MA.R.I.C.A
Malattie Reumatiche Infiammatorie Croniche e Autoimmuni

I FARMACI BIOLOGICI PER LA CURA DELL’ARTRITE REUMATOIDE


Dr. Roberto Gorla e Dr. Massimo Cinquini
Servizio di Reumatologia e Immunologia Clinica
Azienda Spedali Civili Brescia


Introduzione


Nonostante non sia ancora nota la causa scatenante l’Artrite Reumatoide (AR), nel corso degli anni ’90 è stato definitivamente dimostrato che l’infiammazione cronica è determinata ed alimentata dalla rottura dell’equilibrio fisiologico tra proteine pro-infiammatorie (che alimentano l’infiammazione) e anti-infiammatorie (che inibiscono l’infiammazione). Queste proteine, dette citochine, sono prodotte da alcuni tipi di globuli bianchi (linfociti e macrofagi) e sono necessarie, in condizioni normali, per l’integrità della risposta immunitaria a svariati insulti ambientali (ad esempio le infezioni). L’infiammazione rappresenta infatti un importante meccanismo di difesa dell’organismo, ma è necessario che essa venga limitata nel tempo, una volta superata l’aggressione ambientale, per non danneggiare il medesimo organismo. La natura ha predisposto un sofisticato sistema di cellule, proteine e recettori che funzionano all’equilibrio. Infatti, all’incremento fisiologico delle proteine infiammatorie, corrisponde un incremento di recettori solubili e proteine anti-infiammatorie che, nel volgere di breve tempo, ripristinano l’equilibrio del sistema.
L’artrite Reumatoide è determinata dalla rottura di questo equilibrio e nelle sedi articolari permangono cronicamente elevati e prevalenti le proteine pro-infiammatorie.
La grande novità terapeutica degli ultimi anni è stata la possibilità di sintetizzare in laboratorio e produrre su vasta scala anticorpi e recettori in grado di mimare la normale funzione delle proteine naturali anti-infiammatorie e, per questo motivo, sono stati definiti farmaci biologici.
L’Artrite Reumatoide può essere una malattia grave, ma curabile
Nel corso degli ultimi anni si sono accumulate molte osservazioni che fanno oggi classificare l’Artrite Reumatoide tra le “emergenze mediche”. In molti malati il decorso della artrite conduce ad alterazioni invalidanti delle articolazioni con notevole riduzione della qualità della vita. L’infiammazione cronica inoltre induce un precoce invecchiamento delle arterie (aterosclerosi) per cui è stato osservato che infarti del miocardio e ictus cerebrali possono verificarsi in età precoce nei malati di AR rispetto alla popolazione generale. Infine è dimostrato che l’Artrite Reumatoide provoca enormi costi alla società per le cure (ricoveri, visite, farmaci, contributi di invalidità) e per la perdita di giornate lavorative e precoci abbandoni del posto di lavoro. A questi vanno sommati i costi che i malati e le loro famiglie devono sostenere per l’aiuto a loro necessario. I costi aumentano con l’aumentare della disabilità che, in genere, interviene nelle fasi più avanzate della malattia.
E’ stato però osservato che è possibile cambiare il decorso della malattia e prevenire, o quantomeno ritardare, l’evoluzione verso l’invalidità. La opportunità di bloccare questa malattia distruttiva è dipendente dalla diagnosi precoce e dalla impostazione di una corretta terapia con farmaci anti-reumatici fin dalle prime fasi della AR. Affinché ciò sia realizzabile devono essere coinvolti i Medici di Medicina Generale e gli Specialisti alla condivisione di un definito percorso diagnostico-terapeutico. All'esordio dell'artrite il malato lamenta dolore e tumefazione articolare. Per questo motivo, nella maggior parte dei casi, si rivolge al proprio Medico di Medicina Generale che ha l'importante compito di sospettare la malattia e di inviare tempestivamente il malato allo specialista. Quest'ultimo avrà il compito, applicando il ragionamento diagnostico differenziale, di giungere alla diagnosi, classificare la malattia sulla base di fattori prognostici, informare il malato e proporre la terapia anti-reumatica. Entrambi i medici, a disposizione del malato, avranno cura di sorvegliare l'evoluzione della malattia e i potenziali effetti tossici dei farmaci, collaborando in stretta integrazione, nel rispetto dei reciproci ruoli.


Farmaci vecchi e nuovi per una strategia terapeutica vincente


I farmaci anti-reumatici (elencati in tabella 1) fino ad oggi impiegati per la cura dell’Artrite Reumatoide possono, se impiegati precocemente, entro sei mesi dall’esordio dei sintomi, modificare il decorso della malattia ed efficacemente contrastare l’evoluzione verso l’invalidità. Sono questi i farmaci su cui si basa l’intervento terapeutico precoce e, nonostante l’avvento dei nuovi farmaci biologici, mantengono immutata la loro preminente posizione nelle strategie terapeutiche anti-reumatiche. I farmaci attivi solo sui sintomi non impediscono che il danno articolare proceda e quindi non vanno impiegati da soli.

L’obiettivo principale della terapia precoce è l’iduzione della remissione veloce (entro 3 – 4 mesi) e completa dei sintomi (dolore, rigidità articolare, stanchezza), dei segni (tumefazione delle articolazioni) e dei parametri laboratoristici di infiammazione (VES e PCR). E’ quindi necessario uno stretto monitoraggio del malato, con frequenti visite specialistiche, al fine di “misurare” il grado della risposta alla terapia. Tra questi parametri la valutazione nel tempo dell’anatomia articolare, mediante l’esecuzione di radiografie, riveste particolare importanza. Nel caso di mancata o incompleta risposta alla terapia con farmaci anti-reumatici tradizionali, anche assunti in associazione tra loro, è possibile impiegare i farmaci biologici, soprattutto nei casi in cui è prevedibile una evoluzione sfavorevole.
I farmaci biologici si sono dimostrati in grado, in tempi molto brevi rispetto ai farmaci tradizionali, di indurre una soddisfacente controllo dell’artrite e dell’evoluzione del danno erosivo articolare in un elevato numero di malati in cui si è osservato fallimento dei medesimi farmaci anti-reumatici. Spesso questi ultimi (prevalentemente il Methotrexate) vengono mantenuti associati ai farmaci biologici per potenziarne l’azione o per prevenire il calo di efficacia nel tempo.
I farmaci biologici non sono reperibili in farmacia perché sono ad esclusivo impiego ospedaliero, dispensati da Centri di Riferimento individuati dalle diverse Regioni.


I farmaci biologici: problemi non risolti


La recente introduzione in terapia di questi farmaci giustifica la mancata conoscenza di possibili effetti negativi del loro impiego a lungo termine.
Ad oggi sono stati curati con i farmaci biologici migliaia di malati ed è quindi noto il loro profilo di tollerabilità nel breve/medio periodo. Le infezioni, sostenute dalla depressione della risposta del sistema immunitario, cui è anche legata l’efficacia terapeutica, si sono dimostrate essere l’effetto collaterale più frequente. Si tratta nella maggior parte dei casi di infezioni non gravi, trattabili e risolvibili con antibiotici. La più temibile, tra le infezioni osservate, si è dimostrata essere quella tubercolare, in soggetti con tubercolosi latente e precedentemente presente, ma misconosciuta, prima della terapia con biologici. L’accurata ricerca, mediante radiografia del torace ed esecuzione della intradermo-reazione di Mantoux, della infezione latente prima dell’inizio della cura e l’eventuale profilassi con farmaci anti-tubercolari dove presente l’infezione nascosta, ha permesso di minimizzare il rischio di riaccensioni tubercolari.
Un altro possibile effetto collaterale è rappresentato dalle reazioni di intolleranza durante le infusioni dei farmaci biologici. Arrossamento, prurito e gonfiore nella sede della infusione sottocute e crisi vasomotorie (anche anafilattiche) durante le somministrazioni endovena sono state osservate e rappresentano motivo di sospensione della terapia in un limitato numero di casi.
Nei soggetti che assumono farmaci biologici è stata osservata la comparsa nel siero di auto-anticorpi (ANA e Anti-DNA) in bassa concentrazione che non hanno determinato però l’emergenza di sintomi riferibili a malattia autoimmune sistemica.
Infine, nonostante il periodo di esposizione a questi farmaci non sia molto lungo, non si è rilevato una maggiore incidenza di tumori nei soggetti trattati, rispetto ai soggetti con AR non curati con farmaci biologici. Considerata tuttavia l’importanza di questo aspetto, un attento monitoraggio anti-tumorale si impone nella pratica terapeutica con questi farmaci.
Un problema a parte è rappresentato dai costi elevati di queste terapie che ha imposto la creazione di un apposito Registro Osservazionale del Ministero della Salute in collaborazione con la Società Italiana di Reumatologia (Studio ANTARES). Questo studio è finalizzato alla valutazione dei costi, della sicurezza di impiego e, in definitiva, alla individuazione del malato “candidato ideale” a queste terapie. Per questo motivo sono stati individuati Centri di Riferimento in ogni Regione per la gestione di questi malati e la trasmissione dei dati al Ministero. E’ intuibile che questi potenti farmaci dovrebbero essere impiegati, oltre che nei malati con AR evoluta, attiva e resistente alle terapie convenzionali, nelle prime fasi della malattia al fine di evitare l’evoluzione verso l’invalidità e determinare quindi un risparmio futuro di risorse economiche. Questa ipotesi è ancora da dimostrare e sono in atto studi su significativi gruppi di malati.
I farmaci biologici trovano indicazione di impiego anche in altre malattie reumatiche infiammatorie croniche. In particolare si sono dimostrati capaci di ridurre l’attività e l’evoluzione della Spondilite Anchilosante e dell’Artrite Psoriasica. Per quest’ultima malattia non vi è ancora l’autorizzazione ministeriale al loro impiego.


Conclusioni


L’Artrite Reumatoide è una malattia cronica grave che esita, in numerosi pazienti, in importante disabilità, riduzione della qualità e quantità di vita e in progressivo incremento di costi economici, correlati al grado di evoluzione.
E’ stato dimostrato che un intervento specialistico terapeutico precoce è in grado di arrestare, o quantomeno rallentare questa evoluzione distruttiva articolare invalidante e di ripristinare qualità e quantità attesa di vita. Questa opportunità, che viene persa quando la malattia è più evoluta, si basa sulla diagnosi precoce. E’ necessario quindi un programma di informazione alla popolazione e una stretta integrazione del Medico di Medicina Generale che per primo valuta il malato con esordio di artrite con lo specialista che proporrà e gestirà la terapia.
Nonostante il tentativo di induzione di una stabile remissione all’esordio di malattia poggi sull’impiego dei tradizionali farmaci anti-reumatici, l’attuale disponibilità dei farmaci biologici incrementa le possibilità di vincere la guerra contro l’Artrite Reumatoide.