MA.R.I.C.A.
MALATTIE REUMATICHE INFIAMMATORIE CRONICHE e AUTOIMMUNI
EFFETTI DELLE MALATTIE
AUTOIMMUNI SULLA GRAVIDANZA Angela Tincani, Marco
Taglietti, Roberto Gorla, Chiara Biasini Rebaioli, Micol Frassi, Roberto
Cattaneo, David Faden1, Andrea Lojacono1, Sonia
Zatti1, Genesio Balestrieri Servizio di Reumatologia
e Immunologia Clinica - Reparto di Ginecologia e Ostetricia 1,
Ospedale Civile di Brescia. Oggi molte donne con malattie autoimmuni sistemiche
portano a termine con successo la gravidanza. Tuttavia, al di là di
quello che implichi per la salute materna, l'esito della gravidanza in
queste pazienti è soggetto a rischi particolari legati all'effetto
delle malattie stesse o delle loro espressioni sullo sviluppo del feto.
Questi rischi sono così concreti che in un passato poi non del tutto
remoto era relativamente poco frequente che donne con malattia
autoimmune sistemica pianificassero una normale vita di famiglia. Lo sforzo di questi ultimi 20 anni è stato quello
di identificare e, quando possibile, di prevenire, nell'ambito di questa
patologia, le cause di insuccesso ostetrico e cioè di aborto, morte
endouterina del feto, prematurità e patologia neonatale. E' evidente
che il lavoro di prevenzione e sorveglianza si configura come lavoro
congiunto multidisciplinare, con la imprescindibile partecipazione di
una équipe ostetrica dedicata. Storicamente, i principali fattori di rischio sono:
la presenza di malattia all'esordio o in fase attiva, la presenza di
anticorpi antifosfolipidi, la presenza di anticorpi anti-Ro/SS-A.
La
attività e il tipo di malattia Fortunatamente è oggi assai raro che una paziente
con malattia autoimmune sistemica sia indotta ad un aborto terapeutico
per la sua malattia, pertanto la osservazione prospettica delle
gravidanze ha portato ad una valutazione realistica dell'effetto della
patologia di per sé e del suo andamento sull'esito fetale. Le gravidanze che decorrono in pazienti con lupus
sistemico registrano una percentuale di aborti e morti endouterine del
feto più alto che di norma(1). Che questo dato sia da
imputare alla presenza di malattia attiva nella madre è sostenuto da
taluni autori(2,3), mentre un recente lavoro di metanalisi
dei dati disponibili in letteratura(4) mette in evidenza che
non esistono significative differenze tra pazienti con malattia attiva e
non attiva, quasi che, nell'ambito della malattia lupica, altre cause,
diverse dalla attività di malattia, giuochino un ruolo preminente nel
determinare la patologia gravidica. Nel caso di lupus renale, specie se
attivo, la prognosi fetale pare molto più severa con 46% e 30% di
insuccessi riportati da studi retrospettivi(5,6). Il rischio
appare più elevato in pazienti con malattia attiva e funzione renale
compromessa(7), mentre soggetti con malattia stabilizzata e
funzione renale discretamente conservata hanno, nella nostra esperienza,
una prognosi riproduttiva non
particolarmente alterata(8). Una significativa percentuale di aborti e
soprattutto di parti pretermine sono segnalati anche in pazienti con
sclerosi sistemica progressiva(9) prevalentemente con forma
di sclerodermia diffusa. Inoltre, dal momento che nelle fasi precoci e
di acuzie di questa malattia non è raro il coinvolgimento renale o
cardiaco, è evidente che le gravidanze che coincidono con questo
periodo risultano particolarmente problematiche e andrebbero, se
possibile, rimandate ad una fase di stabilità della forma. Confermano
un particolare rischio delle forme precoci talune segnalazioni che
attribuirebbero ad un periodo precedente l'esordio di malattia la più
alta percentuale di aborti ed infertilità(10). Gli
anticorpi antifosfolipidi Nella malattia lupica la presenza di anticorpi
antifosfolipidi è stata valutata come il miglior fattore predittivo di
insuccesso ostetrico(11) . Questa stringente associazione ha
portato alla descrizione, prima nell'ambito del lupus e,
successivamente, in soggetti altrimenti sani, di una sindrome
caratterizzata tra l'altro da aborti ricorrenti(12). Gli anticorpi antifosfolipidi sono una famiglia
eterogenea di anticorpi diretti, per lo più, verso proteine che legano
i fosfolipidi(13), che in vivo si associano a ricorrenti
fatti trombotici per riconosciuto effetto trombofilico. I metodi di
laboratorio utilizzati routinariamente nella loro valutazione sono il lupus
anticoagulant, il test ELISA degli anticorpi anti-cardiolipina e il test ELISA degli anticorpi anti beta 2 glicoproteina I. Al di là di ogni possibile dubbio sulla loro fine
specificità, numerosi
modelli sperimentali hanno dimostrato che questi anticorpi sono in grado
di causare perdita fetale(14). Gli ipotizzati
meccanismi patogenetici del danno fetale sono molteplici ed è
suggestiva, a questo proposito, la
documentata inibizione della annessina V da parte del complesso
beta 2 glicoproteina I e rispettivo anticorpo(15)
recentemente descritta. Da quanto si è detto risulta chiaro che la
presenza di questi anticorpi costituisce di per sé un rischio concreto
per la gravidanza indipendentemente dal contesto della malattia materna
nella quale siano rilevati. Per
tale motivo , da quando questi anticorpi sono stati identificati la
strategia terapeutica è stata quella di limitarne le conseguenze o
inibendone la sintesi, come originariamente era stato prospettato(16),
o, più recentemente, contrastandone l'effetto trombofilico con l'uso di
farmaci anticoagulanti o antiaggreganti(17). Quello che è certo è che l'esito della
gravidanza, estremamente povero in queste pazienti, è stato
completamente sovvertito dopo la individuazione della sindrome. Resta da
stabilire quanto a questo
cambiamento abbia contribuito la farmacoterapia e quanto invece abbia
contribuito la politica di attenta sorveglianza ostetrica che ha
temporizzato meglio il momento del parto. Tuttavia il fatto che
nel gruppo di bimbi nati vivi, sia stata individuata da noi e da
altri(18) una significativa percentuale di prematuri, lascia
supporre che un ruolo significativo sia stato svolto appunto dalla
sorveglianza ostetrica e dalle risorse della terapia intensiva neonatale
(figura 1).
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|
Anticorpi
anti Ro/SS-A Nel counseling
della paziente con patologia autoimmune che vuole intraprendere una
gravidanza deve essere obbligatoriamente inclusa la ricerca degli
anticorpi anti Ro/SS-A e anti La/SS-B. Questi anticorpi di frequente
riscontro nelle malattie reumatiche autoimmuni espongono il neonato al
rischio del così detto lupus neonatale(19). Questo è una
sindrome caratterizzata dal verificarsi di manifestazioni transitorie
quali rush cutaneo fotosensibile, epatopatia colestatica, citopenie e
della temuta manifestazione permanente del blocco cardiaco congenito. I
sintomi di lupus neonatale possono verificarsi singolarmente o in
associazione tra loro. Il blocco cardiaco congenito, che è la
manifestazione più studiata tra quelle sopra esposte è stato correlato
alla presenza di anticorpi anti Ro/SS-A materni in base all'osservazione
che la larghissima maggioranza delle madri di bambini affetti risulta
positiva agli anticorpi. Inoltre
il periodo in cui il blocco diviene rilevabile in utero,
corrispondente ad un epoca gestazionale tra le 18 e le 22
settimane, coincide con il periodo di un consistente passaggio
transplacentare di immunoglobuline(20). Queste deduzioni
hanno trovato conferma in modelli sperimentali(21) . Nonostante quanto detto, per una paziente con
malattia autoimmune anti Ro/SS-A positiva, è tutt'altro che chiara la
quantificazione del rischio
di avere bimbi affetti da blocco cardiaco congenito. In effetti la
letteratura dedicata, invero non molto ricca, va dal riscontro di una
frequenza del 5% in uno studio retrospettivo in pazienti con malattia
autoimmune e anticorpi anti Ro/SS-A(22) a un riscontro di
0% di frequenza in uno studio prospettico condotto solo su
pazienti con lupus sistemico e anticorpi anti Ro/SS-A(23) .
La scarsa concordanza dei risultati ha portato a focalizzare taluni
aspetti della reattività anticorpale quali la fine specificità verso
componenti dell'antigene Ro, il Ro 52 kD e il Ro 60 kD(24). Questi studi suggerirebbero che la presenza nella
madre di anticorpi diretti verso la componente 52 kD dell'antigene Ro
e/o verso l'antigene La conferiscono un rischio maggiore di blocco
cardiaco per il neonato(25). L'esperienza del nostro centro
risultante dall'analisi di 56 gravidanze di 44 pazienti con malattia
autoimmune sistemica e anticorpi anti Ro/SS-A e/o
anti La/SS-B (Tab. 1) confermerebbero l'importanza di questa
classificazione, come pure i risultati di uno ampio studio collaborativo
in cui sono confluiti i nostri dati(26).
|
56 Gravidanze totali [ 52 figli vivi |
27 Gravidanze ad alto
rischio Ro 52 ± 60 kD e/o anti
La [ 26 figli vivi ] |
26 Gravidanze a basso
rischio Ro 60 kD o n.b. [26 figli vivi ] |
CHB (1) |
1 |
0 |
Lupus cutaneo neonatale (7) |
5 |
2 |
Aumento g-GT (5 su 18) |
2 (su 5 casi) |
3 (su 13 casi) |
Ittero neonatale protratto (1) |
1 |
0 |
Piastrinopenia (1) |
0 | 1 |
Tab. 1
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