Pasquale Stanziale

 

 

Cultura politica e società nel Mezzogiorno

Obiettivo su Cellole nell’alto casertano

(Note di ricerca)

© 2007

 

(Versione priva di alcuni quadri statistici)

 

 

Introduzione

 

 

1-               Paradigmi di cultura politica

 

2-               Modelli culturali e boss politici

 

3-               Excursus

 

4-               Cellole

 

5-               Ricerche

 

6-               Dinamiche

 

7-               Anomalie

 

8-               La transizione infinita

 

9-               Bibliografia

 

Appendice 1 Flussi elettorali

 

(Appendice 2 Flussi elettorali)

 

Appendice 3  Rassegna stampa

 

Appendice 4 Sindaci di Cellole

 

                  Appendice 5 Mondo Oggi

 

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le note che seguono continuano il percorso di ricerca socioantropologica iniziato con lo studio  su Cascano e proseguito con quello su Sessa Aurunca: realtà sociali dell’alto casertano.

In particolare vengono ripresi e integrati ampi spazi di analisi dei lavori precedenti con l’obiettivo di definire le articolazioni della cultura politica quale si presenta nel Mezzogiorno e nell’area locale con i suoi modelli e i suoi propri parametri storicamente emersi negli ultimi decenni.

In parallelo si è cercato di individuare i caratteri specifici  dei modelli culturali delle società locali nelle loro dinamiche proprie.

Il percorso di ricerca poi, in una prospettiva d’analisi contestuale, ha cercato di individuare rapporti tra i vari ambiti: locale, Mezzogiorno/meridione, ambito nazionale.

Il nucleo centrale del lavoro rimane, in ogni caso, quello relativo alle ricerche sul campo: risultanze socioatropologiche,  interviste, questionari di sintesi, studi sulla realtà locale.

L’intento era quello di  ricercare per arrivare ad un produttivo e valido  livello di astrazione. 

Si avvertiva anche la necessità di rifocalizzare la conoscenza della realtà locale e di delineare uno spazio di consapevolezze in un’epoca in cui la memoria storica è  continuamente  rimossa ed in cui  il mondo della  politica locale viene spesso visto come  una realtà separata e contraddittoria.

 

 

 

 

 

L’Autore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1- Paradigmi di cultura politica

 

1.1

Non si può non essere d’accordo sul fatto che in Italia non c’è una democrazia normale (B. De Giovanni 2004 – Rapporto CENSIS 2006) visto anche il quadro di  eventi  in corso nel momento in cui scriviamo (giugno 2006). Visto anche il cambiamento dei sistemi elettorali, con la frequente chiamata dei cittadini alle urne, vista tutto sommato, la difficoltà a trovare un equilibrio politico-istituzionale nazionale  normale. In tale quadro Il Mezzogiorno tende, ad adeguarsi, nelle sue articolazioni politico-gestionali, con  grande flessibilità, al quadro generale della crisi. Questo perché i parametri della sua cultura politica, in senso generale, sono ben  adatti per la loro natura intrinseca, ad adattarsi  alle trasformazioni istituzionali e alle dinamiche politiche regionali e nazionali. Ciò senza escludere isole felici in cui trasparenza, efficienza delle istituzioni e investimenti  si accompagnano a valide  iniziative di emancipazione economica e a varie tendenze  di modernizzazione.

In ogni caso è possibile schematizzare, sulla scorta di una vasta area  di studi,  e di indagini sul campo, una serie di parametri propri di una cultura politica presente in buona parte del Mezzogiorno e quindi riguardante anche il territorio comprendente Cellole, paese dell’alto casertano che si presenta con la serie di specificità socio-antropologiche che evidenzieremo in queste note.

Il punto di partenza non può non riguardare la storia della Democrazia Cristiana nel territorio comunale prima e dopo la secessione cellolese dal Comune di Sessa Aurunca in provincia di Caserta. In realtà, per vari aspetti, questi due temi tendono a coincidere e andrebbero studiati parallelamente al lavoro di ricerca che avevano cominciato a portare avanti G. Capobianco (1987) e G. Ciriello (1987) per ciò che riguarda la storia della sinistra nel  territorio aurunco. In tale ambito prendono forma, in modo evidente le costanti di una cultura politica  che viene ad essere una specie di pattern antropologicamente significativo e che riprenderemo a vario titolo nel corso della presente ricerca.

 

1.2

Clientelismo e familismo

Non è tanto scontato rilevare nella cultura politica locale anzitutto la storica dimensione clientelare - frutto della mediazione politica, della DC - principalmente- secondo i meccanismi che già aveva evidenziato Gramsci- ma anche come derivazione del familismo rurale da intendersi come modalità culturale sistemica (meriterebbe questo tema uno studio specifico a livello locale, come pure i rapporti tra famiglie e politica, là dove la partecipazione all’attività politica del capofamiglia/notabile viene intesa come passaggio obbligato in vista della sistemazione opportuna dei familiari), clientelismo che, d’altra parte, ha storicamente prodotto l’estraniazione della gente dallo Stato, come opportunamente sottolinea L. Graziano (1980): "...Il Clientelismo ha effetti disfunzionali per due processi cardine della società: la legittimazione del potere e la creazione di opposizioni organizzate. Mina l’autorità in almeno due modi: comportando un uso privato delle risorse pubbliche, come modo di gestione del consenso; impedendo, per ciò stesso, quella dissociazione tra i ruoli di autorità istituzionalizzata... i metodi clientelari lungi dall’avvicinare cittadini e autorità, hanno rafforzato l’estraneità delle masse dallo Stato. Di più hanno creato una situazione che non esiterei a definire illegittimità morale della politica ..." (vedi anche J. La Palombara 1964 e L. Graziano 1974).

 

“Il cedimento al clientelismo, sia come forma attiva di predominio di una classe sull'altra, sia come rassegna­zione passiva al gioco delle parti, è la conseguenza di una  generalizzata  devastazione  culturale  operata   dalla Democrazia cristiana che, nel lungo periodo di permanen­za al potere, ha sostituito la cultura con l'arroganza e la certezza divina del diritto, la giustizia con l'ingiustizia e la prevaricazione, la gestione amministrativa con l'arbitrio; e la dilapidazione, la politica del territorio e delle risorse con la speculazione edilizia e la devastazione del paesaggio e degli equilibri naturali. Non è un semplice caso che proprio la speculazione edilizia sia stata e sia ancora la sola industria attiva di tutto il Mezzogiorno d'Italia, la sola che prosperi senza incentivi e agevola­zioni dello stato.” (S. Bertocci 1977)

 

 “Uno dei problemi di maggior rilievo che il clientelismo meridionale postunitario pone all’attenzione dello studioso è perciò quello dei suoi rapporti col familismo.

Esso, in verità, rivela anzitutto e conferma le ragioni stesse di quest’ultimo. Poiché, dopotutto, non è che la traduzione della preminenza dei rapporti affettivi al di fuori dell’ambito familiare. L’assunzione del comparaggio - di fatto avvertito come una quasi parentela - quale strumento efficace adottato dall’uomo politico meridionale per confermare la certezza del proprio elettorato, è uno dei tanti comportamenti che dimostrano il legame tra clientela e familismo.

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Un secondo momento in cui si esprime l’assenza di coscienza collettiva ha inizio con la comparsa del clientelismo di massa (mass patronage) . Di quella nuova forma clientelare, cioè, nella quale l’erogazione delle risorse pubbliche si rivolge non più a singole persone ma ad intere categorie o gruppi sociali o ad ampie quote di popolazione. E perciò ha bisogno di organizzarsi in istituzioni e formazioni burocratiche, che facciano da tramite tra lo Stato ed i gruppi stessi.

Il mass patronage presenta per questo una sua parvenza di modernità. Tant’è che lo si incontra anche presso società avanzate che hanno realizzato la prima industrializzazione ed una completa penetrazione del mercato nelle dinamiche produttive e distributive.

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Naturalmente, una posizione di privilegio spetta al partito dominante. Sia che sorregga il governo da solo, sia che si avvalga di una coalizione di partiti, nell’esercizio dei poteri di indirizzo e di nomina, esso afferma una sua egemonia. E ciò anche se, nel secondo caso, un’ineludibile esigenza transattiva impone il ricorso al principio lottizzatorio.

Gli oltre quarant’anni di governi coalizionali ad egemonia democristiana sono al riguardo paradigmatici . Senza dire che la DC, con la sua articolazione correntizia, realizza già al suo interno un circuito poliarchico-negoziale. Si pone, in altre parole, come una coalizione nella coalizione, con una corrente egemone, pacificata nei rapporti con le altre, dalla pratica spartitoria.

Come che sia, l’arena politica viene occupata da un clientelismo partitico i cui attori affermano di fatto il loro dominio su tutti i processi fondamentali di decisione e implementazione delle politiche pubbliche del Paese. Un clientelismo che genera una strana combinazione di ineguaglianza e asimmetria nel potere con una apparente solidarietà sociale.

Nel Mezzogiorno, poi, tale solidarietà difficilmente riesce ad andare oltre gli antichi termini di identità personali o di sentimenti e obbligazioni interpersonali. E la dimensione partitica, le volte in cui riesce a porsi con forza, viene percepita ed accolta più come relazione di parentela che come relazione di appartenenza. Forse anche perché il clientelismo partitico nelle regioni meridionali si diffonde, recando con sé una seconda combinazione, ancora più strana della prima: quella fra coercizione - sfruttamento e relazioni volontarie sostanziate di mutue obbligazioni. “ (M. Fotia 2003)

 

 

1.3

E poi: le costanti dimensioni filoministeriali e trasformistico-clientelari secondo quanto già accennato in precedenza; il correntismo come variante del trasformismo storico; le difficoltà, per il modello culturale dominante, di progettare e perseguire uno sviluppo democratico del territorio (S. Bertocci 1977) a fronte di un consenso politico ampio e consolidato, nonché la formazione di una classe politica dirigente di ricambio come successione ad un potere politico- amministrativo sempre più accentrato (S. Franco 1996). E nell’area  locale quindi: il modello per la cattura del consenso della Democrazia Cristiana nel periodo di Giacinto Bosco e successivamente. Vari studiosi oggi sono d’accordo nel ritenere, pur nel quadro e nei limiti del modello socioculturale operante (P. Allum 1975 e S. Bertocci 1977), l’epoca di Bosco come uno dei periodi positivi per lo sviluppo dell’area sessana a fronte di tutta una serie di motivi, da quelli occupazionali a quelli delle relazioni politiche tra la base e il vertice parlamentare.

Come abbiamo già accennato altrove (P. Stanziale 1991) il modello boschiano poteva essere definito di tipo paternalistico-clientelare (la concezione paternalistica della politica è elemento fondamentale della tradizione cattolica meridionale- (P. Allum 1975 1978) in cui la struttura di partito (segreteria di sezione ecc.) aveva un proprio ruolo ed in cui il rapporto tra elettore e parlamentare aveva non rilevanti sbarramenti. G. Bosco in realtà ha rappresentato un argine- per il periodo dell’egemonia fanfaniana- all'espansione della DC napoletana la quale ha prevalso, in seguito, imponendo un modello per la cattura del consenso di tipo contrattualistico-clientelare: è il modello della political machine ovvero ciò che Allum riscontra e definisce già negli anni '70 nel tipo di organizzazione messa su da Silvio Gava padre e perfezionato poi dal figlio Antonio e analoga a tante strutture organizzative che sono alle spalle di molti parlamentari dagli anni ‘70 ai giorni nostri. È questo, certamente, un modello di cattura del consenso più moderno perché tiene in maggior conto la pluralità dei gruppi di interesse e di pressione, nonché dei vari intrecci tra politica ed economia - con una tendenza spesso a subordinare la prima alla seconda.

C’è poi, nell’analisi di Allum (1975) un punto particolarmente rilevante rispetto alla politica democristiana nel Mezzogiorno e nel Meridione. Si tratta di un atteggiamento di tipo politico ben preciso basato su tre punti: 1- il fatto che il Sud ha bisogno d’aiuto data la sua inferiorità; 2- la necessità quindi di una forma di mediazione rispetto ai governi; 3- ogni aiuto al Sud, quindi, è da apprezzare ed ogni critica ai costi ed ai metodi usati per avere questo aiuto è irrilevante, ingrata e ingiusta rispetto a tale provvidenzialità. Questo tipo di atteggiamento, derivante dalla cultura rurale comunitaria, tende a permanere, per vari aspetti, nella cultura politica generale locale ed è, a ben guardare, alla base di svariate iniziative, indicando rappresentazioni abbastanza limitate di un sistema di amministrazione democratica, oltre ad un persistere pericolosamente regressivo di elementi pertinenti al modello culturale locale.

 

1. 4

 A tutto questo va aggiunto quanto dice A. Lamberti (1991) sulla funzione addirittura stabilizzante ed occupazionale del riciclo di denaro derivante da attività illegali. D’altra parte alla perdita della dimensione comunitaria non viene - come abbiamo detto - a corrispondere un insieme di valori e orientamenti relativi ad un modello di società nazionale in positivo: una democrazia non proprio compiuta e alla ricerca di valide formule rappresentative- un Mezzogiorno che annega nella disoccupazione, ma in cui faticosamente attraverso varie esperienze-  tra cui  il modello Bassolino (dei primi tempi della sua sindacatura napoletana)  (Stanziale 1999) e attraverso nuove figurazioni dello sviluppo-  prendono forma i parametri possibili di una modernizzazione razionale del governo politico di un territorio- un capitalismo che nel momento in cui è vincente assume su di sé nuovi costi di libertà ed origina conflitti relativi a vecchie e nuove subalternità....

 

1. 5

La piccola borghesia meridionale tra oligarchismi e ribellismi

La visione gramsciana del Mezzogiorno come disgregazione sociale (1945) ha costituito e costituisce un paradigma fondamentale per comprendere ciò che accade ancora oggi in talune aree di Terra di Lavoro, a Sessa Aurunca, a Cellole, con riferimento a quanto abbiamo già scritto ma anche per ciò che riguarda la sfasature socioculturali di detti territori rispetto alle sollecitazioni del ciclo modernizzante in atto. Nell’area locale, ad un’osservazione coerente dei fatti sociali, risulta abbastanza evidente un quadro di disgregazione che riguarda fermenti che non si traducono in consensi o dissensi organizzati, velleitarismi ed anarchismi ribellistici di derivazione contadina, tentativi di secessione amministrativa, osmosi strumentali tra pubblico e privato, particolarismi di fatto istituzionalizzati, il tradizionale clientelismo, indifferenza ed estraneità di aree sociali alle dinamiche politiche ecc.. Questa disgregazione è presente anche a livello intellettuale per la mancanza di un ambito culturale di decisa direzione ed orientamento, nella incapacità di elaborare valori entro cui costruire situazioni di riferimento, in forme di chiusure a vantaggio di interessi gruppali, ideologicamente populistici o evasivamente elitari ecc.. Un universo politico spesso eccessivo o che si produce come chiacchiera corrispondente frequentemente a blocchi decisionali. Questa disgregazione, che delinea, come marcante paradigma sociale, quanto è stato già abbozzato come parte dell’ethos locale (e non solo)  ben si richiama a quella che Galasso (1982), con ricorso all’ambito hegeliano, chiama coscienza infelice e a ciò che faceva scrivere al Vescovo Nogaro: ".... la gente di qui mi piace. Ma si deve liberare dalle catene che ha alla coscienza" (in R. Sardo 1997). Questa coscienza sociale, che risulta tendenzialmente compiaciuta di circoscritti risultati utilitaristici, sembra situarsi lontano da una consapevolezza della propria inadeguatezza rispetto a sfide e  prospettive di cambiamento, rispetto ad assetti e ad impieghi razionali riguardanti una società in grado di sincronizzarsi con una cultura del cambiamento. A tal proposito certamente grosse responsabilità riguardano quella che oltre mezzo secolo fa Gaetano Salvemini (1955) chiamava piccola borghesia intellettuale, ovvero quella classe sociale tesa al controllo delle amministrazioni comunali, oggetto del desiderio della classe dominante (G. Galasso 1982). Una borghesia che è parte della più ampia borghesia delle aree del Mezzogiorno stesso e che, in modo più accentuato di quella nazionale, non ha saputo essere protagonista attiva dello sviluppo capitalistico progressivo non avendo come background proprio un tradizione culturale (libertà, individualità, razionalità ecc.) atta a trasfondersi in modo positivo nel processo modernizzante (E. Galli della Loggia 1976 e quindi C. Tullio-Altan 1986). A questa borghesia locale, portata a vivere con maggiori conseguenze sociali le contraddizioni della borghesia italiana, non è estranea quella componente di anarchismo che secondo Galli della Loggia (cit.) tende a svilupparsi proprio là dove esistono sconnessioni culturali tra aree locali ed i processi del sistema sociale globale, forme di anarchismo o di reazione che nascono dalla non comprensione dei processi e/o dal subire processi di cui non si posseggono le coordinate culturali: ecco quindi l’individualismo fazioso e ribellistico (C. Tullio Altan 1986), il non riconoscersi in alcuna aggregazione sociale o la partecipazione conflittuale... e quindi il disprezzo per il lavoro manuale da parte della piccola borghesia, la prevalenza dello stato d’animo e del pregiudizio sociale, la preferenza per una routine impiegatizia ecc. (C. Morandi 1944) e ancora "...la rivolta morale ed istintiva del singolo che insorge contro qualcosa o contro qualcuno, accanto ad altri singoli, contro un mondo che lo soffoca intellettualmente e psicologicamente..” (G. M. Bravo 1977). Anche l’agire politico viene ad essere condizionato da questa concezione anarco-libertaria acquisendo un habitus principalmente orientato alla conquista del potere ed alla sua conservazione (H.D. Lasswell 1975) che si traduce spesso, a livello locale, in una conflittualità senza fine e nella concezione di un potere fine a se stesso (C. Tullio-Altan 1986). In tale universo la borghesia intellettuale locale si presenta come una classe caratterizzata fondamentalmente da un fazionismo esasperato e da una costitutiva povertà di effettiva elaborazione politica. Fazioni, dunque, personalismi, velleitarismi che rivelano spesso un retroterra politico-culturale non proprio consistente e con il conseguente e frequente svilimento della funzione dei meccanismi rappresentativi e di delega, producendo ulteriore complessità nella struttura dei rapporti socio-politici. E allora il quadro che emerge dal fondamentale studio di Salvemini sulla borghesia meridionale ben spiegava e spiega le dinamiche politiche locali che hanno visto e vedono il moltiplicarsi delle liste civiche, le varie gestioni commissariali dei Comuni e le scissioni fazionistiche caratterizzanti gran parte dei partiti dell’area locale e non ( cui va aggiunta come ulteriore tensione la logica costrittiva che tende a piegare ad accordi politici fatti nei capoluoghi, come Napoli e/o Caserta, le aree periferiche come quella comprendente Sessa Aurunca e Cellole). Si tratta di fazioni vincenti e di fazioni perdenti coalizzate, di appetiti soddisfatti e di nuove aggregazioni oppositive. Tutto ciò perpetuando un quadro di disgregazione sociale relativamente alla coscienza collettiva ed a quelle individuali.

E situazione riguardante la disgregazione sociale è pure l’emigrazione (ambito nazionale e non) a cui andrebbe opportunamente dedicato uno studio specifico relativamente ai suoi andamenti negli anni, ai risvolti economici ed alle sue incidenze culturali di ritorno. Emigrazione da considerare come reazione al sottosviluppo di cui hanno sofferto le classi subalterne ma non solo, tendenzialmente sussistente oggi anche se non paragonabile a quella degli anni ‘50- ‘60.

Un punto conclusivo sembra essere comunque il fatto che la situazione locale riflette gli aspetti propri di quella nazionale: quella identità italiana di cui parla E. Galli della Loggia (1998) basata sulle oligarchie corporative, sul familismo e sul trasformismo che, al momento in cui scriviamo, si presenta con una vistosa ampiezza di esiti a vari livelli. Quella tradizione politico-ideologica che non avendo nella sua storia il prodursi di un consolidato senso dello Stato sopperisce a ciò con la vischiosità oligarchica (E. Galli della Loggia cit.) e con un politicismo onnipervasivo.

 

 

1.6

Il Trasformismo

Una tradizione statuale e civica, quindi,  in cui il valore delle istituzioni rimane non storicamente partecipato, lasciando ogni decisione ad una politica, operante dall’alto che, per questo, si ipertrofizza lasciando spazio a quell’eterogenesi dei fini (E. Galli della Loggia cit.) e a quel trasformismo qualunquistico mirato al piccolo beneficio, alla costruzione del notabilato, al patronage, alla riproduzione di oligarchie che però non si sono, nei fatti, trasformate in una forza-classe-dirigente in grado di rappresentare e gestire gli effettivi interessi generali in una nazione moderna.

 

 

“Peraltro, occorre aggiungere che non è possibile comprendere ed interpretare un fenomeno siffatto (il familismo), senza far ricorso all’altro pilastro della cultura politica nel Mezzogiorno e meridionale, quello trasformistico. Precisando opportunamente che per trasformismo si intende qui una visione della vita politica per la quale il metro di coerenza degli uomini di potere non va cercato nella loro fedeltà ad un quadro ideologico ed alla impostazione programmatica che ad esso si accompagna, ma nella loro capacità di schierarsi sempre con le forze al governo, allo scopo di conservare la loro posizione di dominio, di essere in grado di soddisfare le richieste dei loro elettori e, di conseguenza, attraverso il sostegno crescente di questi, di rafforzare progressivamente la posizione stessa.

Esso, in realtà, scaturisce da un contesto che tiene uniti in una stessa logica eletti ed elettori. Il contesto sostanzialmente è quello clientelare avanti descritto. In pratica, il clientelismo, così come a monte è legato al familismo, così a valle è intrecciato al trasformismo. Sta, insomma, in mezzo a far da ponte e unire i tre fenomeni, che, alla fine appaiono necessariamente tre aspetti di un unico fenomeno.” 

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“…….. le pratiche trasformistiche delle élite politiche meridionali proseguono ininterrottamente fino ai nostri giorni, anche dopo l’avvento del proporzionale e dell’annesso scrutinio di lista e il ritorno, nell’ultimo decennio, del maggioritario, ancorché imperfetto, e dei collegi uninominali. Così come non trovano arresto neppure dopo la nascita e il consolidamento dei partiti di massa.

Le èlite utilizzano infatti questi ultimi come efficaci strumenti per promuovere la formazione al loro interno di aggregazioni di interessi o correnti in grado di condizionarsi reciprocamente. Introducono, in altri termini, in seno ai partiti di massa le loro logiche spartitorie in maniera da accaparrarsi il massimo possibile di leve elettorali, da tradurre in posti in parlamento, nelle altre assemblee elettive e negli apparati amministrativi dello Stato e degli enti locali.

I momenti storici salienti del parlamentarismo, del fascismo, del doroteismo e del berlusconismo ne sono la riprova. In questo senso, coloro che ci descrivono la vita politica meridionale come eguale e ripetitiva nei meccanismi, sempre pronta a svilire il nuovo, riducendolo al vecchio, non hanno tutti i torti, anche se, naturalmente, la teoria della staticità sic et simpliciter del Sud, talvolta avanzata, è fuorviante. I partiti, legati fin dalla nascita a fattori lunghi di parentela ristretta o allargata, di clientele tradizionali o moderne, nelle diverse congiunture, sono sempre pronti ad etichettarsi vicendevolmente con i termini di liberale o clericale, radicale o moderato, fascista intransigente o transigente, democristiano di sinistra o doroteo. Nella realtà dei fatti, essi perpetuano i vecchi meccanismi di canalizzazione del consenso e di formazione del personale politico e amministrativo. Non senza introdurre nella struttura sociale e nel sistema politico elementi, seppure mai strategici, di novità e di avanzamento.”  (M. Fotia 2003)

 

 

1.7

Il doroteismo

“Maturato inizialmente in seno ad una parte del gruppo dirigente della DC, il Doroteismo diviene in prosieguo patrimonio dell’intero partito, e da ultimo, come accade del resto alle precedenti forme storiche di trasformismo clientelare, cultura comune a gran parte della classe politica italiana. Anche perché non esaurisce la sua dimensione nell’essere semplicemente logica politica, ma, fuoriuscendo dal luogo e dall’arco storico nei quali nasce e si sviluppa, si traduce in regola generale di vita sociale e culturale.

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Il Mezzogiorno ne è uno scenario privilegiato, al punto che taluno si è posto la domanda se il doroteismo non debba essere considerato addirittura come il prodotto di una linea meridionale di conduzione storica della DC, linea divenuta motrice di una strategia, che, a partire proprio dal Sud, crea nuovi itinerari per il partito d’ispirazione cristiana, in un orizzonte geografico ben più ampio.

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La meridionalizzazione della DC, in ogni caso, avviata già agli inizi degli anni Cinquanta, è un fatto. Il Mezzogiorno, che, nel 1946, rappresenta il 29.7 per cento della forza complessiva di questo partito, nel 1952, raggiunge il 54.8 per cento. E meridionalizzazione non significa soltanto un crescente peso delle regioni del Sud all’interno del partito, ma anche una maggior presenza dell’organizzazione democristiana nella società meridionale .

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Tutto ciò tende a creare nel Sud un equilibrio sociale nuovo, temperato tuttavia dalla sopravvivenza nelle strutture e nei comportamenti di caratteri ed elementi fondamentali del vecchio equilibrio. L’élite dorotea consolida così quel carattere peculiare che sta alla base dell’organizzazione sociale e politica del Mezzogiorno: il trasformismo clientelare.

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La classe di cui si parla punta, insomma, a gestire una forma di rinnovamento del Sud attraverso un tipo di penetrazione del mercato che consenta, pur tra talune forme di vivacizzazione, di conservare e proteggere la società tradizionale. La sua non è dunque una politica di mera conservazione, ma di protezione e di crescita moderata, finalizzata a mantenere i consensi elettorali dei vecchi ceti e a conquistare quelli dei nuovi, entrambi astringendoli dentro le vecchie e le nuove gabbie della subalternità socio-economica e culturale. E così, contrariamente a quanto accade in tutte le società investite dall’impatto del mercato, da una parte, eleva i redditi ed apre ai moderni consumi, dall’altra, mantiene gran parte dei vecchi condizionamenti socio-economici e culturali.

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Trova necessario di conseguenza introdurre dei mutamenti nelle tradizionali funzioni di mediazione. In forza di essi, cambiano i soggetti stessi che esercitano tali funzioni: dai notabili si passa ai political broker, i quali molto meglio dei primi trovano accesso ai luoghi del centro che decidono l’erogazione delle risorse destinate alle periferie. Cambia il tipo di risorse: da quelle di proprietà privata, solitamente notabiliare, si passa a quelle di proprietà pubblica.

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La nuova metodologia consente, comunque, all’élite dorotea e all’intera DC di espandere sempre più la sua azione trasformistica e di far sì che la compresenza e la coagulazione di vecchio e di nuovo, di avanzamenti e di arresti, nella società meridionale, rendano sempre ricche le sue raccolte di consensi. Così irrobustendo un blocco sociale che trova i suoi ampi supporti nella residua piccola e media borghesia rurale, in quella cittadina degli affari e delle libere professioni, in talune frange intellettuali e giovanili, in settori di non poco conto del mondo cittadino ed operaio. Il cemento è rappresentato per i primi due segmenti dai mille benefici e aiuti posti in atto dalla già citata politica assistenziale; per il terzo ed il quarto da un tipo di riformismo industriale e agrario, produttivo di un certo numero di posti di lavoro e di nuove occupazioni, seppure precarie, e soprattutto dagli impieghi pubblici, assicurati da una selva di organismi, istituti, enti, consorzi. Siffatto blocco sociale è anche un blocco politico, poiché da esso provengono le nuove leve della DC nonché la dirigenza e il management, collocato alla guida dei numerosi enti pubblici, consorzi, banche, società finanziarie, messi in piedi da questo programma di rinnovamento, e affidati per lo più a democristiani, in maggioranza dorotei di sicura osservanza. “ (M. Fotia 2003)

 

1. 8

Il paternalismo

Il paternalismo è strettamente connesso con il modello parentale il quale a sua volta si distingue dalla clientela (J. La Palombara in P. Allum  1975)  per essere basato o su una particolare relazione tra il boss e i suoi o sul meccanismo delle nomine. Il paternalismo è fattore importante della politica nazionale e fattore fondamentale della cultura politica meridionale. Gran parte dei posti di comando  o intermedi in enti importanti vengono assegnati spesso con criteri paternalistici, ciò o per  ricambiare servizi prestati o per consolazione (P. Allum 1975) nel caso che la persona da ricompensare non abbia avuto quello che sperava.

 

 

1. 9

Il Qualunquismo

Il  qualunquismo non va inteso in senso spregiativo e/o liquidatorio, Togliatti stesso, a suo tempo, riconobbe le  sue radici popolari. In effetti il qualunquismo rappresenta un elemento costitutivo di vaste aree della cultura politica italiana. Esso è tra le cause basilari  del consenso attribuito al fascismo, prese forma in modo netto con Guglielmo Giannini  ed oggi lo ritroviamo, per molti suoi aspetti, nel berlusconismo e in aree della destra  ma anche della sinistra per alcuni aspetti. Tra i caratteri fondamentali del qualunquismo troviamo:

 

-l’insofferenza per il sistema dei partiti

-l’anticomunismo

-l’esaltazione del liberismo economico

-la negazione della presenza dello stato

-lo stile populistico nella comunicazione politica

-il rifiuto dell’approfondimento di tematiche politico-economiche

-l’esaltazione di un approccio semplicistico ai problemi

-la lotta contro la pressione fiscale.

 

 

Questo apparato ideologico è presente, per vari aspetti,  nella cultura politica meridionale orientandone una buona parte dei consensi elettorali principalmente nelle elezioni politiche. Esso risale al 1799 (G. Pallotta 1972) e del resto a Napoli, nel dopoguerra, l’Uomo Qualunque ebbe vasti consensi con l’appoggio soprattutto della borghesia rurale e dei proprietari terrieri. Il risultato fu la vittoria del particolarismo (G. Dorso 2005), del fazionismo, del proliferare delle liste……

 

 

 

 

 

Riferimenti bibliografici

 

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Rapporto CENSIS, 2006

G. Capobianco, 1987, In ricordo di Gori Lombardi, in Civiltà Aurunca n. 5, Marina di Minturno (Latina)

G. Ciriello, 1987, Socialismo, ideologia e cultura del movimento operaio nel territorio aurunco,

in Civiltà Aurunca n. 5, Caramanica Editore, Marina di Minturno (Latina)

S. Franco, 1996, Sessa: maledizione o paradosso, Il Mensile Suessano, Sessa A. (Caserta) n. 147 dicembre

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H.D. Lasswell, 1975, Potere, politica e società, UTET, Torino

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Critica Meridionale, 1974, (Dir. Silvio Bertocci) Roma

P. Allum, 1975, Potere e società a Napoli nel dopoguerra, Einaudi, Torino

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P. Stanziale, 1991, Art. in Il Mensile Suessano n. 99, Sessa A. (Caserta)

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2-  Modelli culturali  e boss politici

 

  

2. 1

 Cellole rappresenta, nelle sue dinamiche politiche e sociali, un caso emblematico di comunità che cerca una propria direttiva di sviluppo generale tra contraddizioni, arretramenti e avanzamenti. Ciò nel contesto  di un Mezzogiorno in cui zone di eccellenza sono spesso contigue a zone di marcato sottosviluppo o in cui la giustapposizione di modelli di sviluppo e socioeconomici danno luogo a  immobilismi o a schizofreniche fughe in avanti in un quadro in cui le categorie tradizionali di analisi  a disposizione dello studioso vanno ad  essere usate in modo quanto meno approssimato possibile e usando anche schemi analitici adatti alla specificità delle varie realtà sociali. Ciò  di là da ogni empirismo sommario che pure costituisce il background metodologico   di gran parte della classe politica  e degli  intellettuali  locali.

Per quanto ci riguarda vogliamo riprendere oggi, ad inizio millennio, tematiche già sviluppate a proposito  degli studi su Sessa Aurunca (P. Stanziale 1999) e Cascano (P. Stanziale 1988), nell’alto casertano, ritenendole più che mai attuali e cercando di allargare l’ambito delle analisi ad un quadro di rimandi e di annotazioni esplicative che, pur nella loro volutamente discontinua dinamica, vogliono cogliere i punti nodali e parametrare, in qualche modo, anche le problematiche sociali presenti nella zona cellolese. Ciò costituendo l’avvio di un irrimandabile processo di conoscenze che certo potranno essere realizzate in una area di studi sociali più organici e articolati.

È anche utile constatare  che molti sono impegnati ad interrogare il passato remoto quando invece è piuttosto produttivo leggere il passato prossimo ed il presente nella prospettiva della costruzione di una consapevolezza critica che, di là dalle risultanze della ricerca socio-antropologica, può contribuire alla delineazione di una possibile conoscenza effettiva della locale realtà sociale.

 

2.2

Nella serie di articoli scritti a suo tempo per Critica Meridionale (1974) e per Mondo Oggi (1980) cercammo di studiare la ricaduta sociale dei processi di industrializzazione nella zona di Sessa Aurunca e sulle caratteristiche dell’azione politica in tale zona negli anni ‘80. Con il libro Zona - aurunca/sud pontino: l’impronta nucleare (1985) cercammo di fare il punto sull’avventura nucleare nel territorio di Sessa Aurunca. Successivamente riprendemmo queste prospettive di ricerca, ma da un’angolazione antropologico-culturale- partendo dall'impostazione data al lavoro sviluppato poi in gruppo- L’illusione e la maschera (1977)- dirigendo, successivamente, il Gruppo di Studio Sinodale su Mentalità e costumi della nostra gente (1990) (ricerca piuttosto sinttica ma ricca di indicatori e- purtroppo - non molto conosciuta)- collaborando su questi temi a Civiltà Aurunca ed al Mensile Suessano, nonché attivando le seguenti recenti ricerche: Visioni politiche del mondo nel territorio di Sessa Aurunca, Definizione dell'habitat culturale di provenienza di un campione di popolazione studentesca e Giovani: valori e attitudini nell’alto Casertano (P. Stanziale 1993) - nonché Ricerche sulla cultura del magico (P. Stanziale 1997-98).

Da queste indagini, cui si è sempre cercato di dare una corretta impostazione in un’ambito di ricerca empirica, sono emersi una serie di fatti, di conferme, ma anche di interrogativi cui sarebbe troppo lungo accennare ma su alcuni dei quali conviene riflettere.

 

2.3

Anzitutto mi sembra opportuno rilevare che la storia sociale di Cellole, in provincia di Caserta,  coincidendo, in prima istanza, con quella della vicina  Sessa Aurunca, nell’ambito di un territorio definibile sessano, non può essere fatta in modo circoscritto ma deve essere tracciata, in seconda istanza, rispetto alla storia generale del Mezzogiorno e quindi con quella nazionale e facendone, quindi, risaltare i tratti sia specifici sia quelli omologanti …

E subito alcuni interrogativi relativi ai  punti che seguono:

-come l'essere stata Sessa Aurunca una cittadella della fede (M.Volante 1993) abbia influito sulla  evoluzione sociopolitica del territorio;

-le  modalità secondo le quali  si è venuta delineando nel '500-'600 una qualche classe borghese nel territorio aurunco;

-come viene ad emergere in modo specifico il filoborbonismo locale;

-come prende forma in modo specifico (e con una certa costanza) l'estraneità di grandissima parte del tessuto socioculturale della zona sessana, e non solo, ad idee e fatti storici orientati verso innovati assetti socio-politici.

 

2.4

Certo sono domande che già delineano - in un certo qual modo - produttive possibilità di approccio al Problema nella misura in cui alludono alla necessità, ormai improcrastinabile, di studiare in una prospettiva di ricerca sociale il passato locale. In ogni caso vorrei concludere questa linea di considerazioni cominciando a dare alcune risposte riferendomi a quanto sostiene Giuseppe Galasso (1965- 1982) a proposito della storia del Mezzogiorno d'Italia. Mi sembra che tre siano i punti interessanti che pone in evidenza Galasso nell’ambito dei suoi fondamentali itinerari di ricerca e su cui, anche attraverso percorsi diversi, vengono a convergere altri storici.

Il primo riguarda la specificità culturale di origine contadina delle zone come quella di Sessa Aurunca e Cellole che, pur avendo come confine il mare non hanno mai mostrato uno sviluppo di elementi culturali di civilizzazione legati alla pesca e alla navigazione e questo riguarda anzitutto Cellole che è l’insediamento  più vicino al mare;

la mancanza, in senso generale, di una capacità locale autonoma di elaborazione politica innovativa;

il fatto che innovazioni sociali e politiche nella zona sessana, come nel Mezzogiorno in generale, sono state originate, nella gran parte dei casi, dall'esterno-  e su questo punto di delinea una differenza tra Cellole e Sessa per il fatto che Cellole a fronte di una certa vivacità  politica è divenuto Comune autonomo distaccandosi da Sessa Aurunca e aprendosi una propria strada allo sviluppo.

Le suddette conclusioni- che di fatto finiscono per rappresentare delle costanti, facilmente inverabili a livello locale- possono ben costituire un paradigma interpretativo. Esse delineano in modo sintetico il quadro di un’analisi sociale che, partita da lontano, ben si collega ad altri tipi di analisi (sociologiche, antropologiche) più centrate sull’evo moderno dell’area locale.

 

2.5

Un altro punto di partenza, quindi, può essere dato da ciò che cercammo di delineare - in modo non basato sull’analisi quantitativa ma sulla tecnica dell’osservazione e dell’analisi partecipante (T. Tentori 1960) e su una serie di indagini, di interviste, di storie di vita, di colloqui e, se volete, di intuizioni verificate come modello culturale (cultural pattern), antropologicamente significativo (L’illusione e la maschera, 1977 e Civiltà Aurunca 2/85) per l’ambito locale sessano e quindi cellolese; in altre parole cercai di mettere in evidenza valori, comportamenti, attitudini e tutto ciò attraverso cui una comunità si rappresenta il mondo e come si rapporta con i problemi dell'esistenza (si trattava di indagini da intendersi come ricerche d’ambiente di taglio socio-antropologico (P. Guidicini 1991) giocate tra i classici E. C. Banfield 1961 e R. Lynd 1970). In grande sintesi il risultato di queste ricerche nel sessano collegavano le contraddizioni sociali e politiche, ed un certo livello di non-progresso generalizzato, a un non conseguenziale processo evolutivo tra Cultura Contadina, Cultura Umanistico-Idealistica, Cultura dell'Età Industriale (naturalmente in tale ambito cultura vuol dire kultur, civilizzazione, un ambito che comprende anche situazioni quali la scelta del tipo di scuola per un figlio o il grado di sindacalizzazione di gruppi sociali ecc.). In base a questi assunti era possibile, quindi, spiegare situazioni quali l'eccesso di familismo, il qualunquismo, forme di ribellismo fine a se stesso, la mancanza di senso dello Stato, il ruolo frenante della cultura contadina dal punto di vista del progresso socio-politico e  altro ancora: tutto ciò che, in effetti, poteva e può condurre ad un primo approccio esplicativo al tema della costante storica del sottosviluppo (indicando, sostanzialmente, con tale termine la consapevolezza sofferta di talune costanti sociali frenanti rispetto a reali risorse e a prospettive di razionale modernizzazione sociale possibile). E ciò, naturalmente riguardo non solo al sessano e al cellolese  ma riguardo a gran parte del Mezzogiorno e del Meridione ed è un’analisi che può correttamente venire, per molti aspetti, come vedremo, a riguardare anche l’attualità.

 

2.6

In ogni caso, nello sviluppo di queste note, non è possibile prescindere dal substrato della cultura contadina (altrimenti detta agraria o rurale)- per quanto delineato nelle analisi suddette- nel cui contesto riscontriamo che, parallelamente e successivamente, vi è stata l’egemonia umanistico-idealistica (quella incentrata sulla figura e sul ruolo sociale del Professore e dell’Avvocato, ma anche su quella del Medico) cui poi si sono sostituiti altri valori e comportamenti generalizzati legati ad altre figure di riferimento del successo sociale emergenti nell’ambito di un processo dai tempi piuttosto lenti e quasi sempre caratterizzati da una certa sfasatura rispetto alle dinamiche socio-politiche pertinenti alla modernizzazione della società nazionale.

I modelli di riferimento hanno orientato di volta in volta scelte sociali e valori ma quello che emerge in modo piuttosto palese- e che è utile puntualizzare ulteriormente- è quanto segue.

 

-La cultura contadina tende a permanere per vari aspetti come substrato del  modello socio-culturale generale e non è solo pertinente a quelle che erano le classi subalterne. Questa cultura, definita da P. Allum (1975) Gemeinschaft rurale si articola principalmente sui seguenti orientamenti:

 

-utilitarismo

-valore fondamentale della tradizione e della religione

-diffidenza nei confronti dell’altro

-accettazione di consuetudini e regole dominanti

-concezione gerarchica della società

-impossibilità di cambiare la struttura sociale

-atteggiamenti di rivolta o di rinuncia

-ruolo decisionale di fatto  della donna-madre.

 

Questo tipo di cultura per fortuna ha perso negli studi sociali, a partire dagli anni ‘60, un certo alone di esaltazione e di privilegio di derivazione ottocentesca per essere riportata nei termini di una critica storico-sociale che ne ha posto in luce gli aspetti di utilitarismo, di inconsistenza emancipativa e di anarchismo. Stiamo parlando di studiosi quali De Martino, Galasso, Tullio-Altan e soprattutto  Amalia Signorelli (1984) che particolarmente ha mostrato come il bisogno di folklore sia un bisogno regressivo. Questi studiosi hanno preso generalmente come spunto per le loro analisi la realtà del contadino meridionale descritta crudamente da Gramsci. "... il contadino è vissuto sempre al di fuori del dominio della legge, senza personalità giuridica, senza individualità morale, è rimasto un elemento anarchico, l’atomo indipendente di un tumulto caotico, infrenato solo dalla paura del carabiniere e del diavolo. Non comprendeva l’organizzazione, non comprendeva lo stato, non comprendeva la disciplina; paziente, e tenace nella fatica individuale di strappare alla natura scarsi e magri frutti, capace di sacrifici inauditi nella vita familiare, era impaziente e violento selvaggiamente nella lotta di classe, incapace di porsi un fine generale d’azione e di perseguirlo con la perseveranza e la lotta sistematica." (A. Gramsci 1974 e quindi C. Tullio-Altan 1986).

 

2.7

Il modello umanistico-idealistico, quindi, è stato il modello della classe egemone e riferimento di avanzamento sociale per le classi subalterne. Questo modello era pertinente più a Sessa Aurunca, storicamente centro del potere, che non alle aree periferiche come Cellole. Per vari aspetti, esso ha costituito l’ideologia di un ceto di potere che nell’area politica e nel campo amministrativo in generale ha trovato il suo sbocco naturale fino ai giorni nostri attraversando una fase di generale affermazione nel ventennio fascista. E qui il riferimento è alla figura del funzionario statale (A. Gramsci 1971) proveniente da una famiglia contadina che, attraverso una formazione umanistico-giuridica, accede ai quadri statali. Questo pattern, (articolato quasi sempre tra conservazione e idealismo) che meriterebbe uno specifico studio, molto più circostanziato rispetto a quanto accennato in precedenza da noi (P. Stanziale 1977- 1985), ha sempre privilegiato lo Stato inteso come ambito di sicurezza occupazionale e di esercizio del potere. Ciò anche per il ruolo di importanza assegnato ad un certo tipo di intellettuale nel quadro di una concezione idealistica dello Stato stesso, concezione che nella variante crociana dell’utopia moderata ha caratterizzato l’egemonia culturale napoletana dalla quale però si sono distaccati vari intellettuali perché sganciata da una praxis avente pure nel Mezzogiono connotazioni nuove (B. De Giovanni 1978). Vengono a completare questo modello alcuni indicatori (indicatore qui va inteso in senso generale) - cui è utile accennare in modo sintetico- quali:

 

-l’emarginazione della cultura scientifica

-l’osservanza religiosa di tipo formale per vari aspetti

-l’esaltazione dell’eloquenza e di una armonia di derivazione letteraria

-una certa xenofobia

-privilegio del monumento rispetto alla struttura

-armonizzazione idealistica della prassi.

 

2.8

Il processo di modernizzazione sociale poi ha portato un ovvio aumento della complessità del quadro sociale con l’affermarsi di valori e comportamenti legati alla cultura dell’età industriale o, se si vuole, post-industriale.

Anche qui è possibile individuare qualche orientamento :

 

-partecipazione maggiore ad attività associative

-competizione sociale

-forme di conformismo legate a modelli veicolati dai mass-media

-consumismo ed esibizione sociale dei consumi

-edonismo.

 

Manca dunque l’approdo all’assetto proprio di una gesellschaft caratterizzata da:

 

-gruppi sociali secondari

-dominio organizzativo

-legami politici orizzontali

-rapporti di parziale autonomia con l’apparato statale

-organizzazione politica in partiti di massa

-richiamo ideologico non populistico o religioso ma con una base culturalmente articolata.

 

 

Come già delineato in precedenza l’attualità del modello- che definiamo tradizionale o anche di dominio- vede la coesistenza, la convivenza, a volte contraddittoria, di elementi e situazioni relativi ai tre modelli precedenti, con le opportune scansioni rispetto agli scarti generazionali (e localistici), con tutto ciò che ne consegue in termini di immobilismo, produzione culturale, atteggiamenti politici, sviluppo economico, attitudini sociali.... E va qui sottolineato e non dimenticato il fatto che la dinamica sociale e il comportamento sociale e politico nascono da una visione del mondo originata proprio da un modello culturale che ne orienta comportamenti, atteggiamenti e attitudini.

Va, inoltre, considerato che la lettura dell’area locale attraverso il modello culturale di cui stiamo parlando non può non tener conto di quanto emerso da una ricerca sociologica (A. Calenzo 1983) e da una ricerca storica (G. Di Marco 1995): entrambe le ricerche insistono giustamente sulla compresenza territoriale di una realtà più specificatamente rurale- relativa alle frazioni del territorio comunale, tra cui  l’ex frazione Cellole- ed una realtà urbana relativa a Sessa Aurunca-centro, volendo così indicare differenziazioni socioculturali e storiche, in particolare costituendo tale differenziazione, per Di Marco, un paradigma interpretativo della storia locale. Per quanto ci riguarda il cultural pattern sopra-esposto, come anche quello relativo alla dicotomia gemeinschaft/gesellschaft possono, tali modelli, essere ritenuti validi per la lettura socio/antropologico-culturale di gran parte dell’area locale e non solo. Tale validità può essere confermata localmente attraverso l’individuazione di talune componenti significative a scapito di altre, trattandosi di un modello componenziale aperto alle stratificazioni ed alle dominanze.

Altro fattore importante è lo scarto generazionale cui abbiamo accennato, ovvero la preminenza di elementi del modello culturale dominante rispetto all’età e relativamente a come i giovani si trovino spesso in situazioni conflittuali rispetto a sollecitazioni ed influenze diverse (P. Stanziale 1993).

 

 

2.9

Ma procediamo con ordine anche utilizzando qualche flashback. Popolazioni locali che si sollevano non per rivendicazioni politiche (1848) ma per un "masto di festa" (P. Giusti 1928); una coscienza sociale in qualche modo consapevole di marcate forme di subalternità e in grado di organizzare forme isolate e non articolate di protesta e di rivendicazione politica: penso alle lotte per il Pantano dei cellolesi e a qualche jacquerie delle frazioni, penso a personalità come Maria Lombardi e Gori Lombardi per il loro faticoso ed inimitato impegno politico e sociale in tempi non facili per la formazione di una coscienza delle subalternità. Penso al ruolo della Sinistra fino ai giorni nostri ed al fatto che il suo modo di far politica ha solo smussato lo zoccolo duro del modello culturale generale (in tale ambito i lavori di G. Capobianco e G. Ciriello hanno il merito di aver delineato una memoria storica della sinistra e rivendicato il suo ruolo, ma non hanno esaminato fino in fondo l’incidenza sociale e politica di questa sinistra nella storia locale rispetto alla generalità del tessuto sociale, sinistra che era ed è rimasta una sub-cultura politica, essendo riuscita ad incidere solo in modo marginale sul modello culturale dominante). E poi: una religiosità formale e ritualistica, tesa a riprodurre identitariamente un assetto comunitario (P. Stanziale 1998) e addirittura ancora largamente sincretica fino agli anni '30 (N. Borrelli 1937). E ancora: l'interessata mediazione fascista che nel modificare alcuni equilibri acquista paradossalmente connotati di modernizzazione... la polarizzazione Mazzarella-Ciocchi che viene a costituire uno degli stadi intermedi nel processo di svilimento della politica come tale nella zona sessana (A. Marchegiano 1989); la zona sessana che elegge ai principi del '900 a proprio rappresentante in parlamento un personaggio legato alla malavita aversana..

Penso soprattutto alla egemonia della Democrazia Cristiana, partito sorto nel dopoguerra ad opera di esponenti dell’azione cattolica e di persone provenienti da esperienze politiche diverse. L’ampio consenso assicurato a questo partito era basato fondamentalmente su quello che Allum (1975) definisce boss politico (coincidente, nell’area locale, col grande elettore/luogotenente) avente capacità di organizzazione e di mediazione. Questi, secondo l’identikit che ne fa Allum è un professionista minore che organizza intorno a sé una clientela... prospera in una società poco industrializzata e si muove in una realtà economica poco florida per cui l’unica ricchezza è data dal favore, inscrivibile nella sua capacità di mediazione e di relazioni con la burocrazia statale in generale e ministeriale. Per quanto riguarda l’area locale il boss aveva l’appoggio incondizionato della Chiesa, almeno fino agli anni ‘70, epoca in cui comincia a delinearsi una certa autonomia dell’episcopato rispetto al potere politico (Quaderni del Sinodo n.1- 1990). In ogni caso era decisiva la sua struttura organizzativa che avendo Sessa Aurunca come centro aveva propri referenti in tutte le frazioni del Comune- compreso Cellole- assicurando, attraverso un controllo capillare, un pacchetto di voti da spendere- con una certa disinvolta autonomia- al fine di aumentare il proprio peso politico rispetto all’ambito parlamentare e rispetto alla burocrazia statale. L’organizzazione seguiva lo schema seguente (Allum 2003).

 

------------------------------------------------------Capicorrente---Dirigenti partito----------------------------------------------------

 

--------------------------------------------------Luogotenenti -------Parlamentari Sottosegretari--------------------------------------

 

-----------------------------------------------Grandi elettori------------Sindaci Cons. Com. Segr. Sez. Professionisti--------------

 

---------------------------------------------Capi elettori --------------------Attivisti Capi clan familiari------------------------------

 

------------------------------------------Galoppini---------------------------------Galoppini---------------------------------------------

 

----------------------------------Elettori-------------------------------------------------------Elettori-------------------------------------

 

Era questo- e per molti aspetti è-  un sistema di clientela abbastanza consolidato che, per vari aspetti, esulava pure da un circoscritto rapporto di tipo politico per essere strutturato secondo un familismo tipico per cui ci si rivolgeva al boss non solo per il favore ma anche per altri motivi connessi all’ambito familiare (malattie, matrimoni ecc.). Questo tipo di boss rientra, in senso generale nella tipologia di Whyte (1955) e Weber (1966) e negli studi di Kirchenheimer (La Palombara e Weiner 1966), ma se ne discosta per il fatto di essere calato in una realtà sociale di transizione, come ben mostra Allum (1975). Transizione tra un tipo di società agraria ed un tipo di società industriale secondo lo schema seguente.

 

Società di transizione e caratteristiche predominanti

 

Rapporti di classe: frammentari

Forme di organizzazione politica: boss/apparati politici

Sfera di attività: locale /nazionale

Richiamo ideologico: populista

Natura dei legami politici: ristretti/verticali

Metodi di controllo politico: manipolazione/coercizione

Rapporti con l’apparato statale: dipendenza totale

 

 

Questo tipo di boss è stato sostituito, successivamente negli anni, realizzando un certo successo di consensi, da altri tipi di boss più legati all’ambito industriale, più legati ad un dominio organizzativo e tecnocratico, con una parziale autonomia rispetto all’apparato statale ed alla Chiesa locale e collegati con lobby di potere economico e talvolta con aree di interessi diversi... Si tratta di boss che sono anch’essi figure di transizione dato che presentano sia caratteristiche legate ad un tipo di società agraria semplice sia caratteristiche legate ad un tipo di società più moderna. In ogni caso permane un tipo di dominio personale in un ambito localistico e con richiami ideologici di tipo populistico. Quello che ci interessa sottolineare qui è che la tipologia del boss politico rappresenta un indicatore rispetto ad una modernizzazione della politica come tale nell’area Sessa Aurunca-Cellole, che evidentemente stenta ad emergere come efficiente ambito di iniziative e volontà razionale, pure presente, anche con modalità diverse, in altri ambiti del Mezzogiorno.

 

 

2.10

E siamo così arrivati a tempi recenti i quali, prima di essere presi in esame, richiedono riflessioni su almeno due spunti analitici. Il primo riguarda lo studio di P. A. Allum (1975)- cui ci siamo frequentemente richiamati- che riguarda anche la nostra zona delineando sociologicamente ciò che era emerso per via antropologica, successivamente (1977), nelle ricerche suddette e che può essere così descritto in via di grossa semplificazione: gran parte della società civile dell’area Napoli-Caserta viveva tendenzialmente con continuità una propria situazione conflittuale dovuta al fatto che essa (società civile) non era ormai più una Comunità (gemeinschaft) e non andava neanche a diventare una Società (gesellschaft- F. Tönnies 1963) in senso moderno. Ovvero modelli comunitari e modelli societari convivevano, si sovrapponevano e collidevano. Vale a dire che conservazione di valori strumentali (utilitarismo, anarchismo ecc.) -propri di un comunitarismo di tipo rurale - tendevano a convivere con valori e comportamenti tipici della civiltà industriale (consumismo, crisi di valori morali, omologazione di massa, tipologie di acculturazione di tipo conformistico, l’uso di droghe ecc.), ovvero come sostiene D. De Masi (1969) c’era un assetto comunitario che andava disgregandosi rispetto ad una struttura societaria che appena si annunciava...

(È necessario, a questo punto, puntualizzare che il nostro modello antropologico-culturale, rispetto a quello di Allum era più specifico per la nostra zona. Allum non prendeva in considerazione l’ambito culturale umanistico-idealistico dato che l’impianto della sua analisi era centrato sul rapporto comunità- società - sulla linea Marx- Weber- Gramsci- Tönnies - e riguardava i rapporti tra potere e società nel collegio Napoli- Caserta). Questi erano i punti d’arrivo delle analisi le quali oggi si presentano con una validità inficiata solo marginalmente, permanendo come quadro analitico anche dell’attuale situazione sociale dell’area locale e non solo. Una conferma di ciò può essere riscontrata nella parte del presente lavoro che è dedicata proprio a questo tema dal punto di vista dell’analisi quantitativa, con un’ulteriore verifica tratta da uno studio CENSIS del 1998 sul Mezzogiorno.

Il secondo spunto nasce da un esame della società locale dal dopoguerra ad oggi: rapporti tra politica e società, il tipo di cultura politica, rapporti tra politica ed economia... Uno spazio sterminato di ricerca e di analisi ma in cui è possibile individuare qualche situazione particolarmente indicativa come la convergenza - all'inizio degli anni sessanta - tra il potere politico consolidato della borghesia medio-alta (che altrove abbiamo ritenuto definibile come parassitaria- P. Stanziale 1985) e gruppi economici locali e/o nazionali: e ciò come in moltissime altre realtà nazionali nell'epoca del boom economico. Nella zona sessana questo tipo di sviluppo - il quale ha originato grosse iniziative imprenditoriali, con i tradizionali risvolti clientelari (pur se nella zona sessana non è esistita né esiste una affermata tradizione imprenditoriale vera e propria)- non è avvenuto, purtroppo, secondo metodi non estranei ad iniziative varie della magistratura: ciò che nei fatti, costringe a non identificare lo sviluppo di queste iniziative con un progresso democratico reale e generalizzato della società locale. Del resto alcune di queste iniziative, nel tempo hanno mostrato i loro limiti imprenditoriali attraverso cessioni, ricomposizioni, riduzione delle attività o scomparendo. (Va annotato, a tale proposito che una storia degli insediamenti industriali nei Comuni di Sessa Aurunca e Cellole deve essere opportunamente delineata sia per ciò che riguarda le cattedrali nel deserto del boom degli anni ‘60 che per l’effettiva possibilità insediativa di tipologie industriali rispetto alla vocazione economico-produttiva del territorio).

 

2.11

A questo punto è necessario richiamare gli anni del cosiddetto boom economico in cui il comune di Sessa (comprendente Cellole) divenne un’area di incubazione della dipendenza dal Nord  (M. Fotia 2003). Basta ricordare almeno:

-la costruzione della centrale nucleare del Garigliano, una centrale con tecnologia americana che fu sperimentata con  risultati devastanti  successivamente emersi;

-la costruzione dello stabilimento metalmeccanico Società Prefabbricati Finsider, poi Morteo, successivamente oggetto di  cessioni e speculazioni;

-la nascita di Baia Domizia con le  note vicende imprenditoriali-giudiziarie.

 

“Nella seduta del 13.8.63 del Consiglio comunale di Sessa Aurunca venne approvata all’unanimità la delibera n. 316 inerente la vendita della Pineta di Sessa di proprietà del Comune ad una società settentrionale, l’Aurunca Litora, per la costruzione del villaggio Turistico-balneare denominato Baia Domizia. 

……………………………………………………………………………………………………………

Il 22 luglio 1959 l’Amministrazione Comunale presieduta dal DC Gennaro Ciocchi, aveva indetto un concorso per la valorizzazione della Pineta di Sessa Aurunca, che venne aggiudicato ad un gruppo di architetti napoletani e salernitani, Caruso, Defez, Di Majo, Gambardella Rosa e  Alfonso, Muzzillo, che non ebbe mai esecuzione. Esso prevedeva la vendita del terreno, in lotti, ai naturali del posto a l. 150 il mq ed a L. 300 ai forestieri. Vennero presentate circa tremila domande che non vennero mai evase. “ (G. Monarca 1994)

 

 

Negli anni seguenti l’operazione Baia Domizia, definita “uno scandalo democristiano” (S. Bertocci  1977), ebbe rilevanti risvolti giudiziari investendo la  DC a tutti i livelli, da quello locale a quello nazionale con  notevoli echi di stampa.

 

 

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3- Excursus

 

3.1

Svolte e immobilismi

Negli anni '80 qualcosa si è mosso nella società locale in modo non conforme al modello culturale dominante, articolando una certa dinamica emancipativa dall’interno del modello culturale tradizionale stesso, sotto la spinta di quelli che si potrebbero definire isolati focolai di cultura progressista (cui andrebbe dedicato una ricerca apposita soprattutto per individuare e distinguere situazioni e motivazioni, inscrivibili in un’effettiva presa di coscienza sociale, da forme reattive, da ribellismi, da particolarismi minacciati e da altri atteggiamenti di origine trasformistica derivanti dal modello culturale tradizionale). In ogni caso emerge un certo fermento sociale.

Si avvertono spinte verso la figurazione di una nuova coscienza sociale basata sulla salvaguardia dell'ambiente e della salute collettiva; il sorgere di timide forme di elaborazione culturale più moderne; la presenza di due Vescovi che, il primo- V. M. Costantini con il recupero del patrimonio monumentale-religioso e il secondo- R. Nogaro con una forte opera di sollecitazione sia della coscienza sociale popolare che delle energie intellettuali progressiste- hanno cercato di incidere, in qualche modo, sulla direzione del mutamento sociale. La lotta per la chiusura della discarica di Sessa Aurunca, le lotte per il blocco della centrale elettronucleare del Garigliano e per l’ospedale di Sessa Aurunca sono  i principali indicatori di queste nuove istanze. Cellole in questo periodo, nei suoi andamenti culturali e politici, rimane piuttosto al di fuori di  tali dinamiche.

In ogni caso una dinamica progressista trasversale viene ad affiorare difficoltosamente... E da un'altra visuale, invece: la presenza di una massiccia disoccupazione, incombenze ecologiche, mancanza di servizi efficienti, una cultura politica che si esaurisce nell'ordinaria amministrazione o nella radicalizzazione personalistica, illecito e violenza affioranti spesso, un’embrionale cultura imprenditoriale statica o troppo speculativa, scelte culturali qualunquistiche o di fuga, masaniellismi intellettuali... Aspetti negativi presenti- e verificabili- con una certa costanza. Come pure il fatto che più tardi alcune delle iniziative messe in campo negli anni ‘80, più che collegarsi ad un’autentica capacità di razionalità e di emancipazione sociale, hanno mostrato, alla fine delle spinte propulsive anti-involutive poste in atto, ad esempio, dal Vescovo Nogaro (R. Sardo 1997), il loro ritorno nel solco dell’andamento processuale del modello culturale tradizionale.

Tutto ciò che era risultato movimento- in opposizione e talvolta in collaborazione con i partiti politici -relativo a tematiche specifiche (nucleare- ospedale- discarica) e che era riuscito a mobilitare faticosamente la popolazione raggiungendo risultati positivi, ha solo in parte proseguito la sua opera, convergendo nei partiti o restando nella forma-movimento, ma senza il consenso e la vitalità riscontrati nella fase rivendicativa. Ciò indicando la continuità storica, per il tessuto sociale locale in generale, di essere disponibile solo per circoscritte forme di protesta su temi di immediata incidenza e non indicando affatto- come sostenuto in modo piuttosto retorico da A. Pannone (1995) per altre rivendicazioni- una presa di coscienza delle masse dei propri valori e dei propri diritti in senso generale.

 

3.2

Il quadro locale negli ani ‘90

La situazione dell’area locale, nella specificità dei suoi assetti strutturali e socioculturali, relativamente al processo di modernizzazione in atto, si inscrive senza differenze rilevanti nell’ampia crisi del Mezzogiorno e nella specificità di quella casertana che si presenta, nel Mezzogiorno, stesso con un quadro aperto di contraddizioni e di varie negatività. E dunque la prospettiva di studio cui è possibile accennare, è quella riguardante la dinamica dei rapporti tra il processo di modernizzazione nazionale e il Mezzogiorno anche per i risvolti pertinenti ad aree specifiche come quella locale. Ciò relativamente anche agli ultimi anni che hanno visto tutta una serie di mutamenti a partire da Tangentopoli, con il crollo della prima Repubblica, l’emergere del fenomeno leghista, oltre alla rivoluzione tecnocomunicativa, alla nuova legge elettorale nel ‘93 e all’avvicinarsi di Maastricht. Ma, come scrive F. Barbagallo (1997) all’inizio degli anni ‘90 non si avverte nel Mezzogiorno alcun mutamento... ciò anche perché è abbastanza operante l’egemonia meridionale della DC e del PSI basata sul volume di affari intercorrente tra politici ed imprenditori rispetto al pubblico denaro. Sarà la tangentopoli napoletana che coinvolgerà quasi tutti i partiti nel 1993 ad incidere ancor di più in senso strutturale e morale sulla storica crisi del Mezzogiorno. Successivamente e parallelamente le inchieste della magistratura denominate TAV, Spartacus, Phoney Money e Chèque to Chèque hanno avuto come passaggio quasi obbligato la Campania e l’area Caserta- Aversa per ciò che riguarda il rapporto tra politica e criminalità organizzata, seguendo una tradizione tardo-ottocentesca, con il pesante coinvolgimento di boss politici della prima Repubblica e presenti sulla scena politica nella metà degli anni ‘90, referenti provinciali anche dell’area politica locale. R. Sardo (1996) descrive con parole dure la situazione della provincia di Caserta : "...Le fabbriche sono diventate sempre più rare. ... I piani regolatori? Sono ancora oggetti non identificati. La Pubblica Amministrazione? Uno sfascio completo.... Il Litorale? Un mare che è diventato una fogna, una speculazione edilizia che ha arricchito i soliti noti.... Eppure i flussi di denaro sono stati enormi soprattutto dopo il terremoto del 23 novembre 1980..... È il fallimento di una classe politica, di una generazione intera di politici che hanno prodotto il disastro ambientale nel senso più largo del termine. Oggi nei confronti della politica c’è disaffezione. E come non potrebbe esserci dopo questa devastazione...” Parole che sembrano venate di estremismo ma che riportano a quanto è possibile riscontrare in gran parte nella realtà sociale del Mezzogiorno con i soliti indicatori: estraneità rispetto agli interessi collettivi e allo Stato, la mancanza di senso del collettivo in larghi settori sociali (C. Tullio-Altan 1986), il pubblico denaro e il patrimonio collettivo come ciò di cui si può abusare, un privatismo trasgressivo legato a quello che Banfield (1961) chiamava familismo amorale, strettamente connesso con l’ambito clientelare politico e con altre aree non chiaramente delimitate.

Il riscontro a tale quadro sociale è pienamente dato dal Rapporto CENSIS (1998), citato nel capitolo Ricerche del presente lavoro che disegna un quadro di situazioni e di tendenze abbastanza vicino alle conclusioni sopra esposte.

 

 

3.3

Visioni del Mezzogiorno

 

3.3.1

Sul Mezzogiorno, si sa, pesano giudizi storici pesanti: tra i tanti quelli di Gramsci, di Salvemini, di Galasso che parla (1982) di un processo di modernizzazione in cui il Mezzogiorno più che essere protagonista è stato risucchiato, indicando, in tal modo, la passività di un modello socioculturale che, in una prospettiva sistemica, tende, in relazione alle sollecitazioni esterne, a riorganizzarsi continuamente assorbendo tali sollecitazioni in un processo di adattamento alle proprie situazioni interne evitando ogni cambiamento di assetti in alcune aree. A questa processualità non è certamente estranea, tra altre realtà sociali, la realtà sociale locale che, come sistema, a sua volta, dall’Illuminismo al ‘68 ed alle tangentopoli varie, è rimasta impermeabile quasi sempre  a modificazioni decise delle sue dinamiche, adagiata in un andamento di crisi con casuali isole di consapevolezza e di iniziative emancipative. Una crisi che, nella concretezza degli eventi sociali, risulta quasi generalmente rimossa a livello di coscienza collettiva o avvertita peraltro in modo ovattato, se non contraddittorio, attraverso le retoriche dell’universo di discorso locale, nelle produzioni culturali e nella diffusa nostalgia di un passato di tradizione che tende talvolta a divenire una specie di rifugio identitario.

 

3.3.2

A Sessa Aurunca, a Cellole, come in altre aree del casertano, la nuova legge elettorale, ha visto la ratifica delle formazioni nate dalla crisi dei partiti della prima Repubblica, ed il sorgere di nuove formazioni che si sono andate ad inserire nel necessitante quadro di accordi nella contrapposizione politica istituzionale nazionale. Ma il fatto che a nostro avviso è importante rilevare è che il consenso politico permane fondamentalmente assestato secondo un modello tradizionale, pur se sotto sigle partitiche diverse e con embrionali elementi di modernizzazione di tipo organizzativo e programmatico, mantenendo la centralità dell’ambito familistico ed oligarchico (E. G. della-Loggia 1998) e malgrado qualche anomalia. Il principio di responsabilità certamente tarda ad essere un elemento propulsore di una managerialità pubblica all’altezza effettiva dei tempi e la nuova classe dirigente che viene a delinearsi, nei risultati, tende a confermarsi sulla tipologia del boss di transizione, indicando forme di adattamento e processualità non visibilmente innovative.

 

3.3.3

Il Mercato, ritenuto da Galasso (1982) uno dei possibili ambiti di spinta alla modernizzazione, non sembra aver avuto un’incidenza significativa sia rispetto agli assetti produttivi- in cui emerge solo timidamente qualche sporadica iniziativa- sia per ciò che riguarda il modello culturale dominante. (Lo stesso mercato invece ha costituito il brodo di coltura per lo sviluppo di una criminalità organizzata sempre più articolata) (R. Saviano 2006).

L’ordinaria amministrazione rimane un vischioso limbo che, dal dopoguerrra, in generale, assorbe gran parte delle attività politico-amministrative, che pure trovano la loro giustificazione operativa a fronte dei vari problemi territoriali, ma che permane, d’altra parte, come alibi di un ceto politico che, più che governare effettivamente lo sviluppo di un territorio, tende ad essere, all’osservazione oggettiva dei fatti, un prolungamento dell’attività amministrativa comunale, nel suo ruolo di mediatore sociale interessato: modalità piuttosto tradizionale della cultura politica locale, certo in ritardo rispetto ad una figura di politico-amministratore da intendersi come mente propulsiva di progettualità razionale, di efficiente e democratico utilizzatore di risorse. I comportamenti degli amministratori si presentano, nella realtà sociale, da una parte, ovviamente correlati all’esercizio del proprio ambito professionale, naturalmente allargato all’insieme dei rapporti sociali tesi all’ampliamento della propria base elettorale, da un’altra parte sono presi nei meccanismi consiliari-amministrativi di cui, di fatto, tendono ad essere una funzione ad un livello diverso; vi è poi l’ambito dello sviluppo dei rapporti politici e amministrativi ai vari livelli non locali. In tale spazio pare saturarsi il governo del territorio secondo ritmi che non sembrano discostarsi da un andamento sostanzialmente tradizionale.

 

 

4.3

La sinistra

 

4.3.1

Per quanto riguarda il ruolo della sinistra, nel contesto dei riferimenti che abbiamo delineato, Galasso (1982) parla della crescita del tessuto comunista come fattore di modernizzazione e di innovazioni nel comportamento politico nel Mezzogiorno. E sottolinea come l’osmosi di funzionari di partito, riguardo anche questa area, abbia costituito, come serie di interventi esterni al sistema, fattore di modernizzazione. Tale fatto però, relativamente all’area casertana, non pare abbia prodotto situazioni concretamente rilevabili come spazio di riorientamento dei consensi elettorali e/o convincenti fenomeni emancipativi. Del resto Galasso stesso (1982) scrive, successivamente, di un periodo del dopoguerra nel Mezzogiorno, in cui comunisti e socialisti, che si richiamavano ad una cultura della razionalità e dell’universalismo, restano un corpo estraneo rispetto alla tradizione del Mezzogiorno. Per i decenni successivi pensiamo che tale giudizio sia valido per zone come quella del casertano  dato che, per quanto abbiamo esposto in precedenza, l’apporto culturale della sinistra è rilevabile solo entro ambiti circoscritti rispetto al modello culturale tradizionale.

Va altresì considerato come il passaggio dall’opposizione al potere abbia costituito per una certa sinistra, ad esempio, un passaggio da un’ideologia di progresso verso un rapido adeguamento agli schemi affaristici del blocco di potere politico-imprenditoriale, attenuando nel concreto le spinte modernizzanti (G. Galasso 1982).

 

4.3.2

 

È nelle regioni meridionali, in particolare, che la stagione del compromesso storico avvia una pratica consociativa crescente, approdata alla fine ad una degradazione della vita politica generale senza precedenti. Ed è qui che risulta con maggiore chiarezza come il consociativismo italiano non sia riconducibile al modello delle democrazie consociative, così come è stato concepito in dottrina, ma sia piuttosto da considerare come un sottoprodotto, un’uscita laterale, compensativa del fallimento dei tentativi di governare il Paese attraverso la formula delle grandi coalizioni.  (M. Fotia 2003)

 

4.3.3

Riteniamo che sia ancora tutta da completare la storia del PCI-PDS-DS  nel casertano. In ogni caso quello che sembra risultare con una certa evidenza dagli scritti di G. Amendola (1957), C. Graziadei (1979) e G. Capobianco (1981- 1987) è il difficile lavoro di organizzazione svolto nel Casertano dopo la guerra, nell’area contadina- principalmente- e operaia, di articolazione dell’opposizione politica a livello amministrativo e di sostegno alle rivendicazioni rispetto a situazioni specifiche: ciò secondo gli schemi del partito nuovo. Tale direttiva fu quella che ispirò l’azione di molti dirigenti, da C. Graziadei a G. Capobianco, a Gori Lombardi nell’area sessana.

Ma due riflessioni vanno opportunamente sviluppate a questo punto. La prima riflessione riguarda il faticoso lavoro politico ed i risultati ottenuti dal PCI-PDS dal dopoguerra ai giorni nostri nel casertano e nel sessano. A tale proposito ci si chiede se il consenso politico guadagnato sia stato l’effettiva espressione di un impianto di cultura politica generalizzata specificatamente richiamabile a Lenin, Gramsci, Togliatti (P. Bufalini 1947) e al pensiero socialista italiano. La seconda riflessione richiama il fatto che il modello culturale tradizionale è sempre stato ed è operante secondo le linee di cui abbiamo parlato in precedenza come background solido trasversalmente orientante la generalità del tessuto sociale. Riflessioni, queste che costituiscono un’ipotesi di lavoro mirante a definire in senso antropologico-culturale l’ordine dei rapporti, delle incidenze, dei trasformismi e degli adattamenti tra il modello culturale tradizionale e la cultura di sinistra nelle sue elaborazioni, nelle sue rappresentazioni e nella sua politica.

I dati elettorali dell’area locale dagli anni ’50 in poi convergono a definire lo spazio conquistato con difficoltà dal PCI dal dopoguerra rispetto ad un modello culturale e ad un consenso politico piuttosto irrigidito nei suoi poli di riferimento e su cui poi verrà a strutturarsi l’egemonia democristiana, negli anni successivi, coi boss politici di cui abbiamo accennato la tipologia. In questo ambito di riflessioni l’acquiescenza del PCI sessano, ad esempio, all’operazione Baia Domizia, pur se giustificata dal possibile uso democratico e razionale del ricavato, come ben spiega G. Capobianco (1981) (G. Monarca 1994) può essere parimenti letta come il portato di quella cultura della provvidenzialità di cui abbiamo parlato in precedenza, (P. Allum 1975) non estranea quindi neanche alla sinistra e alla cultura politica attuale.

 

3.3.4

In ogni caso una riflessione riguardo l’azione politica svolta dalla federazione del PCI-PDS-DS di Caserta negli ultimi decenni non può non soffermarsi su una certa non precisa consapevolezza dei processi socio-culturali in atto con i relativi risvolti politici, sulla mancata puntualità di talune risposte politiche e su una elaborazione politica non sempre rispondente al peso della egemonia originata dal modello culturale dominante.

 

Sulla situazione odierna della sinistra- nella coalizione dell’Ulivo - nel casertano, è arduo parlare in modo circostanziato, dalla prospettiva di ricerca scelta per le presenti note, ma si può certo rilevare, dall’arco delle esperienze politico-amministrative in atto, che sembrano emergere due diverse tendenze pur con una certa varietà di situazioni intermedie. Una che comporta, nell’indirizzo genericamente liberale dell’ex PCI, adesioni, adattamenti e integrazioni a modelli di governo politico di derivazione sostanzialmente tradizionale; un’altra che embrionalmente mostra la maturazione di prospettive, anch’esse di tendenza liberale, ma effettivamente innovative, come elaborazione della proposta politica in generale, attraverso aperture, condivisioni e inserimenti attivi nel ciclo modernizzante, più attinenti ad un’operativa cultura del cambiamento e a razionali possibilità di governo del territorio.

Ciò richiama il fatto che la crescita del PDS- DS, come partito di governo, nelle varie aree del Mezzogiorno, non esclusa quella locale, non è senza problemi. La convivenza, all’interno di questo partito, di un certo spirito  tradizionale di militanza con il portato e la convergenza di esperienze politiche di matrice diverse non si traduce sempre in un indirizzo politico unitario esente da fazionismi, querelle interminabili e secessioni. D’altra parte la perdita di un forte ancoraggio ideologico comporta sempre un adeguamento al modello tradizionale con il risultato spesso di una perdita di identità a vantaggio di un’omologazione generalizzata della cultura politica.

 

 

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4- CELLOLE

 

 

4.1 Dati e documenti

4.1.1

Storia

Cellole è un comune della zona occidentale dell'alto casertano, secondo le ultime stime ha una popolazione di circa 7.560 abitanti, le radici storiche della città moderna risalgono al feudalesimo, periodo durante il quale il territorio era usato come magazzino di merci che venivano stipate in celle, da qui il nome Cellole che deriva infatti dal latino pagus cellularum delle quali sono presenti resti a cielo aperto, la città è sorta vicino alle rovine della città romana Vescia che doveva essere ubicata tra le odierne Carano e Piedimonte, quindi le radici più profonde dell'attuale città potrebbero risalire al periodo della nascita della città di Sinuessa circa 4 km a nord di Mondragone.

Più tardi per gli abitanti del medioevo Cellole divenne un punto di ritrovo in quanto la città era ubicata vicino l'antica via Appia, durante il feudalesimo il territorio cellolese era stato integrato nei domini dei Signori di Sessa Aurunca, ma le sue radici più profonde risalgono al periodo della nascita della città di Sinuessa a circa 4 km a nord di Mondragone. Con l'arrivo dei Longobardi i territori dell'ager sinuessanum si disgregarono e quel villaggio che allora contava poche centinaia di abitanti fu inglobato nel territorio di Sessa Aurunca che era l'unico riferimento economico culturale e sociale di tutta la zona circostante.

Nell'anno 1973 la storia di Cellole subì la sua svolta più importante, quando la popolazione del comune di Sessa Aurunca fu chiamata alle urne al fine di decidere se Cellole avesse i requisiti adatti all'autonomia amministrativa. La popolazione del comune di Sessa Aurunca decise per l'autonomia di Cellole il 21 Febbraio 1973, dopo due anni incominciò l'attività amministrativa del comune, ossia il 2 aprile 1975.

 

4.1.2

Chiese

 

Chiesa S. Marco

La chiesa di San Marco è il monumento cristiano più significativo di Cellole, e ancora oggi, motivo di orgoglio dei suoi abitanti. La sua costruzione originaria risale al IV-V sec.

 

Villa S. Limato

A nord della colonia romana di Sinuessa sorge la villa marittima in località San Limato, i cui resti sono in parte inglobati nella masseria di S. Limato. La villa, l’unica scavata e visitabile nella  zona.

 

 

Chiesa di S .Lucia

 

La nuova chiesa di S. Lucia fu edificata verso la fine del ‘700 e completata nel 1804, in sostituzione dell’omonima chiesa di origine medioevale di cui restano ancora oggi i suggestivi ruderi.

 

4.1.3

Le torri di Cellole

L'uso delle torri di avvistamento sulla costa ha origine antichissima; Plutarco nella vita di Pompeo scrive di torri di osservazione e fortificazione usate dai pirati nelle guerre contro i romani. Queste torri permettevano di avvistare le navi nemiche e di organizzare le difese.

 

 

4.2

Territorio

Il territorio di Cellole si estende in una pianura che ha un'escursione di altitudine di appena 36 metri al di sopra del livello del mare ed ha estensione di 33 Kmq, il territorio comprende anche parte della fascia costiera di Baia Domizia e Baia Felice. La geologia del territorio è di origine vulcanica, nasce dal Vulcano di Roccamonfina che ha generato in seguito un terreno alluvionale molto fertile ma tale terreno è rimasto a lungo incolto finché sotto il regime fascista le aree di località Fievo e località Pantano furono bonificate per renderle disponibili ai contadini e diminuire le malattie infettive.

 

4.3

Economia

L'economia del territorio cellolese si concentra su attività rurali e sull'artigianato, dagli anni cinquanta si è riscoperta come meta turistica, particolarmente rinomata in Germania e in tutto l'hinterland napoletano è Baia Domizia, che in realtà conta poche centinaia di residenti, ma durante le calde giornate estive è in grado di ospitare decine di migliaia di turisti.

A contribuire all'economia locale una leggera presenza industriale si è stabilita 2 km ad est del centro urbano in località Civette, la maggior parte dei residenti però lavorano nei comuni limitrofi.

Una fonte del 2001 indica che in realtà il numero di occupati rilevati nel comune di Cellole fosse di sole 991 unità che corrispondono al 13,86% della popolazione, il dato fa emergere una situazione preoccupante e mette in risalto una situazione economica tipica dei comuni del sud, ed evidentemente una tendenza al lavoro sommerso.

4.4

Quadro occupazionale

Sul territorio sono presenti (anno 2001):

  • 94 attività industriali 244 addetti 24,62% degli occupati
  • 167 attività di servizio 278 addetti 28,05% degli occupati
  • 138 altre attività di servizio 341 addetti 34,41% degli occupati
  • 18 attività amministrative 128 addetti 12,92% degli occupati

 

4.5

Evoluzione demografica

I nuclei familiari rilevati nel 2001 sono stati: 2352 con circa 3,04 persone per famiglia Abitanti

 (………)

Popolazione maschile: 3497

Popolazione femminile: 3652

Densità: 203 ab. Per Kmq

Numero famiglie: 2352

Media componenti per famiglia: 3,03

Numero abitazioni: 7230

 

(www.peopleandstreets.it)

 

4.6

Cellole

 

Sismicità gr…………………… 2

Altit. Centro …………………..19

Indice vecchiaia………………..82,67

Reddito fam. 1999……………..68.645 € 

Reddito impon. 2000 <= 7740.84 € contr. 1235 Ammontare 4.350

………. da  7740.84 a 15493. 71 € contr….615 Ammontare 7.070

………. da 15493.71 a 30897.41 € contr….453 Ammontare 9.053

………. da 30897.41 a 69721.68 € contr…...39 Ammontare 1.634

…….  oltre 69721.68 €…………...contr…….7 Ammontare     948

 

Consumi ENEL………2.970

Abbon. RAI TV……...1.396

Depositi bancari…….22.333

Impieghi bancari…….7.436

*

Cellole-centro

 

Un piccolo autodromo

Palestre: n. 2

Ristoranti –pizzerie  Cellole centro: n.  6

Bar n.14

Negozi abbigliamento n. 12

Supermercati n. 5

Edicole giornali n. 3

Cartolibrerie n. 2

Squadre calcio n. 3

Scuole danza: n. 2

Scuole ballo: n. 3

Sportelli bancari: n. 2 + Uff. PP TT

Imprese costruzione n. 5

Studi commerciali n. 6

Studi legali n. 9

Studi medici n. 5

Studi ingegneria n. 3

Studi architetti n. 3

Studi geometri n. 10

 

(Wikipedia – Annuario Statistico Campano- C. Capomaccio, Pagus Cellularum ecc., Zano Ed. Sessa A. CE, 2003 –www.archeoclubdicellole.it – rilevazione diretta)

 

 

4.7

L'ambiente di vita e di cultura

 

Territorio e popolazione

Situato all'estremo nord della regione Campania, il territorio di Cellole si estende su una vasta zona pianeggiante che va dalla statale Appia fino alla Riviera Domiziana, abbracciando i borghi di Centore, Casamare ed il villaggio turistico di Baia Domizia.

 

 

Aspetti economici

Favorita dalla collocazione in pianura ed in prossimità di grandi vie di comunicazione, dallo sviluppo della fascia costiera, ormai interamente urbanizzata, Cellole ha conosciuto un frenetico e rapido sviluppo economico, che  ha travolto la vecchia società contadina ( I) e ha dato un forte impulso al commercio alle attività artigianali e alla stessa agricoltura, favorendo la nascita di numerose aziende agricole, soprattutto casearie e vinicole.

 

Aspetti sociali

Negli anni del boom economico a Cellole si è registrato il tramonto della cultura contadina (I) ed il rapido passaggio dalla famiglia patriarcale alla famiglia nucleare (I), favorito dal ritorno di molti emigrati e dall'immigrazione di  nuclei familiari dai paesi vicini e dal circondario di Napoli. La popolazione di Cellole è aumentata e l'ambiente sociale si è notevolmente diversificato e  risulta molto eterogeneo.

 

Aspetti culturali e ricreativi

Nel territorio di Cellole sono presenti: la Direzione Didattica con scuola Primaria e scuola dell'Infanzia, l'Istituto Comprensivo E. Fermi, una Scuola dell'Infanzia gestita dalle suore ed un asilo nido e Scuola dell'Infanzia gestita da Ente privato. Inoltre sono presenti strutture educative, sportive e ricreative:

 

  Scuola di calcio, di danza, di tennis e di karate

  Centro sportivo "Malibù"

  Varie palestre private

  Associazione AGE

  Scuole di danza

  Cooperativa "Korakanè" con gestione di una casa famiglia

  Oratorio "San Marco-San Vito" con annessa Biblioteca

  Centro parrocchiale "Santa Lucia"

 

 

 

Bisogni del territorio

 

  più spazi per il tempo libero

  maggiore attenzione alla sensibilizzazione al rispetto alla legalità

  maggiori impulsi socio-culturali

  raccordo più sistematico tra scuola, associazioni di volontariato ed enti  locali

  rafforzamento dei rapporti scuola-famiglia

  piscina comunale o privata

  strutture per attività teatrali

 

(Dal POF Direzione Didattica Cellole – Internet 2006)

(I) L’Autore  ritiene queste affermazioni piuttosto sommarie

 

 

 

4.8

Aziende agricole con allevamento

 

Bovini, n. 41 capi 347

Bufalini, n. 15 capi 2354

Aziende con mezzi meccanici n. 475

 

(Censim. gen agr. 2000)

 

 

4.9

I dieci cognomi più diffusi nel comune di Cellole

 

 

 

Numero

Cognome

158,08

Verrengia

127,68

Freda

127,68

Sorgente

106,40

Perretta

76,00

Montecuollo

72,96

Sorbo

66,88

Fusciello

54,72

Russo

51,68

Romano

48,64

Calenzo

 

(NEXUS.INDETTAGLIO.IT)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(…….)

 

                                        

4.10 Topografia dell’area locale  Cellole – Sessa Aurunca  - Provincia di Caserta

 

 

 

 

 

 

(……)

 

 

 

 

 

 

 

 

(……)

 

 

 

 

4.11 Cellole centro dal satellite

 

 

4.12

Documenti

 

Democrazia Cristiana

                 Sezione di Cellole

 

AL CONSIGLIO COMUNALE DI SESSA AURUNCA

       Nello spirito di serietà e concretezza, che ha sempre contraddistinto l'azione del nostro partito, senza abbandoni a manovre demagogiche ed a manifestazioni retoriche, il Consiglio direttivo della D.C. di Cellole, constatata l'esistenza della aspirazione della popolazione di Cellole ad ottenere l'autonomia comunale, considerato che le case abitate stabilmente nei pressi del ponte della SS. Appia sul Garigliano distano circa 18 Km. dal capoluogo e che più o meno la stessa distanza devono percorrere gli assegnatari dei moltissimi poderi dell'opera nazionale combattenti, disseminati dalla località Schiavi alla località Masseria Vecchia sulla via Domiziana, ed il grande disagio che deriva alle famiglie dei lavoratori di quelle importantissime aziende agricole e l'elefantiasi della burocrazia italiana e quindi il disagio che ne deriva agli abitanti della periferia che in media almeno una volta alla settimana devono recarsi nei vari uffici del capoluogo, per cui la loro settimana lavorativa viene a ridursi a cinque giornate, tenuto conto che il dispendio di tempo genera, nel complesso,una notevole diminuzione delle produttività nei singoli gruppi familiari con grave discapito dell'economia privata e collettiva, che negli ultimi anni il potenziale economico è notevolmente aumentato, sia per l'impianto di nuove industrie, sia per il completamento di opere di bonifica,infatti si sono stabiliti nelle zona oltre ad un grande stabilimento di prefabbricati metallici ( Soprefin) di stabilimenti di manufatti metallici ecc. ( OMS e Disidrat ) un moderno e funzionale mercato ortofrutticolo, nonchè un complesso turistico alberghiero-balneare; che nella stessa frazione esiste una moderna scuola media statale ed una scuola professionale è stata creata nel centro di colonizzazione di Centore

                                                                      RIVOLGE

il più vivo appello al Consiglio Comunale di Sessa Aurunca perchè il problema dell'autonomia di Cellole venga affrontato in tutte le sue componenti ed avviato ad una definitiva soluzione al più presto. Questo consiglio non può certamente associarsi alle manovre tatticistiche adottate sul grave problema dalle altre formazioni politiche, le quali si sono abbandonate a speculazioni meramente elettoralistiche, che certamente non possono dare un contributo positivo ed obbiettivo alla risoluzione del problema stesso.

Questo Consiglio Direttivo, pertanto, nello stigmatizzare l'azione talvolta pregiudizievole delle stesse legittime aspirazioni della popolazione cellolese in quanto prescinde dall'esame obiettivo degli aspetti del problema, sicuro interprete dei più genuini e sereni sentimenti della stessa popolazione di Cellole, rivolge un vivo e fervido appello a codesto spettabile Consiglio, affinchè, pur nel demandare necessariamente, essendo alla fine del mandato, alla eleggenda nuova amministrazione, l'effettivo esame del problema, ponga, sin d'ora, con la nomina di una apposita commissione di studio, le premesse fondate ed indispensabili per la discussione e la soluzione del problema ormai improcrastinabile. Questo consiglio è fermamente convinto che la gravità e l'importanza del problema troverà ampia rispondenza nella sensibilità e responsabilità degli uomini della Democrazia Cristiana e ad essi rivolge con illimitata fiducia per l'accoglimento delle legittime istanze, che permeano la espressa aspirazione della popolazione di Cellole ad  erigersi a comune autonomo.

Di Leone Giovanni - Sorgente Sigismondo - Sorgente Antonio - Martucci Mario - Cerrito Antonio - Marzullo Vincenzo - Sorgente Luigi - Sparagna Salvatore - Verrengia Mattia.

                                                                                                   Il Segretario D.C. Cellole

                                                                                                   Dott. Lorenzo Montecuollo   

 

ROMA di Napoli

Le ripercussioni dei moti del 21 aprile

 

Ventisei cittadini imputati di vari reati

                         

Cellole,  16 /07/1970

(A.  Dodde)  - Due mesi  e mezzo, circa, sono  passati da quel famoso 21 aprile che gli annali storici della   vita del nostro  centro ricorderanno a lettere cubitali ai posteri. Sarà una pagina degna di un evento memorabile. Questa pagina ricorderà lo scoppio di un moto, di una ribellione, di una sfida, di una dimostrazione popolare, protestatoria e rivendicativa di un diritto incontestabile, innegabile e perciò stesso legittimamente valido. Quel moto fu la deflagrazione di una esasperazione di una lunga annosa mortificazione spirituale sopita e mai voluta manifestare.

   Fu una esplosione causata e provocata da coloro che presumerebbero di rappresentare lo spirito della nostra Carta Costituzionale. Quel moto fu l’epilogo maturato dalla contraddizione politica, amministrativa e legale degli ipocriti, dei demagoghi, dei falsi depositari di un diritto riconosciuto sulla carta, disconosciuto in pratica. La dimostrazione plastica e palpabile di quanto diciamo ci viene  dagli inviti nominativi che la magistratura ha diramato nei giorni scorsi a 26 Cellolesi per la nomina di un rispettivo legale- difensore in vista di un processo la cui data di celebrazione a loro carico non è stata ancora fissata.

Quei 26 Cellolesi, sarebbero i maggiori responsabili di quella dimostrazione  inscenata il 21 aprile scorso per disapprovare, condannare l’atteggiamento speculativo, antidemocratico ed anticostituzionale degli organi amministrativi politici e giudiziari locali – provinciali e governativi.

I loro reati secondo i quali, quindi, imputabili, sono quelli previsti e contemplati dai numerosi articoli del C.P. di cui trascriviamo alcuni: 81; 110; 337; 332; 142; 341; 562; ecc. A questo punto ci viene spontanea la domanda: hanno sbagliato? Hanno infranto il  Codice Penale ? Se si, la Magistratura dovrebbe, tuttavia, non muovere un dito a loro danno applicando appieno quella famosa legge morale che è la più idonea, la più valida, la più obiettiva, che, il nostro Codice Penale. Contrariamente essa dimostrerebbe che i primi a sbagliare, a compiere il grave reato passabile di dure pene, furono proprio coloro che in rappresentanza del popolo italiano, formularono, varandola infine, la nostra  Carta Costituzionale. Altrettanto condannabili sarebbero quelli che fino ad oggi la hanno rappresentata senz’averla mai applicata nel caso di Cellole, nella giusta misura. La causa di Cellole a chi non è nota? Da anni, da lustri, in virtù dei requisiti maturati, ha avanzato giusta richiesta di autogovernarsi, autoamministrarsi. Una richiesta sempre respinta, inficiata con persistente diniego.

Una richiesta costantemente stuprata, snobbata e turlupinata con il sistema schiavistico sottoponendo il laborioso popolo di Cellole ad angherie, a soprusi, a duri fardelli, a pesanti mortificazioni, a innominabili umiliazioni. Non è onesto né legale calpestare, infognare,bistrattare le capacità , gli innegabili requisiti di un popolo adulto, maturo ormai di provvedere a se stesso con diligenza e amor proprio.  E’ disonesto, inumano, illegale, antisociale e anticostituzionale infrangere il grande codice della morale cristiana obbligando la popolazione di Cellole a rimanere dipendente di una città chiusa, gretta e mal disposta a concedere neppure una minima parte di quanto riceve dalla stessa popolazione.

Ci riferiamo alla città di Sessa, i cui amministratori appoggiati da altrettanto gretti e speculatori politici, hanno sempre assoggettato quel popolo a indicibili sopportazioni soffocando ogni aspirazione, ogni anelito al miglioramento sociale, etico ed economico, alla libertà. Cellole ha adito tutte le strade e tutte, per ragioni politiche, si sono  presentate sempre cieche.

 Un appello, a chiusura di queste note, rivolgiamo alla Magistratura del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere perché, vagliando e valutando le ragioni che indussero i Cellolesi a quella manifestazione, abbiano  nel  momento di decidere della sorte degli imputati, ad usare assoluta clemenza le cui colpe sono quelle di aver dato giustificato e plausibile sfogo, da sempre paventato da noi su questo giornale, senza ricorrere ad alcun atto di teppismo, a quegli aneliti, a quei sentimenti sempre calpestati, tenuti in forzata soggezione. Ed infine, anche con le condanne, con le pene, quegli aneliti, quei sentimenti non si spegneranno  mai.

Saranno una fiamma sempre accesa che brucerà, che divamperà prepotentemente fino alla soluzione definitiva del nostro problema: l’autonomia comunale di Cellole.

 

 

 

(……)

 

 

5- Ricerche

La Sociologia ed alcune altre Scienze Umane sono da ritenersi discipline basate fondamentalmente sull’osservazione e su orientamenti concettuali (F. Ferrarotti 1998), questa ci è sempre sembrata una prospettiva di studio abbastanza valida e produttiva. Questi, dunque, i criteri che abbiamo tenuto presente nelle nostre ricerche, criteri che però non possono prescindere né da un background storico-filosofico né da una lettura corretta dei fatti sociali in senso sincronico e diacronico integrata dalla analisi quantitativa. Pur se tutto ciò che è conoscibile non è misurabile (Ferrarotti 1998) tuttavia la ricerca quantitativa fornisce trend, elementi, orientamenti e verifiche preziosi.

A complemento documentario  del presente lavoro questa  parte riguarda alcune  ricerche relative all’ambito locale comprendente anche Cellole e di cui abbiamo già parlato in un precedente lavoro (Stanziale 1999). Ai risultati delle suddette ricerche e studi pensiamo vada attribuito un valore dialettico e contestuale, non assolutizzabile, ma necessario nell’ambito dell’enucleazione di processualità e di dinamiche sociali che è ciò che maggiormente ci interessa porre in evidenza.

 

 

5.1

 

  Nell’autunno del 2004, nell’ambito delle attività connesse con l’insegnamento dell’Educazione Civica della classe III Sez. B del Liceo Scientifico “E. Majorana” (Sessa Aurunca), fu attivata una ricerca-sondaggio  relativa alle “Visioni politiche del mondo”. Questa ricerca nacque dall’esigenza di uscire fuori dal generico delle valutazioni politiche e sociali relative all’ambito locale per cercare di “misurare” e definire le modalità di rappresentazione della politica in relazione all’habitat sociale e culturale locale e ciò anche in una prospettiva diacronica.

In effetti, il punto di partenza era stato il famoso libro di P. Allum: “Potere e società a Napoli nel dopoguerra” (1975) che ebbe il merito di evidenziare in modo scientifico le modalità di rappresentazione della politica e delle problematiche sociali nella gente dell’area Napoli – Caserta. 

Prendendo spunto da Allum una ricerca, in qualche modo analoga, fu iniziata nel 1991 presso l’Istituto Magistrale Statale “T. Da Sessa” (Sessa Aurunca), e portata a termine successivamente presso il Liceo Scientifico “E. Majorana” e pubblicata nel 1999. La successiva  ricerca-sondaggio quindi, fu utile per verificare se, nell’arco di oltre un decennio nella società locale, vi siano stati, in qualche modo, effettivi mutamenti in relazione ai parametri di indagine presenti nella ricerca del 1991.

Gli indicatori usati per la strutturazione del questionario della ricerca-sondaggio furono:

a)       l’acculturazione;

b)       la socializzazione;

c)       il rapporto con i candidati alle elezioni;

d)       le rappresentazioni dello Stato;

e)       il rapporto tra Stato e territorio;

f)        le rappresentazioni della politica locale.

Su questi indicatori venne strutturato il relativo questionario riguardante i seguenti ambiti:

a)       fonti di amicizia;

b)       partecipazione sociale;

c)       pratica religiosa;

d)       lettura;

e)       televisione;

f)        politica;

Quest’ultima con  n. 18 items.

Il campione venne costruito tenendo presente:

a)       età degli intervistati compresa tra 25 e 60 anni;

b)       50 % maschi e 50 % femmine;

c)       classi sociali: 10 % borghesia medio-alta, 50 % classe media, 40 % classe “operaia”.

Gli studenti in numero di 23 si preoccuparono di somministrare il questionario nelle seguenti aree:

1)       Sessa Aurunca

2)       Cascano

3)       S.Castrese

4)       Piedimonte

5)       Falciano del Massico

6)       Carinola

7)       Casanova

8)       Sparanise

9)       S.Carlo

10)  Cellole

11)   Roccamonfina.

Si tratta di località che presentano margini plausibili di omogeneità di situazioni ambientali, sociali, economiche e politiche: ciò che è abbastanza importante per la veridicità dei risultati. Ogni studente somministrò 36 questionari di cui:

-          18 a donne e 18 a uomini;

-          di questi 18:

-          6 a persone della classe “operaia”, 

-          9della classe media,

-      3 della classe medio-alta.

Questa campionatura ci sembrò essere affidabile dal punto di vista metodologico per una ricerca-sondaggio, anche se certamente permaneva un margine di aleatorietà (principalmente per ristretti scarti di percentuali di risultati) che però ritenemmo non tale da inficiare il valore generale della ricerca-sondaggio. L’universo del campione  risultò essere di 528 unità. Ciò a fronte della ricerca del 1991, che comprendeva un universo di 700 unità relativo allo stesso ambito territoriale della presente ricerca-sondaggio

 

RISULTATI

 

1.       Fonti di amicizia

 

 

 

Casuali

14.7%

Parenti

15.7%

Amici di infanzia

20.5%

Associazioni e circoli

7.7%

Vicini di casa

14.4%

Ambito lavorativo

26.8%

Nessun amico

0.2%

 

 

 

 

 

 

2.                               Partecipazione ad organizzazioni sociali

 

 

 

Circoli ricreativi

11.2%

Partiti politici

12.6%

Associazioni sportive

12.5%

Sindacati

10.5%

Associazioni professionali

14.3%

Nessuna partecipazione

38.9%

 

 

 

 

 

 

3.                               Pratica religiosa

 

 

SI

NO

Messa domenicale

44.6%

55.4%

Altro

11.8%

88.2%

 

 

4.       Lettura:

 

SI

NO

Preferenze

Lettura quotidiani               

47.1%

52.9%

 

Lettura settimanali            

34.3%

65.7%

Panorama, L’espresso

Lettura  stampa di partito  

25.4%

74.6%

 

Lettura riviste specializzate

51.4%

48.6%

 

Lettura libri:

più di uno al mese

13.5%

 

 

uno al mese

17.9%

uno ogni tre mesi

16.5%

uno ogni sei mesi

13.2%

uno all’anno

13.3%

nessuno

26.6%

 

     

 

 

 

 

 

    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5.       Televisione:

 

    

 

    

 

 

 

Meno di tre ore al giorno

72.7%

Più di tre ore al giorno

19.3%

Non dichiarato

 8.0%

 

Preferenze:

 

film

 

33.0%

 

telenovele

31.0%

 

attualità-dibattiti

26.5%

 

divulgazione scientifica

9.5%

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6.       Politica:

 

                                                              

 

 

La politica è appannaggio di:

una certa categoria di persone

30.1%

 

delle persone istruite

3.8%

 

dei ricchi

12.2%

 

di chi sa fare gli affari

31.7%

 

di tutti

22.2%

 

 

 

SI

 

NO

E’ importante conoscere il candidato?

 

44.5%

55.5%

E’ importante conoscere il programma del candidato?

 

82.5%

17.5%

Un candidato deve essere competente di amministrazione in generale?

                                            80.1%

19.9%

Basta che il candidato abbia buon senso?

                                             23.4%

77.6%

 

 

 

 

Le promesse dei candidati sono:

 

corrette esposizioni di intenzioni

 

13.1%

 

necessarie bugie

60.5%

 

servono a far conoscere il candidato

26.4%

 

I candidati:

 

mantengono sempre quello che promettono

 

 

4.1%

 

non mantengono mai il promesso

44.8%

 

fanno in parte ciò che promettono

51.1%

 

Lo stato si identifica con:

 

i partiti

 

13.9%

 

i politici al potere

34.8%

 

i ricchi

8.9%

 

gli industriali

4.3%

 

la repubblica dei cittadini

38.1%

 

 

 

SI

 

NO

Bisogna aver fiducia nello stato?

 

80.6%

19.4%

Con il voto si può cambiare lo stato?

 

71.3%

28.7%

 

 

 

SI

Nella sua zona lo stato è presente in modo:

 

efficiente

 

4.1%

 

funzionale

19.8%

 

insufficiente

45.1%

 

assente

31.0%

 

In rapporto a varie necessità pensa che la raccomandazione politica sia:

 

 

indispensabile

 

 

24.9%

 

non necessaria

15.8%

 

aiuta

59.3%

 

Trovare lavoro è:

 

facile

 

7.5%

 

difficile

90.7%

 

non so

1.8%

 

Cosa consigli ad un amico con problemi sociali?

 

 

inscriversi ad un sindacato

 

 

7.9%

 

impegnarsi personalmente

42.9%

 

ricorrere ad amici influenti

17.9%

 

rivolgersi ad un politico

9.9%

 

non saprei consigliarlo

21.35%

 

Dell’attuale situazione politica della tua zona pensa che sia:

 

 

soddisfacente

 

 

13.9%

 

insoddisfacente

53,5%

 

non so

32.6%

 

 

 

 

 

SI

NO

NON SO

IN PARTE

Nel caso sia insoddisfatto politicamente pensa che una sua iniziativa potrebbe influire in qualche modo?

14.6%

54.7%

30.7%

 

Pensa che i suoi interessi siano attualmente rappresentati e tutelati politicamente?

13.9%

70.4%

15.7%

 

Con l’attuale sistema elettorale pensa che i cittadini siano rappresentati in pieno politicamente? 

9.3%

20.8%

22.4%

47.5%

 

 

 

 

ANALISI DEI RISULTATI

 

1)       Per quanto riguarda la socializzazione, si nota un minimo di evoluzione tra i dati del 1991 e quelli del 2004. Nel senso che, ad esempio, le fonti di amicizia si spostano nel tempo verso l’ambito lavorativo, divenendo sempre meno casuali, pur rimanendo un forte richiamo all’ambito del luogo di residenza e degli amici di infanzia.

2)       La partecipazione sociale sembra invece ridursi a vantaggio di una marcata mancanza di partecipazione  o verso  forme  di frammentata aggregazione.

3)       Permane per oltre metà degli intervistati, ma in modo crescente, un non interesse per la pratica religiosa.

4)       Per quanto riguarda la lettura dei quotidiani, essa rimane attestata per oltre il 50% di non lettura e troviamo la stessa tendenza, ma in modo più marcato e crescente, relativamente  alla lettura dei settimanali. Fortemente penalizzata è la lettura della stampa di partito, mentre, invece, sembra in crescita la lettura di riviste specializzate. Per quanto riguarda i libri, si nota un andamento negativo nel tempo, nel senso che si tende a non leggere o a leggere in modo periodico con grandi intervalli di tempo.

5)       Per quanto riguarda la televisione tende ad aumentare il numero di coloro che vedono meno di tre ore di TV/giorno, mentre diminuisce il numero di coloro che si fermano più di tre ore al giorno davanti al teleschermo. La preferenza rimane invariata per film e dibattiti ai primi posti, seguita però da oltre il 30% di preferenze per le telenovele.

6)       L’assetto socioculturale che risulta da queste sezioni, si può definire come improntato ad un tendenziale immobilismo con una certa crescente frammentazione sociale e con un indice di acculturazione piuttosto negativo. Emergono anche, forme di socializzazione riportabili, pur  se per aspetti circoscritti, ad ambiti comunitari di tipo rurale.

7)       La politica viene rappresentata con ampi margini critici, significativa la convinzione, in oltre 1/3 degli intervistati, di un rapporto preciso, ieri come oggi, tra affari e politica. Come pure il considerare la politica come riservata ad un certo ambito di persone.

8)       Ai candidati è chiesta competenza e programmi effettivi, non basta il buon senso,  ma anche si ritiene che mentire faccia necessariamente parte dell’atteggiamento dei candidati i quali, alla fine, o non mantengono ciò che hanno promesso o lo fanno in parte. Queste valutazioni sono costanti nel tempo. 

9)       Lo stato viene identificato in quest’ultima ricerca con la Repubblica dei cittadini ma con 1/3 degli  intervistati che ritiene i politici al potere come ciò che identifica lo stato. Rispetto alla ricerca precedente quest’ultimo giudizio risulta diverso in quanto nel ’91 si collocava al primo posto.

10)   Nell’attuale ricerca emerge una decisa fiducia nello stato unitamente all’idea che è possibile modificare  con il voto i poteri statali e ciò in maniera più marcata  rispetto al ’91.

11)   Lo stato, ieri come oggi, viene ritenuto assente sul territorio per oltre il 40 % del campione e con una insufficiente presenza per oltre il 30 % degli intervistati.

12)   La raccomandazione era ritenuta indispensabile per oltre metà del campione, mentre ora “aiuta “ per oltre il 60 % degli intervistati i quali, per il 24 %, la ritengono ora indispensabile.

13)   L’impegno personale nelle due ricerche  viene ritenuto fondamentale rispetto a problemi sociali e, mentre nel ’91 al secondo posto per percentuale trovavamo il “rivolgersi ad amici influenti”, ora troviamo invece”non saprei consigliarlo” per il 21 % degli intervistati.

14)   La situazione politica dell’ambito locale è guardata con insoddisfazione ieri come oggi  ma con un più marcato disorientamento  (32 % ) rispetto al ’91 (17 %).

15)   La situazione del punto precedente viene ad essere  integrata  dal fatto che oltre la metà del campione delle due ricerche non pensa di poter influire sulla situazione politica locale.

16)   Troviamo al penultimo item della ricerca un 70 % di risposte negative rispetto alla rappresentazione ed alla tutela politica dei cittadini e ciò come nel ‘91.

17)   Conclude la ricerca una perplessità, che si stempera dal 72 % del ’91, al 47 % di oggi, rispetto all’efficacia dei sistemi elettorali attuale  e precedenti, unitamente ad un giudizio nettamente negativo che sale dal 17 % del ’91 al 20 % di oggi.

 

 Il quadro che emerge dal contesto delle due ricerche, che riteniamo abbiano accettabili margini di veridicità -  avvalorata anche dalla costanza di vari risultati-  mostra la marginale lentezza di talune dinamiche  che, in qualche modo, sono indicative di un mutamento socioculturale piuttosto lento, avvertibile del resto, a ben guardare,  anche empiricamente.

Rimane un immobilismo di fondo, un non apprezzabile livello di acculturazione e  contraddizioni sulle rappresentazioni della politica, la quale viene svalutata a fronte di fatalismi e rassegnazione, situazione questa che può ben rimandare ad un disinteresse fisiologico per  l’ambito della politica, per molti autori, tipico dei sistemi politici occidentali.

 Ma pure risulta la necessità di una maggiore presenza dello stato nell’ambito locale - e ciò come in buona parte della letteratura sociologica sul  Meridione  in cui ci si aspetta sempre molto dallo stato – unitamente alla necessità di una effettiva tutela degli interessi della gente.

 

 

 

RICERCA Visioni politiche del mondo

(Con alcuni incroci per classi sociali

 cl. m/a = classe medio-alta , cl. m. = classe media, cl. op. = classe “operaia”)

 

SESSA AURUNCA (Caserta) 1991- (Elab. 1997)

 

In P. STANZIALE, Omologazione e anomalie in una comunità del Mezzogiorno alle soglie del 2000 europeo: Sessa Aurunca in Provincia di Caserta, C. Zano ed. Sessa A. (Caserta) 1999

 

 

*Fonti di amicizia (graduatoria):

Casuali: 3

Parenti: 2

Amici di infanzia: 1

Associazioni, circoli: 6

Nessun amico: 7

Vicini di casa: 5

In ambito lavorativo: 4

 

*Partecipazione ad organizzazioni sociali (graduatoria).

Circoli ricreativi: 1

Partiti politici: 3

Associazioni sportive: 2

Sindacati : 6

Associazioni profess.: 5

Nessuna partecipaz..: 4

 

*Pratica religiosa:

-----------------------------SI-------- NO -------ALTRO

-Messa Domenicale...20,20 %....79,80 %.....1,00 %...100

-Altro..........................56,31 %....43,69 %...100

 

*Lettura:

-Legge un quotidiano tutti i giorni?

cl. m/a. si 59,71 % no 40,29 % 100

cl. m. si 51,62 % no 60,31 % 100

cl. op. si 35,10 % no 64,90 % 100

 

-Legge settimanali?

cl. m/a. si 61,31 % no 38,69% 100

cl. m. si 60,58 % no 39,42 % 100

cl. op. si 48,11 % no 51,89 % 100

 

-Quale/i ?

Gente, Oggi, Cronaca Vera, Europeo, Visto, Gioia, Amica, Famiglia Cristiana, Panorama, Espresso

 

 

-Legge stampa di partito?

cl. m/a. si 28,57 % no 71,43 % 100

cl. m. si 21,51 % no 79,49 % 100

cl. op. si 10,11 % no 89,89 % 100

 

 

-Legge riviste specializzate?

cl. m/a. si 26,57 % no 73,43 % 100

cl. m. si 27,13 % no 72,87 % 100

cl. op. si 15,38 % no 84 ,62 % 100

 

-Legge libri?

Più di uno al mese….. 22,50 %

Uno al mese …………10,71 %

Uno ogni tre mesi ……19,64 %

Uno ogni sei mesi …….7,14 %

Uno all'anno…………38,28 %

Nessuno ………………1,73 %

---------------------------100

 

*Televisione

-Quanto tempo guarda la televisione?

---------------------------------cl. m/a.---- cl. m.----- cl. op.

Meno di tre ore al giorno..55,35 %......51,32 %....71,35 %

Più' di tre ore al giorno…..35,71 %.....48,68 %....28,65 %

Non dichiarato....................8,94 %......00,00 %....00,00 %

------------- -----------------100….........100...........100

 

-Preferenze (graduatoria)

Divulgazione scientifica cl. m/a. 4- cl. m. 4- cl. op. 3

-------------------Films cl. m/a. 2- cl. m. 2- cl. op. 1

--------------elenovelas cl. m/a. 3- cl. m. 3- cl. op. 4

---Attualità - Dibattiti cl. m/a. 1- cl. m. 1- cl. op. 2

 

* La politica, il consenso elettorale, lo Stato:

-La politica è appannaggio:

Delle persone istruite……………... 16,07 %

Dei ricchi…………………………... 8,92 %

Di chi sa fare gli affari……………..30,35 %

Di una certa categoria di persone ….25,00 %

Di tutti ……………………………..19,66 %

-------------------------------------------100

 

-Ritiene importante conoscere personalmente un candidato alle elezioni?

S I 71,42 % NO 28,58 % 100

 

-È importante conoscere il programma di un candidato alle elezioni?

SI 89,28 % NO 10,72 % 100

 

-Un candidato deve essere competente di amministrazione in generale?

SI 83,92 % NO 16,08 % 100

 

-Basta che il candidato abbia buon senso?

SI 39,28 % NO 60,72 % 100

 

-Le promesse dei candidati sono:

Corrette esposizione delle intenzioni.. .29,52 %

Necessarie bugie ……………………..46,42 %

Servono a far conoscere il candidato…24,06 %

----------------------------------------------100

 

 

-I candidati:

Mantengono sempre quello che promettono.. .8,94 %

Non mantengono mai il promesso …………33,14 %

Fanno in parte ciò che promettono………… 57,92 %

----------------------------------------------------100

 

-Lo Stato si identifica con:

I partiti ……………………………………..19,64 %

I politici al potere…………………………. 44,64 %

I ricchi……………………………………… 3,57 %

Gli industriali……………………………… 10,71 %

Con la Repubblica costituita dai cittadini ….21,44 %

----------------------------------------------------100

 

-Bisogna avere fiducia nello Stato?

SI 62,50 % NO 37,50 % 100

 

-Con il voto si può cambiare lo Stato?

SI 55,37 % NO 44,63 % 100

 

-Nella sua zona lo Stato è presente in modo:

Efficiente…………. 1,78 %

Funzionale ……….16,07 %

Insufficiente ……..44,65 %

Assente…………..37,50 %

----------------------100

 

-In rapporto a varie necessità pensa che la raccomandazione politica sia:

Indispensabile …55,35 %

Aiuta………….. 41,07 %

Non necessaria …3,58 %

-------------------100

 

-Trovare lavoro è:

Facile…....1,78 %

Difficile. 91,07 %

Non so ….7,15 %

----------100

 

 

-Hai un amico con problemi sociali, cosa consigli?

Iscriversi ad un sindacato ………..7,14 %

Impegnarsi personalmente ……..45,07 %

Ricorrere ad amici influenti ……27,21 %

Rivolgersi a un politico ………….8,94 %

Non saprei consigliarlo ………...11,64 %

--------------------------------------100

 

-Dell'attuale situazione politica della tua zona pensa che sia:

Soddisfacente ….14,28 %

Insoddisfacente.. 67,85 %

Non so………… 17,87 %

--------------------100

 

-Nel caso sia insoddisfatto politicamente pensa che

 

una sua iniziativa potrebbe influire in qualche modo?

Si ……...19,64 %

No …….50,00 %

Non so…30,36 %

-----------100

 

 

-Pensa che i suoi interessi siano attualmente rappresentati e tutelati politicamente?

Si ……….5,35 %

No ……..78,57 %

Non so... 16,08 %

-----------100

 

-Con l'attuale sistema elettorale pensa che i cittadini siano rappresentati in pieno politicamente?

Si ………...7,14 %

In parte…. 72,00 %

No……… 17,86 %

Non so …..00,00 %

------------100

 

5.2

Il Sinodo della Diocesi di Sessa Aurunca (Caserta), promosso dal Vescovo Raffaele Nogaro nel 1990 rappresenta, nei suoi documenti, una fonte sociologica di sicuro valore, in quanto costituì un raro momento di lettura del territorio della Diocesi e della sua società negli anni ‘90. Non è un caso che tale evento sia emerso non dal mondo laico e sia stato promosso da un potere culturale che, per estrazione, è sostanzialmente estraneo al modello culturale locale. Dalla documentazione estraiamo alcune pagine relative al Quaderno del Sinodo n. 1- 1990 (Commissioni Mentalità e costumi della nostra gente, La Politica, L’Economia e Il Lavoro).

 

Rapporti Chiesa-potere politico locale

La storia dei rapporti tra Chiesa e potere politico nella nostra zona è tutta da scrivere e certamente presenterebbe risvolti interessanti. Per quanto riguarda gli ultimi anni si può dire che almeno fino al '60 vi è stata una certa omologazione nei rapporti tra Chiesa locale e potere politico nel senso che la Chiesa ha orientato in modo diretto e/o indiretto il consenso politico verso i partiti di potere. D'altra parte, a livello periferico e centrale il Clero diocesano ha usato la sua influenza principalmente per inserire i giovani, che davano affidamento, nel mondo del lavoro in sintonia con i politici locali. È questo uno schema costantemente presente nell'ambito di grandisima parte delle realtà meridionali ed è inerente ad un equilibrio di potere storicamente consolidato. Ma dopo gli anni '60 si rileva una certa autonomia dell'episcopato rispetto all'abituale conformismo politico. Le prese di posizione di Mons. M. Costantini e di Mons. R. Nogaro indicano una angolatura più critica rispetto al tradizionale immobilismo socio-politico. In realtà le forme dell'attività politica sono rimaste, nella nostra zona, sostanzialmente immobili (vedi cap. sulla Politica), anzi hanno accusato la perdita di rappresentanti locali a livello governativo, mentre nell'ambito della Curia sono state avvertite esigenze culturali e sociali più avanzate. E non è quindi un caso che l'iniziativa culturale più incisiva sui territorio, in questi anni, è stata attuata da un Vescovo: Mons. M. Costantini, con il recupero di buona parte del patrimonio monumentale religioso della zona. E non è neanche un caso che il progressismo del nostro Vescovo Mons. R. Nogaro stia dando una spallata all'indifferenza ed all'apatia mentale che articolano le realtà sociali - ed anche religiose - nella Diocesi, costituendo una possibilità di intervento che viene offerta a tutti coloro che credono nel cambiamento di là da ogni abitudinaria ordinaria amministrazione.

 

Religiosità

Per questa ricerca, che ha interessato un campione abbastanza significativo della zona nord-occidentale della Diocesi, si può osservare quanto segue.

1) La percentuale dei fedeli che partecipano alla vita parrocchiale è abbastanza bassa.

2) Si nota la scarsa partecipazione (storica) dell'elemento maschile che, nei vari momenti, è addirittura 1/4 dell'elemento femminile.

3) Un approfondimento andrebbe fatto sul dato inerente la maggiore partecipazione nelle frazioni rispetto a Sessa-centro di fedeli senza titolo di studio.

4) Si rileva la bassa percentuale di fedeli aventi titolo di studio medio-alto.

5) Si nota come sia maggiore la partecipazione a cerimonie liturgiche a svantaggio di forme aggregative che richiedono un impegno personale.

6) I giovani fino a 35 anni partecipano scarsamente alla vita della Chiesa. Pare si possa dire che l'identikit che emerge da questa ricerca, anche con tutte le approssimazioni del caso, non è certo positivo.

 

Cenni sui comportamenti e la mentalità.

Relativamente al tipo di religiosità esistente nella nostra zona un primo fatto da considerare è l'elemento intenzionale che accompagna l'atto religioso. Si riscontra, in tal senso, la prevalenza di un devozionismo con finalità utilitaristiche ed una visione magico-sacramentale per cui il divino viene strumentalizzato alla soddisfazione dei bisogni individuali. Persistono nella nostra zona, e convivono con la devozione, usanze di chiara origine pagana o legate alla magia (a tale proposito è da segnalare in Sessa-centro la notevole attività di alcune fattucchiere - l'uso di mettere nella bara oggetti personali del defunto - gli abitini di protezione personale ecc.). Si constata anche che l'osservanza religiosa viene spesso sentita con senso di estraneità; si avverte, da parte di molti fedeli, la mancanza di una identità religiosa che consenta di sentirsi parte di un tutto. (E ciò spiega, in parte, il successo dei Testimoni di Geova che offrono una religiosità legata ad un preciso attivismo). E d'altra parte si nota anche come ci si senta di partecipare quando viene sollecitato l'elemento emotivo sacrale-tradizionale.

 

Nota sulla famiglia, sulla donna e sui giovani

- Anche nella nostra zona la famiglia assume le connotazioni tipiche di quella che si può definire una cultura laicizzata, tipica della società industriale. È questo un aspetto non generale ma che è in via di generalizzazione, convivendo, quasi sempre in modo conflittuale, con il modello culturale tradizionale. Ciò vuol dire che il processo di modernizzazione della famiglia non ha indebolito il valore di questa nella mentalità delle nostre genti, anzi la famiglia resta in moltissime realtà un valore di riferimento importante nei comportamenti sociali, arrivando ad essere, in certe situazioni, un rifugio rispetto al negativo della realtà esterna. Va quindi constatato l'esistere di una conflittualità generazionale nell'ambito familiare e ciò in particolare nella famiglia decentrata dove l'educazione e le scelte dei figli, in buona parte, sono determinate fuori dalla famiglia. Inoltre la conservazione ad oltranza della tradizione può generare spesso rapporti interfamiliari drammatici.

- Per quanto riguarda l'area giovanile è solo nel '68 che i giovani irrompono nella scena sociale costituendosi come soggetto di bisogni socioculturali e politici. Nella nostra zona, invece, questo accadimento è stato vissuto direttamente da poche persone, la maggioranza, invece ha subito, inconsapevolmente o non, l'onda contestataria dopo molti anni, ai giorni nostri, si può dire.

Di contro c'è però il fatto che in gran parte del nostro territorio non vi è una maggioranza di giovani allo sbando ma vi è una certa disponibilità, almeno in certe comunità, all'impegno sociale. Ovviamente la disoccupazione e la mancanza di strutture per il tempo libero rendono questi giovani disponibili per le devianze che pure esistono in molte zone della Diocesi, anche se in forma non epidemica. Andrebbe, poi, approfondito meglio il tema dei rapporti interfamiliari visto dalla parte dei giovani, i quali spesso denunciano una mancanza di sintonia culturale con la famiglia e la mancanza di informazioni formative. Ovviamente il tema è complesso, ma si può dire che un ruolo importante spetta al tipo di livello culturale del nucleo familiare, anche se si rivela come pure a livello di famiglie colte lo sviluppo dei conflitti sfoci in vere e proprie psicopatologie. Relativamente al rapporto giovani/Parrocchia, questo è spesso in crisi per la mancanza numerica di sacerdoti da dedicare a questo settore che pure è abbastanza importante. Qualche volta la mancanza di un punto di riferimento nella vita religiosa diocesana crea un certo fazionismo nelle aggregazioni.

- Subordinazione e pregiudizi caratterizzano la condizione femminile anche se, di fatto, in modo diretto e/o indiretto il contributo della personalità femminile è determinante ai vari livelli sociali, nella nostra zona. Le donne aumentano la loro presenza in campo lavorativo e ciò non avviene senza problemi, sia per la donna stessa che per la famiglia. Spesso, infatti, la donna che lavora paga questa sua emancipazione con l'essere soggetta ad un doppio lavoro con conseguenze psicofisiche non sempre positive. Vi è quindi, nella nostra zona, un conflitto, del resto come altrove, relativo ad una problematica: se il ruolo principale della donna debba essere quello familiare e se alcuni problemi, emergenti in campo socioculturale, siano da addebitare all'indebolimento dei legami familiari in modo conseguente al diverso ruolo assunto dalla donna. In realtà tutto ciò indica che il modo di intendere la famiglia si muove verso un diverso ordine di rapporti secondo la dinamica di una società in via di lenta trasformazione quale quella locale. In ogni caso la Chiesa partecipa al processo di emancipazione della condizione femminile coinvolgendo la donna in impegni nella liturgia, nella catachesi, nell'azione caritativa e nell'accesso alla cultura teologica. Naturalmente un’emancipazione socioculturale orientata secondo un autentico vissuto religioso potrebbe contribuire a rendere più armonici certi contesti sociali.

 

La tradizione

Nella nostra zona la tradizione assume un rilievo particolare. Basti pensare alle numerose feste patronali della Diocesi in cui si ripetono gesti e riti vecchi di secoli. Ed a questi valori non è estraneo il mondo giovanile. Certo vi sono state e vi sono conservazioni e deviazioni ma, viene rilevato da più parti, vi è, in embrione, il realizzarsi di un tentativo di nuova inculturazione rispetto ai valori tradizionali ed alla fede. Ma di contro a queste tensioni progressiste, però, si constata il permanere di una diffusa stagione socioculturale che trova, nel campo politico ad esempio, il clientelismo come uno dei suoi aspetti fondamentali. Tale fenomeno, di derivazione familistica, originato anche dallo storico conformismo socio-politico locale, sembra inficiare le possibilità sia di iniziative individuali che lo sviluppo di attività collettive anche di pubblico interesse. Di fatto, spesso il cittadino esce sconfitto dai giochi di potere e delle correnti, quasi in un ambito definibile come oligarchico. La Chiesa stessa, su tale piano, potrebbe operare positivamente in senso liberatorio. La famiglia anche, pur se soggetta a vari tipi di conflitti, potrebbe svolgere un ruolo di decondizionamento importante se non restasse legata tenacemente a certi comportamenti utilitaristici, specie nella periferia rurale. Tradizionalmente, poi, cresce la disoccupazione per cui i giovani sono costretti ad arruolarsi nelle varie armi e ad emigrare. Esiste, quindi, un tipo di emigrazione intellettuale per cui i diplomati ed i laureati si spostano verso il nord in cerca di occupazione. E ciò in contrasto con le potenzialità occupazionali offerte dalla vocazione turistico-ambientale del nostro territorio. Fuori dalla tradizione, poi, si collocano, fortunatamente, alcune aggregazioni sociali con scopi di promozione umana ed artistica che stanno ad indicare un possibile superamento dell'esasperato individualismo tradizionale, il quale è più persistente là dove sono più vivi i valori della società contadina e dove i soggetti non riescono ad inserirsi in progetti di azione comunitaria. Da qualche tempo sembra che i giovani abbiano modificato i tradizionali modelli di riferimento: da quello del professore, funzionante fino a qualche tempo fa, a quello del tecnico moderno o al libero professionista ma, in ogni caso, sempre verso una connotazione di ostentazione consumistica.

Ed anche in tale ambito si nota come sia attiva più che mai l'azione di veri e propri clan politico-familiari. Di contro anche nella nostra zona si sta sviluppando una nuova sensibilità, quella ecologica, che pur se non completamente assimilata per il suo portato autentico (sempre nell'utilitarismo si resta), è pur sempre un passo avanti verso l'esigenza di una diversa qualità della vita.

Nell'ambito tradizionale, poi, si colloca il folklore locale il quale sembra avere la funzione di trasmettere determinati valori. In tale ambito ci si auspica che venga sviluppato un certo qual senso critico in modo da non accettare passivamente la tradizione folklorica ma che questa venga dialettizzata in modo da farle acquistare un valore formativo e facendo in modo che i valori, le attitudini, le credenze ed i comportamenti, inerenti la nostra originaria cultura contadina, siano correttamente collocati, sia storicamente sia come diffusa cultura popolare, autenticamente padrona di se stessa.

 

L’economia e il Lavoro

L'economia dell'area locale giace, praticamente da sempre, in uno stato di anacronistica arretratezza, sia dal punto di vista del rafforzamento delle potenzialità attualmente esistenti, sia dal punto di vista di una politica economica proiettata all'investimento. Il disagio del nostro territorio è lo specchio fedele di una situazione di malessere generale e che trova principalmente riscontro nel modus vivendi del cittadino di Sessa, ad esempio, che è generalmente chiuso su tutto ciò che è rinnovamento della mentalità e/o apertura ad iniziative di ampia visione economica. Di contro è necessario farsi parte attiva nel processo di valorizzazione delle risorse naturali esistenti, mai tenute nel debito conto, o che forse si è temuto di sottrarre al patrimonio rigorosamente custodito in una realtà locale che nulla o poco cede al progredire dei tempi. L'agricoltura resta ancorata a schemi ormai superati, che ne ritardano lo sviluppo propriamente mercantilistico, riducendosi pertanto ad attività subalterna a livello di impresa a conduzione familiare. L'urbanesimo, negli ultimi anni cresciuto generando fenomeni di senilizzazione, con l'accentuarsi dell'improduttività. Del resto nella mentalità contadina locale l'idea cooperativistica trova ostacoli decisi, allo stesso modo non esiste un'imprenditoria giovanile che troverebbe incentivi vari, nei vari Enti, nel suo sviluppo. Ed il discorso economico investe anche il settore turistico. I Comuni del litorale Domizio, tra cui Sessa, sono interessati ad un massiccio insediamento di edilizia per vacanza, ma si nota, fin dal suo nascere, il fenomeno insediativo, salvo un aumento -contenuto - degli addetti al commercio e ad altre attività ricettive, non ha modificato sostanzialmente la condizione economica territoriale che resta legata all'agricoltura. Un punto è certo: a Sessa Aurunca, ad esempio, il commercio ed altre attività connesse non hanno risentito beneficamente del vento economico spirante da Baia Domizia, sulla quale si era tanto scommesso ed investito. Se poi, dal campo dell'economia si passa a quello del lavoro ecco che si evidenziano storiche piaghe: clientelismo, indifferenza politica, rassegnazione al problema lavoro. Sono queste le sentenze che minacciano i 9264 giovani disoccupati dei cinque Comuni costituenti la Diocesi, su una popolazione di ca. 65.000 abitanti con una percentuale del 12 %, che è abbastanza alta. E la maggiore percentuale di disoccupati è quella dei giovani con titolo di studio superiore. E numerosi sono i giovani costretti a vendere i loro ideali a politici approfittatori. Ciò che lascia, quindi, sconcertati è l’assoluta carenza di progetti occupazionali di lunga gittata, espressione di una cultura politica che non è capace di avere alcuna forza progettuale.

 

(La Commissione: Fusciello Maria, Verrengia Attilia, Tufano Michela, Patrone Gennaro, Filippelli Giancarlo-Vellucci Antonio)

 

5.3

A conclusione di questa parte vogliamo riportare alcuni stralci conclusivi di un’articolata ed approfondita ricerca del CENSIS (1998) svolta sul Mezzogiorno, in generale, e nell’area campana, rintracciabile su Internet. Questa ricerca conferma, nella sostanza, il quadro emerso da quanto esposto rispetto la società civile nel Mezzogiorno e locale: in altra  parte del presente lavoro per il confronto col modello culturale delineato; nella presente parte a riscontro delle risultanze generali della analisi quantitativa.

 

......Gli intervistati hanno individuato i fattori socioculturali presenti all’interno della società campana che maggiormente incidono sulle sue potenzialità di sviluppo. Nell’ordine di importanza essi risultano essere:

-l’indifferenza nei confronti delle leggi dello Stato

-la ricerca di rendite (pensioni, posti di lavoro pubblici, ecc.)

-l’attesa di iniziative statali

-il rigetto della competizione vigente sul libero mercato a favore di una mediazione personalistica

-il distacco dalle istituzioni

-la scarsa propensione all’imprenditorialità (anche se nei fatti esiste una imprenditorialità deviata).

.....Vi è una interrelazione tra l’attendismo nei confronti dello Stato e il distacco dalle istituzioni. Uno Stato da cui ci si aspetta troppo (atteggiamento questo diffuso soprattutto tra le fasce giovanili) non può che deludere; la delusione delle aspettative (di sviluppo o semplicemente di erogazione di rendite) poi porta al distacco dalle istituzioni e all’entrata nella piccola o grande illegalità. ...

.....A questi fattori vengono aggiunti altri da parte degli intervistati. Uno di essi è l’interiorizzazione del patronage: in una situazione in cui il personalismo fa si che non tutti siano uguali davanti alla legge e alle istituzioni, si radica la convinzione che il protettore, la figura influente a livello locale o nazionale con cui si stabiliscono rapporti personali, sia assolutamente necessaria per ottenere non solo ciò che spetterebbe di diritto, ma anche ciò che non si avrebbe il diritto di chiedere. ...

 

 

5.4

Abbiamo ritenuto opportuno strutturare un breve questionario di sintesi (2006) relativo ai temi della famiglia e della politica, sottoponendolo ad una trentina di residenti, e ciò tenendo presente l’esperienza di Banfield (1961) nella prospettiva di individuare alcune componenti di quello che Banfield stesso definisce ethos di comunità.

 

 

Questionari di sintesi

 

Cosa è meglio:

un uomo che lavora molto ma avaro…… n. 14

un uomo fannullone ma generoso………..n. 12

n.d. ……………………………………….n. 04

 

Cosa è meglio:

un uomo che sposa una donna brutta per procurarsi i soldi per la famiglia… n. 14

un uomo che si sposa per amore abbandonando la famiglia………………....n. 12

n,d. …………………………………………………………………………...n. 04

 

Una donna può picchiare i propri figli in vista di un bene futuro per loro? Si.. 16  No..14

 

Un cittadino deve interessarsi alle cose pubbliche ? Si..30   No..00

 

Il controllo dei pubblici ufficiali spetta solo ai superiori? Si.. 09   No.. 20  n.d...01

 

Bisogna mantenere in  vita organizzazioni basate sull’altruismo?  Si..27  No..03

 

Le leggi debbono prevedere punizioni sempre per chi sbaglia? Si…12   No..18

 

A chi dichiara  di agire per il pubblico bene bisogna guardare:

con sospetto …..16

benevolmente…14

 

Il voto è legato:

a interessi immediati…01

a idee e programmi…...29

 

L’interesse pubblico può prevedere un tornaconto privato? Si…12   No…18

 

L’esercizio del potere comprende la corruzione?  Si…02  No…28

 

I politici praticano il voto di scambio? Si…29   No…01

 

 

 

5.5

Nel 2005 il locale circolo di Alleanza Nazionale promosse un’inchiesta sui giovani di Cellole realizzando una serie di interviste  di cui qui di seguito riportiamo sinteticamente i  risultati di massima.

 

IDENTIKIT INTERVISTATO Il campione disponibile è composto in maggioranza da maschi e la rimanente parte da soggetti femminili; quasi tutti studenti delle superiori. Pochi gli occupati, il resto in cerca di occupazione.

 

L'IMPEGNO: i giovani cellolesi non hanno una vocazione spiccata all'impegno di tipo pubblico. Quasi nessuno ritiene molto importante la politica, mentre considerano più importante l'impegno sociale. E se dovessero esprimere un impegno nel sociale lo farebbero per qualcosa che percepiscono come impegno concreto, come il volontariato.

 

La situazione di precarietà e stagnazione del mercato del lavoro e lo scenario politico-economico di grave crisi si riflette nell'esistenza di ognuno degli intervistati ed è trasversale rispetto al campione, per sesso, età, appartenenza, formazione culturale.

Mancanza di fiducia.

C'è un palese stato di mancanza di fiducia, nello stato delle cose e secondariamente in se stessi, marcato soprattutto nei soggetti maschili, specie quando sono formulati progetti di vita, talora commoventi nella loro genericità: vivere tranquillamente, essere felici, sperare che qualcosa accada.

Speriamo che me la cavo.

Un eccellente background economico della famiglia d'origine, ed è di una minoranza, abbassa l'ansia ma non aumenta la fiducia. Ci si difende dentro l'esistente ma non si scommette sul futuro."Speriamo che me la cavo". " Io mi accontento "..

Attenti all'ambiente.

Si dicono abbastanza attenti all'ambiente, non disposti dunque a militanze verdi, dichiaratamente solidaristici per bisogno di solidarietà.

 

In cerca di rapporti reali.

Quando non sono al computer per lavoro, non navigano facilmente in rete, non solo per difficoltà di accesso alla tecnologia fuori dai luoghi di lavoro, ma anche perché in cerca di rapporti reali e non credo si possa considerarlo un disvalore.

Si informano.

Inaspettatamente si informano più di quanto si potesse supporre, non sulla stampa nazionale, più su Internet.

 

Ancora in  famiglia.

Vivono in maggioranza in famiglia che rimane un punto di ancoraggio e una prospettiva per il proprio futuro, sia per gli uomini che per le donne, anche se sposare e far figli è una decisione che viene rinviata sempre un poco più in là. Quando la famiglia d'origine è economicamente solida, questo aiuta se mai a trovare un lavoro, ma non spinge a slanci progettuali. Una parte frequenta un corso di studi universitario che probabilmente non finirà.

I valori.

Apprezzano l'onestà e l’umiltà, sono disposti a pagare le tasse, rispettano la proprietà e non sognano destini avventurosi. La tranquillità è un valore anche per quelli che vogliono fare l'attore, il musicista.


Si è cercato di cogliere nel campione la massima rappresentatività considerando segmenti differenziati e significativi della società civile per la fascia giovane di Cellole, città terziarizzata con un'identità debole, di gruppi diversi giustapposti che non paiono ancora pronti a creative contaminazioni.

Per concludere, abbiamo plurime identità abbastanza omogenee tra loro eppure atomizzate nel proprio particolare, dove le timide volontà di aggregazione non riescono a trovare una o più cornici che costruiscano un tessuto reticolare di legami sociali.

 

 

DATI SU CUI RIFLETTERE

 

1. POLITICA; verso la politica pollice verso. C'è disaffezione per coloro che fanno la politica di mestiere nei partiti organizzati. Questi politici non piacciono. Di loro non si fidano, nemmeno i pochi più informati.

2. SCUOLA; altro pollice verso. Mai la scuola è indicata come agente formativo forte; se si è soddisfatti, e lo si è raramente, del proprio livello culturale, se ne attribuisce il merito a se stessi. La scuola è citata talvolta per attribuirle la responsabilità dello stato di insoddisfazione

3. MUNICIPIO; sulla politica locale, per questo Municipio in specie, ci sono altri dati interessanti. Se ci sono iniziative sono poco conosciute. Nessuno conosce i meccanismi amministrativi.

 

 

5.6

Sono state condotte n. 62 interviste semistrutturate a gruppi rappresentativi aventi come schema portante il questionario riportato in F. Ferrarotti, Introduzione alla Sociologia, Ed. Riuniti, Roma 1997, pag. 285 e seguenti.  Le aree d’indagine sono state: le relazioni sociali,  Cellole come luogo di vita, i valori e l’atteggiamento verso la società.  Vari colloqui informali  e contatti sono stati inoltre  tenuti in ambito locale nel  2006 per un totale di 127 persone coinvolte.

 

Oltre  quanto riportato nelle pagine che seguono, con riferimento a  interviste e colloqui, da questi risulta l’insieme  di orientamenti che seguono.

 

Relazioni sociali.

-Il lavoro viene inteso come un diritto del cittadino ma anche come  un dovere verso la comunità.

-La solidarietà e l’amicizia caratterizzano i rapporti con i colleghi di lavoro.

-Le amicizie riguardano principalmente i compagni di scuola, gli amici d’infanzia e di famiglia.

-Con gli amici si parla principalmente di politica, del lavoro, degli avvenimenti del paese e di attualità.

- Nel tempo libero ci si incontra più frequentemente con amici e familiari e ci si dedica ad attività ricreative (sport, TV ecc.).

-

Cellole

-La grandissima parte delle persone contattate si trova abbastanza bene  a Cellole ritenendo di avere qui  meritata stima.

-A Cellole è maggiormente stimato chi è onesto e chi è capace nella professione e nel lavoro.

-Una discreta  parte dei cellolesi non ha mai pensato di emigrare.

 

Valori

-Quasi tutti i cellolesi sono d’accordo che un buon cristiano è chi anche non frequentando la chiesa vive cristianamente.

-La religione viene vista principalmente come una guida morale.

-La maggioranza degli interpellati ritiene che l’istruzione non sempre rende gli uomini più buoni e onesti.

-Una decisa maggioranza  ritiene giusto che la donna svolga un lavoro fuori dall’ambito familiare.

-Gran parte dei contattati ritiene  di non doversi dedicare ad attività sindacali e politiche oltre il lavoro svolto.

-Un uomo politico dovrebbe principalmente risolvere i problemi pratici e particolari del suo paese secondo la maggioranza delle persone contattate..

-Tutti gli interpellati sono d’accordo sul fatto che i maggiori impegni del governo dovrebbero riguardare anzitutto la moralizzazione della vita politica e quindi l’industrializzazione del meridione e la disoccupazione.

-Il partito dovrebbe soprattutto rappresentare, per gli interpellati, il pensiero degli elettori, poi consentire all’ambizione dei singoli individui e/o di gruppi di raggiungere posizione di potere.

-Il sindacato dovrebbe soprattutto battersi per il miglioramento delle condizioni economiche e sociali del lavoratore.

 

La società

-Certe rivendicazioni  vanno portate avanti tutti insieme.

-Gli interpellati, per la gran parte, credono  in una società più giusta cui si può arrivare con metodi democratici.

-La situazione dell’Italia negli ultimo 20 anni è migliorata poco.

-Le condizioni economiche della Campania sono ritenute, a maggioranza,  poco o niente affatto soddisfacenti e la causa di ciò è da imputare alla classe politica.

-Per migliorare le condizioni economiche e sociali è necessario sollecitare l’iniziativa privata e l’intervento pubblico, è necessario anche diminuire le tasse.

-Gran parte dei cellolesi intervistati  e/o contattati  sono insoddisfatti  del modo con cui le pubbliche autorità operano.

-Rispetto alla autorità  pensano, in termini quantitativi equivalenti, che sono: assolutamente incapaci, che fanno i propri interessi, che sono al servizio del cittadino.

-L’autorità viene identificata dalla quasi totalità delle persone interpellate con chi ha l’incarico pubblico di dirigere.

-Nei rapporti con i pubblici uffici solo una minoranza di contattati   ritiene questi rapporti insoddisfacenti.

-Quando un cittadino, in generale, non riesce in modo soddisfacente a far valere i propri diritti ciò dipende, per la maggioranza degli interpellati, anzitutto dalla cattiva organizzazione, per una minoranza dipende dai singoli funzionari.

-La gran parte dei cellolesi  interpellati si rivolgerebbe alla polizia se necessario.

-L’intervento della polizia è ritenuto in generale poco soddisfacente, ma  volentieri si collaborerebbe con la polizia in caso di delitto per circostanze note.

 

 

 

 

 

 

Riferimenti bibliografici

P. Stanziale, 2006, Le visioni politiche del mondo in un’area dell’alto casertano, Civiltà Aurunca, n.57-58, Caramanica Editore, Marina di Minturno (Latina)12/2005

P. Allum, 1975, Potere e società a Napoli nel dopoguerra, Einaudi, Torino

P.Stanziale, 1999, Omologazioni e anomalie in una comunità del Mezzogiorno alle soglie del 2000 europeo: Sessa Aurunca in provincia di Caserta, C. Zano Editore, Sessa A. (Caserta)

F. Ferrarotti, 1996, Manuale di Sociologia, Laterza, Bari

A. Gramsci, 1966, La questione meridionale ( a cura di F. De Felice e E. Fubini), Ed. Riuniti, Roma

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6- Dinamiche

 

6.1

La struttura urbana

 

La struttura urbana di Cellole originariamente era polarizzata, da una parte, sull’asse viario Sessa Aurunca-Pineta costiera, che attraversa l’abitato e, dall’altra, dalla piazzetta con le due torri. Intorno a questi poli si sviluppava un reticolo di stradine ortogonali.

Con una certa gradualità, ma con un’accelerazione dagli anni ’80 in poi, vi è stata l’espansione del tessuto urbano con la strutturazione di nuove piazze e di strade di circonvallazione periferiche.

Per quanto riguarda la tipologia delle abitazioni si è passati da una struttura caratterizzata da abitazioni ad un piano con un cortile centrale, talvolta con portico, vano-stalla, forno all’aperto, stanze ai lati, a fabbricati più razionali e non  più legati ad impieghi agricoli (essiccazione del tabacco nei cortili ecc.) ma al massimo di tre/quattro piani nelle più recenti strutturazioni.

Da rilevare, sia nell’area urbana centrale che in quella periferica, l’emergere di una edilizia residenziale legata principalmente all’affermarsi di una ceto delle professioni e del commercio.

L’espansione edilizia negli ultimi anni  si avuta intorno alla strada che collega Cellole alla Via Domiziana e quindi alla fascia costiera di Baia Domizia Sud (Baia Murena) che ricade nell’ambito territoriale del Comune di Cellole, zona a cui Cellole-centro nel tempo probabilmente  tenderà a saldarsi in un unico agglomerato.

 

 

6.2

Storie recenti

 

Tre  ci sembrano essere gli eventi significativi nella storia recente del territorio di Cellole, eventi che, da una parte sono indicativi di un bisogno di autonomia e di affermazione di un senso di appartenenza, da un’altra riguardano  cambiamenti di assetti sociali, economici e politici. Si tratta anzitutto delle lotte per il Pantano, poi  della nascita del villaggio turistico Baia Domizia e quindi l’istituzione di  Cellole-comune  a seguito di altre lotte per sottrarsi all’egemonia amministrativa della vicina Sessa Aurunca.

 

6.2.1

Il Pantano

 

Risulta già nel 1905 un contenzioso tra i cellolesi ed il Comune di Sessa Aurunca ( di cui a quel tempo Cellole faceva parte)  sul problema Pantano. Successivamente vi fu un primo  tentativo di occupazione delle terre del pantano nel 1911  quando era sindaco di Sessa A. P. Giannini e quindi  nel settembre 1919 si assiste all’occupazione del Pantano  con esito positivo da parte di centinaia di cellolesi.

 

Il Pantano si estende su un territorio di 14.987 ettari della pianura costiera del basso Garigliano "Nord Mezzogiorno". - La storia delle terre del Pantano è stata sovente costellata da episodi molto tristi, a ricordare i quali non basterebbe un apposito volume, specialmente per gli avvenimenti verificatisi dal 1947 in poi, sino alla quasi conclusione delle molteplici controversie emerse. Una sequenza quasi cinematografica, i fatti verificatisi dal 1947 in poi. Rifiuto da parte dei quotisti di pagare i canoni di affitto adeguati all'evoluzione monetaria e fiscale del dopoguerra; imposizione da parte del Comune del cosiddetto "cancello paga"; i conseguenti pignoramenti dei prodotti; la speculazione politica che su tali fatti trovò un fertilissimo terreno di coltura, ciò  portò all'arresto di circa 30 quotisti, per la maggior parte cellolesi che rimasero in carcere per oltre un anno. Incomprensioni, rancori, odio qualche volta, furono sentimenti che caratterizzarono il rapporto tra amministratori e amministrati. Tracce di tutto ciò si trovano nella polemica - a volte anche feroce - sviluppatasi, all'epoca, tra l'ex podestà G. Patrone e il consigliere comunale di Cellole G. Verrengia sui quotidiani Il Mattino e Il Tempo. (G. Verrengia in Monarca 1994)

……………………………………………………………………………………………………………….

Il Pantano è un territorio situato sulla fascia costiera, originariamente del Comune di Sessa Aurunca, situato tra il mare e la via Domiziana. Vi è una pineta (piantata del 1938) a ridosso delle spiagge ed una parte più interna bonificata, tra le due guerre,  con la costruzione di canali e di una rete stradale. Queste terre fertili erano assegnate dagli amministratori ai quotisti  fino a quando non si sviluppò un annoso contenzioso tra i quotisti stessi, sostenitori della demanialità delle terre ed il Comune di Sessa Aurunca sostenitore della patrimonialità delle stesse terre. Contenzioso che diede luogo anche ad episodi violenti. Dopo molte controversie, sviluppate in varie sedi amministrative, negli anni ’70, con l’autonomia comunale di Cellole si è avuto un approccio risolutivo alla questione.  (G. Monarca 1994)

 

 

6.2.2

Baia Domizia

Abbiamo già accennato (punto 2.10) alla nascita di Baia Domizia, villaggio turistico-balneare sorto sulla fascia costiera, in origine parte del territorio comunale di Sessa Aurunca, successivamente diviso con assegnazione di parte di essa a Cellole quando divenne Comune. Nascita che, come risulta da grandissima parte della pertinente  letteratura,  fu vista come eclatante esempio di speculazione edilizia

 

Il disegno di costruire una città turistica nella zona par­ticolarmente bella e sostanzialmente vergine della « Pi­neta di Sessa », rientrava nella linea politica dei gover­ni democristiani e dello stesso partito democristiano che, verso la fine degli anni cinquanta, liquidate tutte le attività commerciali dirette o collegate alla fase di ricostruzione del dopoguerra, aveva scoperto nello svi­luppo del settore edilizio una straordinaria fonte di fi­nanziamento diretto e indiretto, sia per l'apparato cen­trale e burocratico, sia per le strutture periferiche, pro­vinciali e comunali….

……………………………………………………………………………………………………………

Ma vediamo la breve storia della Baia Domizia. Una pineta tra le più belle del Tirreno, lunga 9 km., fu venduta nel 1962 dal co­mune di Sessa Aurunca ad una società padovana, appositamente costituita, L’Aurunca Litora S. p. A., nella quale, dicono, sono cointeressati anche pezzi da novanta della DC; il prezzo, ufficial­mente, è di un miliardo e duecentotrenta milioni, ma in realtà…..

…………………………………………………………………………………………………………….

II mattino, Napoli, 26 novembre 1974, Sollecitata un'inchiesta per la « pineta di Sessa ». Nel breve corsivo, siglato dal corri­spondente locale, Umberto Monarca, si legge, tra l'altro: “Ad undici anni di distanza dalla vendita del terreno della Pineta di Sessa... è stata sollecitata un'inchiesta al Procuratore della Repubblica di S. Maria Capua Vetere ed al pretore del manda­mento, affinché venga fatta luce su presunti illeciti che si sareb­bero verificati nella vendita da parte degli amministratori e dei consiglieri dell'epoca. L'inchiesta è stata sollecitata con lettera aperta dal rappresentante di un partito politico del posto, in se­guito alla pubblicazione di un periodico napoletano che avan­zava l'ipotesi di illeciti avvenuti all'epoca della vendita della « Pineta ». Contro la pubblicazione degli illeciti sono intervenuti anche altri partiti politici, i cui rappresentanti facevano parte, all'epoca della vendita, del Consiglio comunale di Sessa Aurunca, messo sotto accusa pubblicamente dalla pubblicazione del perio­dico napoletano. Pubblicazione che, comunque, ai più, ha fatto l'effetto di una bomba a scoppio ritardato, e che non pochi hanno messo in relazione alla frattura esistente in seno al partito di maggioranza a Sessa Aurunca e in tutta la provincia di Terra di Lavoro; ed anche alla mancata definizione dei confini tra il nuovo Comune di Cellole e quello di Sessa Aurunca, di cui Cellole faceva parte fino a poco tempo fa; mancata definizione dei con­fini che si vuole attribuire al partito di maggioranza, come del resto viene rilevato nello stesso articolo che denunzia gli illeciti”.

…………………………………………………………………………………………

Le vicende della Baia Domizia e del comune di Cellole, frazione di grosse dimensioni e di notevoli risorse, hanno camminato per proprio conto fino agli inizi del 1970, un anno storico per la De­mocrazia cristiana di Sessa Aurunca, e solo in quell'anno diventano due momenti della stessa storia, due facce della stessa medaglia, per cui oggi si può affermare che la rissa tra i due comuni per la delimitazione dei confini, rissa che coinvolge non soltanto la DC casertana, ma quella regionale e lo stesso Consiglio della Regione Campania, costituisce, così come è presentata, una manovra di­versiva e dìlazionatrice — afferma Antonio Monarca [….]— artificiosamente portata avanti sulla testa delle popola­zioni interessate, per portare a termine operazioni speculative ed economiche non ancora interamente realizzate. (S. Bertocci 1977)

 

 

6.2.3

Cellole Comune

 

La lotta per l’autonomia comunale di  Cellole comincia nel dopoguerra (1946-1952) con la richiesta al Comune di Sessa Aurunca di pronunciarsi su Cellole-Comune dei consiglieri Compasso e Verrengia, richiesta che ebbe esito negativo (G. Monarca 1994).  Solo nel 1973 la Regione si pronuncia positivamente e Cellole diviene Comune. Ciò a fronte di lotte politiche ed amministrative (G. Verrengia 2006) che videro episodi di  rivolte popolari, blocchi stradali,  interventi delle forze dell’ordine, condanne e assoluzioni. In queste lotte vi furono momenti di grande aggregazione ma anche di grandi polemiche (M. Di Leone 1998). La memoria di questi avvenimenti ha un grande valore per i cellolesi, come si evince dalle interviste, richiamando uno spirito di autonomia ed un certo campanilismo, soprattutto rispetto alla vicina Sessa Aurunca: ciò che costituisce certamente una parte dell’ethos locale. Ma anche esprimendo quella componente di ribellismo  e di anarchismo di cui parla C. Tullio-Altan (1986), non estranea a gran parte dei modelli culturali meridionali. Va  quindi  rilevato che la conquista dell’autonomia amministrativa in Cellole di là da talune nuove strutturazioni urbanistiche, di là da nuovi indirizzi organizzativi e di sviluppo  commerciale, non ha prodotto elementi innovativi nell’ambito dell’elaborazione politica e negli assetti socio-politici. Nei fatti la cultura politica locale si è attestata su moduli tradizionali, moduli che pure si presentano con alcune specificità, riferibili a quel doroteismo di fondo che permane anche  negli anni ’90 e si presenta, con  poche varianti, anche nell’epoca attuale.

 

 

6.3

Local  government

 

6.3.1

Per quanto riguarda la struttura sociale cellolese, dal contesto delle varie risultanze d’indagine e statistiche (Ann. Stat. Camp. 2000/2006)  è rilevabile  quanto segue.

 

La presenza di una working-class (40/50 % ca), un’area che riguarda  il mondo operaio nei vari settori produttivi, dall’industria all’agricoltura al commercio, ai servizi. Questa classe, come altrove, si è contratta nel tempo specialmente nell’agricoltura.

 

La presenza di una middle-class ( classe media impiegatizia, piccola borghesia urbana, piccola borghesia agricola 45/55 % ca) consistente, abbastanza composita nelle sue stratificazioni, che  si è gradualmente ampliata negli ultimi decenni.

 

La presenza di una upper class  (5/15 % ca) relativa ad un assai ristretto numero di famiglie che detengono potere economico e influenza politica. Nelle interviste, in particolare si parla di  qualche ambito familiare particolarmente egemone come   il caso della famiglia X nella Middletown  dei Lynd (1970).

 

Nell’ambito della classe media e della upper  è presente una ben delineabile business-class, una classe degli affari riguardante l’ambito imprenditoriale, quello  delle professioni, del commercio e interessata al governo cittadino.

 

Nel contesto delle classi suddette è rilevabile anche la presenza di quelle che F. Hunter (1953) chiama cricche economiche le quali, per lo stesso Hunter rientrano nelle forme di potere verticale e coordinato, interessate ai processi decisionali relativi agli affari più importanti.

 

6.3.2

Il grado di civismo secondo la teoria di Putnam (1993)  si presenta per Cellole, come  per tutta la Regione Campania abbastanza basso. Esso si basa su vari  parametri che vanno dall’associazionismo all’uso del tempo libero, al voto di preferenza. In un contesto di ricerca empirica per Cellole esso si presenta anche per qualche aspetto al di sotto del media campana. Allo stesso modo il rapporto tra quello che Putnam definisce rendimento istituzionale, in rapporto alla comunità civica, non si presenta con valori soddisfacenti  per i parametri di riferimento che sono: la stabilità della giunta, la puntualità della presentazione del bilancio, la presenza di servizi statistici e di informazione, la produzione di deliberazioni innovative, la presenza di asili nido e di consultori familiari, strumenti di politica industriale, la spesa nel settore agricolo, le spese per le ASL, per  l’urbanistica e l’edilizia abitativa, la disponibilità della burocrazia. Nel contesto delle interviste  raccolte emerge, inoltre, un quadro di riflessioni con elementi di conferma relativamente a quanto scrive Putnam.

 

…….. dalla parte opposta [ alle regioni con valori positivi ]si trovano le regioni dove la comunità è meno civica... La vita pubblica è qui organizzata in modo gerarchico. Il con­cetto stesso di «cittadino» è storpiato. L'individuo pensa che l'ammini­strazione pubblica sia interesse di altri - i notabili, i capi, i politici - ma non suo. Sono pochissimi coloro che partecipano alle decisioni riguardanti il bene pubblico. L'interesse per la politica non è dettato dall'impegno civico ma scatta per l'obbedienza verso altri o per affarismo. [……..] La legge, tutti si trovano praticamente d'accordo, è fatta per non essere rispettata, ma temendo il mancato rispetto della legge da parte degli altri, la gente pretende più severità da parte dell'autorità pubblica. Prigioniera di questi circoli viziosi, la popolazione si sente indifesa, sfruttata e sconten­ta.  (R. Putnam  1993)

 

 

6.3.3

Di là dalle considerazioni generali sul familismo-  di cui al punto 1.2-  il familismo in Cellole si presenta  ben delineato e costituisce certamente una parte abbastanza significativa dell’ethos locale come si evince dai questionari di sintesi (di cui al punto 5.4) e dalle varie interviste. Esso non si presenta certo, come nella  Montegrano di E. C. Banfield (1961), come assolutamente amorale ma, come in altre parti del Mezzogiorno,  alcuni indicatori  si presentano, nelle nostre interviste, abbastanza significativi ed attinenti a quanto affermato da Banfield.

 

 

-  «In una società di familisti amorali i deboli saranno a favore di un regime che mantenga l'ordine pubblico con le maniere forti»

………

-  «In una società di familisti amorali, l'affermazione di una persona o istituzione di essere ispirata dallo zelo per il pubblico piuttosto che dal vantaggio personale sarà considerata come una frode»

………

-  «Il familista amorale valuterà i vantaggi per la comunità solo nella misura in cui egli ne può usufruire. Infatti, voterà contro misure che aiutino la comunità senza produrre vantaggi per lui poiché, anche se la sua posizione rimanesse immutata, egli percepirebbe la sua posi­zione relativa come peggiorata se è migliorata la posizione del vici­no»

……….

-  «In una società di familisti amorali l'elettore riporrà poca fiducia nelle promesse dei partiti. Egli sarà propenso ad utilizzare il suo voto per pagare per favori già ricevuti... piuttosto che per promesse futu­re»

……….

-  «In una società di familisti amorali, si assumerà che qualsiasi grup­po al potere sia interessato al proprio tornaconto …….»

……….

-  «In una società di familisti amorali, gli attivisti di partito vende­ranno i loro servizi al migliore offerente» (E.C. Banfield 1961)

E infatti, Banfield cita «la improvvisa conversione del segretario della sezione di Montegrano dal Partito monarchico al Partito comunista [con­versione che] occorse perché la sede centrale del partito monarchi­co era lenta a pagarlo per i suoi servigi».  (D. Della Porta 2002)

 

6.3.4

Per quanto riguarda il rapporto tra il potere politico e quello economico (E.C. Banfield J.Q. Wilson 1967) in Cellole si nota che ad un non troppo centralizzato  potere economico corrisponde una certa centralizzazione del potere politico, in una dinamica di accordi variabili nel quadro politico di una conflittualità non decisamente ideologica e/o programmatica ma tutta interna ad un’area tradizionalmente moderata di derivazione democristiana la quale ruota intorno a quelli che Allum (2003) chiama luogotenenti e grandi elettori, operanti secondo la logica del boss system meridionale e del patronage.  La conquista del potere in tale  ambito  non trova la sua legittimazione nella spontaneità (P. Allum 2003) ma, come in gran parte del Meridione, sul consenso, essendo in gran parte di derivazione clientelare.

 

6.3.5

La leadership cellolese comprende, come risulta dalle interviste, circa 20 persone tra notabili politici, capi elettori, dirigenti, professionisti, religiosi e imprenditori.

Dal punto di vista della legittimità ( C.A. Bonjean D.M. Olson  1964) la metà circa occupa posizioni pubbliche.

Circa un quarto dei leader è visibile come decision maker. Relativamente all’area di influenza la gran parte dei leader si occupa di issues collegate al loro ufficio mentre una minoranza è attiva su vari issues. La coesione non è molto sviluppata, gran parte dei leader opera con embrionali strutture di gruppo.

 

6.4

Processualità

 

6.4.1

Dal punto di vista antropologico l’arena politica cellolese  consiste nello spazio astratto (U. Fabietti 2004) in cui sono presenti operazioni, strategie e conflitti  relativi alla conquista del potere ed al conseguimento del  consenso politico e ciò per quanto riguarda il governo locale, il governo provinciale, quello regionale e le elezioni politiche. Questo spazio si attiva con particolare vivacità in occasione dei vari confronti elettorali, mentre normalmente segue un andamento polarizzato sia sull’amministrazione locale, con la sua specifica problematicità, sia sulle varie dinamiche trasformistiche ed aggregative nei rapporti tra Cellole e l’ambito provinciale, regionale e nazionale degli attori politici locali.. Ma è anche, naturalmente, lo spazio in cui maturano situazioni ed in cui sono in azione i decision maker in relazione a fatti che richiamano l’interesse pubblico.

 

 

Attori politici sono coloro che si confrontano  ed agiscono nell’arena politica cellolese  ovvero: galoppini, capi elettori, grandi elettori e  luogotenenti, dirigenti di partito, secondo lo schema di cui al punto 2.9. Ma attori politici cellolesi sono anche un ristretto numero di famiglie detenenti il potere economico con qualche famiglia al vertice. E quindi leader locali nei vari campi, professionisti, ecc. Anche in questo caso taluni attori divengono particolarmente visibili durante i confronti elettorali, mentre in genere sono visibili in relazione ai percorsi trasformistici o alla migliore collocazione strategica in vista dei confronti elettorali o per l’inserimento in organismi amministrativi o partitici  a livello provinciale, regionale o nazionale, come si evince dalla breve rassegna stampa in appendice al presente lavoro.

 

Per quanto riguarda la processualità politica cellolese essa mostra le caratteristiche proprie di una subcultura politica bianca perché strutturata secondo moduli strategici e comportamentali propri della DC degli anni ‘80. Le interviste confermano le tesi di Allum ( 2003)  per quanto riguarda la struttura clientelare visualizzabile nello schema che segue.

 

 

Questa struttura rientra nell’ambito delle dinamiche   proprie della cultura politica meridionale  quale emerge dal contesto dei vari studi sia sul Mezzogiorno che sulle politiche locali (D. Della Porta 1999). Allo stesso modo la prassi trasformistica rimane costitutiva della subcultura politica locale. Lo schema che segue cerca di rendere conto dei processi trasformistici – passaggi, mediazioni, salti-  in relazione alla struttura clientelare.

 

 

 

 

La processualità politica cellolese  riguarda le dinamiche di una sub-cultura (U. Fabietti 2004  M. Caciagli 1998) che abbiamo definito bianca anche per porla in opposizione a subculture rosse presenti in altre regioni d’Italia,  ma che esclude  ormai– è bene precisarlo, un ruolo politico predominante della Chiesa ed in cui la politica è principalmente mediazione interessata tra centro e periferia, quindi bianca qui significa sostanzialmente moderata. Questa processualità che abbiamo cercato di evidenziare trova, inoltre,  la sua corretta  collocazione sul piano di una prospettiva di antropologia politica (M. Swartz  V. Turner A. Tuden 1966).

 

6.4.2

Altro elemento importante dei processi politici locali è la trasversalità politica delle aggregazioni nelle liste civiche  relativamente alle elezioni amministrative, trasversalità che riguarda principalmente l’ex area DC e le altre formazioni  ma anche parte della sinistra, ciò che sembra rientrare nel quadro di quelle che potremmo definire  liste-cartello riflettenti la fenomenologia del partito-cartello (R.S. Katz   P. Mair  1995).

 

Più recentemente, Katz e Mair hanno proposto, sulla base dello sradicamento delle basi societarie dei partiti, un ulteriore modello: il "partito cartello” (Cartel party). La sua caratteristica sarebbe, in poche parole, "il potere per il potere", ovvero lo sfruttamento, da parte della dirigenza partitica, delle proprie posizioni di potere al fine di assicurarsi il consenso elettorale, il quale a sua volta giustifica, anzi legittima, la loro permanenza al potere. Dunque, a differenza dei partiti di massa, che utilizzano il loro radicamento nella società per conquistare eventualmente il potere statale, i partiti cartello impiegano il potere statale per penetrare la società e darsi il consenso.  (P. Allum 2003)

 

L’ affermarsi delle liste civiche potrebbe trovare in questo ambito la sua processualità. Ovviamente il potere in tal caso è certamente potere-per, legato a strategie miranti a  vari fini, da quelli economici allo sviluppo di una clientela, ecc…

 

6.4.3

Per quanto riguarda il tipo di Sindaco  esso sembra presentarsi  in Cellole anzitutto come mediatore (E. Recchi 1993) in relazione con tutti gli attori significativi della scena politica cellolese, poi, naturalmente come attore dell’area politica di appartenenza e quindi come attivista amministrativo per i contatti continui con la burocrazia pubblica.

 

6.4.4

Per quanto riguarda i flussi politici si può rilevare che fino al 1970/72 Cellole (Appendici 1  e 2)  rientra nei flussi elettorali relativi a Sessa Aurunca con l’egemonia della Democrazia Cristiana che raccoglie alte percentuali di consensi mentre in posizione abbastanza arretrata troviamo il PCI-PDS ed il MSI quasi a pari merito nel ’72 con circa un quarto dei consensi attribuiti alla DC. Tale andamento vale sia per le elezioni amministrative che per le politiche.

 

Per Cellole vediamo che alle Comunali, dal ’75 al ’93  la DC si attesta su percentuali sempre superiori al 50 % . In questo ultimo anno alla DC tocca il 65,43 % dei consensi mentre la lista Insieme per Cellole  arriva al 34,56 % - sindaco DC T. Martucci. Nel 2001 abbiamo che la forma-partito CdL arriva al 49,79 % mentre la lista civica Patto democratico per Cellole vince con il 50,21 % - Sindaco A. Izzo. Recentemente si è affermata la lista civica Cellole domani con il 48,11  % dei voti - Sindaco A. Lepore- rispetto ad altre due liste civiche.

 

Il flusso relativo a Cellole nelle elezioni politiche evidenzia come il consenso politico tradizionalmente appannaggio della DC si traduce, nel ’96, in un successo del Polo lasciando all’Ulivo circa la metà dei suoi voti.  Nel 2006 vediamo la crescita di AN e del nuovo PSI- DC con l’egemonia di Forza Italia al 30,30 % dei voti  rispetto al 13,87 % dell’Ulivo.

 

Relativamente al non-voto, ovvero la differenza tra elettori e votanti, nella serie storica dei confronti elettorali  dal 1975 al 2006, sia per la Camera che alle Amministrative, esso oscilla da un 12 % ad un 17 % circa il che, tenendo conto delle opportune  considerazioni causali, configura un partito non trascurabile del non-voto.

 

 

 

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7- Anomalie

 

Nel contesto della toponomastica cellolese troviamo un’anomalia: una piazza dedicata a Franco Compasso, intellettuale e politico cellolese che rientra solo marginalmente nell’ambito degli stereotipi, della cultura politica e dell’elaborazione culturale locale. Nativo di Cellole, Franco Compasso ha rivestito varie cariche politiche a livello nazionale per il PLI; è stato Consigliere comunale a Sessa Aurunca, a Cellole ed a Caserta, Consigliere di Amministrazione della RAI, di Istituti di credito e della Corte dei Conti; dal 1986 al 1989 è stato deputato europeo per il PLI. Compasso, inoltre, ha sviluppato un’intensa attività di studio e di ricerca nell’ambito del meridionalismo cui ha dato contributi di rilevante livello ( Civiltà Aurunca 1997).

Figura certamente anomala rispetto al modello socioculturale locale anzitutto perché il liberalismo che caratterizza il suo background formativo, e che costituisce l’impostazione di riferimento delle sue ricerche, non è  riconducibile al liberalismo della tradizione politica locale la quale risulta piuttosto assimilabile a forme di fazionismo con limitati spazi di elaborazione politica, sostanzialmente rientranti nella dinamica del modello culturale tradizionale. Quello di Compasso è, invece, un liberalismo che mostra, nei primi scritti, l’adesione a posizioni proprie della democrazia liberale di Giovanni Amendola. L’evoluzione successiva dell’elaborazione politica è  rivolta, negli anni, al disegno di un’area che è stata definita come meridionalismo della ragione (G. Liuccio 1997). Questo meridionalismo in Compasso si snoda secondo le linee di una tradizione riconducibile a Dorso, a Rossi-Doria e Compagna, in una prospettiva sociopolitica che considera il Sud anzitutto in relazione alle possibilità e alle potenzialità specifiche di uno sviluppo concreto e fattibile, ma su cui pesa l’ipoteca dei tempi lunghi della burocrazia e delle politiche disorganiche. Quindi l’analisi critica degli interventi (Cassa e Agenzie) e la contestualizzazione europea del Mezzogiorno (F. Compasso 1979). Ma anche il richiamo al valore fondamentale della solidarietà come punto di imprescindibile riferimento morale e la denuncia della disgregazione leghista e del berlusconismo che promette potere e regala illusioni (E. Cuozzo 1997). Tematiche, queste, che nella loro articolazione e nei loro rimandi a temi economici, politici e culturali del più ampio quadro nazionale, si presentano, negli ultimi scritti di Compasso, con un ventaglio di riflessioni e di proposte di intervento abbastanza vicine a quelle di una sinistra, come quella di Antonio Bassolino.

Questo percorso di Compasso si dipana con un impegno che nel campo delle iniziative culturali si è tradotto anche in una pubblicistica locale (Civiltà Aurunca, Campania ‘80, SudEuropeo ecc.) avente come tema fondamentale lo sviluppo dell’area locale e aurunca attraverso una lettura economico-culturale del territorio, con l’individuazione di talune direttrici di sviluppo di là da quanto era stato realizzato in modo disorganico ed ecoincompatibile negli anni del boom economico (F. Compasso 1990). In tal senso il meridionalismo della ragione  emerge di là da ogni visione liberista e speculativa, prospettando interventi razionali e produttivi.

Il modello di sviluppo che proponeva Compasso comprendeva un’integrazione nello sfruttamento delle risorse esistenti- ma non organicamente valorizzate- del territorio compreso tra l’alto casertano ed il basso Lazio, simbolicamente e realisticamente centrate sull’area Garigliano per la quale, come deputato europeo, si impegnò particolarmente per la ricostruzione del ponte borbonico.

A fronte del suo impegno intellettuale e politico a livello nazionale ebbe vari riconoscimenti anche per la sua intensa e articolata pubblicistica economico-politica.

Negli ultimi tempi fu abbastanza attivo nell’ambito della coalizione dell’Ulivo alla cui politica ed alle cui prospettive future aveva dedicato alcuni ultimi suoi scritti.

 

Riferimenti bibliografici

 

P. Stanziale, 1999, Omologazioni e anomalie  in una realtà sociale alle soglie del Duemila Europeo: Sessa Aurunca in Provincia di Caserta, C. Zano Ed. Sessa A.

Civiltà Aurunca, 1997, n. 37, Numero dedicato a Franco Compasso, Caramanica, Marina di Minturno (Latina)

G. Liuccio, 1997, Il Meridionalismo della ragione, in Civiltà Aurunca n. 37 cit.

F. Compasso, 1979, Mezzogiorno Europeo, Lacaita, Bari

E. Cuozzo, 1997, Il Mezzogiorno da area assistita ad area autopropulsiva nella prospettiva politica di Franco Compasso, In Civiltà Aurunca n. 37 cit.

F. Compasso, 1990, Turismo e cultura, AAST Minturno-Scauri (Latina) e 1981, Una ipotesi di sviluppo integrato del Comprensorio Aurunco-Domiziano, Quaderni di Campania Ottanta diretti da Franco Compasso, Caserta

 

 

 

 

8- La transizione infinta

 

8.1

Cellole, nelle sue prassi e nelle sue dinamiche politiche si presenta come microcosmo politico che riproduce e riflette  quello che, anche a un livello più ampio,  può essere definito neodoroteismo contrattualistico.

Nei suoi esiti più maturi (P. Allum 2003  I. Diamanti 1988) il doroteismo si configurava come un sistema in grado di inquadrare gli interessi dei gruppi sociali e di tutelarli rispetto alle istituzioni statali. Questo concetto della politica  porta a intendere il partito politico  principalmente come partito di quadri e non di opinione e/o di massa ed ha come sua diretta variante  l’emergere  di macchine politiche personali.  È il tradimento della funzione propria dei partiti che dovrebbe essere quella di cogliere i bisogni, tradurli in proposte politiche e ricevere consensi sulla base della qualità della proposta. Conseguenza di questi processi è la scomparsa della forma-partito a livello locale e lo sganciamento delle macchine politiche da ogni effettiva preoccupazione programmatica per  un approdo di potere trasversale  che può ben spiegare  la realtà  delle liste civiche (o liste-cartello – vedi il punto 6.4.2) ispirate  direttamente e animate da boss politici di transizione (vedi punto 2.10). Si tratta di un’idea contrattualistica della politica intesa come scambio politico (A. Cazzullo 2006), distribuzione di risorse e proliferazione di voti.

Derivato dalla prima repubblica questo neodoroteismo contrattualistico lo troviamo anche come naturale risultato di  processi politici sviluppatisi nell’ultimo decennio, anche  rilevando che proprio dall’area cellolese iniziò, a suo tempo, la penetrazione gavianea nell’ambito locale tradizionalmente boschiano.

 

8.2

Intanto  il quadro politico meridionale, dopo la prima repubblica, viene a  strutturarsi nel modo che segue.

 

Emergono in ogni caso due raggruppamenti, l’uno di centro-destra, l’altro di centro-sinistra, costruiti come cartelli elettorali di forze politiche eterogenee e giustapposte e dunque prive dei requisiti di base necessari per dar vita a vere coalizioni di governo. Tali forze tendono a perpetuarsi trasformisticamente per annessioni e cooptazioni. Senza dire che talune stanno a testimoniare nient’altro che il diretto rapporto fra i mali antichi dell’Italia e il sistema cui intendono tornare.

………………………………………………………………………………………………………………

Nelle regioni meridionali, infatti, lo schieramento di centro-destra, pur registrando una notevole presenza di FI ed un’azione penetrativa delle due piccole formazioni di ispirazione clerico-moderata, il Ccd e il Cdu, trova il suo architrave in An, partito di antico insediamento territoriale.

         ............................................................................................................................................

È necessario [perciò] interrogarsi sulle cause dei successi elettorali di FI . Cause che possono raccogliersi nelle  seguenti. 1) L’appoggio del vecchio blocco storico delle forze produttive, sociali e culturali dorotee  e consociativiste, sempre paurose del nuovo. Piccole e medie imprese, professioni, lavoro autonomo, lavoro dipendente legato a piccole e medie unità produttive, forze intellettuali della comunicazione di massa estranee al monopolio statale si schierano a suo favore. 2) Una possente organizzazione messa in atto, attraverso l’insediamento sul territorio di una  rete di club. 3) La manipolazione massmediologica.

………………………………………………………………………………………………………………

I meccanismi che creano e sorreggono la fedeltà dell’elettorato meridionale ai partiti del centro-destra ed in particolare a FI, negli otto anni di opposizione si irrobustiscono. Si rafforzano, infatti, i rapporti tra nuovi patroni e vecchi clienti. Sia perché l’azione meridionalistica del centro-sinistra negli ultimi dieci anni perde ogni giorno più incisività e significato. Sia perché gli elettori con livelli di scolarità più bassa, dovunque più vicini a FI, nel Sud predominano. I metodi clientelari e le suggestioni populistiche, in pratica, conquistano non solo la medio-piccola borghesia urbana e la classe media impiegatizia, ma anche taluni strati collocati ai livelli più bassi della piramide sociale. Si pensi semplicemente alle casalinghe. ( M. Fotia  2003 )

 

 

8.3

Quello che abbiamo indicato come neodoroteismo contrattualistico è ciò che caratterizza una processualità politica che abbiamo inquadrato come subcultura politica bianca, subcultura che è parte sistemica di un modello culturale da cui deriva, ovvero idee, valori, norme, modelli e comportamento propri di una comunità organizzata e operanti come ispiratori della sua condotta. Il modello culturale che abbiamo cercato di delineare per l’area locale, storicamente determinatosi, è responsabile anche dei comportamenti politici relativi, ed è quello di cui abbiamo ampiamente parlato nel  secondo capitolo della presente ricerca  e di cui  riprendiamo  sinteticamente alcuni punti.

 

-La società locale  presenta tutte le caratteristiche di una società di transizione, transizione da un assetto tardo-comunitario ad un assetto societario, ovvero una società in cui permangono  taluni  valori tradizionali legati ancora ad assetti comunitari-agrari  (vedi punto 2.6 ma soprattutto il punto 5.6) unitamente- e spesso in conflitto- con valori connessi col processo di modernizzazione, valori, questi ultimi, non sempre positivi… Il risvolto politico di tale società è la presenza e l’affermazione di boss politici di transizione di cui al punto 2.9  (populismo, manipolazione,  ecc.) (P. Allum 2003). Questa transizione, più che essere uno stadio di passaggio evolutivo, in molti casi è propria di dinamiche molto lente o anche  diviene uno stadio di blocco, un guado, una situazione quasi permanente in attesa che eventi, in genere esterni, facciano da sblocco e/o da catalizzatori nella direzione di un ciclo  modernizzante (è il caso della vicina  Sessa Aurunca in cui l’arrivo e l’opera di un vescovo, Raffaele Nogaro,  proveniente da Udine, portatore di una cultura diversa da quella locale, ebbe il merito di rompere equilibri politici tradizionali e consolidati) (vedi anche il punto 2.8, Appendice 5 e P. Stanziale 1999).

 

-Questa stessa società locale si presenta, attraverso gli esiti della ricerca empirica, dell’osservazione e dell’analisi quantitativa, con una serie  di caratterizzazioni che vanno dalla scarsa partecipazione sociale ad uno scarso livello di acculturazione generalizzato, ad  un tendenziale immobilismo socioculturale ecc.. (vedi capitolo 5, in generale,  e il  punto 5.6 ). Emergono quindi da  interviste e colloqui, con una decisa frequenza, indicatori come quelli che seguono dei quali alcuni  già citati, a  vario titolo, in precedenza.

 

-Un certo orgoglio di appartenenza che comprende anche forme potenziali di ribellismo.

-Un familismo ben radicato.

-Un certo spirito di indipendenza unito a forme di  individualismo generalizzato.

-L’esibizione sociale dei consumi.

-Forme di conservatorismo di derivazione rurale.

 

E quindi tutta la serie degli orientamenti emersi dai colloqui, dalle interviste e dai contatti di cui al punto 5.6.

 

-La politica, nella visione locale, non ne esce indenne: ad una mancanza di senso dello stato- il quale, d’altra parte,viene ritenuto assente (vedi punto 5.1)-  si accompagna il fatto che la politica stessa  viene svalutata, vista, nella gran parte dei casi, come realtà separata, mezzo di avanzamento  e di mobilità sociale, collegata con l’affarismo  ecc…

 

-Per quanto riguarda poi specificatamente il clientelismo esso si presenta nell’area cellolese, come in altre aree del Mezzogiorno,  sia come clientelismo dei notabili che come clientelismo di partito (D. Della Porta 2002) con una certa variabilità contingente. Esso è tipico di economie estensive ed è  in relazione  principalmente con uno stato di necessità legato ad  una percentuale di disoccupazione d’area che arriva, per il comparto giovanile a percentuali altissime (P. Stanziale 1999): ciò che rimane al primo posto nelle preoccupazioni dei cellolesi, come risulta dalle interviste.  Il clientelismo locale è anche in relazione a codici culturali basati su relazioni di scambio, su reciprocità di mediazione e su un affermato familismo.  Siamo qui sempre nell’ambito di una transizione in cui l’organizzazione sociale e le istituzioni non sono abbastanza  strutturate  da mediare produttivamente tra il cittadino e lo stato. Un ruolo certamente importante è giocato poi dal personalismo e da una tradizione di patronage.

 

Quello che emerge, infine, dal contesto generale della ricerca è una serie di trend e di orientamenti contestuali ad un certo pessimismo della   ragione, di là da ogni ottimismo strumentale. Ciò a fronte di una realtà territoriale che  si presenta con grandi potenzialità di risorse le quali hanno certo prodotto varie situazioni di sviluppo, ma uno sviluppo che si presenta, d’altra parte, spesso contraddittorio, apparente, talvolta speculativo e particolaristico, settorializzato, non  tradotto, nella realtà dei fatti,  in effettive forme di generalizzato, diffuso e riconoscibile progresso.

 

 

 

Riferimenti bibliografici

 

P. Allum, 2003, Napoli punto e a capo, L’ancora del Mediterraneo, Napoli

I. Diamanti, 1988, Il politico come imprenditore, il territorio come impresa. Intervista inedita ad Antonio Bisaglia, Strumenti, 2 in P.  Allum cit.

A. Cazzullo, 2006, Il mattatore dei primi cento giorni di governo? Mastella, Il Corriere della Sera 27.08.06

M. Fotia, 2003, La cultura politica meridionale, Proteo 1, Jaca Book, Milano

D. Della Porta, 2002, La politica locale, Il Mulino, Bologna

P. Stanziale, 1999,  Omologazioni e anomalie in una realtà sociale del Mezzogiorno alle soglie del Duemila europeo, Sessa Aurunca in provincia di Caserta, C. Zano Editore, Sessa Aurunca (Caserta)

 

 

 P. Taggart, Il populismo, Città Aperta, Troina (En), 2000

Y. Meny-Y. Surel, Populismo e democrazia, Il Mulino, Bologna, 2001.

P. Ignazi, L’intramontabile fascino del populismo, Il Mulino, Bologna, 2002, n. 1

Itanes, Perché ha vinto il centro-destra, Il Mulino, Bologna, 2001

I. Diamanti, L’amorale civica degli italiani, La Repubblica, 15/12/2002.

M. Livolsi - U. Volli (a cura di), La comunicazione politica tra prima e seconda repubblica, Angeli, Milano, 1995

AA.VV., La politique à la television, “Mots”, 1989, n. 20;

S. Fabbrini, Il principe democratico. La leadership nelle democrazie contemporanee, Laterza,

Roma-Bari, 1999

E. Poli, Forza Italia. Strutture, leadership e radicamento territoriale, Il Mulino, Bologna, 2001

N. Bobbio, Tra due repubbliche. Alle origini della democrazia italiana, Donzelli, Roma

L. Cafagna, Dualismo e sviluppo nella storia d’Italia, Marsilio, 2ª ed., Venezia, 1990

L. Ferrari Bravo-A. Serafini, Stato e sottosviluppo. Il caso del Mezzogiorno italiano, Feltrinelli, 3ª ed., Milano, 1975

M. D’Antonio, Il Mezzogiorno degli anni ’80: dallo sviluppo imitativo allo sviluppo autocentrato, Angeli, Milano, 1985

C. Trigilia, Le condizioni “non economiche” dello sviluppo: problemi di ricerca nel Mezzogiorno d’oggi, “Meridiana”, 1988, n. 2

 

 

 

 

Pasquale Stanziale

 

 Bibliografia essenziale

 

1975, Note di sociologia industriale, cicl. Univ. Napoli

1975, Quattro ipotesi di ricerca, Ist. Filos. Linguaggio. Univ. Napoli

1977, L’illusione e la maschera (con E. M. Coppa e T. Calenzo), Cinef. Aurunco, Sessa A. (Caserta)

1981, Le positive esperienze del Gruppo R 75 dall’antropologia culturale all’avanguardia teatrale,

in Un’ipotesi di Turismo integrato nel comprensorio Aurunco-Domiziano, Quaderno 1 Campania ‘80, Caserta

1985, Zona aurunca/sud-pontino: l’impronta nucleare, R 75, Sessa A. (Caserta)

1985, Il mutamento sociale in una parte del territorio aurunco dagli anni ‘20 ad oggi, in Civiltà Aurunca n. 2, Caramanica Editore, Marina di Minturno (Latina)

1986, Note di antropologia culturale sul folklore aurunco, in Le stagioni del cafone, Quaderni di Campania ‘80, Caserta

1988, La sera del 18 marzo a Cascano, Quaderni di Civiltà Aurunca, Caramanica Editore, Marina di Minturno (Latina)

1989, Terra di nessuno, Obelisk Press, Roma- New York

1990, Trashman, (Con M. Lepore), Galleria Romberg, Cisterna (Latina)

1991, Intervento, in Panoramiche Suessane, Il Mensile Suessano n. 99, Sessa A. (Caserta)

1991, Una proposta per discutere. Cultura e territorio nell’area aurunca, in Civiltà Aurunca n. 14, Caramanica Editore, Marina di Minturno (Latina)

1992, Valori e tendenze nel mercato del lavoro dell’Europa degli anni ‘90, Sudeuropeo, Caserta

1992, Hamletkowskij, Demos, Napoli

1993, Giovani, valori e attitudini nell’alto casertano, in Civiltà Aurunca n. 24, Caramanica Editore, Marina di Minturno (Latina)

1993, Sessa Aurunca: la scena e lo scenario, in Lungo le tracce dell’Appia, Caramanica Editore, Marina di Minturno (Latina)

1994, Il Cavaliere, il computer e il teatro, Officine Kulturali Aurunke, Sessa A. (Caserta)

1995, Mappe dell’alienazione, Erre Emme, Roma

1998, La complessa "significanza" della Settimana Santa a Sessa Aurunca, Mensile Suessano n. 163, Sessa A. (Caserta)

1998, Introduzione e traduz.: Debord e Vaneigem, Il Situazionismo. Materiali per una economia politica dell’immaginario, R. Massari Editore, Bolsena (Viterbo)

1999, Omologazioni e anomalie in una realtà sociale del Mezzogiorno alle soglie del Duemila europeo, Sessa Aurunca in provincia di Caserta, C. Zano Editore, Sessa Aurunca (Caserta)

2001, Al di là della psicoanalisi (Ascoltare Lacan nell’epoca di Internet) Prod. Multimediale, www.stanziale.supereva.it

2002, Ciberfilosofia, www.stanziale.supereva.it

2002, Il rito, la morte e il tempo, C. Zano Editore, Sessa Aurunca (Caserta)

2002, Introduzione e traduzione : G. Debord, La società dello spettacolo, R. Massari Editore, Bolsena (Viterbo)

2003, Sessa Aurunca: società e consenso politico, in Civiltà Aurunca n. 48 , Caramanica Editore, Marina di Minturno (Latina)

2004, Introduzione traduzione : R. Vaneigem, Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni, R. Massari  Editore, Bolsena (Viterbo)

2004, Corrispondenza H. Sakurai – P. Stanziale, ovvero Lacan ed altre storie, in Civiltà Aurunca  n. 55 , Caramanica Editore, Marina di Minturno (Latina)

2005, Le visioni politiche del mondo in un’area dell’alto casertano, in Civiltà Aurunca n.57/58, Caramanica Editore, Marina di Minturno (Latina)

 

 

 

APPENDICE 1

   Flussi elettorali Comune di Sessa Aurunca (Caserta)

 

Elezioni Amministrative

1946

1952

1956

1960

1964

1970

LIBER. MONAR. QUALUNQ.

4942

 

 

 

 

 

REPUB. COMUN. SOCIAL.

1794

 

 

 

 

 

D. C.

885

4866

7707

8282

8041

5909

P. L. I.

 

1260

1576

1697

1141

596

P. N. M. + M. S. I.

 

2976

 

2915

 

 

P. S. I. (S.I.)

 

462

1366

747

1383

744

REPUBBLICANI

 

227

260

 

 

 

 (P. C. I.) P.D.S.

 

2204

1989

1440

2363

1923

P. S. L. I.

 

1010

 

 

 

 

INDIPENDENTI

 

367

 

 

 

 

FRONTE MONARCHICO

 

367

 

 

 

 

P. N. M.

 

 

2063

 

 

 

M. S. I. (A. N.)

 

 

2063

 

1832

1264

P. S. U. P.

 

 

 

 

234

 

D. C. (TORRE)

 

 

 

 

 

5264

 

 

 

 

Flussi elettorali- Camera ( prop.) Sessa Aurunca (Caserta)

 

ELEZIONI POLITICHE

1948

1953

1958

1963

1968

1972

BLOCCO LIBERALE

(P. L.I.)

1528

963

883

1549

653

952

MONARCH.(P.N.M.)

2635

2911

 

 

 

 

M. S. I.

528

1583

1222

1993

1350

2235

REPUBBL. (P.R.I.)

692

369

143

 

 

236

FRONTE COMUNISTA

(P.C.I.) (P.D.S.)

1901

2197

2733

2390

3314

2600

P.S.I.

(P.S.U.)

S. I.

417

506

869

914

938

582

D. C.

5466

5316

8174

8281

8634

9311

P.S.D.I.

 

61

304

399

 

123

P.M.N.

 

121

121

 

 

 

P.D.I.U.M.

 

 

779

249

257

 

F. R. N.

 

 

 

18

 

 

U.N.S.P.

 

 

 

17

 

 

P.A.P.I.

 

 

 

12

 

 

P.S.I.U.P.

 

 

 

 

300

 

 

 

 

 

 

APPENDICE 2

 

(…)

 

 

 

APPENDICE 3

 

Qui di seguito abbiamo strutturato una beve rassegna-stampa, testuale, relativa alle pagine che riguardano Cellole nell’estate 2006 e  da cui sono rilevabili  indicativi segmenti delle  dinamiche nell’area politica locale. (L’autore ha ritenuto opportuno indicare solo con le iniziali i nomi dei personaggi politici locali chiamati in causa negli articoli)

 

 

Corriere di Caserta 1.7.06

Cellole Gli assessori R e M potrebbero passare con M, anche P potrebbe 'cambiare’

I e F sulla soglia di M !

CELLOLE (T C) - Margherita conte­sa tra M e M, chi la spunterà? Sulla scia della vicina città di Sessa Aurunca, anche a Cellole ci sono due anime del partito del vice premier Rutelli. L'anima storica che fa capo al portavoce locale del par­tito, M e quella del consigliere di opposizione, M. Alle scorse elezioni amministrative i due si sono schierati su posizioni diverse, M ha appog­giato la lista vincente di L con il consigliere comunale V e M ha appog­giato la lista di F con la sua candidatura  nelle fila dell'oppo­sizione. Durante la campa­gna elettorale anche Squeglia si schierò dalla parte di M partecipando ad un incontro politico con i candidati e sostenitori della lista di F. Al momento a Cellole ci sono, quindi, due circoli della Margheri­ta. Durante la campagna elettorale si era parlato anche di un commissaria­mento del circolo locale per affidare la guida del partito al sindaco di Carinola DB ma al momento risulta ancora in sella M. Sono previ­sti ingressi autorevoli sia nel gruppo di M sia nel gruppo di M e la matassa si ingarbuglia sem­pre dì più. Al gruppo di M potrebbero aderire gli assessori R e M, mentre nel gruppo di M presto potrebbe­ro far parte: l'ex sindaco I (condizionato alla scelta del presidente (della Provincia) De Franciscis, poiché, pare orientato a lasciare l'Udeur per la Margherita), il candi­dato sindaco (capogruppo dell'opposizione) F, e non sì esclude anche l'ingresso del consi­gliere P (attualmente esponente di Forza Italia). La palla passa al presidente provin­ciale Squeglia che dovrà cercare di salvare capra e cavolo anche se la missio­ne, vista anche l'esperienza di Sessa Aurunca, appare quasi impossibile.

 

 

Gazzetta di Caserta 4.7.06

L’amministrazione al lavoro per riparare al disastro lasciato da I

L 'asse L-M per Baia

In giunta per i problemi delle località turistiche fonti di ricchezza

M L

cellole. Amministrazione L a lavoro da diversi giorni, subito dopo la pesante eredità ricevuta dall'am­ministrazione I, che ha lascia­to la città nel degrado e nell'incu­ria. Al momento il problema più importante era risolvere qualche piccola controversia che si era venuta a creare tra il primo citta­dino e M, entrambi della Nuova Democrazia Cristiana di Gianfranco Rotondi, uomini di M abituati a raggiungere sempre grandi obiet­tivi. In base ad alcune indiscrezio­ni vi sarebbero delle cose ancora da appianare, da sistemare, per quanto riguarda M. Da fonti a loro vicine i due dovrebbe­ro reciprocamente appoggiarsi per le future candidature alla regione per L, tentativo già fatto l'anno scorso e alla Provincia per M. L'asse L-M per mettere Ko I ha raggiunto però la vittoria. L intanto e il suo esecutivo stanno al momento cercando di far fronte alle problematiche di Baia Domizia e di Baia Felice, ten­tando anche di superare questa crisi circa il problema dei rifiuti. L'estate balneare rappresenta per Baia Domizia un reddito impor­tantissimo, un'occasione da non sottovalutare e dunque il turismo rimane al momento il nodo cru­ciale per L. L'amministrazione però ha tutte le carte ed i numeri, avendo una maggioranza schiacciante rispetto all'opposizione rappresentata in Consiglio da F. In giunta verranno portati dei nuovi progetti, delle nuove inizia­tive.

L'amministrazione con le vacanze non va in ferie ed ora si stanno impegnando per dimostrare la fattibilità delle linee programma­tiche sulle quali si è basata la campagna elettorale riscuotendo il successo ed il consenso della cittadinanza che ha deciso così di voltare pagina e di correre ai ripa­ri prima dell'irreparabile.

 

Corriere di Caserta 4.07.06

Cene

V dovrebbe mantenere la presidenza, mentre alla Rosa nel pugno il posto di amministratore delegato

Ce4, nasce l'accordo tra L e O

CELLOLE   (T C) - Accordo bipartisan per le cariche di presidente e amministratore delegato del Ce\4, tutto parte da Cellole. Con quale accordo politico si concluderà l'assemblea dei soci del consorzio intercomunale dei rifiuti, il Ce\4, è ancora un'incognita ma tutto dipende da Cellole. Attori principali di questa vicenda sono: sicura­mente il neo sindaco L e pare anche il consi­gliere regionale della Rosa nel Pugno O. Le poche quote in possesso di Cellole sono determinanti per la gestione del consorzio e, secondo le voci che circolano, pare che sia in atto un accordo bipartisan per mantenere la poltrona di presidenza all'az­zurro V, men­tre la carica di amministratore delegato pare sia destinata a qualche esponente della Rosa nel Pugno vicino al consigliere regionale O.

Un'ipotesi che si rafforza dalla delega all'ecologia che L ha "consegnato" all'assessore D segretario cittadino della rosa nel pugno ed uomo fidato di O. Quest’ ultimo per oltre un quin­dicennio è stato uomo di  M ma lo abbandona dopo la sconfitta elettorale del 2001 per aderire ad Alleanza Nazionale e pareva essere entrato nelle grazie di Mario Landolfi. Un idillio che si consuma due anni dopo e decide di entrare nelle braccia di G O. Appena dopo le elezioni amministrati­ve dello scorso maggio, si era vociferato che a D venisse affidata la delega al turismo ma poi, a sorpresa, gli è stata consegnata la delega all'ecologia. Un caso? A questo punto come si com­porteranno i componenti della maggioranza amministrativa di L vicini al designato sostituto di V, il profes­sore di Mondragone Z? Quest'ultimo ha seguito, insieme al sindaco di Roccamonfìna F, molto da vicino la vicenda delle elezioni di Cello­le sponsorizzando la candida­tura e la campagna elettorale di L. Se le voci di questo accordo bipartisan dovessero risultare veritiere, allora si può affermare che c'è stato, su Z e F, "scacco matto" di O.

 

Corriere  di Caserta 5.7.06

Cellole Il ledaer provinciale dell'Udeur chiama a raccolta i suoi

I e M da De Franciscis "pronti a seguire il presidente"

C P

CELLOLE - I e M alla corte di De Franciscis. L'ex sindaco I e il consigliere d'opposizione M, lunedì sera hanno incontrato il presidente della Provincia di Caserta Sandro de Franciscis, giunto a Cellole per una visita priva­ta. I, con un folto gruppo di amici, ha ribadito la sua intenzione di seguire qualsiasi strada politica dovesse intra­prendere il presidente della provincia. Per ciò che riguar­da M, esponente della Margherita, la strada politica potrebbe convergere se dovessero risultare veritiere le voci che il presidente della provincia sta per aderire al fiorellino del centrosinistra. La serata è trascorsa in un clima amicale dove la situa­zione politica non si è affron­tata se non con qualche picco­la battuta scivolata di tanto in tanto. Il gruppo di I, quin­di, potrebbe trovarsi a breve ad unificasi con quello di M anche se al momen­to nulla può essere dato per certo, dato che, non è escluso un ritorno, o per meglio dire una non uscita, di De Franci­scis dall'Udeur. "Questo non mi preoccupa minimamente -ha dichiarato I - il presi­dente deve solo dirci quale sarà la strada politica che dobbiamo intraprendere. L'a­mico Sandro deve sapere solo che a Cellole ha un gruppo di amici su cui contare".

 

Corriere di Caserta 8.7.06

Ancora viva la polemica sugli assessori circa la retribuzione dello stipendio

CELLOLE (tc) - Assessori con o senza lo stipendio? Ancora va avanti la polemica che si è aperta in campagna elettorale sulla rinuncia degli assessori della nuova giunta presieduta da A L all'emolumento dovuto. Una polemica che ha acceso l'ex deputato L M nell'ultimo comizio della lista "Cellole domani". Dopo la vittoria di quest'ultima la domanda che in tanti si fanno è: gli assessori obbedi­ranno a M ? Sulla casa comunale regna il più assoluto riservo su quest'argomento quasi a cercare di  dimenticare le parole che l’ex deputato cellolese ha pronunciato, forse non con­cordate con i diretti interessa­ti. Secondo alcune voci pare che la maggior parte degli assessori di Lepore non sono d'accordo a rinunciare all'e­molumento che già di per sé è una vera miseria e non rap­presenta nemmeno un rim­borso spesa. La sintonia tra L e M non sembra più quella di una volta, quindi, il neo sindaco potrebbe anche non racco­gliere il "consiglio" del suo "fraterno" amico e continua­re come sempre fatto, facen­do percepire i soldi destinati agli assessori.

 

 

Corriere di Caserta 9.7.06

Cellole Il segretario cittadino: voglio far crescere il consenso nel mio partito

Nuovi iscritti tra i Democratici di Sinistra

V esulta, ma mantiene il riserbo

CELLOLE (tc) - Ingressi a sorpresa nei Democratici di sinistra, contento V. La quercia cellolese guidata dal segretario cittadino V sta prepa­randosi ad una rimonta senza precedenti. Ad annunciare l'in­gresso di molti nuovi perso­naggi del mondo politico loca­le è proprio V. "Dopo la disfatta dell'Unione da parte di coloro che non vole­vano perseguire un percorso politico comune ma solo per­sonale - ci dice V - il mio impegno è solo quello di accrescere il consenso intorno al mio partito". I nominativi delle new entry sono rigorosa­mente top secret e V chiude con: "al momento ci sono solo contatti ne riparleremo quando questi contatti si concretizzeranno". Per i Ds di Cellole è iniziato l'anno della rimonta, ci saranno anche alcune rivisitazioni sulle cariche interne al partito e naturalmente nuovi iscritti. Molto critico il segretario V sulla nuova amministrazione comunale che la considera solo una vittoria di M e della nuova Democrazia Cristiana. "A vincere le elezioni a Cellole è stata la Democrazia Cristiana di M - continua V -Un partito virtuale il cui lea­der nazionale (Gianfranco, Rotondi ndr) non è altro che un personaggio che scimmiot­ta il portavoce di Forza Italia (Sandro  Bondi  ndr). Mi chie­do perché non confluisce anche lui nelle fila di Forza Italia. Forse solo perché non avrebbe poi più quei trenta secondi che i mass media gli concedono quale segretario nazionale di un partito con una percentuale impercettibile all'occhio umano. Ma se a livello nazionale la DC ha poco o quasi niente diverso è per Cellole che è riuscita a prendere tutto quello che c'era di buono all'interno della nuova amministrazio­ne. Siamo ritornati indietro di molti anni ma il nostro intento, e parlo a nome del mio partito, è quello di essere protagonisti, insieme agli altri amici della coalizione, di riscattarci lavo­rando intensamente in questi anni che ci sepa­rano dalle prossime elezioni”. Chiude il segre­tario della quercia cellolese.

 

Corriere di Caserta 23.7.06

Cellole II presidente della Provincia: "Politica e pazienza'

Udeur in attesa di De Franciscis per la definizione interna del partito

CELLOLE (C P) -

Udeur, sarà la festa di Telese a defi­nire lo scenario politico cellolese. Da tempo il partito dì Clemente Mastella a Cellole non trova pace e di tanto in tanto escono appassionati del partito che si propongono come timonieri cercando di spodestare la vecchia guardia, non certo per ideo­logia politica ma per opportunità del momento. Un tempo era M che cercava di mette­re i tentacoli al campanile cellolese oggi sono gli amici di Nicola Fer­raro mettendo ad un angolo chi con sacrifici ma soprattutto fin da quando l'Udeur era una cellula impercettibile nel panorama politico provinciale, ha militato nel partito. La vecchia guardia che fa capo alla ex segretaria ed all'ex sindaco I non si  scoraggiano ed attendono direttive dal presidente della provin­cia Sandro De Franciscis. Dentro o fuori dall'Udeur è legato alla scelta del presidente De Franciscis. Quest'ultimo che è in contatto continuo con gli amici di Cellole ha riferito che la situazione si risolverà in breve tempo con la nota frase "politica e pazienza". Di pazienza gli storici del partito cellolese ne hanno da vendere ma soprattutto hanno la consapevolezza di essere al fianco di una persona come De Franciscis che ha vinto tutte le battaglie finora affrontate e che sembravano perse in partenza.

 

Corriere di Caserta 22.09.06

Cellole La discussione dovrebbe essere affrontata nel corso del prossimo consiglio nazionale dei democristiani

Unione tra Nuova DC e UDEUR

CELLOLE (TC) -

Fusione tra Udeur e Nuova DC, M e  L protagonisti. Dalle ultime voci che giungono dagli ambienti politici napoletani, pare che a breve ci sarà una fusione tra le due forze di centro, la nuova DC e l'Udeur. Questa voce se dovesse risultare veritiera avrà una forte ricaduta sul piano locale, visto che, Cellole rappresenta la culla della nuova Balena bianca in cui l'ex deputa­to cellolese L M è il segreta­rio provinciale e regiona­le e in città vi sono diri­genti del partito sia a livello provinciale che nazionale. Infatti, il sin­daco di Cellole A L è il vice segreta­rio provinciale della DC, il presidente del consiglio T M il commissario locale e il vice sindaco A B  membro del con­siglio nazionale. Secondo sempre le succitate voci pare che la discussione sarà affrontata il prossi­mo 30 settembre in occa­sione del consiglio nazio­nale della nuova DC. Se fusione ci sarà, allora il gruppo di M di Cellole capeggiato da L e M entrerà in un nuovo discorso politico. Queste al momento sono soltanto delle voci che avranno conferma o smentita a breve. Ma se la fusione dovesse rimanere solo una voce si potrebbe verificare anche una altra ipotesi, quella del passaggio nell'Udeur dei m…iani e lasciare il par­tito di Gianfranco Rotondi. Infatti, pare ormai certo che a trasmigrare in casa Mastella a breve sarà il deputato della DC Paolo Cirino Pomicino. Per quest'ultimo, così come per M e L, non sarà solo una tra­smigrazione ma bensì un ritorno, poiché, entrambi hanno già militato nel campanile. A questo punto si creeranno in città nuovamente due correnti dell'Udeur, quella dei l…ini e quella del vice commissario provinciale A B che è, altresì, consigliere comu­nale dell'opposizione. Probabilmente questo evento, se evento ci sarà, creerà le basi politiche per un'unificazione.

 

 

 

 

 

APPENDICE 4

 

 

 

 

 

 

 

 

SINDACI  DI  CELLOLE (Caserta)

 

1975/1985 ….L. Montecuollo ……DC

1985/1988 …A. Dodde …………...DC

1988/1997 …T. Martucci ………...DC

1997/2001 …A. Lepore …………..UDC

2001/2006 …A. Izzo ……………...Lista civica

2006………..Commissario prefettizio

2006/….……A. Lepore …………..Lista civica

 

 

 

 

 

Appendice 5 - Mondo Oggi

 

Nei primi anni ’80, quando ancora non vi erano quotidiani provinciali con pagine dedicate a Sessa e Cellole,  era nelle edicole Mondo Oggi, un quindicinale indipendente cellolese avente come editore Gaetano Cerrito e come direttore Antonio Tagliacozzi. Quelli che seguono sono alcuni articoli  nati dalla  collaborazione con questo giornale.

 

 

VOCAZIONE ECONOMICA O SFRUTTAMENTO ?

 

P. Stanziale

30.5.1981

 

Ricordate, quando negli an­ni '60 c'era il boom economi­co... Le fotografie mostrano il ministro che mette le prime pietre per le fabbriche della zona... Queste fabbriche, na­te senza una programmazione territoriale…. Alcune hanno preso sovvenzionamenti (Cas­sa del Mezzogiorno, Isveimer) e sono fallite, altre ge­stiscono crisi vere o fasulle a seconda delle istruzioni che ricevono da Roma, da Mila­no, da Genova. Certo: una vocazione « industriale » del­la zona aurunca... ma senza un « pensiero » politico e programmatico, altrimenti, si sarebbe saputo che una vera industrializzazione del terri­torio si attua principalmente attraverso strutture produtti­ve di beni capitali (macchine, impianti, know-how) e non di beni strumentali e di consumo (televisori, container ecc.).

Negli anni del boom nella zona aurunca, la borghesia di potere, si trovò al punto mas­simo della sua ascesa alla privatizzazione del potere pub­blico. È così che all'ombra delle protezioni politiche pre­sero forma iniziative economiche di grosso calibro: av­venture edilizie,  bancarie, commerciali, attraverso cui questa borghesia consolidò il suo potere offrendo in cam­bio posti di lavoro, prima per le clientele proprie, poi per gli altri. E tutto ciò mentre le op­posizioni versavano nella loro storica catalessi. Nacque poi (nei modi che tutti sanno) la vocazione  turistica  della zona aurunca la quale avreb­be potuto essere una prospet­tiva veramente valida se si fosse realizzata democratica­mente e programmaticamente tenendo presente gli interessi reali delle popolazioni e non solo quelli dei gruppi di pote­re economico.

Abbiamo infine la vocazio­ne « nucleare » del nostro ter­ritorio: il vero regalo del boom, la Centrale del Garigliano. Negli anni sessanta il « nucleare » approdò al Sud, un Sud non tanto profondo ma sempre Sud: il Comune di Sessa Aurunca. Tale Comune ebbe l'onore (e l'onere) di ospitare questo impianto (ora non produttivo per « manu­tenzione ») ad alta tecnologia progettato dalla General Electric e dalla Honeywell: due multinazionali USA. Al­lora bastava sapere che c'era lavoro... tutto andò avanti nella storica disinformazione di ciò che realmente significa­va l'esistenza di tale impian­to. Ma allora erano i tempi in cui le licenze edilizie si chiede­vano presentando schizzi a matita su carta da pacchi... tutto andò avanti senza ap­profondire nessun dettaglio tecnico, curando di non inter­ferire in una cosa « grandio­sa », siamo andati avanti in questa zona nostra senza al­cuna consapevolezza, senza informazioni sui vari perico­losissimi incidenti, ora documentatissimi sotto la spinta della pubblica opinione. Le avvisaglie furono i vitelli a due teste, poi altri fenomeni.

Il ritardo con cui le autorità si sono cominciate ad interes­sare del problema è valutabile in circa 10 anni, ma con ciò non significa che ora, chi de­cide ha le idee chiare. Na­turalmente il problema è stato messo sul tappeto principal­mente da « privati » che han­no cominciato a far capire al­la gente lo stato di pericolosità, per le popolazioni locali, di un impianto nucleare: Ora «per forza» le autorità si pongono in modo timido e di­sarticolato il problema del nucleare nostrano.

Ma la situazione è, come sempre, di una confusione calcolata perché ormai, nell’inquinamento istituzionale in cui versiamo, non si riesce più a distinguere ciò che è po­litico. Vediamo... la scelta dell'installazione fu una scel­ta politica (occupazione) ma tecnicamente discutibile (si­smicità, vicinanza centri abi­tati ecc.). Ora il problema è tecnico (obsolescenza, sismi­cità ecc.) e politico (le popola­zioni si rendono conto della difficoltà di convivere con il nucleare, basti solo pensare alle possibilità di contamina­zione radioattive ed al fatto che, in caso di incidente, i co­muni vicini alla centrale sono parte della Prima Fascia in cui la gente sarebbe costretta a morire nella propria zona perché gli sarebbe impedito di fuggire, con le armi, per non diffondere il contagio).

Le decisioni allora a questo punto sono politiche o tecni­che? Ora la situazione tecnica precaria della Centrale deve portare ad una scelta politica che consenta di far pensare ai cittadini che restare in questa nostra zona non significhi ipotecare la vita propria e del­le successive generazioni.

 

 

CHIESA E POPOLO NELLE PAROLE DEL VESCOVO

 

P. Stanziale

Luglio 1981

 

Abbiamo chiesto  a Sua Eccellenza Monsignore Vittorio Maria Costantini, vescovo ai Sessa A., di rispondere ad al­cune domande per Mondo Oggi. Sua Eccellenza ha cor­tesemente accettato.

 

Eccellenza, Lei ha avuto il merito di aver realizzato, du­rante la Sua missione pastora­le a Sessa, molte opere, co­minciando dalla più importante: il Seminario.

 

Lei mi parla di merito... ma si tratta soprattutto della missione pastorale cui Lei accenna.

Il Seminario l'ho visto co­me un’indispensabile condi­zione per la vitalità stessa del­la diocesi. A solo titolo di cu­riosità Le voglio confidare che la decisione fu presa a so­le 18 ore di distanza dalla mia venuta a Sessa.

Dopo l'ingresso... il ricevi­mento eh si protrasse fino a  mezzanotte del 25 luglio 1962, la prima visita nel po­meriggio del 26 la feci al vec­chio Seminario,  un edificio lesionato dalla guerra, fati­scente per gli anni, non era un punto adatto per la prepara­zione dei sacerdoti. Chiesi al can. Gaetano Cepollaro, Ret­tore, se vi era un terreno per fare il nuovo Seminario... mi mostrò un fazzoletto di terra. vicino alle case canoniche, l'esclusi. Mi mostrò un orto con alcune piante d'ulivo più a monte... come posizione an­dava e decisi di fare lì il Semi­nario nel pomeriggio del 26 luglio 1962.

 

Il rinnovamento del patri­monio immobiliare curiale è stato anche un rinnovamento culturale e monumentale. Quale è la situazione ora e quali le prospettive.

 

Convengo con Lei che il rinnovamento degli edifici re­ligiosi è anche un fatto cultu­rale. Gli edifici hanno un loro linguaggio... sono qualche cosa di vivo perché incarnano un’idea, un momento stori­co, indicano una visione delle vita, contrassegnano una me­ta da raggiungere, indicandone attraverso le linee e le strutture, ampie o ristrette, artistiche o trascurate, proie­zioni di programmi e istanze sociali.

Ora la situazione da molti lati è promettente... Ho visto ragazzi che ormai sono giova­ni e uomini... che hanno ri­scoperto il canto che viene da una pietra squadrata... da una colonna posta in un an­golo... da una fatiscente fi­nestra catalana. Mi pare che vi sia un'apertura maggiore ai valori culturali e un’uscita dalla mentalità di un fonda­co... che nascondeva i denari sotto il mattone.

 

Veniamo ad uno degli ulti­mi restauri cui Lei ha dato inizio: la Chiesa di S. Maria Regina Coeli o dei Cappucci­ni, una chiesa del secolo XV.

 

Per il restauro della chiesa di S. Maria Regina Coeli o dei Cappuccini, non ho nes­sun merito diretto. Molti anni or sono richiesi il passaggio della chiesa alla diocesi per salvarla e restaurarla, ma non se ne fece nulla. Mi acconten­tai di segnalarla come un edi­ficio storico e artistico. Per­ciò il merito è soprattutto del­la Soprintendenza ai Beni Ambientali e Archeologici di Napoli e di alcuni cittadini che l'hanno incoraggiata.

 

E per quanto riguarda il Duomo?

 

Per quanto riguarda il Duomo... Si tratta di uno dei grandi monumenti di arte del mondo. Ve ne sono tante di Cat­tedrali illustri in Europa e in Italia. Il Duomo di Sessa ha dei particolari di tanta impor­tanza da essere presentato co­me una sintesi storico-artistica se non unica, certa­mente rara. La rapida inter­vista mi dispensa dallo scen­dere in particolari. Non posso omettere un accenno. Sull'a­rea vi era un tempio romano, il quale a sua volta potrebbe essere sorto forse sopra avan­zi di un tempio greco. La chiesa primitiva,  dedicata a S. Michele Arcangelo abbracciava l'at­tuale Cripta e un adiacente lo­cale che sarà rimesso in luce. Poi venne l'attuale Basilica, costruita per più di due terzi con i celebri blocchi romani squadrati del tempio pagano, di cui si trovano vestigio di iscrizioni e di bassorilievi.

Il pulpito sullo stile di mol­ti, porta elementi arabi di una profusione non comune e una finezza di capitelli da farci pensare al secolo XIV-XV, il portico, posteriore di qualche secolo, ha una serie meravi­gliosa di bassorilievi narranti le gesta di S. Pietro... Ma, se non si interviene, tra non molti anni sarà solo una pie­tra calcificata dai gas di scari­co delle auto... A proposito vorrei pregarvi di segnalare il fatto a quanti amano l'arte per salvare.. quello che anco­ra è possibile salvare.

 

Passiamo ora ad altri argo­menti. Cosa può dire riguar­do al problema delle vocazio­ni nella nostra zona?

 

Il problema delle vocazio­ni... « Tu vuoi che rinnovelli — direbbe Dante — disperato dolor che in cor mi preme ». È il problema principe nella vitalità religiosa della diocesi. Il lavoro non manca nella sensibilizzazione di tutti su ta­le problema. Qualche cosa è stato fatto e si continua a la­vorare sodo. Non si ha molta cooperazione nelle famiglie, né in alcuni ambienti socio­culturali delle comunità par­rocchiali. Vi è però un gruppo di giovani arrivati al corso su­periori degli studi... sono le speranze!

 

Come giudica il tipo di « religiosità » delle nostra gente?

 

Per giudicare il tipo di reli­giosità della nostra gente è ne­cessario fare qualche distin­zione. Per quanti frequentano abitualmente la chiesa, spe­cialmente i più giovani, si no­ta una religiosità convinta, in­telligente, aperta alle grandi visioni cristiane. Per molti che non frequentano la chiesa e non curano una cultura bi­blica... la religiosità si riduce qualche volta a sentimenta­lismo festaiolo... che lascia cadere e non si cura di conser­vare, abbellire le proprie chie­se, ma in occasione delle feste religiose getta milioni, estorti alla gente, non solo per illu­minazioni, ma per un’esibi­zione di cantanti celebri e non celebri, molto alieni da un clima religioso e da un mo­vente civico,

 

Nel ringraziarla per tutto quanto ci ha voluto dire Le chiediamo: quando dovrà la­sciare Sessa quale sarà la cosa che rimpiangerà di più?

 

Quando dovrò lasciare Ses­sa rimpiangerò tutto... e rim­piangerò nulla. Sono stato mandato da Papa Giovanni  XXIII per una missione di servizio per il popolo: ho avu­to la volontà di compiere meglio che potevo tale missio­ne... quindi la navicella... che ha dovuto toccare in vita molti porti, riprenderà il viaggio... ormai breve verso i lidi che segnerà lo Spirito del Signore. Vado lieto perché non ho chiesto nulla ed ho cercato so­lo di dare. Rimpiangerò di non aver potuto fare di più... di non essere riuscito a far ca­pire specialmente in alcuni settori... che vale la pena di vivere la vita curando il pros­simo, perché solo allora si è uomini degni di rispetto. Reli­giosamente ricorderò tutti i sacerdoti, specialmente quelli che mi sono stati vicini nel servizio al popolo, ricorderò con particolare nostalgia le celebrazioni religiose della Madonna del Popolo... quan­do tra le brume di novem­bre... si ritrova il popolo nel calore del canto e della pre­ghiera, Ma soprattutto ricor­derò donne e uomini del po­polo, di modeste condizioni, che nella costruzione del Se­minario, nello sforzo di soste­nere le vocazioni della dioce­si, hanno dato spontanea­mente i loro risparmi... la lo­ro piccola ricchezza preparata per gli anni della vecchiaia... perché sorgesse il Seminario e si preparassero sacerdoti con il cuore di apostoli. Le piccole bustine date da tante persone di modeste condizioni sono state una ricchezza spirituale che difficilmente ritroverò altrove. Sono state somme che hanno potuto procurare qualche mattone agli edifi­ci del Seminario o delle Scuo­le Materne erette nelle frazio­ni più povere. Ma tali gesti sono di una forza morale e di una consolazione che ci fa sentire quanto Dio sia vicino a chi vive la fede con la purez­za e semplicità del fanciullo. E per questa volta... mi pa­re che basta!

Cordialità e auguri per il Vostro lavoro e ogni Benedi­zione dal Signore su Voi e su quanti operano per il benesse­re della nostra gente!

 

 

 

QUESTIONE ETICA E MEZZOGIORNO

 

P. Stanziale

Ottobre 1981

 

Si può cominciare a dire che la morale corrente è sempre quella che il potere mostra ai cittadini i quali, in qualche modo, ispirano i loro comportamenti a quanto suc­cede «in  alto ».

Del resto la tradizione del Mezzogiorno (e dell'Italia tutta) è quella relativa ad una pseudo-moralità sociale estra­nea al concetto di stato; ciò significa (come ha ben puntualizzato L. Firpo) non cer­tezza e non rispetto del dirit­to, e significa pure la frantu­mazione del tessuto sociale in gruppi che si « arrangiano » per proprio conto a gestire il potere e la propria sopravvi­venza.

Nasce cosi una serie di comportamenti sociali ispira­ti a pseudomorali: la morale della tribù, della cosca. Su tale piano i valori si invertono o si dissolvono: la responsabi­lità individuale si fa sfumata,  l'onestà diventa un fatto di opinioni,  pre­vale infine la verità del silen­zio.

È vano quindi ricercare nel­le nostre zone un'etica del confronto, della democrazia intesa come apertura, come partecipazione. Il tipo di mo­ralità prevalente è quella di­rettamente derivata dalla cul­tura contadina e dalla logica dei gruppi di potere. Si tratta di una specie di morale con delle forme di conservazione che sono aberranti in senso aggettivo ma che sono funzio­nali se finalizzate alla soprav­vivenza del potere e dei privi­legi piccolo-borghesi.

Abbiamo così una sopravvalutazione del « privato », della « famiglia » intesa co­me obblighi, come gerarchia e come struttura di clientela. Abbiamo di contro una sopravvalutazione della cosa pubblica, intesa come spazio da « spartire », come campo da « occupare » e da gestire come « cosa propria ». È così che non esiste pubblica opi­nione tale da ribaltare le si­tuazioni di potere in caso di scandali: ciò perché se il pote­re è qualcosa da arraffare, al­lora per chi ha saputo rubare o imbrogliare si arriva a nu­trire anche una certa dose di ammirazione. Sono in molti addirittura a compatire chi è stato poi abbastanza « fes­so » da farsi arrestare. Le cause storiche di queste situa­zioni sono ormai abbastanza note, e pare inutile dilungarsi su tale tema.

Resta però da rilevare che laddove la dinamica sociale è più viva ed il dibattito cultu­rale più acceso, la democra­tizzazione avutasi con il ri­cambio del potere ha reso trasparente e ha razionalizza­to la gestione della cosa pub­blica, instaurando una mora­le di comportamento più ag­gettiva.

È pure importante consta­tare che esiste in molte, trop­pe zone del Mezzogiorno una « questione morale ». Non parlarne significherebbe com­portarsi come lo struzzo che mette la testa nella sabbia. Tale questione diviene certa­mente più « morale » che mai laddove le amministrazioni, i « poteri » locali, amministra­no denaro pubblico con una discrezionalità quasi assoluta.

Ciò che si intende sottoli­neare è quindi che buona par­te dei fondi provenienti da Roma vengono gestiti diretta­mente a livello locale, per cui il problema dello sviluppo del Mezzogiorno si fa soprattutto a tale livello problema mora­le , rispetto a gestioni poli­tiche a più ampio raggio territoriale

A nostro parere un esempio di politica del confronto atti­va e democratica è quella attualmente messa in atto dal Comune di Napoli rispetto al­la ricostruzione del post-terremoto; e a tale proposito è pure lecito constatare come « immoralità » significhi pu­re eccesso di burocratizzazio­ne ed inefficienza operativa.

 

 

 

 

 

IL FASCISMO DISCRETO DELLA BORGHESIA

 

P. Stanziale

Febbraio 1982

 

Ovvero interessi privati e pubbliche virtù.

Si tratta di un ritratto in grigio scuro stile anni sessan­ta, ricordate, quando i sindaci eletti chiedevano aiuto a « Iddio » per avere un soste­gno nella loro « missione ». Passeggiando per il Corso si sente dire che nulla è cambia­to: il consenso è lo stesso e l'opposizione anche, nel sen­so che non si « distingue » nell'« ordinaria amministra­zione ». Si dice che ognuno pensa ai fatti suoi perché il 'treno’ è stato perduto: esisto­no programmi a lunga sca­denza in vista di un controllo sociale totale. Qualcuno però dice che non tutto va male in questa provincia dell'impero. Chi è stupido resta a casa perché operare nell'ambito del conformismo politico ren­de e rende proprio in termini di centinaia di milioni e di mi­liardi. Qualcuno tenta di sto­ricizzare il fatto; in principio il potere politico si è esaurito nella strategia di allargamen­to del proprio spazio; è que­sto un periodo di oltre vent'anni, che va dal 1944 agli anni sessanta. Qualcun'altro sostiene che proprio negli an­ni sessanta sono partite le grosse avventure economiche: industrie, edilizia, turismo, credito,  attraverso cui la borghesia 'parassitaria' (non direttamente produttiva), che, mediante marchingegni pseudo-legali riesce a realizzare ca­pitali, con coperture politiche e poco rischio, ha ancora sta­bilizzato il suo controllo so­ciale. E, aggiunge qualche altro, attraverso questi ca­nali consolidati, si finanziano persone, partiti e imprese. Certo le chiacchiere sono chiacchiere, ma hanno la loro importanza sotto due aspetti: da una parte indicano certi umori dell'opinione pubblica, dall'altra la considerazione del fatto che in mezzo ai soliti chiacchieratori non di rado vi può essere la « fonte di solito bene informata »: di tutto ciò l'analista sociale non può non tenere onestamente conto.

La conversazione-passeggia­ta prosegue. Recentemente il PCI ha aperto un dibattito sulla cultura concludendo i lavori sulla necessità di « dare spazio ai nuovi bisogni, ai nuovi soggetti sociali, a nuo­ve culture ed idee ». La DC in un’assemblea si è più o me­no aperta a forze esterne. Questi sommovimenti a livel­lo nazionale non hanno nes­sun contraccolpo in questa nostra  provincia dell’impero.


Chi scri­ve ha già analizzato sociologi­camente le cause di tale situa­zione. Questo non basta però, mi si dice, a quanti avvertono i disagi, per una questione di coscienza (che pure esiste, mi si fa notare, insieme ai mac­chinoni ad ogni costo, alla « pelliccia più bella della tua », alle tangenti sugli ap­palti, ai « bacio le mani », ai posti prefabbricati uno per famiglia); una coscienza che rifiuta l'inefficienza e l'arro­ganza, il conformismo cultu­rale e la retorica fumosa della falsa armonia sociale (certo, alcuni si esprimono proprio così). Per reazione  si può cadere nel radicalismo e  in­vece è necessario esaminare lucidamente certi rapporti: ad esempio quelli tra intellettuali e potere a livello locale. Ma, si ribatte,  in realtà non sus­siste tale rapporto perché non esistono intellettuali in grado di impegnarsi in un discorso di emancipazione sociale. Esistono, si nota, fi­gure che coltivano vari cam­picelli in contrasto tra loro. Il tutto all'ombra del confor­mismo di vecchio stile  gentiliano (ma allora il fascismo inteso come qualunquismo ha radici antiche…). E ciò quando il presunto intellet­tuale (che in fondo, si consta­ta malignamente, è quasi sempre solo un ‘impiegato sta­tale’ della Scuola) non vende se stesso mutandosi in una strana figura politica inter­cambiabile.


 

© by Pasquale Stanziale

Sessa A. 01.01.2007