Luigi Gerbella (1938), Arte Mineraria. Vol. III. Ed. Hoepli.
Ribolla - La disgrazia del 1935
Nella notte fra l'11 e il 12 agosto, ci fu una inondazione in seguito ad improvvisa comunicazione con vecchi lavori riempiti d'acqua e non bene individuati nei piani.
Si lavorava in quel tempo, nella sezione Nord della miniera, in un banco di lignite di 6 metri circa di potenza, interrotto nel punto Z da una faglia F.
Lo stesso banco, rigettato in alto, verso Est, era stato oggetto di antiche coltivazioni a mezzo della discenderia 4.
I livelli più profondi, sotto la quota -14 s. m. furono abbandonati nel 1918.
Nel 1925 tutto il sotterraneo, a cui si accedeva dalla discenderia 4, fu abbandonato, e, data la natura dei terreni marnosi e argillosi, diventò in breve tempo inaccessibile.
La sezione Nord comunicava con l'esterno con il pozzo di estrazione P, il pozzo V e la discenderia N.
La ventilazione della sezione si effettuava nel modo seguente.
L'aria scendeva dal pozzo P, quindi una parte si dirigeva passando per il livello -46 al pozzo V di riflusso, munito di ventilatore aspirante, mentre un'altra parte scendeva al livello -76 e, dopo essere passata per i cantieri di coltivazione 1, 2 e 15, risaliva al livello -46 e quindi al pozzo di riflusso V.
La venuta dell'acqua nella miniera era assai limitata. Una pompa della portata di 6 litri al I”, installata al livello -76, lavorava circa un'ora e mezza al giorno. La miniera era grisoutosa e vi si lavora dappertutto con lampade di sicurezza a benzina.
Nella notte predetta, essendo domenica, vi erano pochissimi operai in miniera, 16 in tutto; di essi, solo due riuscirono a salvarsi dalla catastrofe.
Oltre che nei cantieri di coltivazione 1, 2 e 15, si lavorava anche all'avanzamento S, al livello -46, per riconoscere il banco verso la faglia F.
L'arganista del pozzo P, verso le 2 di notte, mentre una gabbia era ferma al livello -76, sentì degli spari di mine e dopo breve tempo udì il segnale di chiamata, perché la gabbia fosse sollevata al livello -56. Eseguì subito la manovra ed ebbe la sensazione che la gabbia fosse vuota o al massimo portasse una sola persona.
La gabbia rimase ferma al livello -56 per circa 15 minuti, quindi l'arganista sentì che essa veniva trascinata violentemente verso il basso.
Manovrò il freno di sicurezza e riuscì ad assestare la gabbia a 6 – 7 metri dal fondo.
Allarmato da questo incidente, si recò alla bocca del pozzo, profondo 128 metri, per rendersi conto di quanto accadeva.
Sentendo scrosciare acqua nel pozzo e credendo si trattasse d'una rottura della tubazione della pompa, corse a chiudere la valvola d'arrivo dell'acqua. Mentre faceva ritorno alla stanza dell'argano, sentì una breve chiamata dal telefono posto al livello -76. Corse all'apparecchio, ma non ebbe alcuna risposta.
Immediatamente diede l'allarme.
Il direttore della miniera, sentendo che la gabbia era rimasta bloccata presso il fondo del pozzo, diede ordine di mettere in azione un compressore per cercare di mandare aria ai livelli inferiori della miniera, e si recò quindi al pozzo V, dove il ventilatore era in marcia. Fu constatato però che la discesa nel pozzo non era possibile, per mancanza di ventilazione.
Il direttore tentò allora d'entrare in miniera con un sorvegliante ed un operaio, dalla discenderia N; ma anche qui mancava la circolazione d'aria. Ciò nonostante si spinse fino a 30 – 40 m. dal fondo della discenderia e chiamò ripetutamente, senza ottenere alcuna risposta. Dovette, quindi, retrocedere per mancanza d'aria.
Ritornato al pozzo, il direttore fece eseguire all'arganista delle manovre per liberare la gabbia, ma inutilmente. La gabbia fu allora abbassata fino in fondo al pozzo, fu tagliata la fune e a questa attaccata una benna. Mentre si effettuavano queste operazioni, il direttore, insieme ad un operaio, ritornò al pozzo V e scese entro una benna sino in fondo; si spinse quindi nella discenderia E, che conduce al livello -46, e vide che la base della discenderia era chiusa dall'acqua.
Tornato al pozzo d'estrazione, scese entro la benna, insieme ad un sorvegliante, fino al livello -31, dove constatò che l'acqua era precedentemente arrivata fino a 30 cm. sotto la corona della galleria e che era quindi ridiscesa fino a 4 – 5 m sotto il piano della galleria stessa. A questo momento erano le 7 del giorno 12 agosto.
Frattanto, poco prima delle 4, era uscito dalla discenderia N il muratore Zilianti, che lavorava col compagno Vagini a murare la galleria -46 nel punto A. Verso le 2, detto operaio aveva notato un'improvvisa perturbazione nella ventilazione e si era diretto con compagno verso il pozzo P per rendersi conto del fatto.
Cammin facendo incontrarono l'operaio Possenti che veniva correndo in senso inverso e che gridò loro di fuggire, perché l'acqua invadeva le gallerie.
Tutti e tre insieme corsero in direzione del pozzo V e giunti al piede della discenderia N, la imboccarono, percorrendo 4 o 5 metri; quindi, in seguito ad un forte spostamento d'aria, si spensero le lampade e i tre operai esausti caddero svenuti. Dopo qualche tempo, lo Zilianti si riebbe e chiamò i compagni, ma, non avendo avuto risposta, proseguì da solo a tastoni penosamente in salita, finche, giunto all'esterno, chiamò al soccorso.
Una squadra di tre operai, con un sorvegliante, si diresse subito al fondo della discenderia per salvare i due caduti. Trovarono nel punto C il Vagini, che si era un po' rianimato, addossato ad una parete della discenderia, ed ai suoi piedi il Possenti, già morto.
Il Vagini fu invece salvato.
Verso sera il livello dell'acqua nel pozzo P si era abbassato, scoprendo un'ostruzione completa del pozzo, costituita da detriti di lignite, fango e legnami di armature di galleria. L'ostruzione si trovava nel punto B, a 4 metri circa sopra il cielo della galleria -46. S'iniziò subito il lavoro di rimozione dei materiali che ostruivano il pozzo.
Intanto si era dovuta escludere la possibilità d'entrare in miniera dal pozzo V e dalla discenderia N, perché il livello -46, alla base della discenderia, era completamente ostruito da materiale trasportatovi dalle acque. Lo sgombero di questo materiale avrebbe richiesto un tempo lunghissimo, dato lo sviluppo della discenderia e la mancanza di attrezzature per l'estrazione.
Fu concentrato il lavoro di sgombero al pozzo di estrazione, sgombero che richiese un lavoro lungo e penoso.
Gli operai dovevano calarsi imbracati sotto la gabbia, caricare il materiale con paioli, che passavano ai compagni rimasti sulla gabbia perché li scaricassero in un vagonetto.
Lo sgombero dei materiali dal pozzo, alla sera del 15 agosto, era ultimato e si constatò che l'acqua arrivava a metri 6.50 sopra il piano del livello -76.
Si era intanto iniziato lo sgombero del livello -46 che si presentava pieno di materiali. Dopo 5 metri, si ritenne prudente sospendere lo sgombero e costruire un solido sbarramento con tronchi di pino squadrati, in corrispondenza di un quadro. Questo per il giustificato timore che, dietro i materiali ostruenti la galleria, si fosse formato un battente d'acqua, il quale poteva essere pericolosissimo per gli operai che avessero continuato lo sgombero.
Si giudicò d'altra parte molto più conveniente per la ricerca delle salme dei 14 operai mancanti, di proseguire il lavoro nel pozzo per poter accedere ai due livelli più bassi della miniera.
Furono pertanto sostituite le guide spezzate, e nella mattina del 17, dopo aver prolungato un tubo di ventilazione premente di tela, proveniente dall'esterno, fu possibile scendere con la gabbia fino al livello -56, dove, vicino alla porta di ventilazione, regolatrice R, si rinvennero 8 cadaveri.
Per rendere possibile un'ulteriore discesa nel pozzo, fu installato un secondo ventilatore premente, e si montarono due pompe in serie, una a 4 metri circa dal piano del livello -76 e l'altra al livello -46, con camera di raccolta a -49.
Il giorno 27 fu potuta estrarre la gabbia rimasta impigliata in fondo al pozzo la mattina della catastrofe.
Il livello -76 fu trovato completamente ostruito; le ultime salme vi furono trovate ai primi di ottobre, riaprendo tale livello con una galleria tracciata a letto del giacimento.
Da quanto precede, si deve concludere che l'invasione dell'acqua avvenne dall'avanzamento S della galleria a quota -46, dopo lo sparo d'una volata di mine. Il direttore della miniera aveva dato ordini affinché in tutti gli avanzamenti, specialmente per prevenire venute di gas, le volate di mine fossero fatte precedere da un foro esplorativo di metri 1.70 di lunghezza, ma non si è potuto stabilire se tale precauzione fu adottata nel cantiere S, precedentemente all'ultima volata di mine che, come d'abitudine, non doveva superare i 70 cm di profondità.
Le varie fasi dell'accidente si possono ricostruire nel modo seguente.
In un primo tempo, dopo lo sparo delle mine, l'acqua cominciò a sgorgare con non molta violenza, dando tempo all'operaio Possenti, che si trovava forse all'imbocco del cantiere, di correre verso la discenderia N e di dare l'allarme ai due muratori Zilianti e Vagini.
Poco sopra il piede della discenderia, essi furono però colpiti dallo spostamento d'aria, provocato certamente da una successiva violenta irruzione d'acqua.
Furono quindi raggiunti dall'acqua stessa, che ostruì il fondo della discenderia e provocò interruzione della ventilazione. L'acqua, irrompendo lungo il traverso – banco del livello -46, trascinò legname, fango e lignite, che provocarono l'ostruzione del pozzo.
L'acqua, non trovando sufficiente sfogo verso il basso, s'innalzò nel pozzo, fino ad inondare il livello -31, da cui discese rapidamente, quando trovò sfogo verso i livelli sottostanti.
Dal livello -46 l'acqua si riversò per il fornelli discendenti ai cantieri di coltivazione 1 e 2 e gli operai, che ivi lavoravano, cercarono uno scampo verso il basso, portandosi al livello -76 e correndo verso il pozzo.
Vedendo l'acqua salire rapidamente, giunti in F, 8 operai salirono, per la rimonta che conduce al cantiere 15, al livello -56 e chiamarono la gabbia nella speranza di potersi salvare.
A causa della grande massa di acqua che cadeva, non poterono forse salire sulla gabbia, che in quel momento era senza tetto, avendo servito per trasportare legname. Attesero che lo scroscio d'acqua cessasse, mentre invece seguì la fase più violenta dell'inondazione, che provocò il trascinamento della gabbia in fondo al pozzo e insieme un colpo d'aria, che poté forse essere mortale per gli operai.
L'altro gruppo di operai deve aver cercato di raggiungere il pozzo al livello -76, camminando nell'acqua che continuava a salire, finché furono completamente sommersi.
L'acqua, che si scaricò con sì grande violenza e volume dal cantiere S, proveniva certamente dai cantieri abbandonati e allagati della discenderia 4, di cui si è parlato più sopra. Nei vecchi piani esistenti in miniera, i lavori si arrestavano alla quota -14 ed erano perciò ritenuti 32 metri più alti del cantiere S.
Non si pensava d'altronde che la faglia, riempita di materiale argilloso e quasi impermeabile, potesse servire di passaggio a forti venute d'acqua.
In un vecchio piano dei lavori, che risale al 1918, esistente nel R. Ufficio delle Miniere di Firenze, si trovò invece segnata una discenderia M, il cui estremo inferiore dista pochi metri dall'avanzamento S.
Non può quindi rimanere alcun dubbio che l'inondazione della miniera sia stata originata dallo svuotamento dei vecchi lavori pieni d'acqua attraverso la discenderia M, raggiunta con le ultime mine fatte esplodere nel cantiere S.
12 agosto 1935
CANESTRI Pietro
PECCIANTI Giuseppe
CONTORNI Oscar
COLOMBINI Armenio
SANTIOLI Giuseppe
LOMBARDI Francesco
FRANCARDI Brunetto
PINZUTI Pio
SABATINI Rizieri
POSSENTI Giuseppe
TARDINI Leonida
PASSALACQUA Adelmo
PANCI Rino
MUCCIARELLI Angelo- Documento gentilmente concesso da Elena e Walter Scapigliati -