Ma ci fu dunque un giorno
su questa, terra il sole?
Ci fùr rose e viole,
luce, sorriso, ardor?
Ma ci fu dunque un giorno
la dolce giovinezza
la gloria e la bellezza
fede, virtude, amor?
Ciò forse avvenne ai tempi
d'Omero e di Valmichi,
ma quei son tempi antichi,
il sole or non è più.
E questa ov'io m'avvolgo
nebbia di verno immondo
è cenere d'un mondo
che forse un giorno fu.
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Commento
Questa poesia è composta da due quartine, due distici ed una quartina
finale, tutti di settenari. Le rime delle quartine seguono lo schema ABBC
ADDC, mentre i distici lo schema AB BC e l'ultima quartina segue lo stesso
schema della prima quartina, rimando alla fine con l'ultimo verso dell'ultimo
distico. Carducci vuole iniziare questa poesia con un tema più volte
sfruttato anche da altri poeti: la natura al suo apice, cioè la primavera.
Questo tema, però, non è visto da un punto di vista positivo,
bensì negativamente (Ma ci fu dunque
), indicando già
nel primo verso che quello di cui deve parlare è già passato.
Nella seconda stanza, dopo aver rimarcato il concetto del passato, continua
paragonando (ponendoli allo stesso livello temporale) la bellezza della
natura a quella dell'animo umano. Il paragone è ancora più
stretto se si nota che i due primi versi delle strofe sono uguali e che
gli ultimi due versi seguono lo stesso schema e ritmo: parola bisillabe
- pausa - parola trisillabe - pausa - parola bisillabe tronca. Tutto questo
potenziato dalla rima tra loro. Nel primo distico è protagonista,
passando quindi alla bellezza della storia umana, il classicismo, citando
l'apice sia del classicismo occidentale, cioè Omero, sia di quello
orientale, Valmichi. Questo è un punto molto interessante del testo
al punto di vista stilistico. Infatti i due distici, dal punto di vista
metrico, possono essere benissimo considerati come un'unica quartina, data
la sequenza delle rime. Invece Carducci l'ha divisa, aumentando così
ancora di più la frattura tra quello che descrive prima e quello
che descrive dopo, cioè il passato ed il presente; ad accentuare
questo c'è anche il cambio di tempo verbale, prima il passato, dopo
il presente. Infatti Carducci, nel verso 11, prende subito le distanze dalle
strofe prima, innanzitutto con un'avversativa (ma), poi con tempi antichi.
Quindi, nell'ultima stanza, riprendendo il paragone fatto all'inizio, descrive
la situazione invernale attuale dell'umanità, senza però seguire
pedissequamente la metafora, dato che non tiene conto della ciclicità
delle stagioni. Ogni speranza è infranta dalla parola cenere, nel
verso 15, che richiama direttamente il tema della morte, in questo caso
della morte dei bei tempi felici del passato. La disillusione del presente
è presente in tutta l'ultima stanza, culminando alla fine. L'ultimo
verso, infatti, il più carico di pessimismo di tutta l'opera, arriva
a mettere in dubbio persino il passato, riprendendo il rispettivo tempo
verbale ed affiancandolo ad un forse.
Questo pessimismo carducciano deriva anche dalla situazione storica di quando
è stata composta la poesia. Probabilmente Carducci ha scritto Tedio
invernale nel periodo immediatamente successivo al 1980, cioè nel
suo periodo più polemico. Dal punto di vista politico, infatti, era
completamente contrario all'azione della Destra storica, che secondo lui
peccava di ristrettezza e di corto respiro. Parallelamente criticava la
letteratura di poco precedente, cioè quella romantica, dato che esprimeva
crisi, disagio, incertezza, in contrapposizione alla sua ideale prospettiva
di forza e grandezza. Per opporsi quindi alla politica e alla letteratura
dell'epoca si è fatto vate di un modo di pensare che riprendeva il
neoclassicismo di qualche decennio prima, chiamato classicismo carducciano,
che riprende i valori della tradizione e dell'antichità, collegato
al mito del poeta-vate.
Quello del classicismo è sicuramente il tema più affrontato
nelle Rime Nuove: l'affermarsi della tradizione italiana pre-romantica,
la polemica contro i cattolici, collegata al suo ateismo, l'importanza della
letteratura e della cultura per l'evoluzione morale e civile, il primato
della letteratura italiana, il tutto visto con volontà battagliera
e polemica. Ma nelle Rime Nuove compaiono anche nuovi temi, con un graduale
affermarsi della poesia lirica. In più hanno posizione di rilievo
anche l'affettività ed il tema della morte, che da questa raccolta
diverrà sempre più frequente.
Il classicismo è presente anche in questa poesia, più precisamente
nei versi 9-12. Infatti il percorso logico teso ad esaltare la bellezza
del passato inizia con la natura, continua con l'animo umano e culmina proprio
coi tempi antichi, sottolineando la grandezza di Omero e di Valichi, presi
come il simbolo di quell'epoca. Oltre a quest'aspetto più rilevante,
si può notare che tutte le prime strofe sono intrise di classicismo,
prima con il far risaltare la natura, poi con i valori umani che richiamano
i boni mores antiqui.
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