Carlo Cassola, Il clima di una tragedia, in "Il Nuovo Corriere - La Gazzetta", Firenze, 5 maggio 1954, p.1.
Da: La nascita dei "Minatori della Maremma". Il carteggio Bianciardi -
Cassola - Laterza e altri scritti.
A cura di Velio Abati, Fondazione Luciano Bianciardi, Quaderni 5, Giunti ed.,
1998.
Ribolla, 4.
Non è facile prendere la penna e scrivere un articolo dopo una giornata
come quella trascorsa oggi a Ribolla. Siamo stati per ore mescolati alla folla
che si accalcava per le strade del villaggio davanti al garage dove erano stati
composti i resti delle vittime, intorno al pozzo "Camorra" dove
lavoravano le squadre di soccorso.
L'angoscia rendeva muti gli uomini; solo gli improvvisi scoppi di pianto e le
urla strazianti dei familiari rompevano a tratti il silenzio.
Questa è certo la più tremenda sciagura che abbia colpito i lavoratori della
Maremma una sciagura che è parsa piombare improvvisa su questo triste villaggio
di minatori.
In verità, la tragedia di oggi si è andata preparando nel tempo. Gli allarmi
erano venuti tempestivi, precisi, da parte dei lavoratori e delle loro
commissioni interne.
Si erano denunciati volta per volta al distretto minerario, alle autorità, alla
opinione pubblica i metodi di lavoro attuati dalla "Montecatini" fin
da quando questa società iniziò la lenta e sorda manovra di smobilitazione
delle miniere.
Il diciotto novembre scorso la commissione interna denunciava, appunto, in un
suo documento ufficiale lo stato di grave pericolo esistente nella miniera, a
causa soprattutto dei deficienti impianti di ventilazione e della scarsità
della armature di galleria e dell'uso introdotto dei lavori "a
ripiena", cioè a sfondo cieco.
E in un ancor più recente articolo su "l'Unità" troviamo addirittura
questa frase sinistramente profetica: "Naturalmente questo pericolo si fa
ogni giorno più incombente e può divenire addirittura strage, se si pensa che
la quantità di grisou è sempre più rilevante nel proseguimento della
galleria...".
Ma il caso forse più clamoroso è quello del segretario della commissione
interna, l'operaio Otello Tacconi, che il mese scorso venne licenziato solo per
aver pubblicamente denunciato questi metodi e questi pericoli.
Alle denunce, insomma, agli allarmi, i dirigenti della "Montecatini"
hanno risposto dicendo che si trattava di false voci propalate per demagogia,
quando non hanno addirittura fatto ricorso all'arma della intimidazione e dei
licenziamenti.
A più riprese, essi e i giornalisti a loro legati hanno vantato spavaldamente
l'efficienza degl'impianti e le misure di sicurezza.
Ora, di fronte a questi inoppugnabili documenti, ci chiediamo perché le
autorità competenti non prendano immediati e severissimi provvedimenti
contro chi è stato supplicato di provvedere, e non ha provveduto.
Un anno or sono, quarantacinque operai di Ribolla, colpevoli di essere discesi
in questo stesso tragico pozzo "Camorra" per dimostrare contro una
nuova ondata di licenziamenti, furono arrestati e tratti fuori a forza con le
manette ai polsi, incarcerati e rinviati a giudizio sotto l'imputazione di
"violazione di domicilio".
Non pochi dei quarantacinque operai così duramente trattati lo scorso anno sono
oggi usciti cadaveri dal pozzo. L'inchiesta accerterà le condizioni tecniche
della miniera, già così ben descritte, nei loro memoriali, dagli operai e di
cui non vogliamo qui discorrere. Noi non possiamo dire oggi che cosa ha
provocato lo scoppio ( almeno per il momento ci rifiutiamo di credere che sia
stata la sigaretta accesa di un minatore, secondo una voce di cui si comprende
anche troppo bene la provenienza).
Ma conosciamo il clima di intimidazione, di sospetto e di discriminazione
politica e sociale che la Montecatini [sic] ha istituito nelle miniere:
conosciamo la politica di divisione, la sfiducia reciproca che la Montecatini
[sic] ha svolto per rompere ogni rapporto di armonia, di comprensione, di
solidarietà fra gli operai e i dirigenti.
Perfino oggi un vecchio operaio, a cui abbiamo chiesto un parere sulle ragioni
della sciagura, ci ha pregato di tirarci in disparte perché non voleva farsi
vedere a parlare con noi. Perfino oggi abbiamo visto la guardia giurata
della Montecatini [sic] fermare gli operai delle squadre di soccorso man mano
che uscivano dai pozzi, per impedire loro ogni contatto con la folla.
Nemmeno oggi, insomma, la Montecatini ha rinunciato ai suoi metodi.
I lavoratori e tutte le persone oneste con loro chiedono una sola cosa:
giustizia; augurandosi che, almeno questa volta, non sia una richiesta vana.