Voci
d'oltre tomba poemetto macheronico nonché polimetro Personaggi Filis Mordeckai Menackem Salom Gnata Prologo |
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Su
nel cielo, vaganti fiumane, galoppando
le pallide nubi vanno
intorno con ridde sì strane, che
me fermi e domandi: - Gh'è dubi? Sono
larve di antichi sepolti o
son genti d'un mondo stranier? Son
ribelli che invocano, stolti!, de
tornar chì da bass in ckasser? Deh!
cessate l'eterno vagare, concedetemi
un breve sermon: un
poeta che nulla ha da fare ve
ne prega colgà in senocion.
Ma
poiché sono poco educate non
si ferman le nubi vaganti: le
mie preci son tanto sprecate che
rabì mì ghe dighi: - Ve pianti! – Come
lieve sussurro di brezza che
di sera si leva sul mar sento
voci di tale dolcezza che
comoss mì me fermi a scoltar. Ciò
che udii quella notte fatale vuoi
tu proprio lettore saper? Io tel dico; ma, brutto animale, fa'
sciadok, tel domand per piaser. |
Su
nel cielo, nebbie vaganti, le
pallide nubi galoppando vanno
intorno con movimenti così strani, che
mi fermo e domando: - Siamo sicuri? Sono
spettri di antichi sepolti o
son genti d'un mondo straniero? Son
ribelli che invocano, stolti!, di
tornare quaggiù in ckasser
(ghetto)? Deh!
cessate il vagare eterno, concedetemi
un breve discorso: un
poeta che non ha da fare nulla ve
ne prega chinato in ginocchio. Ma
poiché sono poco educate le
nubi vaganti non si fermano: le
mie preghiere son tanto sprecate che
irato dico loro: - Vi lascio! – Come
lieve sussurro di brezza che
di sera si leva sul mar sento
voci di tale dolcezza che
commosso io mi fermo ad ascoltar. Ciò
che udii quella notte fatale tu
lettore vuoi proprio sapere? Io
te lo dico; ma, brutto animale, fa'
sciadok
(stai zitto), te lo chiedo per piacere. |
Canto
1° |
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Su nel ciel un finestron
me s’aversa in sul moment e una mucia de vecion con un mus da malcontent dan n'occiada
sò da bass ne le strade silenziose... con spavent diventi un giass nel veder 'ste strane cose: ma curios coma che son me son fatt un po' de fià e nascost in un porton le sò ciaciere ho scoltà. . . . . . . . . . . . . . . . . . . Filis: Mordekai,
cara te, dim cos'è mai quela contrada
tuta piena de goim da la luna illuminada...
Mord: La memoria et forse pers, o mel diset per schersar? cosa sit deventà sguers, non ghe vedet con 'sto ciar? Sà che gh'et
'sto gran brusor quel sit lì, se vot saver, che te sta cosita a cor non el vedet, è el kasser! Filis: Cosa diset, Mordechai, el kasser così cambià?
G'ho paura, badonai, che te siet imbariagà. Me non vedi più i porton,
i ckipì dei schenasim, e le guardie de pianton a difesa dei gnivrim. Me non vedi più el cafè de Michel, quel dispetos,
me non vedi el vecc Jarè, me non vedi più Lambros. E dov'è la Fasolina con quell'aria da contessa? dov'è andà la Siporina, dov'è andada la Kafessa? Dei Muscina l'ostaria me la vedi sensa vin, ne me par che lì ghe sia
Senegaia del bartin.
Ma non sentet che bordel, che fracass, che confusion: ah! tel dighi, non è quel el chasser coi vecc
porton. |
Su nel ciel un finestrone mi si apre all’improvviso e un mucchio di vecchioni con una faccia da infelici danno n'occhiata giù in basso nelle strade silenziose... per lo spavento divento di giaccio nel vedere queste strane cose: ma curioso come io sono mi sono fatto un po' di coraggio e nascosto in un portone ho ascoltato i loro discorsi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Filis: Mordekai,
caro te, dimmi cos'è mai quella contrada tutta piena de goim (gente) illuminata dalla luna... Mord: Hai forse perso la
memoria, o me lo dici per scherzo? sei per caso diventato cieco, non ci vedi con questa luce? Già che hai questo gran desiderio quel posto lì, se vuoi sapere, che ti sta così tanto a cuore non lo vedi è il kasser (ghetto)! Filis: Cosa dici, Mordechai, il kasser (ghetto) così cambiato? Ho paura, badonai (per il signore), che tu sia ubriaco. Io non vedo più le porte del ghetto, i chepì degli schenasim (soldati austriaci), e le guardie di sentinella a difesa dei gnivrim (ebrei). Io non vedo più il caffè di Michel, quel dispettoso, io non vedo il vecchio Jarè,
io non vedo più Lambros. E dov'è la Fasolina con quell'aria da contessa? dov'è andata la Siporina,
dov'è andata la Kafessa (Indovina)? L'osteria dei Muscina io la vedo senza vino, né mi sembra che lì ci sia Senegaia del berretto. Ma non senti che casino, che fracasso, che confusione: ah! te lo dico, non è quello il chasser (ghetto) con i vecchi portoni. |
Quest è el
ghett di temp passà con l'antica religion? ma non vedet che gudà de zonot e de ladron! In kasser, per el Ba-a-Scem, de 'sta roba non ghe
n'è. Ghe scommett che Menachem è in perfett accord con me. Menac: S'ho da dir la verità era in gran disperazion nel veder così cambià el bon popol
de Sion; ma a la fin ho ben dovù dagh ragion a Mordeckai,
dop che ho vist,
com'i fatt vu sò nel ghett
'sti malmasai. Filis: Cosa vot che me te diga, propria pas non me so
dar, e poss dir che con fadiga me ghe credi al tò parlar. Mord Chì gh'è Gnata, gh'è
Salom che te polen far saver cos'è mai quel brutt macom che te meta in tant penser. Veh, Salom, gh'è chì Filis, quel che fa el cafè coi sis, che desidera un campion de l'immensa erudizion che te gh'et del vecc gnolam, doa magnavem
el salam, el ris gial tuti i Sciabat e i suchetti coti in piatt. Dighel te, se non è vera che 'sta roba così néra che una volta con rispett
festeggiava el bon mognet, che adorava la sò Scóla e d'Ischack la gran
parola, non è alter che el kassér dei bei temp del Scaleter! |
E’ questo il ghetto dei tempi passati con l'antica religione? ma non vedi che gudà (folla) di zonot (prostitute) e di ladri! In kasser, per il Ba-a-Scem (Signore), di questa roba non ce n'è. Ci scommetto che Menachem
è perfettamente d’accordo con me. Menac: Se devo dire la verità ero in grande disperazione nel vedere così cambiato il buon popolo di Sion; ma alla fine ho ben dovuto dare ragione a Mordeckai,
dopo che ho visto, come avete fatto voi giù
nel ghetto questi malmasai
(disgraziati). Filis: Cosa vuoi che io ti
dica, proprio non mi so dare pace, e posso dir che con fatica io credo a ciò che dici. Mord Qui c'è Gnata,
c'è Salom che ti possono far sapere cos'è mai quel brutto macom (posto) che ti provoca tanti pensieri. Veh, Salom, c’è qui Filis,
quello che fa il caffè coi ceci, che ti chiede un esempio dall'immensa cultura che
tu hai del vecchio gnolam
(mondo), quando mangiavamo il salame, il riso giallo tutti i Sciabat (Sabati) e gli zucchini cotti nel piatto. Diglielo tu, se non è vero che questa cosa così néra (triste) che una volta con rispetto festeggiava il buon mognet (festa), che adorava la sua Scóla (Sinagoga) e la gran parola d'Ischack,
non è altro che il kassér (ghetto) dei bei tempi quando c’era Scaleter! |
Canto
2° |
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Salom: Ahimè, risparmiate l'ingenua domanda che crudo rinnova nel seno il dolor:
il popol semita or non è
che una banda de ladar, de spie, de porch, d'agressor. Laggiù nel silenzio di notte serena già veggo le turbe de'
gran peccator; di lubriche voci la strada è già piena... ma tasi, Filis, sit un gran seccador. Dannate falangi d'un volgo novello s’avanzano stolte con turpe cantar, inneggian lo stupro, tra l'orgia e il
bordello e non se n'accorsen del néro lor far. Silenzio... ascoltate la nova canzone che con novo metro si leva dal ghett,
scherniscon l'antica fedel
religione e per el kenessed non senten rispett. La musica orrenda che inspira quell'orda sentite fratelli d'un tempo che fu: poi dite un mismor per tal gente balorda che certo fra poch dovrà
vegner chì su. |
Salom: Ahimè, risparmiate la domanda ingenua che rinnova nel seno il crudo dolore: il popolo semita ora non è che una banda di ladri, di spie, di porci, d'aggressori. Laggiù nel silenzio della notte serena già vedo le moltitudini dei grandi peccatori; la strada è già piena di voci oscene... ma taci, Filis, sei un
gran seccatore. Dannate schiere d'un nuovo popolo s’avanzano stolte con canti turpi, inneggiano allo stupro, tra l'orgia e il bordello e
non s'accorgono del loro néro (misero) agire. Silenzio... ascoltate la nuova canzone che si leva dal ghetto con una nuova metrica, scherniscono l'antica fedele religione e
non sentono rispetto per il kenessed (sinagoga). La musica orrenda che inspira quell'orda ascoltate fratelli d'un tempo che fu: poi
dite un mismor
(salmo) per tal gente balorda che certo fra poco dovrà venire quassù. |
Canto
3° Inno
degli adulteri |
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Largo,
largo, gli adulteri siamo, che
a dispett dei noiosi marì
su
le teste le corna mettiamo quand el
sol via del ciel è sparì. Largo,
largo, noi siamo i credenti nel
divin re dei re Salamon, e
gli sciocchi che fan da gerenti se
fan rider de gran compassion. Noi
viviam, sol viviam per
amare e
in programma g'avem ogni mes
colle
bionde le brune mutare senza
tant domandar el permess. E
se mai qualche sciocco marito voless far el
kalotta o
el pigul, gli
grattiam dolcemente il prurito con
un fracch de legnade sul cul. Noi
teniamo in riserbo argomenti di
gran forza e d'eccelso valor, che
consolen in tuti i momenti de
le done el bisbetich amor. Siamo
forti sì come giganti, sim nemich
d'ogni sorta de mal, comperiamo
a denari sonanti le
donnette e el vin bon nel boccal.
Non
sapete? noi siamo gli apostoli, i profeti del libero amar, solo
ai gonzi mariti gli scrupoli noi
lasciamo pietosi osservar. Largo,
largo, gli adulteri siamo, che
a dispett de qualunque marì,
su
le teste le corna mettiamo quand el
sol via del ciel è sparì. |
Largo,
largo, siamo gli adulteri, che
con disprezzo dei mariti noiosi mettiamo
le corna sulle teste quando
il sole è sparito dal cielo. Largo,
largo, noi siamo i credenti nel
divino re dei re Salamon, e
gli sciocchi che fanno da gestori ci
fanno ridere con grande compassione. Noi
viviamo, viviamo solo per amare e
in programma abbiamo ogni mese di
cambiare le brune colle bionde senza
tanto chiedere il permesso. E
se mai qualche sciocco marito volesse
far il kalotta
(stupido) o il pigul
(stolto), gli
grattiamo dolcemente il prurito con
un sacco di legnate sul culo. Noi
teniamo in riserbo argomenti di
grande forza e di valore eccelso, che
soddisfano in ogni momento l’
amore capriccioso delle donne. Siamo
forti come giganti, siamo
nemici d'ogni specie di male, comperiamo
con denari sonanti le
donnine ed il buon vino nel boccali. Non
sapete? noi siamo gli apostoli, i
profeti del libero amore, solo
ai mariti creduloni i doveri noi
lasciamo pietosi rispettare. Largo,
largo, siamo gli adulteri, che
con disprezzo verso ogni marito, mettiamo
le corna sulle teste quando
il sole è sparito dal cielo. |
Canto
4° Inno
dei cornuti |
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Cornuti
noi siamo che
in barba a la gent felici
viviamo... sim becch
e content. Del
vecchio Vulcano non
gh'em le malizie; seduti
in divano gustiam le delizie. La moglie
ci sdegna, e
noi lasciam far, sol
quando è omai pregna chiamiam la comar.
Se
sente il nervoso non
fema parola, per
noi l'amoroso la
basa e consola; le
voglie, i capricci ghe fa almen
passar con
carne e pasticci, con
bevr'e magnar. Galante
e cortese 'sto
bel buratin ci
paga le spese de
l'ort e dl'oflin: perciò
lo trattiamo con
aria dimessa, confusi
ammiriamo la
sua gran larghezza: beati
ne l'alma, lontan dai malann
vediamo
con calma passar
i bei ann. Mangiamo
e beviamo con
somma allegria né
proprio sappiamo cos'è
gelosia: Cornuti
noi siamo che
in barba a la gent felici
viviamo: sim becch
e content! |
Noi
siamo cornuti che
in barba alla gente viviamo
felici... siamo
cornuti e contenti. Del
vecchio Vulcano non
abbiamo le malizie; seduti
in divano gustiamo
le delizie. La
moglie ci sdegna, e
noi lasciamo fare, solo
quando è ornai gravida chiamiamo la levatrice. Se si sente nervosa non facciamo parola, per noi l'amoroso la bacia e consola; le voglie, i capricci le fa almeno passare con carne e pasticcini, con bevande e cibo. Galante e cortese questo bel burattino ci paga le spese dell'orto e del pasticcere: perciò lo trattiamo con atteggiamento modesto, ammiriamo confusi la sua grande generosità: beati nell'anima, lontano dai malanni vediamo con calma passare gli anni belli. Mangiamo e beviamo con somma allegria né proprio sappiamo cosa sia la gelosia: Cornuti noi siamo che in barba a la gente felici viviamo: siamo cornuti e contenti! |
Canto
5° Inno delle
prostitute |
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Di Venere noi siam sacerdotesse, amiamo i vini d'oro nel bicchier; siam belle e non preghiamo genuflesse quel mond che
co le done è tant sever. In guerra siamo sempre ben armate, viviam d'amor, di sogni e voluttà: sprezziamo i sifolott
co le patate, se pias el bon arrost e el bon stufà. Magre virtù con noi non ne vogliamo, la morte al matrimonio abbiam per fé; goder: sol questo noi desideriamo; morir: quand de
magnod
più non ghe n'è. Morte ai preti, a la morale, morte ai critici vigliacchi, sia salvato da ogni male il simpatico Batacchi Viva Casti col Boccaccio, Viva Paolo de Koch, viva, viva michelaccio che me par più bon d'un gnocch. Viva Taide e Messalina, gran artiste de valor: guerra e morte ad Agrippina che ghe pias più el mans
che el tor, e cantiam, cantiam con lena il giocoso ritornel,
che dispiace a maddalena, ma per noi è così bel. Di Venere noi siam sacerdotesse, amiamo i vini d'oro nel bicchier: siam belle e non preghiamo genuflesse quel mond che
cole done è tant sever. |
Noi siamo le sacerdotesse di Venere, amiamo i vini d'oro nel bicchiere; siam belle e non preghiamo genuflesse quel mondo che è tanto duro con le donne.
In guerra siamo sempre ben armate, viviamo d'amore, di sogni e piaceri: disprezziamo i maccheroni con le patate, ci piace il buon arrosto ed il buon
stufato. Con noi non vogliamo misere virtù, per fede abbiamo la morte al matrimonio; godere: noi desideriamo solo questo; morire: quando non ci sono più magnod (soldi).
Morte ai preti, alla morale, morte ai critici vigliacchi, sia salvato da ogni male il simpatico Batacchi Viva Casti col Boccaccio, Viva Paolo de Koch, viva, viva michelaccio che per me è più buono di uno gnocco. Viva Taide e Messalina, grandi artiste di valore: guerra e morte ad Agrippina alla quale piace più il manzo del toro, e cantiamo, cantiamo con vigore il giocoso ritornello, che dispiace a maddalena, ma per noi è così bello. Noi siamo le sacerdotesse di Venere, amiamo i vini d'oro nel bicchiere; siam belle e non preghiamo genuflesse quel mondo che è tanto duro con le donne.
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Canto
6° Inno degli
ubriachi |
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Bacco, Bacco, viva te, viva il vino e il buon bicchier, sol di Bacco ne la fé
noi crediam con
cor sincer. Chianti, Malaga, Marsala Vermouth, Cipro, Rhum, Pomin Cognac, Grappa, en vin de gala che fan vegnar el morbin Morte ai medici igienisti c'han trovato l'acqua sana e vorrebbero quei tristi battesar l'ardente mana. Ritiratevi vigliacchi nel fetor de l’Ospedal, ché se no coi nostri tacchi ve slarghema el medioeval. Brindiam pacifici, amici amabili; morte ai specifici dei laureabili. Salute, o intrepidi, tregua al dolor,
beviamo lepidi beviamo ancor. Finché il gurguzzole
non sia già stracco, facciamo un brindisi superbo a Bacco: Bacco, Bacco, viva te, viva il vino e il buon bicchier sol di Bacco ne la fé
noi crediam con
cor sincer. |
Bacco, Bacco, viva te, viva il vino e il buon bicchiere, solo nella fede di Bacco noi crediamo con cuore sincero. Chianti, Malaga, Marsala Vermouth, Cipro, Rhum, Pomin Cognac, Grappa, sono vini pregiati che fanno venire l’allegria Morte ai medici igienisti che han ritenuto che l'acqua sia sana e vorrebbero quei tristi annacquare lo spirito ardente. Ritiratevi vigliacchi nel fetore dell’Ospedale, perché altrimenti coi nostri tacchi vi allarghiamo il posteriore. Brindiamo pacifici, amici amabili; morte ai farmaci dei farmacisti. Salute, o intrepidi, tregua al dolore, beviamo allegri beviamo ancora. Finché il gargarozzo non sia già stanco, facciamo un brindisi superbo a Bacco: Bacco, Bacco, viva te, viva il vino e il buon bicchiere, solo nella fede di Bacco noi crediamo con cuore sincero. |
Canto
7° Inno dei
cassieri |
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Benedetto sei padre clemente, Dio di pace, di gioia, d'amor, a te giunga l'evviva fremente Dio de l'or e del mondo signor. Deh concedi un minuto di requie, siamo stanchi del lungo scappar, ché altrimenti le funebri esequie ci dovranno assai presto cantar. O mondaccio
villano ed ingrato, quale vita ci tocca condur! per aver qualche lira rubato ci è negato un asilo sicur.
Un impiego più vil
del cassiere non crediamo che esista quaggiù ci perseguita il carabiniere, invidios de le nostre virtù. Deh! ci mostra, Signore munifico un ritiro doa
non gh'è delegà: di cassieri scappati in Isvizzera gh'è una piena che non se ghe stà. Fa che presto sia alfin
compensato il valore del nostro operar, fa che i gonzi che abbiamo pelato i magnot prest se tornen a dar; e a la bisca del gran Monte Carlo, la latrina dei nostri signor, correremo in gran fretta a portarlo per tentar de la sorte el favor. Ma frattanto leviamo l'osanna al divino possente padron che nel mond la
benefica manna semnarà cola pala e el brenton.
Benedetto sei padre clemente, Dio di pace, di gioia, d'amor, a te giunga l'evviva fremente dio de l'or e del mondo Signor! |
Benedetto sei padre clemente, Dio di pace, di gioia, d'amore, giunga a te il fremente evviva Dio dell'oro e signore del mondo. Deh concedi un minuto di riposo, siamo stanchi di scappare continuamente, perché altrimenti le esequie funebri ci dovranno cantare assai presto. O mondaccio
villano ed ingrato, quale vita ci tocca condurre! per aver rubato qualche lira ci è negato un asilo sicuro. Un impiego più vile del cassiere non crediamo che esista quaggiù ci perseguita il carabiniere, invidioso delle nostre virtù. Deh! ci mostra, Signore munifico un luogo dove non ci sono poliziotti: di cassieri scappati in Svizzera ce ne sono tanti che non c’è più posto. Fa che presto sia alfine compensato il valore del nostro operare, fa che gli sciocchi che abbiamo spennato tornino presto a darci i magnot (soldi);
e alla bisca del gran Monte Carlo, la latrina dei nostri signori, correremo in gran fretta a portarlo per tentare il favore della sorte. Ma frattanto innalziamo l'osanna al divino possente padrone che nel mondo la benefica manna spargerà con la pala ed il secchio. Benedetto sei padre clemente, Dio di pace, di gioia, d'amor, a te giunga l'evviva fremente dio dell'oro e Signore del mondo! |
Canto
8° |
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Filis: Oh! parchè g'ho avù l'idea de guardar in
quel ventron: m'è vignù una tal diarrea che g'ho pien fin i calzon. Povri temp dle usanze vecie dova mai si andà a
finir! me saria stopà le orecie per 'ste robe non
sentir. Ma doman, per non tardar, vaghi subit da Moscè e ghe vói per fil contar quel che ho vist stanott con te. E te giur, se g'ha pietà nel sentir le mè lagnanse, che nel mond lu tornarà
a insegnarghe le creanze. Dova sit governo antich de le forche e de
i preson, dei gnivrim fedel amich, dov'et miss el vecc baston?
Sì bastona ancor
bastona quela razza stolta e mata
che da temp più non ragiona e al bordel s'è tuta data. Sangue, sangue, vói veder, voi veder
petrolio e foch… che in rovina sia
el ckasser, che distrutti sien quei tocch! Salom:
Pietoso Felice, deh! in calma ritorna, da giusto castigo
puniti son già: l'antica virtude già più non li adorna e Dio ghe prepara una grossa macà. Se il popol semita sì cadde nel basso, ancor l'altre genti civili non son: dovunque tu
guardi e dirigi il tuo passo, saret maledett da trovarn'un de bon! Ma presto è
finita, mio nobil Felice, già i dardi
celesti son pronti a colpir, e in terra tal
razza, sai ben chi tel dice, se dovrà del gnavon con vergogna pentir. Menac: Si gran néri malmasai a scaldarve el biscotin, per non veder
'sti bruti guai me ve séri el finestrin:
la vendetta la
farà chi tutt veda su nel ciel: non savì che fè pecà
a sparlar de quest e quel? Per intant ve meti in ment che a le tre g'avem funzion: prest... andema,
bona gent, che da un pèzz g'ha avert
l'Aron. |
Filis: Oh!
perchè mai ho avuto l'idea di guardare in
quel finestrone: m'è venuta una
tal diarrea che ne ho pieni
perfino i calzoni. Poveri tempi
delle vecchie usanze dove mai siete
andati a finire! mi sarei chiuso
le orecchie per non sentire
queste cose. Ma domani, senza
tardare, vado subito da
Mosè e gli voglio
raccontare per filo e per segno quello che ho
visto stanotte con te. E ti giuro, se
prova dolore nel sentire le
mie lamentele, che lui tornerà
sulla terra a insegnare loro
le buone maniere. Dove sei governo
antico delle forche e
delle prigioni, fedele amico dei gnivrim
(ebrei), dove hai messo il
vecchio bastone? Sì bastona ancora
bastona quella razza
stolta e folle che da tempo non
ragiona più e s'è data tutta
al bordello. Sangue, sangue,
voglio vedere, voglio vedere
petrolio e fuoco… che il ckasser
(ghetto) vada in rovina, che quegli esseri
siano distrutti! Salom: Pietoso Felice, deh! ritorna calmo, sono già puniti
da giusto castigo: l'antica virtù
già non li adorna più e Dio prepara
loro una grossa macà
(disgrazia). Se il popolo
semita è caduto così in basso, nemmeno gli altri
popoli sono civili: dovunque tu
guardi e dirigi il tuo passo, saresti maledetto
a trovarne uno buono! Ma presto sarà
finita, mio nobile Felice, già i dardi
celesti sono pronti a colpire, e in terra tale
razza, sai bene chi te lo dice, si
dovrà pentire del gnavon
(peccato) con vergogna. Menac: Siete
dei néri malmasai
(poveri disgraziati) a prendervela
tanto, per non vedere
questi brutti guai io vi chiudo la
finestra: la vendetta la
farà chi tutto vede su
nel cielo: non sapete che
fate peccato a sparlare di
questo e di quello? Per il momento vi
ricordo che alle tre c’è
la funzione: presto...
andiamo, buona gente, che l'Aron (Sinagoga) è aperta da un pezzo. |
Epilogo |
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E
così come egli ebbe parlato su
ne l'aria se squaia el vecciet e
poiché tutto in quiete è tornat anca
mì pien de sonn vagh a lett! |
E così come egli
ebbe parlato il vecchietto
sparisce nell'aria e poiché tutto è
tornato tranquillo anch’io pieno di sonno vado a letto! |
Luglio 1899 |
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