1987: Donum Vitae
22 febbraio 1987
Istruzione Donum Vitae sul rispetto della vita nascente e la dignità
della procreazione con premessa Ad congregationem
Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione
PREMESSA
La Congregazione per la Dottrina della Fede è stata interpellata da diverse
Conferenze Episcopali o da singoli vescovi da teologi medici e uomini di scienza,
in merito alla conformità con i principi della morale cattolica delle
tecniche biomediche che consentono di intervenire nella fase iniziale della
vita dell'essere umano e nei processi stessi della procreazione. La presente
Istruzione, che è frutto di vasta consultazione e in particolare di una
attenta valutazione delle dichiarazioni di episcopati non intende riproporre
tutto l'insegnamento della Chiesa sulla dignità della vita umana nascente
e della procreazione, ma offrire, alla luce della precedente dottrina del Magistero,
delle risposte specifiche ai principali interrogativi sollevati in proposito.
L'esposizione viene ordinata nella maniera seguente: un'introduzione richiamerà
i principi fondamentali di carattere antropologico e morale, necessari per un'adeguata
valutazione dei problemi e per l'elaborazione delle risposte a tali interrogativi;
la prima parte avrà per argomento il rispetto dell'essere umano a partire
dal primo momento della sua esistenza; la seconda parte affronterà gli
interrogativi morali posti dagli interventi della tecnica sulla procreazione
umana; nella terza parte verranno offerti alcuni orientamenti sui rapporti che
intercorrono tra legge morale e legge civile a proposito del rispetto dovuto
agli embrioni e feti umani* in relazione alla legittimità delle tecniche
di procreazione artificiale.
* I termini di "zigote", "pre-embrione", "embrione"
e "feto" possono indicare nel vocabolario della biologia stadi successivi
dello sviluppo di un essere umano. La presente Istruzione usa liberamente di
questi termini, attribuendo ad essi un'identica rilevanza etica, per designare
il frutto, visibile o non, della generazione umana, dal primo momento della
sua esistenza fino alla nascita. La ragione di questo uso viene chiarita dal
testo (cf. 1, 1).
INTRODUZIONE
1. La ricerca biomedica e l'insegnamento della Chiesa
Il dono della vita, che Dio Creatore e Padre ha affidato all'uomo, impone a
questi di prendere coscienza del suo inestimabile valore e di assumerne la responsabilità:
questo principio fondamentale dev'essere posto al centro della riflessione,
per chiarire e risolvere i problemi morali sollevati dagli interventi artificiali
sulla vita nascente e sui processi della procreazione.
Grazie al progresso delle scienze biologiche e mediche, I'uomo può disporre
di sempre più efficaci risorse terapeutiche, ma può anche acquisire
poteri nuovi dalle conseguenze imprevedibili sulla vita umana nello stesso suo
inizio e nei suoi primi stadi. Diversi procedimenti consentono oggi d'intervenire
non soltanto per assistere ma anche per dominare i processi della procreazione.
Tali tecniche possono consentire all'uomo di "prendere in mano il proprio
destino", ma lo espongono anche "alla tentazione di andare oltre i
limiti di un ragionevole dominio sulla natura"1. Per quanto possano costituire
un progresso a servizio dell'uomo, esse comportano anche dei rischi gravi. Da
parte di molti, viene espresso cosi un urgente appello, affinché siano
salvaguardati, negli interventi sulla procreazione, i valori e i diritti della
persona umana. Le richieste di chiarificazione e orientamento non provengono
soltanto dai fedeli, ma anche da parte di quanti riconoscono comunque alla Chiesa,
"esperta in umanità"2, una missione al servizio della "civiltà
dell'amore"3 e della vita.
Il Magistero della Chiesa non interviene in nome di una competenza particolare
nell'ambito delle scienze sperimentali; ma, dopo aver preso conoscenza dei dati
della ricerca e della tecnica, intende proporre in virtù della propria
missione evangelica e del suo dovere apostolico, la dottrina morale rispondente
alla dignità della persona e alla sua vocazione integrale, esponendo
i criteri di giudizio morale sulle applicazioni della ricerca scientifica e
della tecnica, in particolare per ciò che riguarda la vita umana e i
suoi inizi. Tali criteri sono il rispetto, la difesa e la promozione dell'uomo,
il suo "diritto primario e fondamentale" alla vita4, la sua dignità
di persona, dotata di un'anima spirituale, di responsabilità morale5
è chiamata alla comunione beatifica con Dio.
L'intervento della Chiesa anche in quest'ambito è ispirato all'amore
che essa deve all'uomo aiutandolo a riconoscere e rispettare i suoi diritti
e i suoi doveri. Tale amore si alimenta alle sorgenti della carità di
Cristo: contemplando il mistero del Verbo Incarnato, la Chiesa conosce anche
il "mistero dell'uomo"6, annunciando il Vangelo della salvezza, rivela
all'uomo la sua dignità e lo invita a scoprire pienamente la sua verità.
La Chiesa ripropone cosi la legge divina per fare opera di verità e di
liberazione.
È infatti per bontàòper indicare il cammino della vitaòche
Dio da agli uomini i suoi comandamenti e la grazia per osservali; ed è
pure per bontàòper aiutarli a perseverare nello stesso camminoòche
Dio offre sempre a tutti il suo perdono. Cristo ha compassione delle nostre
fragilità: Egli è nostro Creatore e nostro Redentore. Che il suo
Spirito apra gli animi al dono della pace di Dio e all'intelligenza dei suoi
precetti.
2. La scienza e la tecnica al servizio della persona umana
Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza: "maschio e femmina li
creo" (Gen. 1, 27), affidando loro il compito di "dominare la terra"
(Gen. 1, 28). La ricerca scientifica di base e quella applicata costituiscono
un'espressione significativa di questa signoria dell'uomo sul creato. La scienza
e la tecnica, preziose risorse delI'uomo quando si pongono al suo servizio e
ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti, non possono da sole
indicare il senso dell'esistenza e del progresso umano. Essendo ordinate all'uomo
da cui traggono origine e incremento, attingono dalla persona e dai suoi valori
morali l'indicazione della loro finalità e la consapevolezza dei loro
limiti.
Sarebbe, perciò, illusorio rivendicare la neutralità morale della
ricerca scientifica e delle sue applicazioni; d'altro canto non si possono desumere
i criteri di orientamento dalla semplice efficienza tecnica, dallÇutilità
che possono arrecare ad alcuni a danno di altri o, peggio ancora, dalle ideologie
dominanti. Pertanto la scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso intrinseco
significato, il rispetto incondizionato dei criteri fondamentali della moralità:
debbono essere cioè, al servizio della persona umana, dei suoi diritti
inalienabili e del suo bene vero e integrale secondo il progetto e la volontà
di Dio7.
II rapido sviluppo delle scoperte tecnologiche rende più urgente questa
esigenza di rispetto dei criteri ricordati: la scienza senza la coscienza ad
altro non può portare che alla rovina dell'uomo. "L'epoca nostra,
più ancora che i secoli passati, ha bisogno di questa sapienza, perché
diventino più umane tutte le sue nuove scoperte. È in pericolo,
di fatto, il futuro del mondo, a meno che non vengano suscitati uomini più
saggi"8.
3. Antropologia e interventi in campo biomedico
Quali criteri morali si devono applicare per chiarire i problemi posti oggi
nell'ambito della biomedicina? La risposta a questo interrogativo suppone un'adeguata
concezione della natura della persona umana nella sua dimensione corporea.
Infatti, è soltanto nella linea della sua vera natura che la persona
umana può realizzarsi come "totalità unificata"9: ora
questa natura e nello stesso tempo corporale e i spirituale. In forza della
sua unione sostanziale con un'anima spirituale, il corpo umano non può
essere considerato solo come un complesso di tessuti, organi e funzioni, ne
può essere valutato alla stessa stregua del corpo degli animali, ma è
parte costitutiva della persona che attraverso di esso si manifesta e si esprime.
La legge morale naturale esprime e prescrive le finalità, i diritti e
i doveri che si fondano sulla natura corporale e spirituale della persona umana.
Pertanto essa non può essere concepita come normatività semplicemente
biologica, ma deve essere definita come l'ordine razionale secondo il quale
l'uomo è chiamato dal Creatore a dirigere e regolare la sua vita e i
suoi atti e, in particolare, a usare e disporre del proprio corpo '°.
Una prima conseguenza può essere dedotta da tali principi: un intervento
sul corpo umano non raggiunge soltanto i tessuti, gli organi e le loro funzioni,
ma coinvolge anche a livelli diversi la stessa persona; comporta quindi un significato
e una responsabilità morali, in modo implicito forse, ma reale. Giovanni
Paolo II ribadiva con forza all'Associazione medica mondiale: "Ogni persona
umana, nella sua singolarità irrepetibile, non è costituita soltanto
dallo spirito ma anche dal corpo, cosi nel corpo e attraverso il corpo viene
raggiunta la persona stessa nella sua realtà concreta. Rispettare la
dignità dell'uomo comporta di conseguenza salvaguardare questa identità
dell'uomo corpore et anima unus, come affermava il Concilio Vaticano II (Cost.
Gaudium et Spes, n. 14, 1). È sulla base di questa visione antropologica
che si devono trovare i criteri fondamentali per le decisioni da prendere, quando
si tratta d'interventi non strettamente terapeutici, per esempio gli interventi
miranti al miglioramento della condizione biologica umana"11.
La biologia e la medicina nelle loro applicazioni concorrono al bene integrale
della vita umana quando vengono in aiuto della persona colpita da malattia e
infermità nel rispetto della sua dignità di creatura di Dio. Nessun
biologo o medico può ragionevolmente pretendere, in forza della sua competenza
scientifica, di decidere dell'origine e del destino degli uomini. Questa non
ma si deve applicare in maniera particolare nell'ambito della sessualità
e della procreazione, dove l'uomo e la donna pongono in atto i valori fondamentali
dell'amore e della vita.
Dio, che è amore e vita, ha inscritto nell'uomo e nella donna la vocazione
a una partecipazione speciale al suo mistero di comunione personale e alla sua
opera di Creatore e di Padre12. Per questo il matrimonio possiede specifici
beni e valori di unione e di procreazione senza possibilità di confronto
con quelli che esistono nelle forme inferiori della vita. Tali valori e significati
di ordine personale determinano dal punto di vista morale il senso e i limiti
degli interventi artificiali sulla procreazione e sull'origine della vita umana
. Questi interventi non sono da rifiutare in quanto artificiali. Come tali essi
testimoniano le possibilità dell'arte medica, ma si devono valutare sotto
il profilo morale in riferimento alla dignità della persona umana, chiamata
a realizzare la vocazione divina al dono dell'amore e al dono della vita.
4. Criteri fondamentali per un giudizio morale
I valori fondamentali connessi con le tecniche di procreazione artificiale umana
sono due: la vita dell'essere umano chiamato all'esistenza e lÇoriginalità
della sua trasmissione nel matrimonio. Il giudizio morale su tali metodiche
di procreazione artificiale dovrà quindi essere formulato in riferimento
a questi valori.
La vita fisica, per cui ha inizio la vicenda umana nel mondo, non esaurisce
certamente in se tutto il valore della persona ne rappresenta il bene supremo
dell'uomo che è chiamato all'eternità. Tuttavia ne costituisce
in un certo qual modo il valore "fondamentale", proprio perché
sulla vita fisica si fondano e si sviluppano tutti gli altri valori della persona13.
L'inviolabilità del diritto alla vita dell'essere umano innocente "dal
momento del concepimento alla morte"14 è un segno e un'esigenza
delI'inviolabilità stessa della persona, alla quale il Creatore ha fatto
il dono della vita.
Rispetto alla trasmissione delle altre forme di vita nell'universo, la trasmissione
della vita umana ha una sua originalità, che deriva dalla originalità
stessa della persona umana. "La trasmissione della vita umana è
affidata dalla natura a un atto personale e cosciente e, come tale, soggetto
alle santissime leggi di Dio: leggi immutabili e inviolabili che vanno riconosciute
e osservate. È per questo che non si possono usare mezzi e seguire metodi
che possono essere leciti nella trasmissione della vita delle piante e degli
animali"15.
I progressi della tecnica hanno oggi reso possibile una procreazione senza rapporto
sessuale mediante l'incontro in vitro delle cellule germinali antecedentemente
prelevate dall'uomo e dalla donna. Ma ciò che è tecnicamente possibile
non è per ciò stesso moralmente ammissibile. La riflessione razionale
sui valori fondamentali della vita e della procreazione umana è perciò
indispensabile per formulare la valutazione morale a riguardo di tali interventi
della tecnica sull'essere umano fin dai primi stadi del suo sviluppo.
5. Insegnamenti del magistero
Da parte sua il Magistero della Chiesa, anche in questo ambito, offre al la
ragione umana la luce della Rivelazione: la dottrina sull'uomo insegnata dal
Magistero contiene molti elementi che illuminano i problemi che qui vengono
affrontati.
Dal momento del concepimento, la vita di ogni essere umano va rispettata in
modo assoluto, perché l'uomo è sulla terra l'unica creatura che
Dio ha "voluto per se stesso"16, e l'anima spirituale di ciascun uomo
è "immediatamente creata" da Dio17; tutto il suo essere porta
l'immagine del Creatore. La vita umana è sacra perché fin dal
suo inizio comporta "I'azione creatrice di Dio"18 e rimane per sempre
in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine19. Solo Dio è
il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza,
può rivendicare a se il diritto il distruggere direttamente un essere
umano innocente20.
La procreazione umana richiede una collaborazione responsabile degli sposi con
l'amore fecondo di Dio21; il dono della vita umana deve realizzarsi nel matrimonio
mediante gli atti specifici ed esclusivi degli sposi, secondo le leggi inscritte
nelle loro persone e nella loro unione22.
PARTE I
IL RISPETTO DEGLI EMBRIONI UMANI
Un'attenta riflessione su questo insegnamento del Magistero e sui dati di ragione
sopra richiamati permette di rispondere ai molteplici problemi morali posti
dagli interventi tecnici sull'essere umano nelle fasi iniziali della sua vita
e sui processi del suo concepimento.
1. Quale rispetto è dovuto all'embrione umano, tenuto conto della
sua natura e della sua identità?
L'essere umano è da rispettare - come una persona - fin dal primo istante
della sua esistenza.
La messa in atto dei procedimenti di fecondazione artificiale ha reso possibili
diversi interventi sugli embrioni e sui feti umani. Gli scopi perseguiti sono
di diverso genere: diagnostici e terapeutici, scientifici e commerciali. Da
tutto ciò scaturiscono gravi problemi. Si può parlare di un diritto
alla sperimentazione sugli embrioni umani in vista della ricerca scientifica?
Quali normative o quale legislazione elaborare in questa materia? La risposta
a tali problemi suppone una riflessione approfondita sulla natura e sullÇidentità
propria - si parla di "statuto" - dell'embrione umano.
Da parte sua la Chiesa nel Concilio Vaticano II ha proposto nuovamente all'uomo
contemporaneo la sua dottrina costante e certa secondo cui: "la vita, una
volta concepita, dev'essere protetta con la massima cura, e l'aborto come l'infanticidio,
sono abominevoli delitti"23. Più recentemente la Carta dei diritti
della famiglia, pubblicata dalla Santa Sede, ribadiva: "La vita umana dev'essere
rispettata e protetta in modo assoluto dal momento del concepimento"24.
Questa Congregazione conosce le discussioni attuali sull'inizio della vita umana,
sull'individualità dell'essere umano e sullÇidentità della
persona umana. Essa richiama gli insegnamenti contenuti nella Dichiarazione
sulI'aborto procurato: "Dal momento in cui l'ovulo è fecondato,
si inaugura una nuova vita che non e quella del padre o della madre, ma di un
nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso
umano se non lo è stato fin da allora. A questa evidenza di sempre...
la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato come
dal primo istante si trova fissato il programma di ciò che sarà
questo vivente: un uomo, quest'uomo-individuo con le sue note caratteristiche
già ben determinate. Fin dalla fecondazione è iniziata lÇavventura
di una vita umana, di cui ciascuna delle grandi capacita richiede tempo per
impostarsi e per trovarsi pronta ad agire"25. Questa dottrina rimane valida
e viene peraltro confermata, se ve ne fosse bisogno, dalle recenti acquisizioni
della biologia umana la quale riconosce che nello zigote* derivante dalla fecondazione
si è già costituita lÇidentità biologica di un nuovo
individuo umano.
Certamente nessun dato sperimentale può essere per sé sufficiente
a far riconoscere un'anima spirituale; tuttavia le conclusioni della scienza
sull'embrione umano forniscono unÇindicazione preziosa per discernere
razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita
umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana? Il Magistero non
si è espressamente impegnato su un'affermazione d'indole filosofica,
ma ribadisce in maniera costante la condanna morale di qualsiasi aborto procurato.
Questo insegnamento non è mutato ed è immutabile26.
Pertanto il frutto della generazione umana dal primo momento della sua esistenza,
e cioè a partire dal costituirsi dello zigote, esige il rispetto incondizionato
che è moralmente dovuto all'essere umano nella sua totalità corporale
e spirituale. L'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal
suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere
i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni
essere umano innocente alla vita.
Questo richiamo dottrinale offre il criterio fondamentale per la soluzione dei
diversi problemi posti dallo sviluppo delle scienze biomediche in questo campo:
poiché deve essere trattato come persona, l'embrione dovrà anche
essere difeso nella sua integrità, curato e guarito nella misura del
possibile, come ogni altro essere umano nell'ambito dell'assistenza medica.
*Lo zigote è la cellula derivante dalla fusione dei nuclei dei due gameti
2. La diagnosi prenatale è moralmente lecita?
Se la diagnosi prenatale rispetta la vita e l'integrità dell'embrione
e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua guarigione
individuale, la risposta è affermativa.
La diagnosi prenatale può infatti far conoscere le condizioni dell'embrione
e del feto quando è ancora nel seno della madre; permette, o consente
di prevedere, alcuni interventi terapeutici, medici o chirurgici, più
precocemente e più efficacemente.
Tale diagnosi è lecita se i metodi impiegati, con il consenso dei genitori
adeguatamente informati, salvaguardano la vita e l 'integrità dell'embrione
e di sua madre, non facendo loro correre rischi sproporzionati27; Ma essa è
gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla lÇeventualità,
in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una diagnosi attestante
l'esistenza di una malformazione o di una malattia ereditaria non deve equivalere
a una sentenza di morte. Pertanto la donna che richiedesse la diagnosi con l'intenzione
determinata di procedere all'aborto nel caso che l'esito confermi l'esistenza
di una malformazione o anomalia, commetterebbe un'azione gravemente illecita.
Parimenti agirebbero in modo contrario alla morale il coniuge o i parenti o
chiunque altro, qualora consigliassero o imponessero la diagnosi alla gestante
con lo stesso intendimento di arrivare eventualmente all'aborto. Cosi pure sarebbe
responsabile di illecita collaborazione lo specialista che nel condurre la diagnosi
e nel comunicarne l'esito contribuisse volutamente a stabilire o favorire il
collegamento tra diagnosi prenatale e aborto.
Si deve infine condannare, come violazione del diritto alla vita nei confronti
del nascituro e come prevaricazione sui diritti e doveri prioritari dei coniugi,
una direttiva o un programma delle autorità civili e sanitarie o di organizzazioni
scientifiche che, in qualsiasi modo, favorisse la connessione tra diagnosi prenatale
e aborto oppure addirittura inducesse le donne gestanti a sottoporsi alla diagnosi
prenatale pianificata allo scopo di eliminare i feti affetti o portatori di
malformazioni o malattie ereditarie.
3. Gli interventi terapeutici sull'embrione umano sono leciti?
Come per ogni intervento medico sui pazienti, si devono ritenere leciti gli
interventi sull'embrione umano a patto che rispettino la vita e lÇintegrità
dell'embrione, non comportino per lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati
alla sua guarigione, al miglioramento delle sue condizioni di salute o alla
sua sopravvivenza individuale.
Qualunque sia il genere di terapia medica, chirurgica o di altro tipo, è
richiesto il consenso libero e informato dei genitori, secondo le regole deontologiche
previste nel caso di bambini. L'applicazione di questo principio morale può
richiedere delicate e particolari cautele trattandosi di vita embrionale o di
feti.
La legittimità e i criteri di tali interventi sono stati chiaramente
espressi da Giovanni Paolo Il: "Un intervento strettamente terapeutico
che si prefigga come obiettivo la guarigione di diverse malattie, come quelle
dovute a difetti cromosomlcl, sarà, in linea di principio, considerato
come auspicabile, supposto che tenda a realizzare la vera promozione del benessere
personale delI'individuo, senza arrecare danno alla sua integrità o deteriorarne
le condizioni di vita. Un tale intervento si colloca di fatto nella logica della
tradizione morale cristiana"28.
4. Come valutare moralmente la ricerca e la sperimentazione* sugli embrioni
e sui feti umani?
La ricerca medica deve astenersi da interventi sugli embrioni vivi, a meno che
non ci sia la certezza morale di non arrecare danno né alla vita né
allÇintegrità del nascituro e della madre, e a condizione che
i genitori abbiano accordato il loro consenso, libero e informato, per l'intervento
sull'embrione. Ne consegue che ogni ricerca, anche se limitata alla semplice
osservazione dell'embrione, diventerebbe illecita qualora, per i metodi impiegati
o per gli effetti indotti, implicasse un rischio per lÇintegrità
fisica o la vita dell'embrione.
Per quanto riguarda la sperimentazione presupposta la distinzione generale tra
quella con finalità non direttamente terapeutica e quella chiaramente
terapeutica per il soggetto stesso, nella fattispecie occorre distinguere anche
tra la sperimentazione attuata sugli embrioni ancora vivi e la sperimentazione
attuata su embrioni morti. Se essi sono vivi, viabili o non, devono essere rispettati
come tutte le persone umane; la sperimentazione non direttamente terapeutica
sugli embrioni è illecita29.
Nessuna finalità, anche in se stessa nobile, come la previsione di una
utilità per la scienza, per altri esseri umani o per la società,
può in alcun modo giustificare la sperimentazione sugli embrioni o feti
umani vivi, viabili e non, nel seno materno o fuori di esso. II consenso informato,
normalmente richiesto per la sperimentazione clinica sull'adulto, non può
essere concesso dai genitori i quali non possono disporre né dellÇintegrità
fisica ne della vita del nascituro. D'altra parte la sperimentazione sugli embrioni
o feti comporta sempre il rischio, anzi, il più delle volte la previsione
certa di un danno per la loro integrità fisica o addirittura della loro
morte.
Usare l'embrione umano, o il feto, come oggetto o strumento di sperimentazione
rappresenta un delitto nei confronti della loro dignità di esseri umani
che hanno diritto allo stesso rispetto dovuto al bambino già nato e ad
ogni persona umana. La Carta dei diritti della famiglia, pubblicata dalla Santa
Sede, afferma: "Il rispetto per la dignità dell'essere umano esclude
ogni sorta di manipolazione sperimentale o sfruttamento dell'embrione umano"30.
La prassi di mantenere in vita degli embrioni umani, in vivo o in vitro, per
scopi sperimentali o commerciali, è del tutto contraria alla dignità
umana.
Nel caso della sperimentazione chiaramente terapeutica, qualora si trattasse
cioè di terapie sperimentali impiegate a beneficio dell'embrione stesso
allo scopo di salvare in un tentativo estremo la sua vita, e in mancanza di
altre terapie valide, può essere lecito il ricorso a farmaci o a procedure
non ancora del tutto convalidate31.
I cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono
essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani. In particolare non
possono essere oggetto di mutilazioni o autopsie se la loro morte non è
stata accertata e senza il consenso dei genitori o della madre. Inoltre va sempre
fatta salva l'esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna
con l'aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo. Anche nel
caso di feti morti, come per i cadaveri di persone adulte, ogni pratica commerciale
deve essere ritenuta illecita e deve essere proibita.
*Poiché i termini "ricerca" e "sperimentazione" sono
frequentemente usati in modo equivalente e ambiguo, si ritiene di dover precisare
il significato loro attribuito nel presente documento.
I) Per ricerca s'intende qualsiasi procedimento induttivo-deduttivo, inteso
a promuovere l'osservazione sistematica di un dato fenomeno in campo umano o
a verificare un'ipotesi emersa da precedenti osservazioni.
2) Per sperimentazione s'intende qualsiasi ricerca, in cui l'essere umano (nei
diversi stadi della sua esistenza: embrione, feto, bambino o adulto) rappresenta
l'oggetto mediante il quale o sul quale s'intende verificare l'effetto, al momento
sconosciuto o ancora non ben conosciuto, di un dato trattamento (ad es. farmacologico,
teratogeno, chirurgico ecc.).
5. Come valutare moralmente l'uso a scopo di ricerca degli embrioni ottenuti
mediante la fecondazione in vitro?
Gli embrioni umani ottenuti in vitro sono esseri umani e soggetti di diritto:
la loro dignità e il loro diritto alla vita devono essere rispettati
fin dal primo momento della loro esistenza. È immorale produrre embrioni
umani destinati a essere sfruttati come "materiale biologico" disponibile.
Nella pratica abituale della fecondazione in vitro non tutti gli embrioni vengono
trasferiti nel corpo della donna; alcuni vengono distrutti. Cosi come condanna
l'aborto procurato, la Chiesa proibisce anche di attentare alla vita di questi
esseri umani. È doveroso denunciare la particolare gravita della distruzione
volontaria degli embrioni umani ottenuti in vitro al solo scopo di ricerca sia
mediante fecondazione artificiale sia mediante "fissione gemellare".
Agendo in tal modo il ricercatore si sostituisce a Dio e, anche se non ne ha
la coscienza, si fa padrone del destino altrui, in quanto sceglie arbitrariamente
chi far vivere e chi mandare a morte e sopprime esseri umani senza difesa.
Le metodiche di osservazione o di sperimentazione, che causano danno o impongono
dei rischi gravi e sproporzionati agli embrioni ottenuti in vitro, sono moralmente
illecite per le stesse ragioni. Ogni essere umano va rispettato per se stesso,
e non può essere ridotto a puro e semplice valore strumentale a vantaggio
altrui. Non è perciò conforme alla morale esporre deliberatamente
alla morte embrioni umani ottenuti in vitro. In conseguenza del fatto che sono
stati prodotti in vitro, questi embrioni non trasferiti nel corpo della madre
e denominati "soprannumerari", rimangono esposti a una sorte assurda,
senza possibilità di offrire loro sicure vie di sopravvivenza lecitamente
perseguibili.
6. Quale giudizio dare sugli altri procedimenti di manipolazione degli embrioni
connessi con le "tecniche di riproduzione umana"?
Le tecniche di fecondazione in vitro possono aprire la possibilità ad
altre forme di manipolazione biologica o genetica degli embrioni umani, quali:
i tentativi o progetti di fecondazione tra gameti umani e animali e di gestazione
di embrioni umani in uteri di animali, I'ipotesi o il progetto di costruzione
di uteri artificiali per l'embrione umano. Questi procedimenti sono contrari
alla dignità di essere umano propria dell'embrione e, nello stesso tempo,
ledono il diritto di ogni persona di essere concepita e di nascere nel matrimonio
e dal matrimonio32. Anche i tentativi o le ipotesi volte a ottenere un essere
umano senza alcuna connessione con la sessualità mediante "fissione
gemellare", clonazione, partenogenesi, sono da considerare contrarie alla
morale, in quanto contrastano con la dignità sia della procreazione umana
sia dell'unione coniugale.
Lo stesso congelamento degli embrioni, anche se attuano per garantire una conservazione
in vita dell'embrione ò crioconservazioneò costituisce un'offesa
al rispetto dovuto agli esseri umani, in quanto li espone a gravi rischi di
morte o di danno per la loro integrità fisica, li priva almeno temporaneamente
dell'accoglienza e della gestazione materna e li pone in una situazione suscettibile
di ulteriori offese e manipolazioni.
Alcuni tentativi d'intervento sul patrimonio cromosomico o genetico non sono
terapeutici, ma mirano alla produzione di esseri umani selezionati secondo il
sesso o altre qualità prestabilite. Queste manipolazioni sono contrarie
alla dignità personale dell'essere umano, alla sua integrità e
alla sua identità. Non possono quindi in alcun modo essere giustificate
in vista di eventuali conseguenze benefiche per l'umanità futura33. Ogni
persona deve essere rispettata per se stessa: in ciò consiste la dignità
e il diritto di ogni essere umano fin dal suo inizio.
PARTE II
INTERVENTI SULLA PROCREAZIONE UMANA
Per "procreazione artificiale" o "fecondazione artificiale"
si intendono qui le diverse procedure tecniche volte a ottenere un concepimento
umano in maniera diversa dall'unione sessuale dell'uomo e della donna. L'Istruzione
tratta della fecondazione di un ovulo in provetta (fecondazione in vitro) e
dell'inseminazione artificiale mediante trasferimento, nelle vie genitali della
donna, dello sperma precedentemente raccolto.
Un punto preliminare per la valutazione morale di tali tecniche è costituito
dalla considerazione delle circostanze e delle conseguenze che esse comportano
in ordine al rispetto dovuto all'embrione umano. L'affermarsi della pratica
della fecondazione in vitro ha richiesto innumerevoli fecondazioni e distruzioni
di embrioni umani. Ancora oggi, presuppone abitualmente una iperovulazione della
donna: più ovuli sono prelevati, fecondati e poi coltivati in vitro per
alcuni giorni. Abitualmente non sono trasferiti tutti nelle vie genitali della
donna; alcuni embrioni, chiamati solitamente "soprannumerari", vengono
distrutti o congelati. Fra gli embrioni impiantati talora alcuni sono sacrificati
per diverse ragioni eugenetiche, economiche o psicologiche. Tale distruzione
volontaria di esseri umani o la loro utilizzazione a scopi diversi, a detrimento
della loro integrità e della loro vita, è contraria alla dottrina
già ricordata a proposito dell'aborto procurato.
Il rapporto tra fecondazione in vitro e eliminazione volontaria di embrioni
umani si verifica troppo frequentemente. Ciò è significativo:
con questi procedimenti, dalle finalità apparentemente opposte, la vita
e la morte vengono sottomesse alle decisioni dell'uomo, che viene così
a costituirsi donatore di vita e di morte su comando. Questa dinamica di violenza
e di dominio può rimanere non avvertita da parte di quegli stessi che,
volendola utilizzare, vi si assoggettano. I dati di fatto ricordati e la fredda
logica che li collega, devono essere considerati per un giudizio morale sulla
FIVET (fecondazione in vitro e trasferimento dell'embrione): la mentalità
abortiva che l'ha resa possibile, conduce così, lo si voglia o no, al
dominio dell'uomo sulla vita e sulla morte dei suoi simili, che può portare
ad un eugenismo radicale.
Tuttavia abusi del genere non esimono da una approfondita e ulteriore riflessione
etica sulle tecniche di procreazione artificiale considerate in se stesse, astraendo,
per quanto è possibile, dalla distruzione degli embrioni prodotti in
vitro.
La presente Istruzione prenderà in considerazione pertanto in primo luogo
i problemi posti dalla fecondazione artificiale eterologa (II, 1-3)*, e successivamente
quelli che sono collegati con la fecondazione artificiale omologa (II, 4-6)**.
Prima di formulare il giudizio etico su ciascuna di esse, saranno considerati
i principi e i valori che determinano la valutazione morale di ciascuna di queste
procedure.
* L'Istruzione intende con la denominazione di Fecondazione o procreazione artificiale
eterologa le tecniche volte a ottenere artificialmente un concepimento umano
a partire da gameti provenienti almeno da un donatore diverso dagli sposi, che
sono uniti in matrimonio. Tali tecniche possono essere di due tipi:
a) FIVET eterologa: la tecnica volta a ottenere un concepimento umano attraverso
l'incontro in vitro di gameti prelevati almeno da un donatore diverso dai due
sposi uniti da matrimonio.
b) Inseminazione artificiale eterologa: la tecnica volta a ottenere un concepimento
umano attraverso il trasferimento nelle vie genitali della donna dello sperma
precedentemente raccolto da un donatore diverso dal marito.
** L'Istruzione intende per Fecondazione o procreazione artificiale omologa
la tecnica volta a ottenere un concepimento umano a partire dai gameti di due
sposi uniti in matrimonio. La fecondazione artificiale omologa può essere
attuata con due diverse metodiche:
a) FIVET omologa: la tecnica diretta a ottenere un concepimento umano mediante
l'incontro in vitro dei gameti degli sposi uniti in matrimonio
b) Inseminazione artificiale omologa: la tecnica diretta a ottenere un concepimento
umano mediante il trasferimento, nelle vie genitali di una donna sposata, dello
sperma precedentemente raccolto del marito.
A. FECONDAZIONE ARTIFICIALE ETEROLOGA
1. Perché la procreazione umana deve aver luogo nel matrimonio?
Ogni essere umano va accolto sempre come un dono e una benedizione di Dio. Tuttavia
dal punto di vista morale una procreazione veramente responsabile nei confronti
del nascituro deve essere il frutto del matrimonio.
La procreazione umana possiede infatti delle caratteristiche specifiche in virtù
della dignità dei genitori e dei figli: la procreazione di una nuova
persona, mediante la quale l'uomo e la donna collaborano con la potenza del
reatore, dovrà essere il frutto e il segno della mutua donazione personale
degli sposi, del loro amore e della loro fedeltà34. La fedeltà
degli sposi, nell'unità del matrimonio, comporta il reciproco rispetto
del loro diritto a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro.
Il figlio ha diritto ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo
ed educato nel matrimonio: è attraverso il riferimento sicuro e riconosciuto
ai propri genitori che egli può scoprire la propria identità e
maturare la propria formazione umana.
I genitori trovano nel figlio una conferma e un completamente della loro donazione
reciproca: egli è l'immagine vivente del loro amore, il segno permanente
della loro unione coniugale, la sintesi viva e indissolubile della loro dimensione
paterna e materna35.
In forza della vocazione e delle responsabilità sociali della persona,
il bene dei figli e dei genitori contribuisce al bene della società civile;
la vitalità e l'equilibrio della società richiedono che i figli
vengano al mondo in seno a una famiglia e che questa sia stabilmente fondata
sul matrimonio.
La tradizione della Chiesa e la riflessione antropologica riconoscono nel matrimonio
e nella sua unità indissolubile il solo luogo degno di una procreazione
veramente responsabile.
2. La fecondazione artificiale eterologa è conforme alla dignità
degli sposi e alla verità del matrimonio?
Nella FIVET e nell'inseminazione artificiale eterologa il concepimento umano
viene ottenuto mediante l'incontro di gameti di almeno un donatore diverso dagli
sposi che sono uniti in matrimonio. La fecondazione artificiale eterologa è
contraria all'unità del matrimonio, alla dignità degli sposi,
alla vocazione propria dei genitori e al diritto del figlio ad essere concepito
e messo al mondo nel matrimonio e dal matrimonio.36
Il rispetto dell'unità del matrimonio e della fedeltà coniugale
esige che il figlio sia concepito nel matrimonio; il legame esistente tra i
coniugi attribuisce agli sposi, in maniera oggettiva e inalienabile, il diritto
esclusivo a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro37. Il
ricorso ai gameti di una terza persona, per avere a disposizione lo sperma o
l'ovulo, costituisce una violazione dell'impegno reciproco degli sposi e una
mancanza grave nei confronti di quella proprietà essenziale del matrimonio,
che è la sua unità.
La fecondazione artificiale eterologa lede i diritti del figlio, lo priva della
relazione filiale con le sue origini parentali e può ostacolare la maturazione
della sua identità personale. Essa costituisce inoltre una offesa alla
vocazione comune degli sposi che sono chiamati alla paternità e maternità:
priva oggettivamente la fecondità coniugale della sua unità e
della sua integrità; opera e manifesta una rottura fra parentalità
genetica, parentalità gestazionale e responsabilità educativa.
Tale alterazione delle relazioni personali all'interno della famiglia si ripercuote
nella società civile.
Queste ragioni portano a un giudizio morale negativo sulla fecondazione artificiale
eterologa: pertanto è moralmente illecita la fecondazione di una donna
con lo sperma di un donatore diverso da suo marito e la fecondazione con lo
sperma del marito di un ovulo che non proviene dalla sua sposa. Inoltre la fecondazione
artificiale di una donna non sposata, nubile o vedova, chiunque sia il donatore,
non può essere moralmente giustificata.
Il desiderio di avere un figlio, l'amore tra gli sposi che aspirano a ovviare
a una sterilità non altrimenti superabile, costituiscono motivazioni
comprensibili; ma le intenzioni soggettivamente buone non rendono la fecondazione
artificiale eterologa né conforme alle proprietà oggettive e inalienabili
del matrimonio né rispettosa dei diritti del figlio e degli sposi.
3. La maternità "sostitutiva" * è moralmente
lecita?
* Sotto la denominazione di "madre sostitutiva" l'istruzione intende
comprendere:
a) la donna che porta in gestazione un embrione impiantato nel suo utero e che
le è geneticamente estraneo, perché ottenuto mediante l'unione
di gameti di "donatori", con l'impegno di consegnare il bambino una
volta nato a chi ha commissionato o pattuito tale gestazione;
b) la donna che porta in gestazione un embrione alla cui procreazione ha concorso
con il dono del proprio ovulo, fecondato mediante inseminazione con lo sperma
di un uomo diverso da suo marito, con l'impegno di consegnare il figlio, una
volta nato. a chi ha commissionato o pattuito la gestazione.
No, per le medesime ragioni che portano a rifiutare la fecondazione artificiale
eterologa: è contraria, infatti, all'unità del matrimonio e alla
dignità della procreazione della persona umana.
La maternità sostitutiva rappresenta una mancanza oggettiva di fronte
agli obblighi dell'amore materno, della fedeltà coniugale e della maternità
responsabile; offende la dignità e il diritto del figlio ad essere concepito,
portato in grembo, messo al mondo ed educato dai propri genitori; essa instaura,
a detrimento delle famiglie, una divisione fra gli elementi fisici, psichici
e morali che le costituiscono.
B. FECONDAZIONE ARTIFICIALE OMOLOGA
Dichiarata inaccettabile la fecondazione artificiale eterologa, ci si chiede
come valutare moralmente i procedimenti di fecondazione artificiale omologa:
FIVET e inseminazione artificiale fra gli sposi. Occorre chiarire preliminarmente
una questione di principio.
4. Quale legame è richiesto dal punto di vista morale tra procreazione
e atto coniugale?
a) L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla procreazione umana afferma
la "connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può
rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato
unitivo e il significato procreativo. Infatti per la sua intima struttura, l'atto
coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti
alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell'essere stesso dell'uomo
e della donna"38. Questo principio, fondato sulla natura del matrimonio
e sull'intima connessione dei suoi beni, comporta delle conseguenze ben note
sul piano della paternità e maternità responsabili. "Salvaguardando
ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l'atto coniugale conserva
integralmente il senso del mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all'altissima
vocazione dell'uomo alla paternità"39.
La medesima dottrina relativa al legame esistente fra i significati dell'atto
coniugale e fra i beni del matrimonio chiarisce il problema morale della fecondazione
artificiale omologa, poiché "non è mai permesso separare
questi diversi aspetti al punto da escludere positivamente o l'intenzione procreativa
o il rapporto coniugale"40.
La contraccezione priva intenzionalmente l'atto coniugale della sua apertura
alla procreazione e opera in tal modo una dissociazione volontaria delle finalità
del matrimonio. La fecondazione artificiale omologa, perseguendo una procreazione
che non è frutto dì un atto specifico di unione coniugale, opera
obiettivamente una separazione analoga tra i beni e i significati del matrimonio.
Pertanto la fecondazione è voluta lecitamente quando è il termine
di un "atto coniugale per sé idoneo alla generazione della prole,
al quale il matrimonio è ordinato per sua natura e per la quale i coniugi
divengono una sola carne"41. Ma la procreazione è privata dal punto
di vista morale della sua perfezione propria quando non è voluta come
il frutto dell'atto coniugale, e cioè del gesto specifico dell'unione
degli sposi.
b) Il valore morale dell'intimo legame esistente fra i beni del matrimonio e
fra i significati dell'atto coniugale si fonda sull'unità dell'essere
umano, unità risultante di corpo e anima spirituale42. Gli sposi si esprimono
reciprocamente il loro amore personale nel "linguaggio del corpo",
che comporta chiaramente "significati sponsali" e parentali insieme43.
L'atto coniugale, con il quale gli sposi si manifestano reciprocamente il dono
di sé, esprime simultaneamente l'apertura al dono della vita: è
un atto inscindibilmente corporale e spirituale. È nel loro corpo e per
mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare
padre e madre. Per rispettare il linguaggio dei corpi e la loro naturale generosità,
l'unione coniugale deve avvenire nel rispetto dell'apertura alla procreazione,
e la procreazione di una persona deve essere il frutto e il termine dell'amore
sponsale. L'origine dell'essere umano risulta così da una procreazione
"legata all'unione non solamente biologica ma anche spirituale dei genitori
uniti dal vincolo del matrimonio"44. Una fecondazione ottenuta fuori del
corpo degli sposi rimane per ciò stesso privata dei significati e dei
valori che si esprimono nel linguaggio del corpo e nell'unione delle persone
umane.
c) Soltanto il rispetto del legame, che esiste fra i significati dell'atto coniugale,
e il rispetto dell'unità dell'essere umano consente una procreazione
conforme alla dignità della persona. Nella sua origine unica e irripetibile
il figlio dovrà essere rispettato e riconosciuto come uguale in dignità
personale a coloro che gli donano la vita. La persona umana dev'essere accolta
nel gesto di unione e di amore dei suoi genitori; la generazione di un figlio
dovrà perciò essere il frutto della donazione reciproca45 che
si realizza nell'atto coniugale in cui gli sposi cooperano come servitori e
non come padroni, all'opera dell'Amore Creatore46.
L'origine di una persona umana è in realtà il risultato di una
donazione. Il concepito dovrà essere il frutto dell'amore dei suoi genitori.
Non può essere voluto né concepito come il prodotto di un intervento
di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe a ridurlo a diventare
l'oggetto di una tecnologia scientifica. Nessuno può sottoporre la venuta
al mondo di un bambino a delle condizioni di efficienza tecnica valutabili secondo
parametri di controllo e di dominio.
La rilevanza morale del legame esistente tra i significati dell'atto coniugale
e tra i beni del matrimonio, l'unità dell'essere umano e la dignità
della sua origine esigono che la procreazione di una persona umana debba essere
perseguita come il frutto dell'atto coniugale specifico dell'amore fra gli sposi.
Il legame esistente fra procreazione e atto coniugale si rivela, perciò,
di grande importanza sul piano antropologico e morale e chiarisce le posizioni
del Magistero a proposito della fecondazione omologa.
5. La fecondazione omologa in vitro è moralmente lecita?
La risposta a questa domanda è strettamente dipendente dai principi ora
ricordati. Non si possono certamente ignorare le legittime aspirazioni degli
sposi sterili; per alcuni il ricorso alla FIVET omologa appare come l'unico
mezzo per ottenere un figlio sinceramente desiderato: ci si domanda se in queste
soluzioni la globalità della vita coniugale non basti ad assicurare la
dignità confacente alla procreazione umana. Si riconosce che la FIVET
certamente non può supplire all'assenza dei rapporti coniugali47 e non
può essere preferita, considerati i rischi che si possono verificare
per il figlio e i disagi della procedura, agli atti specifici dell'unione coniugale.
Ma ci si chiede se nell'impossibilità di rimediare in altro modo alla
sterilità, che è causa di sofferenza, la fecondazione omologa
in vitro non possa costituire un aiuto, se non addirittura una terapia, per
cui ne potrebbe essere ammessa la liceità morale.
Il desiderio di un figlio - o quanto meno la disponibilità a trasmettere
la vita - è un requisito necessario dal punto di vista morale per una
procreazione umana responsabile. Ma questa intenzione buona non è sufficiente
per dare una valutazione morale positiva della fecondazione in vitro tra gli
sposi. Il procedimento della FIVET deve essere giudicato in se stesso, e non
può mutuare la sua qualificazione morale definitiva né dall'insieme
della vita coniugale nella quale esso si iscrive né dagli atti coniugali
che possono precederlo o seguirlo48.
È già stato ricordato come, nelle circostanze in cui è
abitualmente praticata, la FIVET implichi la distruzione di esseri umani, fatto
questo che è contro la dottrina già richiamata sulla illiceità
dell'aborto49. Ma anche nel caso in cui si mettesse in atto ogni cautela per
evitare la morte degli embrioni umani, la FIVET omologa, attua la dissociazione
dei gesti che sono destinati alla fecondazione umana dall'atto coniugale. La
natura propria della FIVET omologa, pertanto, dovrà anche essere considerata
astraendo dal legame con l'aborto procurato.
La FIVET omologa è attuata al di fuori del corpo dei coniugi mediante
gesti di terze persone la cui competenza e attività tecnica determinano
il successo dell'intervento; essa affida la vita e l'identità dell'embrione
al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine
e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione di dominio è
in sé contraria alla dignità e all'uguaglianza che dev'essere
comune a genitori e figli.
Il concepimento in vitro è il risultato dell'azione tecnica che presiede
alla fecondazione; essa non è né di fatto ottenuta né positivamente
voluta come l'espressione e il frutto di un atto specifico dell'unione coniugale.
Nella FIVET omologa, perciò, pur considerata nel contesto dei rapporti
coniugali di fatto esistenti, la generazione della persona umana è oggettivamente
privata della sua perfezione propria: quella di essere, cioè, il termine
e il frutto di un atto coniugale in cui gli sposi possono farsi "cooperatori
con Dio per il dono della vita a una nuova persona"50.
Queste ragioni permettono di comprendere perché l'atto di amore coniugale
sia considerato nell'insegnamento della Chiesa come l'unico luogo degno della
procreazione umana. Per le stesse ragioni il cosiddetto "caso semplice",
cioè una procedura di FIVET omologa, che sia purificata da ogni compromissione
con la prassi abortiva della distruzione di embrioni e con la masturbazione,
rimane una tecnica moralmente illecita perché priva la procreazione umana
della dignità che le è propria e connaturale.
Certamente la FIVET omologa non è gravata di tutta quella negatività
etica che si riscontra nella procreazione extraconiugale; la famiglia e il matrimonio
continuano a costituire l'ambito della nascita e dell'educazione dei figli.
Tuttavia, in conformità con la dottrina tradizionale relativa ai beni
del matrimonio e alla dignità della persona, la Chiesa rimane contraria,
dal punto di vista morale, alla fecondazione omologa in vitro; questa è
in se stessa illecita e contrastante con la dignità della procreazione
e dell'unione coniugale, anche quando tutto sia messo in atto per evitare la
morte dell'embrione umano.
Pur non potendo essere approvata la modalità con cui viene ottenuto il
concepimento umano nella FIVET, ogni bambino che viene al mondo dovrà
comunque essere accolto come un dono vivente della Bontà divina e dovrà
essere educato con amore.
6. Coma valutare dal punto di vista morale l'inseminazione artificiale
omologa?
L'inseminazione artificiale omologa all'interno del matrimonio non può
essere ammessa, salvo il caso in cui il mezzo tecnico risulti non sostitutivo
dell'atto coniugale, ma si configuri come una facilitazione e un aiuto affinché
esso raggiunga il suo scopo naturale.
L'insegnamento del Magistero a questo proposito è stato già esplicitato51:
esso non è soltanto espressione di circostanze storiche particolari,
ma si fonda sulla dottrina della Chiesa in tema di connessione fra unione coniugale
e procreazione, e sulla considerazione della natura personale dell'atto coniugale
e della procreazione umana. "L'atto coniugale, nella sua struttura naturale,
è un'azione personale, una cooperazione simultanea e immediata dei coniugi,
la quale, per la stessa natura degli agenti e la proprietà dell'atto,
è l'espressione del dono reciproco, che, secondo la parola della Scrittura,
effettua l'unione "in una carne sola""52. Pertanto la coscienza
morale "non proscrive necessariamente l'uso di taluni mezzi artificiali
destinati unicamente sia a facilitare l'atto naturale, sia a procurare il raggiungimento
del proprio fine all'atto naturale normalmente compiuto"53. Se il mezzo
tecnico facilita l'atto coniugale o l'aiuta a raggiungere i suoi obiettivi naturali,
può essere moralmente accettato. Qualora, al contrario, l'intervento
si sostituisca all'atto coniugale, esso è moralmente illecito.
L'inseminazione artificiale sostitutiva dell'atto coniugale è proibita
in ragione della dissociazione volontariamente operata tra i due significati
dell'atto coniugale. La masturbazione, mediante la quale viene normalmente procurato
lo sperma, è un altro segno di tale dissociazione; anche quando è
posto in vista della procreazione, il gesto rimane privo del suo significato
unitivo: "gli mancaS la relazione sessuale richiesta dall'ordine morale,
quella che realizza, "in un contesto di vero amore, l'integro senso della
mutua donazione e della procreazione umana""54.
7. Quale criterio morale proporre circa l'intervento del medico nella
procreazione umana?
L'atto medico non dev'essere valutato soltanto in rapporto alla sua dimensione
tecnica, ma anche e soprattutto in relazione alla sua finalità, che è
il bene delle persone e la loro salute corporea e psichica. I criteri morali
per l'intervento medico nella procreazione si deducono dalla dignità
delle persone umane, della loro sessualità e della loro origine.
La medicina che voglia essere ordinata al bene integrale della persona deve
rispettare i valori specificamente umani della sessualità55. Il medico
è al servizio delle persone e della procreazione umana: non ha facoltà
di disporre né di decidere di esse. L'intervento medico è rispettoso
della dignità delle persone quando mira ad aiutare l'atto coniugale sia
per facilitarne il compimento sia per consentirgli di raggiungere il suo fine,
una volta che sia stato normalmente compiuto56.
Al contrario, talvolta accade che l'intervento medico tecnicamente si sostituisca
all'atto coniugale per ottenere una procreazione che non è né
il suo risultato né il suo frutto: in questo caso l'atto medico non risulta,
come dovrebbe, al servizio dell'unione coniugale, ma si appropria della funzione
procreatrice e così contraddice alla dignità e ai diritti inalienabili
degli sposi e del nascituro.
L'umanizzazione della medicina, che viene oggi insistentemente richiesta da
tutti, esige il rispetto dell'integrale dignità della persona umana in
primo luogo nell'atto e nel momento in cui gli sposi trasmettono la vita a una
nuova persona. È logico pertanto rivolgere anche un pressante appello
ai medici e ai ricercatori cattolici perché rendano una esemplare testimonianza
del rispetto dovuto all'embrione umano e alla dignità della procreazione.
Il personale medico e curante degli ospedali e delle Cliniche cattoliche è
in modo speciale invitato a fare onore agli obblighi morali contratti, spesso
anche a titolo di statuto. I responsabili di questi ospedali e cliniche cattoliche,
che sono sovente religiosi, avranno cuore di assicurare e promuovere un'attenta
osservanza delle norme morali richiamate nella presente Istruzione.
8. La sofferenza per la sterilità coniugale
La sofferenza degli sposi che non possono avere figli o che temono di mettere
al mondo un figlio handicappato, è una sofferenza che tutti debbono comprendere
e adeguatamente valutare.
Da parte degli sposi il desiderio di un figlio è naturale: esprime la
vocazione alla paternità e alla maternità inscritta nell'amore
coniugale. Questo desiderio può essere ancora più forte se la
coppia è affetta da sterilità che appaia incurabile. Tuttavia
il matrimonio non conferisce agli sposi il diritto di avere un figlio, ma soltanto
il diritto di porre quegli atti naturali che di per sé sono ordinati
alla procreazione57.
Un vero e proprio diritto al figlio sarebbe contrario alla sua dignità
e alla sua natura. Il figlio non è un qualche cosa di dovuto e non può
essere considerato come oggetto di proprietà: è piuttosto un dono,
"il più grande"58 e il più gratuito del matrimonio,
ed è testimonianza vivente della donazione reciproca dei suoi genitori.
A questo titolo il figlio ha il diritto - come è stato ricordato - di
essere il frutto dell'atto specifico dell'amore coniugale dei suoi genitori
e ha anche il diritto a essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento.
Tuttavia la sterilità, qualunque ne sia la causa e la prognosi, è
certamente una dura prova. La comunità dei credenti è chiamata
a illuminare e sostenere la sofferenza di coloro che non possono realizzare
una legittima aspirazione alla maternità e paternità. Gli sposi
che si trovano in queste dolorose situazioni sono chiamati a scoprire in esse
l'occasione per una particolare partecipazione alla croce del Signore, fonte
di fecondità spirituale. Le coppie sterili non devono dimenticare che
"anche quando la procreazione non è possibile, non per questo la
vita coniugale perde il suo valore. La sterilità fisica infatti può
essere occasione per gli sposi per rendere altri servizi importanti alla vita
delle persone umane, quali ad esempio l'adozione, le varie forme di opere educative,
l'aiuto ad altre famiglie, ai bambini poveri o handicappati"59.
Molti ricercatori si sono impegnati nella lotta contro la sterilità.
Salvaguardando pienamente la dignità della procreazione umana, alcuni
sono arrivati a risultati che in precedenza sembravano irraggiungibili. Gli
uomini di scienza vanno quindi incoraggiati a proseguire nelle loro ricerche,
allo scopo di prevenire le cause della sterilità e potervi rimediare,
in modo che le coppie sterili possano riuscire a procreare nel rispetto della
loro dignità personale e di quella del nascituro.
PARTE III
MORALE E LEGGE CIVILE
Valori e obblighi morali che la legislazione civile deve rispettare e sancire
in questa materia
I diritto inviolabile alla vita di ogni individuo umano innocente, i diritti
della famiglia, dell'istituzione matrimoniale costituiscono dei valori morali
fondamentali, perché riguardano la condizione naturale e la vocazione
integrale della persona umana, nello stesso tempo sono elementi costitutivi
della società civile e del suo ordinamento. Per questo motivo le nuove
possibilità tecnologiche, apertesi nel campo della biomedicina, richiedono
l'intervento delle autorità politiche e del legislatore, perché
un ricorso incontrollato a tali tecniche potrebbe condurre a conseguenze non
prevedibili e dannose per la società civile. Il riferimento alla coscienza
di ciascuno e all'autoregolamentazione dei ricercatori non può essere
sufficiente per il rispetto dei diritti personali e dell'ordine pubblico. Se
il legislatore, responsabile del bene comune, mancasse di vigilare, potrebbe
venire espropriato delle sue prerogative da parte di ricercatori che pretendessero
di governare l'umanità in nome delle scoperte biologiche e dei presunti
processi di "miglioramento" che ne deriverebbero. L'"eugenismo"
e le discriminazioni fra gli esseri umani potrebbero trovarsi legittimate: ciò
costituirebbe una violenza e un'offesa grave all'uguaglianza, alla dignità
e ai diritti fondamentali della persona umana. L'intervento dell'autorità
politica si deve ispirare ai principi razionali che regolano i rapporti tra
legge civile e legge morale. Compito della legge civile è assicurare
il bene comune delle persone attraverso il riconoscimento e la difesa dei diritti
fondamentali, la promozione della pace e della pubblica moralità(60).
In nessun ambito di vita la legge civile può sostituirsi alla coscienza
né può dettare norme su ciò che esula dalla sua competenza;
essa deve talvolta tollerare in vista dell'ordine pubblico ciò che non
può proibire senza che ne derivi un danno più grave. Tuttavia
i diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati
da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti
dell'uomo non dipendono né dai singoli individui né dai genitori
e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato:
appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto
creativo da cui ha preso origine.
Fra tali diritti fondamentali bisogna a questo proposito ricordare:
1. il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal
momento del concepimento alla morte; 2. i diritti della famiglia e del matrimonio
come istituzione e, in questo ambito, il diritto per il figlio a essere concepito,
messo al mondo ed educato dai suoi genitori.
Su ciascuna di queste due tematiche occorre qui svolgere qualche considerazione
ulteriore. In diversi Stati alcune leggi hanno autorizzato la soppressione diretta
di innocenti: nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri
umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato
viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non
pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare
di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno
Stato di diritto. L'autorità politica di conseguenza non può approvare
che gli esseri umani siano chiamati all'esistenza mediante procedure tali da
esporli ai gravissimi rischi sopra ricordati. Il riconoscimento eventualmente
accordato dalla legge positiva e dalle autorità politiche alle tecniche
di trasmissione artificiale della vita e alle sperimentazioni connesse renderebbe
più ampia la breccia aperta dalla legalizzazione dell'aborto. Come conseguenza
del rispetto e della protezione che vanno assicurati al nascituro, a partire
dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate
sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti. La legge non
potrà tollerare - anzi dovrà espressamente proibire - che degli
esseri umani, sia pure allo stadio embrionale, siano trattati come oggetto di
sperimentazione, mutilati o distrutti con il pretesto che risulterebbero superflui
o incapaci di svilupparsi normalmente. L'autorità politica è tenuta
a garantire all'istituzione familiare, sulla quale la società si fonda,
la protezione giuridica alla quale essa ha diritto. Per il fatto stesso che
è al servizio delle persone, l'autorità politica dovrà
essere anche a servizio della famiglia. La legge civile non potrà accordare
la sua garanzia a quelle tecniche di procreazione artificiale che sottraggono
a beneficio di terze persone (medici, biologi, poteri economici o governativi)
ciò che costituisce un diritto inerente alla relazione fra gli sposi
e non potrà perciò legalizzare il dono di gameti tra persone che
non siano legittimamente unite in matrimonio. La legislazione dovrà proibire
inoltre, in forza del sostegno che è dovuto alla famiglia, le banche
di embrioni, l'inseminazione post mortem e la "maternità sostitutiva".
Rientra nei doveri dell'autorità pubblica operare in modo che la legge
civile sia regolata sulle norme fondamentali della legge morale in ciò
che concerne i diritti dell'uomo, della vita umana e dell'istituzione familiare.
Gli uomini politici dovranno impegnarsi, attraverso il loro intervento sull'opinione
pubblica, a ottenere su tali punti essenziali il consenso più vasto possibile
nella società, e a consolidarlo laddove esso rischiasse di essere indebolito
e di venir meno. In molti paesi la legalizzazione dell'aborto e la tolleranza
giuridica verso le coppie non sposate rendono più difficile ottenere
il rispetto dei diritti fondamentali richiamati in questa Istituzione. Ci si
augura che gli Stati non si assumano la responsabilità di rendere ancora
più gravi queste situazioni di ingiustizia socialmente dannose. Al contrario,
c'è da auspicare che le nazioni e gli Stati prendano coscienza di tutte
le implicazioni culturali, ideologiche e politiche connesse con le tecniche
di procreazione artificiale e sappiano trovare la saggezza e il coraggio necessari
per emanare leggi più giuste e rispettose della vita umana e dell'istituzione
familiare. La legislazione civile di numerosi Stati conferisce oggi agli occhi
di molti una legittimazione indebita di certe pratiche; essa si dimostra incapace
di garantire quella moralità, che è conforme alle esigenze naturali
della persona umana e alle "leggi non scritte" impresse dal Creatore
nel cuore dell'uomo. Tutti gli uomini di buona volontà devono impegnarsi,
in particolare nell'ambito della loro professione e nell'esercizio dei loro
diritti civili, perché siano riformate le leggi civili moralmente inaccettabili
e corrette le pratiche illecite. Inoltre deve essere sollevata e riconosciuta
l'"obiezione di coscienza" di fronte a tali leggi. Ancor più,
comincia a imporsi con acutezza alla coscienza morale di molti, specialmente
fra gli specialisti delle scienze biomediche, l'istanza per una resistenza passiva
alla legittimazione di pratiche contrarie alla vita e alla dignità dell'uomo.
CONCLUSIONE
La diffusione delle tecnologie d'intervento sui processi della procreazione
umana solleva gravissimi problemi morali in relazione al rispetto dovuto all'essere
umano fin dal suo concepimento e alla dignità della persona, della sua
sessualità e della trasmissione della vita. Con questo documento, la
Congregazione per la Dottrina della Fede, adempiendo al suo compito di promuovere
e tutelare l'insegnamento della Chiesa in così grave materia, rivolge
un nuovo accorato invito a tutti coloro che, in ragione del loro ruolo e del
loro impegno, possono esercitare un influsso positivo perché, nella famiglia
e nella società, sia accordato il dovuto rispetto alla vita e all'amore:
ai responsabili della formazione delle coscienze e dell'opinione pubblica, ai
cultori della scienza e ai professionisti della medicina, ai giuristi e agli
uomini politici. Essa auspica che tutti comprendano l'incompatibilità
che sussiste tra il riconoscimento della dignità della persona umana
e il disprezzo della vita e dell'amore, tra la fede nel Dio vivente e la pretesa
di voler decidere arbitrariamente dell'origine e della sorte di un essere umano.
In particolare la Congregazione per la Dottrina della Fede rivolge un fiducioso
invito e un incoraggiamento ai teologi e, in particolare, ai moralisti perché
approfondiscano e rendano sempre più accessibili ai fedeli i contenuti
dell'insegnamento del Magistero della Chiesa, alla luce di una valida antropologia
in materia di sessualità e matrimonio nel contesto del necessario approccio
interdisciplinare. Si potranno così comprendere sempre meglio le ragioni
e la validità di questo insegnamento: difendendo l'uomo contro gli eccessi
del suo potere, la Chiesa di Dio gli ricorda i titoli della sua vera nobiltà;
solo in tal modo si potrà assicurare all'umanità di domani la
possibilità di vivere e di amare in quella dignità e libertà
che derivano dal rispetto della verità. Le precise indicazioni che vengono
offerte nella presente Istituzione non intendono quindi arrestare lo sforzo
di riflessione, ma piuttosto favorire un rinnovato impulso, nella fedeltà
irrinunciabile alla dottrina della Chiesa. Alla luce della verità sul
dono della vita .umana e dei principi morali che ne conseguono, ciascuno è
invitato ad agire, nell'ambito della responsabilità che gli è
propria, come il buon samaritano e a riconoscere anche il più piccolo
tra i figli degli uomini come suo prossimo (Cf. Lc 10, 29-37). La parola di
Cristo trova qui una risonanza nuova e particolare: "Ciò che avrete
fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avrete fatto a Me" (Mt
25, 40).
Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell'Udienza accordata al sottoscritto
Prefetto dopo la riunione plenaria di questa Congregazione, ha approvato la
presente Istruzione e ne ha ordinato la pubblicazione.
Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 22 febbraio
1987, Festa della Cattedra di S. Pietro Apostolo.
Joseph Card. Ratzinger ?Prefetto
Alberto Bovone ?Arc. tit. di Cesarea di Numidia ?Segretario
NOTE
1 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti all'81° Congresso della Società
Italiana di Medicina Interna e all'82° Congresso della Società Italiana
di Chirurgia Generale, 27 ottobre 1980: AAS 72 (1980) 1126.
2 PAOLO VI, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite 4 ottobre 1965:
AAS 57 (1965) 878; Encicl. Popolorum Progressio, 13: AAS 59 (1967) 263.
3 PAOLO VI, Omelia durante la Messa di chiusura dell'Anno Santo, 25 dicembre
1975: AAS 68 (1976) 145; GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Dives in Misericordia, 30:
AAS 72 (1980) 1224.
4 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione
Medica Mondiale, 29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 390.
5 Cf. Dichiar. Dignitatis Humanae, 2.
6 Costit. past. Gaudium et Spes, 22, GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Redemptor Hominis,
8: AAS 71 (1979) 270-272.
7 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 35.
8 Costit. past. Gaudium et Spes, 15. Cf. anche PAOLO VI, Encicl. Popolorum Progressio,
20: AAS 59 (1967) 267; GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Redemptor Hominis, 15: AAS
71 (1979) 286-289; Esort. apost. Familiaris Consortio, 8: AAS 74 (1982) 89.
9 GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 11: AAS 74 (1982) 92.
10 Cf. PAOLO VI, Encicl. Humanae Vitae, 10: AAS 60 (1968) 487488.
11 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione
Medica Mondiale, 29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 393.
12 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 11: AAS 74 (1982)
91-92; cf. anche Costit. past. Gaudium et Spes, 50.
13 SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'aborto
procurato, 9: AAS 66 (1974) 736-737.
14 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione
Medica Mondiale, 29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 390.
15 GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447.
16 Costit. past. Gaudium et Spes, 24.
17 Cf. Pio XII, Encicl. Humani Generis: AAS 42 (1950) 575; PAOLO VI, Professio
fidei: AAS 60 (1968) 436.
18 GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447: cf. GIOVANNI
PAOLO II, Discorso ai sacerdoti partecipanti a un seminario di studio su "La
procreazione responsabile", 17 settembre 1983: Insegnamenti di Giovanni
Paolo II, VI, 2 (1983) 562: "All'origine di ogni persona umana v'è
un atto creativo di Dio: nessun uomo viene all'esistenza per caso; egli e sempre
il termine dell'amore creativo di Dio".
19 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 24.
20 Cf. Pio XII, Discorso all'Unione Medico-Biologica "S. Luca". 12
novembre 1944: Discorsi e Radiomessaggi, VI (1944-1945) 191-192.
21 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50.
22 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes. 51: "Perciò quando si tratta
di comporre l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita il
carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione
e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi che hanno
il loro fondamento nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti,
che sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore l'integro senso
della mutua donazione e della procreazione umana".
23 Costit. past. Gaudium et Spes, n. 51. ??24 Santa Sede. Carta dei diritti
della famiglia, art. 4: L'Osservatore Romano, 25 novembre 1983. ??25 SACRA CONGREGAZIONE
PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'aborto procurato,12-13: AAS 66
(1974) 738. ??26 Cf. PAOLO VI, Discorso ai partecipanti al XXIII Congresso Nazionale
dei Giuristi Cattolici Italiani, 9 dicembre 1972: AAS 64 (1972) 777. ??27 L'obbligo
di evitare dei rischi sproporzionati comporta un autentico rispetto degli esseri
umani e la rettitudine delle intenzioni terapeutiche. Esso implica che il medico
"dovrà innanzitutto valutare attentamente le eventuali conseguenze
negative che l'uso necessario di una determinata tecnica d'indagine può
avere sul concepito, ed eviterà il ricorso a procedimenti diagnostici
circa la cui onesta finalità e sostanziale innocuità non si possiedono
sufficienti garanzie. E se come spesso avviene nelle scelte umane, un coefficiente
di rischio dovrà essere affrontato, egli si preoccuperà di verificare
che esso sia compensato da una vera urgenza della diagnosi e dall'importanza
dei risultati con essa raggiungibili in favore del concepito stesso" (GIOVANNI
PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Convegno del "Movimento per la vita",
3 dicembre 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V 3 [1982] 1512). Questa
precisazione sul "rischio proporzionato" va tenuta presente anche
nei passi successivi di questa Istruzione, tutte le volte in cui ricorre questo
termine. ??28 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea
Generale dell'Associazione Medica Mondiale, 29 ottobre 1983: AAS 76 ( I 984)
392. ??29 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti a un Convegno della
Pontificia Accademia delle Scienze, 23 ottobre 1982: AAS 75 (1983) 37: "lo
condanno nel modo più esplicito e formale le manipolazioni sperimentali
fatte sull'embrione umano, perché l'essere?umano, dal momento del suo
concepimento fino alla morte, non può essere sfruttato per nessuna ragione".
??30 SANTA SEDE, Carta dei diritti della famiglia art. 4b: L'Osservatore Romano
25 novembre 1983. ??31 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Convegno
del "Movimento per la vita" 3 dicembre 1982: Insegnamenti di Giovanni
Paolo II, V 3, (1982) 1511: "Inaccettabile e ogni forma di sperimentazione
sul feto che possa danneggiarne l’integrità o peggiorarne le condizioni
a meno che si tratti di un tentativo estremo di salvarlo da morte". SACRA
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'eutanasia 4: AAS
72 (1980) 550: "In mancanza di altri rimedi, e lecito ricorrere, con il
consenso dell'ammalato, ai mezzi messi a disposizione dalla medicina più
avanzata, anche se sono ancora allo stato sperimentale e non sono esenti da
qualche rischio". ??32 Nessuno può rivendicare, prima di esistere,
un diritto soggettivo ad iniziare l'esistenza, tuttavia, e legittimo affermare
il diritto del bambino ad avere un'origine pienamente umana attraverso il concepimento
conforme alla natura personale dell'essere umano. La vita è un dono che
deve essere accordato in maniera degna sia del soggetto che la riceve sia dei
soggetti che la trasmettono. Questa precisazione va tenuta presente anche per
quanto verrà spiegato a proposito della procreazione artificiale umana.
??33 Cf. GIOVANNI PAOLO II Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale
dell'Associazione Medica Mondiale 29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 391.
34 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50
35 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14: AAS 74 (1982)
96.
36 Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei
Medici Cattolici 29 settembre 1949: AAS 41 (1949) 559. Secondo il piano del
Creatore, "l'uomo abbandona suo padre e sua madre e si unisce alla sua
donna e i due diventano una sola carne" (Gen 2,24). L'unita del matrimonio,
legata all'ordine della creazione, e una verità alla ragione naturale.
La Tradizione e il Magistero della Chiesa si riferiscono sovente al libro della
Genesi, sia direttamente sia attraverso i passi del Nuovo Testamento che vi
fanno riferimento: Mt 19,4-6; Mc 10,5-8; Ef 5,31. Cf. ATENAGORA, Legatio pro
christianis, 33: PG 6,965-967; S. GIOVANNI CRISOSTOMO, In Matthaeum homiliae,
LXII, 19 1: PG 58,597 S. LEONE MAGNO, Epist. ad Rusticum, 4: PL 54,120i, INNOCENZO
III Epist. Gaudemus in Domino: DS 778; CONCILIO DI LIONE II, IV sess.: DS 860;
CONCILIO DI TRENTO, XXIV sess.: DS 1798.1802; LEONE XIII, Encicl. Arcanum divinae
sapientiae: ASS 12 (1879-80) 388-391; Pio XI, Encicl. Casti Connubii: AAS 22
(1930) 546-547; CONCILIO VATICANO II, Const. past. Gaudium et Spes, 48; GIOVANNI
PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 19: AAS 74 (1982) 101-102; CLC.,
can. 1056.
37 Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei
Medici Cattolici 29 settembre 1949: AAS 41 (1949) 560; Discorso alle congressiste
dell'Unione Cattolica Italiana Ostetriche, 29 ottobre 1951: AAS43 (1951) 850;
C.I.C., can. 1134.
38 PAOLO VI, Encicl. Humanae Vitae, 12: AAS 60 (1968) 488-489.
39 Loc. cit.: ibid., 489.
40 Pio XII, Discorso ai partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla
fecondità e sterilità umana, 19 maggio 1956: AAS 48 (1956) 470.
41 C.I.C. can. 1061. Secondo questo canone, l'atto coniugale e quello per il
quale il matrimonio e consumato se i due sposi "l'hanno posto tra loro
in modo umano".
42 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 14.
43 Cf. GIOVANNI PAOLO II, udienza generale, 16 gennaio 1980: Insegnamenti di
Giovanni Paolo II,III, I (1980) 148-152.
44 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione
Medica Mondiale, 29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 393.
45 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 51.
46 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50.
47 Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei
Medici Cattolici 29 settembre 1949: AAS 41 (1949) 560: "Sarebbe falso pensare
che la possibilità di ricorrere a questo mezzo (fecondazione artificiale)
possa rendere valido il matrimonio tra persone incapaci a contrarlo a motivo
dell'impedimentum impotentiae".
48 Una questione analoga è trattata da PAOLO VI, Encicl. Humanae Vitae,
14: AAS60 (1968) 490-491.
49 Cf. sopra I,1 seg.
50 GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14: AAS 74 (1982)
96.
51 Cf. Risposta del S. Uffizio, 17 marzo 1897: DS 3323; PIO XII, Discorso ai
partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici 29 Settembre
1949: AAS41 (1949) 560, Discorso alle congressiste dell'Unione Cattolica Italiana
Ostetriche, 29 ottobre 1951: AAS 43 (1951) 850; Discorso ai partecipanti al
II Congresso Mondiale di Napoli sulla fertilità e sterilità umana,
19 maggio 1956: AAS 48 (1956) 471 473; Discorso ai partecipanti al VII Congresso
Internazionale della Società Internazionale di Ematologia, 12 Settembre
1958: AAS 50 (1958) 733; GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 111: AAS
53 (1961) 477.
52 Pio XII, Discorso alle congressiste dell'Unione Cattolica Italiana Ostetriche,
29 ottobre 1951: AAS43 (1951) 850.
53 Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici
Cattolici 29 settembre 1949: AAS 41 (1949) 560.
54 SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione su alcune questioni
di etica sessuale, 9: AAS 68 (1976) 86, che cita a Costit. past. Gaudium et
Spes, 51; cf. Decreto del S. Uffizio, 2 agosto 1929: AAS 21 (1929) 490: Pio
XII Discorso ai partecipanti al XXVI Congresso indetto dalla Società
Italiana di urologia, 8 ottobre 1953: AAS45 (1953) 678.
55 Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447.
56 Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei
Medici Cattolici, 29 settembre 1949: AL4S 41 (1949) 560.
57 Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli
sulla fertilità e sterilità umana, 19 maggio 1956: AAS 48 ( I
956) 471 -473.
58 Costit. past. Gaudium et Spes, 50.
59 GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14: AAS 74 (1982)
97
60 Cf. Dichiar. Dignitatis humanae, 7.