un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali
che appartengono al patrimonio comune dell'umanità. La Chiesa non può
non difendere tali valori, per il bene degli uomini e di tutta la società.
Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nell'Udienza concessa il 28 marzo 2003
al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha approvato le presenti Considerazioni,
decise nella Sessione Ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato
la pubblicazione.
Roma, dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 3 giugno
2003, Memoria dei Santi Carlo Lwanga e Compagni, Martiri.
Joseph Card. Ratzinger Prefetto
Angelo Amato, S.D.B. Arcivescovo titolare di Sila?Segretario
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NOTE
(1) Cf. Giovanni Paolo II, Allocuzioni in occasione della recita dell'Angelus,
20 febbraio 1994 e 19 giugno 1994; Discorso ai partecipanti dell'Assemblea
Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, 24 marzo 1999; Catechismo
della Chiesa Cattolica, nn. 2357-2359, 2396; Congregazione per la Dottrina
della Fede, Dichiarazione Persona humana, 29 dicembre 1975, n. 8; Lettera
sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º ottobre 1986; Alcune
Considerazioni concernenti la Risposta a proposte di legge sulla non discriminazione
delle persone omosessuali, 24 luglio 1992; Pontificio Consiglio per la Famiglia,
Lettera ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa circa la risoluzione
del Parlamento Europeo in merito alle coppie omosessuali, 25 marzo 1994; Famiglia,
matrimonio e « unioni di fatto », 26 luglio 2000, n. 23.
(2) Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale circa alcune
questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita
politica, 24 novembre 2002, n. 4.
(3) Cf. Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 48.
(4) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357.
(5) Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Persona humana,
29 dicembre 1975, n. 8.
(6) Cf. per esempio S. Policarpo, Lettera ai Filippesi, V, 3; S. Giustino,
Prima Apologia, 27, 1-4; Atenagora, Supplica per i cristiani, 34.
(7) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358; cf. Congregazione per la Dottrina
della Fede, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º
ottobre 1986, n. 10.
(8) Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2359; Congregazione per la Dottrina
della Fede, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º
ottobre 1986, n. 12.
(9) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358.
(10) Ibid., n. 2396.
(11) Cf. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995,
n. 71.
(12) Cf. ibid., n. 72.
(13) Cf. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 95, a. 2.
(14) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995,
n. 90.
(15) Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae,
22 febbraio 1987, II. A. 1-3.
(16) Cf. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 63, a. 1, c.
(17) Occorre non dimenticare inoltre che sussiste sempre « il pericolo
che una legislazione che faccia dell'omosessualità una base per avere
dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale
a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner
allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge » (Congregazione
per la Dottrina della Fede, Alcune considerazioni concernenti la risposta
a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, 24
luglio 1992, n. 14).
(18) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995,
n. 73.