Legge 194/78
Articolo 1.
Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce
il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.
L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non
è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti
locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano
i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare
che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
Articolo 2.
I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405 , fermo
restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di
gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione
statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente
offerti dalle strutture operanti nel territorio; b) informandola sulle modalità
idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela
della gestante; c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente
o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando
la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino
inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a); d) contribuendo a far
superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza.
I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi,
per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni
sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare
la maternità difficile dopo la nascita. La somministrazione su prescrizione
medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per
conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione
responsabile è consentita anche ai minori.
Articolo 3.
Anche per l'adempimento dei compiti ulteriori assegnati dalla presente legge
ai consultori familiari, il fondo di cui all'articolo 5 della legge 29 luglio
1975, n. 405 , è aumentato con uno stanziamento di L. 50.000.000.000
annui, da ripartirsi fra le regioni in base agli stessi criteri stabiliti dal
suddetto articolo. Alla copertura dell'onere di lire 50 miliardi relativo all'esercizio
finanziario 1978 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto nel capitolo 9001 dello stato di previsione della spesa del Ministero
del tesoro per il medesimo esercizio. Il Ministro del tesoro è autorizzato
ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.
Articolo 4.
Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni,
la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza,
il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua
salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue
condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è
avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito,
si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell'articolo 2, lettera
a), della legge 29 luglio 1975 numero 405 , o a una struttura socio-sanitaria
a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.
Articolo 5.
Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari
accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la
richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle
condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di
esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta,
nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona
indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti,
di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della
gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice
e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna,
offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.
Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti
sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà
della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la
donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della
donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell'esito
degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere
l'interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli
interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui
consultori e le strutture socio-sanitarie. Quando il medico del consultorio
o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l'esistenza
di condizioni tali da rendere urgente l'intervento, rilascia immediatamente
alla donna un certificato attestante l'urgenza. Con tale certificato la donna
stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione
della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell'incontro
il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di
fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza
sulla base delle circostanze di cui all'articolo 4, le rilascia copia di un
documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l'avvenuta
richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni,
la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza,
sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una
delle sedi autorizzate.
Articolo 6.
L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può
essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita
della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti
anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per
la salute fisica o psichica della donna.
Articolo 7.
I processi patologici che configurino i casi previsti dall'articolo precedente
vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell'ente
ospedaliero in cui deve praticarsi l'intervento, che ne certifica l'esistenza.
Il medico può avvalersi della collaborazione di specialisti. Il medico
è tenuto a fornire la documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione
al direttore sanitario dell'ospedale per l'intervento da praticarsi immediatamente.
Qualora l'interruzione della gravidanza si renda necessaria per imminente pericolo
per la vita della donna, l'intervento può essere praticato anche senza
lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente e al di fuori delle
sedi di cui all'articolo 8. In questi casi, il medico è tenuto a darne
comunicazione al medico provinciale. Quando sussiste la possibilità di
vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata
solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 e il medico che esegue
l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.
Articolo 8.
L'interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio
ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale tra quelli indicati nell'articolo
20 della legge 12 febbraio 1968, numero 132 , il quale verifica anche l'inesistenza
di controindicazioni sanitarie. Gli interventi possono essere altresì
praticati presso gli ospedali pubblici specializzati, gli istituti ed enti di
cui all'articolo 1, penultimo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e
le istituzioni di cui alla legge 26 novembre 1973, numero 817, ed al decreto
del Presidente della Repubblica 18 giugno 1958, n. 754, sempre che i rispettivi
organi di gestione ne facciano richiesta.
Nei primi novanta giorni l'interruzione della gravidanza può essere praticata
anche presso case di cura autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari
e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici. Il Ministro della sanità
con suo decreto limiterà la facoltà delle case di cura autorizzate,
a praticare gli interventi di interruzione della gravidanza, stabilendo: 1)
la percentuale degli interventi di interruzione della gravidanza che potranno
avere luogo, in rapporto al totale degli interventi operatori eseguiti nell'anno
precedente presso la stessa casa di cura; 2) la percentuale dei giorni di degenza
consentiti per gli interventi di interruzione della gravidanza, rispetto al
totale dei giorni di degenza che nell'anno precedente si sono avuti in relazione
alle convenzioni con la regione. Le percentuali di cui ai punti 1) e 2) dovranno
essere non inferiori al 20 per cento e uguali per tutte le case di cura. Le
case di cura potranno scegliere il criterio al quale attenersi, fra i due sopra
fissati.
Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno
altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità
socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati,
funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione. Il certificato
rilasciato ai sensi del terzo comma dell'articolo 5 e, alla scadenza dei sette
giorni, il documento consegnato alla donna ai sensi del quarto comma dello stesso
articolo costituiscono titolo per ottenere in via d'urgenza l'intervento e,
se necessario, il ricovero.
Articolo 9.
Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è
tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi
per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con
preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata
al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla
casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall'entrata in vigore
della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall'assunzione
presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della
gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che
comporti l'esecuzione di tali prestazioni. L'obiezione può sempre essere
revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente
comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua
presentazione al medico provinciale. L'obiezione di coscienza esonera il personale
sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure
e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare
l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente
all'intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti
in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall'articolo
7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti
secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla
e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale.
L'obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario,
ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità
delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per
salvare la vita della donna in imminente pericolo. L'obiezione di coscienza
si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l'ha sollevata prende parte
a procedure o a interventi per l'interruzione della gravidanza previsti dalla
presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.
Articolo 10.
L'accertamento, l'intervento, la cura e la eventuale degenza relativi alla interruzione
della gravidanza nelle circostanze previste dagli articoli 4 e 6, ed attuati
nelle istituzioni sanitarie di cui all'articolo 8, rientrano fra le prestazioni
ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto 1974, n. 386 . Sono
a carico della regione tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze
necessarie per il compimento della gravidanza nonché per il parto, riguardanti
le donne che non hanno diritto all'assistenza mutualistica. Le prestazioni sanitarie
e farmaceutiche non previste dai precedenti commi e gli accertamenti effettuati
secondo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 5 e dal primo comma
dell'articolo 7 da medici dipendenti pubblici, o che esercitino la loro attività
nell'ambito di strutture pubbliche o convenzionate con la regione, sono a carico
degli enti mutualistici, sino a che non sarà istituito il servizio sanitario
nazionale.
Articolo 11.
L'ente ospedaliero, la casa di cura o il poliambulatorio nei quali l'intervento
è stato effettuato sono tenuti ad inviare al medico provinciale competente
per territorio una dichiarazione con la quale il medico che lo ha eseguito dà
notizia dell'intervento stesso e della documentazione sulla base della quale
è avvenuto, senza fare menzione dell'identità della donna. Le
lettere b) e f) dell'articolo 103 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato
con il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, sono abrogate.
Articolo 12.
La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente
legge è fatta personalmente dalla donna. Se la donna è di età
inferiore ai diciotto anni, per l'interruzione della gravidanza è richiesto
lo assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela.
Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano
o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la
tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri
tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico
di fiducia, espleta i compiti e le procedure di cui all'articolo 5 e rimette
entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere,
al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro
cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle
ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la
donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza.
Qualora il medico accerti l'urgenza dell'intervento a causa di un grave pericolo
per la salute della minore di diciotto anni, indipendentemente dall'assenso
di chi esercita la potestà o la tutela e senza adire il giudice tutelare,
certifica l'esistenza delle condizioni che giustificano l'interruzione della
gravidanza. Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d'urgenza
l'intervento e, se necessario, il ricovero. Ai fini dell'interruzione della
gravidanza dopo i primi novanta giorni, si applicano anche alla minore di diciotto
anni le procedure di cui all'articolo 7, indipendentemente dall'assenso di chi
esercita la potestà o la tutela.
Articolo 13.
Se la donna è interdetta per infermità di mente, la richiesta
di cui agli articoli 4 e 6 può essere presentata, oltre che da lei personalmente,
anche dal tutore o dal marito non tutore, che non sia legalmente separato. Nel
caso di richiesta presentata dall'interdetta o dal marito, deve essere sentito
il parere del tutore. La richiesta presentata dal tutore o dal marito deve essere
confermata dalla donna. Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria,
o il medico di fiducia, trasmette al giudice tutelare, entro il termine di sette
giorni dalla presentazione della richiesta, una relazione contenente ragguagli
sulla domanda e sulla sua provenienza, sull'atteggiamento comunque assunto dalla
donna e sulla gravidanza e specie dell'infermità mentale di essa nonché
il parere del tutore, se espresso. Il giudice tutelare, sentiti se lo ritiene
opportuno gli interessati, decide entro cinque giorni dal ricevimento della
relazione, con atto non soggetto a reclamo. Il provvedimento del giudice tutelare
ha gli effetti di cui all'ultimo comma dell'articolo 8.
Articolo 14.
Il medico che esegue l'interruzione della gravidanza è tenuto a fornire
alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite,
nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che devono comunque
essere attuati in modo da rispettare la dignità personale della donna.
In presenza di processi patologici, fra cui quelli relativi ad anomalie o malformazioni
del nascituro, il medico che esegue l'interruzione della gravidanza deve fornire
alla donna i ragguagli necessari per la prevenzione di tali processi.
Articolo 15.
Le regioni, d'intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono
l'aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui
problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali,
sul decorso della gravidanza, sul parto e sull'uso delle tecniche più
moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della
donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza. Le regioni promuovono
inoltre corsi ed incontri ai quali possono partecipare sia il personale sanitario
ed esercente le arti ausiliarie sia le persone interessate ad approfondire le
questioni relative all'educazione sessuale, al decorso della gravidanza, al
parto, ai metodi anticoncezionali e alle tecniche per l'interruzione della gravidanza.
Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli 2 e 5, le regioni redigono
un programma annuale d'aggiornamento e di informazione sulla legislazione statale
e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali esistenti nel territorio
regionale.
Articolo 16.
Entro il mese di febbraio, a partire dall'anno successivo a quello dell'entrata
in vigore della Presente legge, il Ministro della sanità presenta al
Parlamento una relazione sull'attuazione della legge stessa e sui suoi effetti,
anche in riferimento al problema della prevenzione. Le regioni sono tenute a
fornire le informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun anno,
sulla base di questionari predisposti dal Ministro. Analoga relazione presenta
il Ministro di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni di specifica
competenza del suo Dicastero.
Articolo 17.
Chiunque cagiona ad una donna per colpa l'interruzione della gravidanza è
punito con la reclusione da tre mesi a due anni. Chiunque cagiona ad una donna
per colpa un parto prematuro è punito con la pena prevista dal comma
precedente, diminuita fino alla metà. Nei casi previsti dai commi precedenti,
se il fatto è commesso con la violazione delle norme poste a tutela del
lavoro la pena è aumentata.
Articolo 18.
Chiunque cagiona l'interruzione della gravidanza senza il consenso della donna
è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si considera come
non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con
l'inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l'interruzione della
gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna. Detta pena è
diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l'acceleramento del
parto. Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte della
donna si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione
personale gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione
personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene stabilite
dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore degli anni diciotto.
Articolo 19.
Chiunque cagiona l'interruzione volontaria della gravidanza senza l'osservanza
delle modalità indicate negli articoli 5 o 8, è punito con la
reclusione sino a tre anni. La donna è punita con la multa fino a lire
centomila. Se l'interruzione volontaria della gravidanza avviene senza l'accertamento
medico dei casi previsti dalle lettere a) e b) dell'articolo 6 o comunque senza
l'osservanza delle modalità previste dall'articolo 7, chi la cagiona
è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La donna è punita
con la reclusione sino a sei mesi. Quando l'interruzione volontaria della gravidanza
avviene su donna minore degli anni diciotto, o interdetta, fuori dei casi o
senza l'osservanza delle modalità previste dagli articoli 12 e 13, chi
la cagiona è punito con le pene rispettivamente previste dai commi precedenti
aumentate fino alla metà. La donna non è punibile. Se dai fatti
previsti dai commi precedenti deriva la morte della donna, si applica la reclusione
da tre a sette anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica
la reclusione da due a cinque anni; se la lesione personale è grave questa
ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dal comma precedente sono
aumentate se la morte o la lesione della donna derivano dai fatti previsti dal
quinto comma.
Articolo 20.
Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura l'interruzione della
gravidanza sono aumentate quando il reato è commesso da chi ha sollevato
obiezione di coscienza ai sensi dell'articolo 9.
Articolo 21.
Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 326 del codice penale, essendone
venuto a conoscenza per ragioni di professione o di ufficio, rivela l'identità
- o comunque divulga notizie idonee a rivelarla - di chi ha fatto ricorso alle
procedure o agli interventi previsti dalla presente legge, è punito a
norma dell'articolo 622 del codice penale.
Articolo 22.
Il titolo X del libro II del codice penale è abrogato. Sono altresì
abrogati il n. 3) del primo comma e il n. 5) del secondo comma dell'articolo
583 del codice penale. Salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile
di condanna, non è punibile per il reato di aborto di donna consenziente
chiunque abbia commesso il fatto prima dell'entrata in vigore della presente
legge, se il giudice accerta che sussistevano le condizioni previste dagli articoli
4 e 6.