MA.R.I.C.A. MALATTIE REUMATICHE INFIAMMATORIE CRONICHE e AUTOIMMUNI ASSOCIAZIONE
BRESCIANA ARTRITE REUMATOIDE
A.B.A.R.
VOLUME 3 – 1997 Dr
Roberto Gorla 1. INTRODUZIONE Al
fine di poter disporre di nuovi farmaci per la cura delle malattie, è
necessario che il frutto della ricerca in campo farmacologico approdi alla
sintesi di sostanze terapeuticamente efficaci e sicure. Con il termine sicure
si intende che i potenziali effetti negativi indesiderati dei farmaci prodotti
possano essere minimizzabili in confronto ai positivi effetti terapeutici. La
ricerca in campo farmacologico è generalmente patrocinata o gestita dalle
aziende farmaceutiche (poche purtroppo quelle italiane) che realizzano
consistenti profitti dalla commercializzazione di tali prodotti finiti. E
naturale quindi che esista un selettivo controllo internazionale e di
organismi preposti dai ministeri della sanità di ogni stato, sui farmaci,
finalizzato in ultima analisi alla tutela della pubblica salute. Affinché
un farmaco possa essere prescritto da un medico ad un malato e che possa
essere ritirato in farmacia, questo deve essere registrato nel prontuario
farmaceutico. La registrazione di un nuovo farmaco consegue ad una serie di
fasi sperimentali volte appunto alla dimostrazione della sua efficacia,
tollerabilità e sicurezza d’impiego. Le norme che regolano tali fasi sono leggi
dello stato, spesso di valenza internazionale, perché derivate da
emanazioni di organismi superiori, quale l’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS). La
sperimentazione di nuovi farmaci nei
malati consegue alla loro valutazione in laboratorio prima, nell’animale
successivamente e in soggetti volontari sani e in ristretti gruppi di malati
infine. Queste prime fondamentali fasi della sperimentazione, senza voler
entrare nel particolare, consentono di individuare la «soglia di tossicità»
(dose massima consentita), gli effetti collaterali maggiori ed altri
importanti parametri di farmacocinetica. Alla riconosciuta evidenza della non
grave tossicità del farmaco in sperimentazione, consegue il tentativo di
dimostrarne l’efficacia terapeutica in un sufficiente numero di malati e per
un periodo di tempo sufficientemente lungo. I soggetti che prendono parte alla
sperimentazione clinica sono a questo punto nell’ordine: l’Azienda Farmaceutica
che propone e sponsorizza lo studio, lo Stato e le Regioni con le loro leggi
che approvano lo studio, i Medici specialisti che garantiscono scrupolosamente
di attenersi alle norme e ai protocolli di studio, i Comitati Etici degli
Ospedali che accolgono gli sperimentatori, i Malati che volontariamente
aderiscono allo studio. Ovviamente, anche se non elencate in questa breve
dissertazione, l’assoluta maggioranza delle leggi e delle norme che
vincolano lo svolgimento delle sperimentazioni sono volte alla tutela dei
malati e dei soggetti in studio. Le sperimentazioni cliniche più serie
tendono a coinvolgere più Centri specialistici di più nazioni
(sperimentazioni multicentriche). Gli
ospedali che partecipano alla sperimentazione percepiscono dalla azienda
farmaceutica che la sponsorizza un compenso. Questo è destinato all’autofinanziamento
degli ospedali, copre le spese sostenute (esami eseguiti) e, in larga parte,
viene percepito dagli sperimentatori. Mediante questi finanziamenti i centri
specialistici possono ad esempio erogare borse di studio a giovani medici in
formazione e permettere la partecipazione a congressi e a corsi di
aggiornamento. 2.
IL CONSENSO INFORMATO Il
soggetto che accetta di aderire ad uno studio clinico deve essere informato e
dimostrare di aver compreso ogni aspetto dello studio. Deve in particolare
essere a conoscenza del perché si conduce la sperimentazione, a cosa è
finalizzata, quali sono i farmaci in studio e quali le attuali conoscenze
sulla loro azione, a quali rischi viene sottoposto e quali sono le norme di
sicurezza impiegate in caso di comparsa di effetti collaterali. Il soggetto
deve poter recedere dallo studio in ogni momento, anche senza giustificazione
alcuna, senza incorrere in modificazione alcuna dell’abituale atteggiamento
dei medici nei suoi confronti. Ha diritto per legge a non dover sostenere
spese correlate alla terapia della malattia in questione o alle visite
effettuate e di godere di polizza assicurativa per tutta la durata dello
studio. Al
soggetto che aderisce, dopo esauriente informazione, allo studio, viene
richiesta la firma del consenso. Parimenti il consenso viene firmato dal
medico responsabile della sperimentazione che si impegna alla totale
disponibilità nei confronti del malato per quanto concerne, per tutto il
periodo della sperimentazione, ogni problema correlato ai farmaci in studio. 3.
SVOLGIMENTO Il
protocollo della sperimentazione contiene ogni dettaglio riguardante lo
svolgimento della stessa. Gli obbiettivi da raggiungere, le caratteristiche
di inclusione e di esclusione dei malati nello studio, lo scadenziario dei
controlli clinici (visite) e laboratoristici, le norme di sicurezza, le norme
etiche ecc., sono presentate in tutte le sedi di competenza per l’autorizzazione
allo svolgimento della sperimentazione. Non
tutti i malati portatori della patologia in cui viene sperimentato il
farmaco sono ammissibili. In modo particolare non possono essere ammessi allo
studio soggetti portatori di altre patologie o condizioni che possano
controindicare l’impiego dei farmaci in studio. Generalmente, ad esempio per
l’artrite reumatoide,
qualora sia necessario valutare gli effetti di farmaci di prevenzione del
danno articolare, vengono esclusi pazienti con danno evoluto, perché non
sarebbe possibile verificare, con
criteri selettivi, minime variazioni dell’anatomia articolare mediante
radiografie. Il compito di garantire l’applicazione dei criteri contenuti
nel protocollo spetta ai medici del centro che aderisce
alla sperimentazione. I
soggetti che aderiscono alla sperimentazione vengono sottoposti a visite di
controllo accurate e ad esami laboratoristici atti alla valutazione tanto dell’evoluzione
della malattia, quanto alla verifica dei potenziali effetti collaterali.
Ogni controllo non deve comportare onere di spesa al malato. I farmaci in
studio vengono forniti direttamente al soggetto in studio che avrà cura di
impiegarli secondo le indicazioni fornitegli dal medico specialista.
Alla conclusione dello studio, al malato viene fornita una accurata
relazione riguardante l’intero svolgimento dello studio, con i risultati
delle indagini svolte. In
caso di studi con farmaci già approvati (seppur per altre patologie), questi
potranno essere forniti o prescritti al malato anche prima della registrazione
per la specifica patologia. I
dati conclusivi, complessivi di tutto lo studio, vengono elaborati e
presentati per le autorizzazioni alla registrazione e, se di rilevante
importanza scientifica, pubblicati su riviste scientifiche ottemperando alle
leggi di tutela della privacy dei soggetti in studio. In nessun caso vengono
divulgate informazioni che possano portare alla individuazione di singoli
soggetti. 4.
CONCLUSIONI Da
quanto detto emerge l’importanza delle sperimentazioni cliniche. La
necessità di poter disporre di nuovi farmaci, sempre più efficaci e con
sempre minor tossicità, è evidente a tutti (medici e malati) dinanzi al non
infrequente insuccesso delle attuali terapie a disposizione per la cura dell’artrite
reumatoide e delle altre malattie autoimmuni sistemiche. Grazie alla buona volontà dei malati che partecipano alla sperimentazione è possibile aggiungere nuove armi terapeutiche alla lotta contro le malattie PROBLEMATICHE
CLINICHE DELL’ARTRITE REUMATOIDE DEL GINOCCHIO Prof. U.E. PazzagliaDirettore Cattedra di Ortopedia e Traumatologia Università di Brescia Tra
le grandi articolazioni del corpo umano il ginocchio è quella più
frequentemente colpita dall’artrite reumatoide, in genere in associazione
alle piccole articolazioni delle mani e dei piedi. Per il malato questo
corrisponde da un lato alle classiche manifestazioni della malattia
infiammatoria articolare, cioè il dolore, la tumefazione, il versamento
articolare, dall’altro ad una ridotta capacità funzionale che è in
rapporto con il grado di interessamento della articolazione. Nel caso del
ginocchio è in gioco la capacità di correre, di camminare, di salire e
scendere le scale e a maggior ragione di tutte quelle attività sportive
esercitate anche solo per diletto e che richiedono comunque una sufficiente
funzionalità degli arti inferiori. La
lesione primaria è nella membrana sinoviale, che a causa del processo
infiammatorio cronico diviene iperemica, molto ricca di cellule infiammatorie,
molto voluminosa (panno sinoviale). lì primo effetto dell’infiammazione
della membrana sinoviale del ginocchio è la formazione di un versamento
(cioè di una raccolta di liquido infiammatorio nella cavità articolare), che
può raggiungere un volume considerevole, anche 80-100 cc. La
presenza del versamento articolare è avvertita come un aumento della
dimensione del ginocchio e determina una riduzione del movimento dell’articolazione
già per il solo effetto meccanico, cui però deve aggiungersi il dolore. La
membrana sinoviale reumatoide ipertrofica (panno sinoviale) ha effetti
deleteri su un altro tessuto fondamentale dell’articolazione: la
cartilagine. Quest’ultima riveste le superfici articolari ed è costituita
in modo tale da sopportare le sollecitazioni meccaniche (del peso del corpo) e
permette uno scorrimento liscio delle superfici articolari in movimento: in
condizioni normali il liquido sinoviale (che è prodotto dalla membrana
sinoviale) lubrifica e fornisce il nutrimento essenziale alla cartilagine. Nell’artrite
reumatoide la membrana sinoviale, sede del processo infiammatorio, contiene
enzimi ed altri fattori che danneggiano la cartilagine nella sua intima
struttura: in tempi brevi essa viene completamente distrutta. Questa
situazione corrisponde, dal punto di vista
clinico, ad una più accentuata sintomatologia dolorosa e ad una perdita
di funzione grave, per cui anche gesti elementari della normale vita di
relazione come il salire le scale o il camminare divengono difficoltosi. E
già stato trattato in precedenti articoli di questa collana il ruolo dei
diversi tipi di farmaci usati per 1’artrite reumatoide in generale e quanto
è già stato detto vale anche per le lesioni del ginocchio. L’illustrazione
delle possibilità terapeutiche viene perciò limitata a quanto la chirurgia
ortopedica può offrire. SINOVIECTOMIA La
prima possibilità è rappresentata dalla sinoviectomia, cioè l’asportazione
chirurgica della membrana sinoviale patologica; lo scopo di questo intervento
è di prevenire le lesioni della cartilagine indotte dal panno sinoviale
patologico: perciò esso deve essere eseguito quando sono presenti alterazioni
della sinoviale non più controllabili dalla terapia medica, ma prima che si
siano instaurate lesioni irreversibili della cartilagine. E’
ovvio che in quest’ultima situazione i benefici della sinoviectomia
sarebbero molto limitati o del tutto assenti se essa fosse considerata in una
fase molto avanzata della malattia. E possibile eseguire delle sinoviectomie
non chirurgiche iniettando enzimi e sostanze chimiche (acido osmico) nella
cavità articolare, con lo scopo di digerire o bruciare il tessuto sinoviale,
tuttavia questi effetti non sono specifici per il tessuto sinoviale ma si
esercitano su tutte le componenti dell’articolazione, legamenti e
cartilagine compresi, per cui viene meno il principale scopo di questa
terapia, cioè quello di preservare il rivestimento cartilagineo dell’articolazione.
Per questo anche se l’intervento chirurgico è più impegnativo per il
malato, esso è senz’altro da preferire, perché è l’unico che può
assicurare un risultato funzionale soddisfacente. Un
complemento alla sinoviectomia è la rieducazione postoperatoria: infatti se
ci si limitasse ad asportare la membrana sinoviale e si lasciasse
immobilizzato il ginocchio, si avrebbe nel tempo di soli trenta giorni una
perdita del movimento a causa delle aderenze cicatriziali. Per
questo la ginnastica e la mobilizzazione del ginocchio devono essere iniziate
subito dopo l’intervento di sinoviectomia, ricorrendo alle tecniche di
controllo del dolore (analgesia) che sono attualmente disponibili. PROTESI
DI GINOCCHIO La
seconda possibilità è rappresentata dalla protesi di ginocchio, cioè l’asportazione
delle superfici articolari danneggiate (ed eventualmente di tutti i legamenti
crociati) e la loro sostituzione con componenti artificiali. Questo tipo di
intervento deve essere eseguito quando la lesione articolare è già avanzata
ed è presente perdita della funzione. In altre parole, mentre la
sinoviectomia è un intervento chirurgico da eseguire in una fase precoce
della malattia reumatoide, la protesi è indicata nelle fasi avanzate e dopo
avere considerato le altre forme di terapia. La figura illustra in modo
immediato come è fatta una protesi di ginocchio: la componente femorale è
costituita da un guscio metallico che riveste i condili I
risultati di questo tipo di intervento sono buoni, sia in termini di
risoluzione del dolore che di funzionalità del ginocchio e ciò è confermato
da una esperienza clinica che ha raggiuntoi 10 – 15 anni. E’ però da
considerare che la protesi non può mai essere considerato un intervento
definitivo. La statistica dimostra ineluttabilmente che la frequenza di
problemi aumenta malauguratamente con il trascorrere del tempo e l’uso della
articolazione artificiale. I
problemi sono legati soprattutto all’usura delle componenti proteiche e al
rimodellamento osseo, che può portare alla perdita dell’ancoraggio della
protesi. Un reintervento, con applicazione Anche
con questi limiti l’intervento di protesi del ginocchio rappresenta una
formidabile soluzione terapeutica, perché permette di risolvere situazioni di
grave distruzione articolare, che in passato potevano essere affrontate solo
con gli interventi di artrodesi, cioè la fusione della articolazione e la
perdita completa del movimento.
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