PASQUALE STANZIALE

 

 

OUTING

© 2001

 

 

TEN YEARS IN TWELWE STORIES

 

 

 

 

 

 

 

QUATTORDICIFEBBRAIONOVANTA

 

 

 

 

 

 

 

 

l'andamento delle ondate

e lunghe linee di spuma

 

rumore marino

 

ritmo di jazz

tra spiagge e colline

 

la tromba lontanante

e la fosca voce di Tom

 

Muriel

since you

left town

 

cosa ci appartiene veramente

se non la paura

notte e giorno

 

il mio fare barocco

la tua bocca che sillabava

 

- usciremo

da tutto questo?

 

Tom che suggerisce

di toglierti gli occhiali scuri

di mettere ogni tristezza in cornice

perché

arriva sempre

il momento che lo specchio si rompe

e sono necessari

capricci e storie sempre più nuove

 

quando alzi il bicchiere

il mio fare barocco

 

 

Muriel

Muriel

amico

hai da accendere?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

STRANIERI SENZA PARADISO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

finiscono i viaggi

prima dell’estate

nell’assolata armonia

di Anxur

 

abbiamo finito

il nostro lavoro

e allora

mettiamo occhiali scuri

e guidiamo vecchie macchine

e mangiamo panini

di fronte al mare.

 

e l’amore di notte

ci rende eroi sicuri

quando cominciamo a parlare

 

 

certo lasciamo

un buon ricordo di noi

nei ragazzi

citando Peter Weir

e Tom Waits

e spiegando vecchie cose

come

la cerimonia del tè

e la manutenzione

della motocicletta di Heidegger

 

ora non sappiamo

con chi parleremo

e chi renderemo inquieti

 

e l’ansia

e la nostra storia

stemperata nel paesaggio

 

un qui ed ora

che sono già passato

 

la vita che si piega

su se stessa

do len te

come su vecchie foto

cer can do si

 

uomini giocano coi cani

e famiglie bionde

vanno al mare

 

scatti fotografici

e grida di gabbiani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

QUANDO NASCONO LE PAROLE

(Night in Shangay 1992)

 

 

nebbia d'aprile

strade bagnate

e fredde

 

poi tutto

acquista

nitidi contorni

 

precisi profili di monti

corsi d'acqua

da gole verdi

e la veste strappata

 

un lungo suono umano

forse  grido

 

un saluto

 

e labbra rosse

da un vecchio porto

di silenzio

ancora qui

siamo

tra sole e malattia

una tregua

con annunci di morte

nel sonno meccanico

degli occhi pieni

di diamanti marini

 

così nascono le parole

da schegge di realtà lucenti

in un minuzioso inventario

di solitudine

 

quando è difficile

dare una forma al tempo

 

quando si rompono

i mille fili delle cose

 

e rimane solo

la notte dei musicisti

 

il vuoto lucido delle strade

aria di fuoco

nuvola

colomba

tu

e un neon ritmato

fino all'alba

 

 

 

 

 

 

BISOGNA PARLARNE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

bisogna parlarne

del mare grigio

sotto la pioggia d’ottobre

 

del dolore  puntuale

nell’alba cinematografica

 

l’ansia sublime

nel tunnel giallo

 

 

e vecchie e nuove storie

telefonate maldestre

rapidi sguardi

pallide efelidi

e rossi capelli

come ricorda Tom

 

l’istante

della vita

che vive felice

se stessa

ma subito scatta

un idioma veloce

un gesto di meraviglia

e tutto è ragionevole

chiaro e reale

 

bisogna parlarne

del silenzio assordante di Lucy

di cosa è la notte

le notti di fascinose violenze

consumate d’amore

 

respiri liquidi

colori cruenti

e confessioni definitive

 

bisogna parlarne

della palma

che oscilla in fondo al viale

nascondendo il mare

 

le risate femminili

nelle macchine ferme

nella nebbia di Anxur

 

e dell'inerzia eterna

 

questa vecchia signora

che non voglio guardare

 

e occhi che  ti seguono

implacabili

ma che sfuggono

ogni contatto

 

bisogna parlarne

 

 

 

 

 

 

 

DARE UNA FORMA AL TEMPO

(1997)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

nessuno saprà mai

di questa sera d’inverno

d’oscure nuvole e di cirri

che cala rapida

con rosse trasparenze

sulle strade della nostra vita

 

chi conoscerà mai

le immagini che ci attraversano

e le domande che ci inchiodano

 

diciamo

che abbiamo navigato

nutrendoci di sguardi

di attimi rubati

di immagini dilatate

di occasioni mancate

 

cercammo di leggere

il tempo delle città

tendendo i sensi e la memoria

cercando segni definitivi

 

restò solo

un bruciare attonito

spiccioli d’eternità istantanea

e assonare di parole

 

per dare una forma al tempo

 

una sera d’inverno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8.2.97

 

 

 

 

 

 

 

 

 

spire di sole

disegnano una tregua

 

 

guidiamo lentamente

 

il vento che scuote le bandiere

e sfuma le colline di ulivi argentati

 

 

di fronte al mare

raccogliamo i pensieri

senza concludere nulla

 

beviamo caffè

tra donne che parlano da sole

e uomini che fissano portacenere

 

cappelli militari

piccioni

navi americane

camions veloci

 

cediamo facilmente

a storie

che non sono le nostre

 

distilliamo sensazioni

perduti verso la morte

 

occhi bruciati

lunghe gambe in nero

 

e navi prendono il largo

 

soldati che marciano

intorno a campi da tennis

 

boe e gabbiani

 

mamme tristi

 

ufficiali che urlano

 

mettiamo gli occhiali scuri

e chiudiamo gli occhi

 

in fondo a un mattino

una macchina ferma

con qualcuno che dorme

 

 

 

 

 

 

 

31.07.98

(Is all)

 

 

 

 

 

 

 

 

un profilo a segnare questo tempo

 

gioco di danza

e spazio musicale che brucia

 

complice piacere

di un  pomeriggio di niente

 

il vento che dal mare

culla un sonno stanco

 

e lo stupore

d’un assoluto naturale

spazio di vita

 

semplice seduzione

ma compiuto momento

tanto lontano

dai nostri stratagemmi

 

è l’occasione perduta

dell’amore

questa condanna

a non forzare l’attimo

oltre precisi argini

 

universi collaudati

e giochi ripetuti

fino alla morte

 

e tutto questo

ha senso

solo per la traccia

che ci anima

perché tornerà col sole

una canzone

col segreto guardare

dello straniero inquieto

 

un  breve trasalire

e sarà  tutto

 

mentre noi

cerchiamo di

chiudere un disegno

che già sfuma

 

una ridda d’immagini

una chiacchiera infinita

tra ore senza fine

 

e l’ultima sigaretta

ch'é rimasta

 

 

 

 

 

 

 

12.12.1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

strane telefonate

un pomeriggio di neve

 

umani pudori

e note ambigue

 

un gioco

di cui non sapremo

mai nulla

 

poi il mare d’inverno

e la sua luce

sul fondo del silenzio

 

noi cerchiamo

solo la vita

 

l’appartenenza del tempo

la parola piena dei giorni

una stanchezza compiuta

 

strane telefonate

d’un tempo

senza storia

 

vento e rumori di sartìe

 

nient’altro da aggiungere

 

 

 

 

 

 

 

 

ALTROVE

(30.1.99)

 

 

 

 

 

 

 

 

il pianoforte

 

quattro note

per i surfisti che s’involano

 

luce immemore

d’aria invernale

 

cosa succede

in una

una macchina francese

un pomeriggio fin de siecle?

 

occhi indiani

sui colori

d’un Mediterraneo stanco

 

cosa succede?

 

persone

della tua vita

che  non sapranno

 

di mercati ventosi

 

dei gabbiani segnatempo

 

delle lussuose indifferenze

che ti sfiorano rapide

 

si viaggia  veloci

mentre un altro sguardo

si apre ineluttabilmente

 

abbracci d’orizzonte

luci  d’uomini

come rispecchio di cielo

 

cosa succede

in una macchina francese

mentre va

joiboy in mexico

nell’autunno del ‘99?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

velvet

(23.2.9919.3.99)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

noi

che ci distraiamo facilmente

 

che ci guardiamo sempre intorno

 

siamo sempre da un'altra parte

 

scriviamo cartoline senza indirizzo

 

talvolta ci fermiamo

per affondare  più agevolmente

 

respiriamo vecchie arie

che lasciamo tracce di dolore

in un  ritmo

di giorni troppo lunghi o troppo brevi

 

notti  che passano  rapide e leggere

 

sognando un vecchio verso di Montale

come nei treni degli anni ‘60

con Seferis e Kavafis

 

libri ingialliti

e date segnatempo

d’un  isterico puzzle

 

mentre

ritualmente

scoprono le barche per l'estate

sul  fiume grigio

dei piovaschi di marzo

 

provvisori

barlumi di sole

 

e arriva da lontano

l'altera voce

d'una  cantante inglese

 

così

multiple realtà

si velano e si svelano

contemporaneamente

precipitando

verso l’ora senza nome

né giorno né notte

tra  le stagioni umane

 

 

 

 

 

 

 

the little happy death

(4/2000)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ecco i corvi che giocano

sui peschi fioriti

di un’altra primavera

 

ecco le strade vuote dell’alba

e i paesi accollinati

e le sonnolente città mediterranee

 

ecco gli occhi

della piccola morte felice

 

quella che comincia

quando finisce Prufrock

 

 

cornetti alla marmellata

un caffè basso con  latte

 

quando Tom

comincia a vedere

poeticamente le cose

 

così scivola il  tempo

tra scrittura e visione

 

una porta aperta sul nulla

riempita dalla vita

 

le navi da guerra

sono partite

per il loro glorioso destino

mentre

i commercianti aspettano l’estate

e parlano di  avventure finanziarie

e intanto

le barche  cullano

donne immobili

con lunghi bicchieri

 

un vecchio marinaio

svolge sempre

lo stesso nodo

e storie di famiglia

arrivano nell’aria

con accenti fatui

 

Mr. Prufrock

incontra Tom

in un’assolata

città meridionale

 

tè e whisky

 

e così continua

senza coraggio

la deriva

della piccola morte felice

 

c’è un negozio che apre alle dieci

con svendite di fine stagione

 

abbiamo amato  e sofferto

per tutto e per niente

 

albe amare

corpi stanchi

un odio solido e continuo

 

ci stanno guardando

accidenti

 

ma è viaggiando da soli

che abbiamo trovato
le parole

e la piccola morte felice

 

il naufragio che dilata il tempo

il naufragio che abbiamo amato

e che puntualmente ritorna

spiraglio

senso estremo

tra  stagioni che cambiano

 

 

occhi assenti

e labbra viola

 

e intanto visti e non visti

 

su  un colle di Recanati

in un albergo di Londra

 

benvenuti al club dei naufraghi

c’è posto per tutti!

 

tra fumi di sakè

in un monitor coreano

Mr. Eliot e il Conte Leopardi

una notte

abbiamo scoperto

conversare amabilmente

in greco moderno

della piccola morte felice

 

e incedere

tra musiche di Sakamoto

 

il Conte

ammantato di viola

in una via Toledo pestilenziale

 

Mr. Eliot

cercare le sirene

i loro capelli

nel Mare del Nord

ben seduto

di fronte a una finestra

 

 

Tom, Tom,

dico a te

 

naufraghi dei loro occhi

nella piccola morte felice

 

e noi  avvoltolati

in fondo a un viaggio

mentre la notte

comincia a colare

 

el viento

la primavera

give me a cigarette

some vulgarity

go, go, go

 

le foglie degli eucalipti

nel pomeriggio ventoso

di aprile

 

un attimo innominabile

 

per sempre

su questi tasti

 

 

mai

per quello che resterà

di queste case

di queste strade

 

 

del sogno perduto

di queste città

 

del sogno ritrovato e offerto

chiavi in mano

 

I don’t believe

In  casual meetings

yet, yet

something  always escapes to us

 

it is a vertigo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

22.5.99

 

 

 

 

 

 

 

 

 

albe inesorabili

di notti agitate

 

nelle contrade

toccate dalla leggera ala

della morte

 

quando premono

i gelidi silenzi

di quelli che ci amarono

 

case senza rumori

mobili coperti

oggetti senza tempo

avanzi d’epoche scomparse

 

non sappiamo

cosa cerchiamo

nelle stanze senza luce

 

troviamo forse

un anticipo del nulla

nel tuffo del sangue

che ci guida

 

domani

lentamente

dimenticheremo l’amore

 

parole e sorrisi

di quelli che ci desiderarono

 

gesti e occhiate nervose

 

poi saremo

il corpo della verità

 

ci sarà un momento

senza voce

 

ritornerà un sussurro antico

tra specchi vuoti

e carte da bruciare

come necessario esorcismo

 

 

 

 

 

 

 

 

buena noche compañero

(5.2.2000)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

un’ora immobile

ritaglio d’un sole di febbraio

la gran folla assente

 

vecchi violinisti e

piloti sopravvissuti

ubriachi di  birra messicana

 

buena noche compañero

 

troppe chitarre

e ritmi cubani

all’ombra d’un  bar

 

non abbiamo mai avuto

l’amore che cercavamo

ma gli anni non ci hanno tradito

se allo stesso giro di boa

siamo sempre a stupirci

di questa vita

vivendo in un altro paese

con molto savoir faire

 

questa vita degli altri

di chi è solo e non lo sa

di chi cerca di amarci

 

questa vita che ritorna fuggendo

in un’aria di mambo

 

buena noche compañero

 

e il ritmo

porta via

volti, confessioni

e solidi sentimenti

 

sandali  consunti

patrie sognate

e riviste d’avanguardia

 

quella che mi parla di Lévinas

con molta fretta

fumando lunghe sigarette

 

quelli che trasformano negozi

in circoli  new age

e vanno in deltaplano

 

buene noche compañero

 

e l’inquadratura continua

senza dissolvenze

 

aerei   sigari   daiquiri

letture poetiche

reperti etnici

e circoli psicologici

 

deriva infinita

Pontiac del ‘59

 

ma così non si va da nessuna parte

accidenti a te

cosa ci facciamo qui

vieni entra nel ritmo

hai bevuto abbastanza

non è questo che serve

capisci

è la presa sul testo

tutto è testo

 

 

non abbiamo mai avuto

l’amore che cercavamo

 

in un’aria di mambo

 

buena noche compañero

 

© by PASQUALE STANZIALE 2001