MINISTERO DELL'INDUSTRIA E DEL COMMERCIO
DIREZIONE GENERALE DELLE MINIERE
CORPO DELLE MINIERE

ANNO LXV  N°80.

Relazione sul servizio minerario e statistica delle industrie
estrattive in Italia nell'anno 1954.

Roma
Tipografia del Senato, 1963.

* Documento gentilmente concesso da Elena e Walter Scapigliati *

NOTE SUGLI INFORTUNI GRAVI VERIFICATISI NEL 1954
NELLE MINIERE, RICERCHE, CAVE E TORBIERE.

MINIERE

Distretto di Grosseto

Relazione sullo scoppio di grisù nella Miniera di Ribolla (Roccastrada) avvenuto il 4 maggio 1954.

Alle ore 8 e 40' del 4 maggio 1954 si verificava nella miniera di lignite picea "Ribolla", sita in comune di Roccastrada, provincia di Grosseto, gestita dalla Società Montecatini, una esplosione di grisù che causava la morte di 43 operai.
Il sinistro ha interessato il sotterraneo della sezione "Camorra Sud", comprendente i lavori della parte più meridionale e profonda della miniera. Prima di entrare in argomento si ritiene opportuno riportare alcune notizie e chiarimenti di carattere generale.
A Ribolla si coltiva un banco di lignite picea, racchiuso entro rocce marnoso - argillose mioceniche, avente la potenza media di 5 -6 m. Il giacimento, foggiato grosso modo a sinclinale, con orientamento approssimato Nord - Sud, è affetto da numerose faglie e pieghe che lo hanno suddiviso in tanti lembi discontinui. Nella parte più profonda della miniera, sviluppantesi per un tratto di circa 1.000 m tra i pozzi 8 (Raffo) al centro e 9 (Camorra) all'estremità sud, la cerniera della sinclinale è pianeggiante e coincide col livello di quota -265.
La lignite ha color nero lucente, è friabile, dura ed a frattura concoide. Ha un potere calorifico di circa 5.500 calorie con 10% di umidità. L'analisi media dà 30% di materie volatili, 11-14% di ceneri e 1,5-2% di zolfo.
Il giacimento è da considerare grisutoso in misura piuttosto debole. Però esso è anche facilmente soggetto a fuochi insorgenti per spontaneo processo di autocombustione del minerale e della roccia incassante dove sono presenti scisti carboniosi e talvolta anche sottobanchi di lignite.
L'attività della miniera risale a circa un secolo fa, per quanto inframmezzata da lunghi periodi di sospensione dei lavori. La punta massima di occupazione si ebbe nel 1947 con 3700 operai; al 4 maggio 1954 la maestranza era di 1200 operai su tre turni di lavoro.
Per quanto concerne i metodi di coltivazione adottati a Ribolla vi sono stati dei periodi nei quali ha prevalso il metodo per ripiena ed altri nei quali ha prevalso quello per franamento del tetto. La coltivazione, comunque, si è sempre effettuata tanto a fette orizzontali quanto a fette inclinate discendenti, salvo qualche caso sporadico di gradino rovesciato in zone di banco raddrizzato e compatto.
Il sistema per franamento è stato applicato sistematicamente del 1922 al 1936 e parzialmente fino al 1939, epoca in cui un apposito verbale di provvedimenti dell'Ufficio Minerario stabilì rigide norme per la coltivazione. Con tale verbale si disponeva che ogni piano di coltivazione, di altezza non superiore ai 25 m, dovesse essere delimitato da una galleria di base e da una di testa, entrambe scavate nei terreni di letto: la prima adibita all'entrata dell'aria ed al carreggio della lignite, la seconda al riflusso ed al carreggio della ripiena.
Da ciascuna galleria dovevano staccarsi traverse a distanza non superiore a 65 m per raggiungere il banco e permettere, mediante discenderie e fornelli, la ventilazione e il passaggio attraverso il banco. In tal modo, ogni cantiere, inteso come insieme di lavori di abbattimento di un massiccio delimitato dalle gallerie di testa e di base e da due traverse consecutive, doveva essere ventilato da un circuito d'aria derivato tra le due gallerie.
Tale metodo presupponeva una certa continuità e regolarità del banco che però, procedendo in profondità e verso sud, si dimostrò sempre più disturbato da pieghe e da faglie.
La difficoltà di applicazione del suddetto sistema di coltivazione alle zone disturbate e profonde del giacimento, la lentezza di spoglio dei pannelli alla quale erano imputabili forti pressioni e frequenti manifestazioni di autocombustione, l'eccessivo costo della messa in posto della ripiena, e, infine, la necessità di una onerosa e continua manutenzione delle vie di testa e di base, indussero l'Ufficio Minerario ad accettare la richiesta avanzata dalla Direzione della miniera di sperimentare un nuovo metodo di coltivazione con cantieri a fondo cieco e con franamento del tetto.
Dopo alcune prove, che non mostrarono alcun inconveniente, il nuovo metodo venne codificato con verbale di provvedimenti in data 12 dicembre 1953 e quindi esteso a tutta la miniera.
Esso consisteva nello spoglio del giacimento mediante fette orizzontali prese in ordine discendente, ognuna delle quali veniva a sua volta esaurita per trance trasversali affiancate, staccate in ritirata da un tracciamento aperto al centro di ciascun pannello e comunicante per mezzo di un fornello o di una rimonta con la sottostante galleria di carreggio.
L'areaggio di ogni cantiere, comprendente una o due ali in contemporanea fase di spoglio, era assicurato da un ventilatore premente installato alla base del cantiere stesso. Il ritorno dell'aria viziata nella galleria di carreggio avveniva attraverso l'unica via di accesso al cantiere.
Questo metodo di coltivazione con cantieri a fondo cieco si è dimostrato bene adattabile alle aumentate irregolarità della parte profonda del giacimento di Ribolla e notevolmente più economico del precedente in conseguenza della soppressione della galleria di testa e della ripiena.
Altro vantaggio era quello di ridurre la possibilità che le frequenti manifestazioni di autocombustione degenerassero in incendi e che il fumo da questi prodotto invadesse, come prima avveniva, gallerie ove si svolgeva il transito del personale.
Infatti, a prescindere dalla efficacia dimostrata dall'infangamento delle ripiene o delle frane (operazione introdotta a Ribolla verso il 1952), ogni manifestazione di autocombustione nell'ambito di un cantiere a fondo cieco poteva essere rapidamente soffocata segregando il cantiere stesso con sbarramenti di argilla eretti in corrispondenza dell'unica via di accesso.
Trascurando la descrizione della parte della miniera non interessata dal sinistro, si fa presente che la sezione Camorra Sud aveva uno sviluppo di gallerie e di cantieri per complessivi 1800 m. 
Tutti facevano capo ad una galleria principale di carreggio aperta a quota - 256 in corrispondenza della sinclinale del giacimento, che comunicava direttamente con i pozzi 8 e 9 e, mediante traversa, col pozzo 10, ubicato ad est in posizione intermedia fra i due pozzi ora nominati.
Si precisa che al momento del sinistro le coltivazioni e la preparazioni si svolgevano su entrambe le falde Est ed Ovest della sinclinale, la prima delle quali era servita anche da una una galleria al livello -240, comunicante col pozzo 9.
La configurazione della zona, con l'indicazione dei cantieri attivi e dello schema di ventilazione è riportata in figura.

La mattina del 4 maggio nel sotterraneo della sezione Camorra Sud montarono al lavoro 11 operai nella falda Est, 16 nella falda Ovest, e 16 alle riparazioni ed ai servizi comuni (sorvegliante e carichino compresi); inoltre erano presenti 4 operai della squadra di salvataggio (totale 47 persone):
La falda Ovest era ventilata da una corrente d'aria di circa 4 metri cubi al secondo proveniente dal pozzo 10.
La falda Est era ventilata in serie dalla medesima corrente alla quale si aggiungevano, in corrispondenza della galleria di carreggio del liv. -265, circa 2 metri cubi al secondo di aria fresca proveniente dal citato pozzo 10 attraverso la perdita di porte otturatrici installate nella galleria stessa e circa 1,2 metri cubi al secondo di altra aria fresca proveniente dal pozzo 9. La corrente d'aria risultante, paria a 9,2 metri cubi al secondo, rifluiva al pozzo 9 bis.
In entrambe le falde la corrente d'aria principale veniva spillata da ventilatori ausiliari per l'areaggio dei fondi ciechi e regolata con porte opportunamente predisposte per permettere l'areaggio di tutta la rete di gallerie.
Allo scopo di rendere indipendente la ventilazione delle due falde era stato deciso, nei giorni precedenti il sinistro, di riaprire una via in lignite coltivata da oltre un anno, costituita da due tratti inclinati (discenderie 31 e 32) convergenti verso il basso, la quale collegava direttamente l'estremità Sud della falda Ovest (gall. 31) col pozzo di riflusso 9 bis; comunicazione che era stata per ben due volte chiusa con sbarramenti e parzialmente allagata nella parte più bassa a causa di incendi che vi si erano manifestati, l'ultimo dei quali in prossimità della testa della discenderia 31.
Riaperta il 3 maggio tale comunicazione, mediante parziale demolizione di un tappo di argilla praticato in testa alla discenderia 31, l'aria affluì velocemente verso il pozzo di riflusso 9 bis. Poco dopo apparve però del fumo in corrispondenza dell'innesto della discenderia 32 col livello -265 e pertanto il tappo fu richiuso, essendo evidente che l'ultimo incendio manifestatosi in prossimità del tratto stesso si era riattivato.
Alle ore 5 del giorno 4 il tappo fu nuovamente aperto per aggredire l'incendio con getti d'acqua, agendo all'uopo dalla parte della galleria 31.
Verso le ore 6 e 45' l'incendio sembrava già spento, ma, visto che dal pozzo di riflusso continuava ad uscire fumo, si decise di continuare l'opera di spegnimento, affidandone il compito ad una squadra di quattro uomini muniti di respiratori, scesi in sotterraneo a scopo di esercitazione, come sopra detto.


Alle ore 8 e 40' , si verificò una violenta esplosione che interessò quasi tutta la zona con vistosi effetti termici e dinamici.
Dei presenti nel sotterraneo della sezione Camorra Sud al momento del sinistro 42 sono deceduti sul posto, uno è deceduto all'ospedale  e solo 5 si sono salvati. Di questi ultimi uno si trovava in un piccolo fondo cieco della galleria principale, in prossimità del pozzo 9, adibito a segheria. Egli non è rimasto intossicato perché aveva indosso una maschera ad aria compressa che ha continuato a funzionare, per un certo tempo, anche dopo il sinistro.
Un operaio, rimasto ferito, si trovava lungo la via di carreggio del - 265, una settantina di metri a Nord della traversa del pozzo 10 e quindi assai distante dall'epicentro dell'esplosione.
Due, uno dei quali ferito e l'altro deceduto qualche mese più tardi per cause che pare non abbiano avuto relazione col sinistro, si trovavano alla base del pozzo 9.
Un altro, infine, transitava con la gabbia lungo il pozzo 9.
Subito dopo il sinistro furono iniziate le operazioni di soccorso partendo dai pozzi 8, 9 e10. Le notevoli quantità di gas nocivi prodotti dall'esplosione, il grisù e le frane incontrate, hanno però ostacolato fortemente le successive operazioni per il ripristino delle gallerie di accesso ai cantieri.
Il recupero di tutte le salme ha infatti richiesto 38 giorni di pericoloso lavoro. Le ultime due reperite furono quelle dei minatori occupati allo scavo del tracciamento 837.
 Le operazioni di riapertura di alcune gallerie danneggiate sono però continuate per tutta l'estate per consentire la prosecuzione delle indagini atte a far luce sulle cause del sinistro.
Tali indagini interessano esclusivamente la falda Ovest in quanto era convinzione generale che la causa di ignizione della miscela esplosiva fosse l'incendio in atto in testa alla galleria 31. Il lavoro nella sezione Camorra Sud è stato quindi definitivamente sospeso, previa segregazione di tutti i cantieri e delle gallerie che si dipartono dal livello - 265. Tutta la falda Est, dopo il recupero dei cadaveri che ivi si trovavano, fu chiusa un paio di giorni dopo lo scoppio e mai più riaperta.
L'esplosione ha provocato vistosi effetti dinamici lungo le vie principali di carreggio ed in particolare in corrispondenza delle crociere. I cantieri e le altre gallerie a fondo cieco sono rimaste invece pressoché indenni. I maggiori danni si sono manifestati lungo tutta la via di riflusso e se ne sono avuti persino all'orifizio esterno del pozzo 9 bis, dove un pezzo di legno proiettato in aria ha gravemente ferito il caposervizio che si accingeva a scendere in sotterraneo.
La zona dove l'esplosione si è manifestata con maggiore violenza è quella comprendente il tratto di galleria del livello -265 dal quale si stacca ad Ovest la galleria 31 e ad Est la rimonta di riflusso che sale al livello -240.
In merito alle cause del sinistro hanno effettuato indagini separate un collegio di periti nominati dall'Autorità Giudiziaria, una commissione d'inchiesta ministeriale e l'Ufficio Minerario.
Alla fine dell'anno le varie inchieste sono ancora in corso.