La Sesta Conferenza Internazionale sul Lupus: impressioni, sensazioni e deduzioni di tre partecipanti.

Angela Tincani, Roberto Gorla e Genesio Balestrieri

Reumatologia e Immunologia Clinica-Ospedale Civile di Brescia

 Dal 24 al 28 Marzo 2001 si è svolta a Barcellona la Conferenza Internazionale sul Lupus. Circa un migliaio i partecipanti e una organizzazione ferrea che ha inserito nel programma di pochi giorni le più recenti informazioni  sulla malattia a trecentosessanta gradi. Il limite di una organizzazione di questo genere è la necessità di far svolgere molte sessioni simultanee, per potere inserire nel programma il maggior numero possibile di argomenti. E la ( ahimè tragica) conseguenza è che il partecipante deve scegliere e, pertanto, deve rinunciare ad un’altra sessione con il dubbio sottile di aver perso qualche cosa perfino più interessante di quanto ha scelto. Sensazione quindi di conflitto che rende poco probabile il fatto di acquisire una serena visione d’insieme.

Sia pure con i limiti sopra riportati e con la sicurezza di avere una visione parziale, probabilmente diversa da quella di chi ha frequentato sessioni diverse, l’impressione di chi scrive è che a Barcellona sia stato delineato l’identikit del nemico numero uno del paziente con lupus sistemico. Si tratta della arteriosclerosi, che peraltro oggi è divenuta anche il nemico numero uno dell’intero genere umano, anche perché gli uomini avendo sconfitto un gran numero di cause di morte precoce vivono sempre più a lungo e vanno incontro più frequentemente a questo genere di fenomeni.

Durante la conferenza sono stati esposti i meccanismi anticorpo mediati, attraverso i quali il lupus stesso può, almeno in una certa misura, accelerare i processi arteriosclerotici, soprattutto attraverso la infiammazione cronica della parete dei vasi. Inoltre le medesime alterazioni arteriosclerotiche possono anche essere favorite da taluni regimi terapeutici, come, per esempio i corticosteroidi.

Naturalmente, lo sforzo di individuare i meccanismi responsabili di un fenomeno patologico ha, come fine ultimo, il fatto di poter interferire con il manifestarsi di questo. In effetti, durante la Conferenza, molto si è detto in fatto di prevenzione della arteriosclerosi nel LES. Nuove idee in questo ambito sarebbero dei trattamenti degli animali da esperimento, nei quali pare che si possa impedire la formazione degli anticorpi verosimilmente implicati nella genesi delle placche arteriosclerotiche, introducendo nella dieta sostanze simili a quelle contro cui gli anticorpi sono diretti con una conseguente induzione di “tolleranza” immunologia verso queste sostanze. Inoltre pare che alcuni farmaci ben noti per avere la capacità di abbassare il colesterolo (le statine) siano in grado di impedire le modificazioni sopra ricordate indotte dalla infiammazione cronica nelle cellule che ricoprono le pareti dei vasi (le cellule endoteliali).E per quanto riguarda i trattamenti già possibili? Anche i“vecchi” trattamenti come gli antiaggreganti o l’idrossiclorochina sembrano utili in questa ottica.

Come è ovvio al trattamento del lupus in generale sono state dedicate molte sessioni che includevano il “presente”, rappresentato dai farmaci attualmente in uso inclusi quelli di impiego un po’ meno frequente, come la talidomide, per le forme cutanee difficili, o gli antinfiammatori non steroidei, per tanto tempo evitati e ora riconsiderati anche per i sempre maggiori problemi descritti associati alla assunzione di corticosteroidi a lungo termine. Sempre per il “presente” è stato illustrato un impiego ampio e articolato degli immunosoppressori con l’introduzione, ricordata da più autori, del micofenolato nelle forme renali e non renali con attività medio-severa.

Il trattamento del “futuro” da applicare alle forme severe e resistenti passa attraverso i trattamenti che tendono a modificare i rapporti fra cellula e cellula, tramite l’impiego di molecole presenti di per sé nell’organismo, dotate di attività biologica (“farmaci biologici”). Sono state illustrate a Barcellona numerose sperimentazioni di questi farmaci condotte su animali affetti da malattia simil lupica e coronate da successo. Numerose anche le sperimentazioni condotte su pazienti con stadio estremo di malattia e pure coronate da successo, anche se in realtà oggi ci augureremmo che la malattia lupica  sia dominata dal trattamento prima di arrivare a questo punto.

La modificazione estrema delle cellule implicate nella patogenesi del lupus, da riservare comunque solo a casi molto impegnativi e resistenti a trattamenti più convenzionali, è il trapianto di cellule staminali. In questo campo il nostro paese vanta un esperto internazionale, il Prof. Alberto Marmont, che si definisce “un vecchio lupologo”, ma che a Barcellona non dava certo l’impressione di essere vecchio!

Non nominiamo la folta schiera degli altri numerosi scienziati e medici italiani presenti a Barcellona tutti impegnatissimi nella comprensione della malattia e nel suo trattamento. Il loro numero e la loro spesso giovane età dovrebbe essere per i pazienti una garanzia dell’entusiasmo con cui viene seguita la loro patologia.

Una nota positiva è stata comunque quella dell’ultima sessione plenaria della conferenza nella quale è stato dimostrato che il pericoloso iceberg costituito dall’insieme dei complessi sintomi della malattia e dei meccanismi patogenetici che li determinano, va sciogliendosi sempre più rapidamente per gli interventi incisivi dei trattamenti vecchi e nuovi che vengono applicati. Se è permesso a chi scrive di introdurre una nota personale, probabilmente la speranza di sciogliere l’iceberg è legata anche alla volontà di collaborazione tra pazienti e medici nello sforzo di identificare con chiarezza ciò che sottacqua si vede poco, ma può essere enorme, e di provare, insieme, a scioglierlo.