© 2001
l'andamento delle ondate
e lunghe linee di spuma
rumore marino
ritmo di jazz
tra spiagge e colline
la tromba lontanante
e la fosca voce di Tom
Muriel
since you
left town
cosa ci appartiene veramente
se non la paura
notte e giorno
il mio fare barocco
la tua bocca che sillabava
- usciremo
da tutto questo?
Tom che suggerisce
di toglierti gli occhiali scuri
di mettere ogni tristezza in
cornice
perché
arriva sempre
il momento che lo specchio si
rompe
e sono necessari
capricci e storie sempre più
nuove
quando alzi il bicchiere
il mio fare barocco
Muriel
Muriel
amico
hai da accendere?
STRANIERI SENZA PARADISO
finiscono i viaggi
prima
dell’estate
nell’assolata
armonia
di
Anxur
abbiamo
finito
il
nostro lavoro
e
allora
mettiamo
occhiali scuri
e
guidiamo vecchie macchine
e
mangiamo panini
di
fronte al mare.
e
l’amore di notte
ci rende
eroi sicuri
quando
cominciamo a parlare
certo
lasciamo
un buon
ricordo di noi
nei
ragazzi
citando
Peter Weir
e Tom
Waits
e
spiegando vecchie cose
come
la
cerimonia del tè
e la
manutenzione
della
motocicletta di Heidegger
ora non
sappiamo
con chi
parleremo
e chi
renderemo inquieti
e
l’ansia
e la
nostra storia
stemperata
nel paesaggio
un qui ed ora
che
sono già passato
la vita
che si piega
su se
stessa
do len
te
come su
vecchie foto
cer can
do si
uomini
giocano coi cani
e
famiglie bionde
vanno al
mare
scatti fotografici
e grida
di gabbiani
QUANDO NASCONO LE PAROLE
(Night in Shangay 1992)
nebbia d'aprile
strade bagnate
e fredde
poi tutto
acquista
nitidi contorni
precisi profili di monti
corsi d'acqua
da gole verdi
e la veste strappata
un lungo suono umano
forse grido
un saluto
e labbra rosse
da un vecchio porto
di silenzio
ancora qui
siamo
tra sole e malattia
una tregua
con annunci di morte
nel sonno meccanico
degli occhi pieni
di diamanti marini
così nascono le parole
da schegge di realtà lucenti
in un minuzioso inventario
di solitudine
quando è difficile
dare una forma al tempo
quando si rompono
i mille fili delle cose
e rimane solo
la notte dei musicisti
il vuoto lucido delle strade
aria di fuoco
nuvola
colomba
tu
e un neon ritmato
fino all'alba
BISOGNA PARLARNE
bisogna parlarne
del mare grigio
sotto la pioggia d’ottobre
del dolore puntuale
nell’alba cinematografica
l’ansia sublime
nel tunnel giallo
e vecchie e nuove storie
telefonate maldestre
rapidi sguardi
pallide efelidi
e rossi capelli
come ricorda Tom
l’istante
della vita
che vive felice
se stessa
ma subito scatta
un idioma veloce
un gesto di meraviglia
e tutto è ragionevole
chiaro e reale
bisogna parlarne
del silenzio assordante di Lucy
di cosa è la notte
le notti di fascinose violenze
consumate d’amore
respiri liquidi
colori cruenti
e confessioni definitive
bisogna parlarne
della palma
che oscilla in fondo al viale
nascondendo il mare
le risate femminili
nelle macchine ferme
nella nebbia di Anxur
e dell'inerzia eterna
questa vecchia signora
che non voglio guardare
e occhi che ti seguono
implacabili
ma che sfuggono
ogni contatto
bisogna parlarne
DARE UNA FORMA AL TEMPO
(1997)
nessuno saprà mai
di questa sera d’inverno
d’oscure nuvole e di cirri
che cala rapida
con rosse trasparenze
sulle strade della nostra vita
chi conoscerà mai
le immagini che ci attraversano
e le domande che ci inchiodano
diciamo
che abbiamo navigato
nutrendoci di sguardi
di attimi rubati
di immagini dilatate
di occasioni mancate
cercammo di leggere
il tempo delle città
tendendo i sensi e la memoria
cercando segni definitivi
restò solo
un bruciare attonito
spiccioli d’eternità istantanea
e assonare di parole
per dare una forma al tempo
una sera d’inverno
8.2.97
spire di sole
disegnano una tregua
guidiamo lentamente
il vento che scuote le bandiere
e sfuma le colline di ulivi
argentati
di fronte al mare
raccogliamo i pensieri
senza concludere nulla
beviamo caffè
tra donne che parlano da sole
e uomini che fissano portacenere
cappelli militari
piccioni
navi americane
camions veloci
cediamo facilmente
a storie
che non sono le nostre
distilliamo sensazioni
perduti verso la morte
occhi bruciati
lunghe gambe in nero
e navi prendono il largo
soldati che marciano
intorno a campi da tennis
boe e gabbiani
mamme tristi
ufficiali che urlano
mettiamo gli occhiali scuri
e chiudiamo gli occhi
in fondo a un mattino
una macchina ferma
con qualcuno che dorme
31.07.98
(Is all)
un profilo a segnare questo tempo
gioco di danza
e spazio musicale che brucia
complice piacere
di un pomeriggio di niente
il vento che dal mare
culla un sonno stanco
e lo stupore
d’un assoluto naturale
spazio di vita
semplice seduzione
ma compiuto momento
tanto lontano
dai nostri stratagemmi
è l’occasione perduta
dell’amore
questa condanna
a non forzare l’attimo
oltre precisi argini
universi collaudati
e giochi ripetuti
fino alla morte
e tutto questo
ha senso
solo per la traccia
che ci anima
perché tornerà col sole
una canzone
col segreto guardare
dello straniero inquieto
un breve trasalire
e sarà tutto
mentre noi
cerchiamo di
chiudere un disegno
che già sfuma
una ridda d’immagini
una chiacchiera infinita
tra ore senza fine
e l’ultima sigaretta
ch'é rimasta
12.12.1998
strane telefonate
un pomeriggio di neve
umani pudori
e note ambigue
un gioco
di cui non sapremo
mai nulla
poi il mare d’inverno
e la sua luce
sul fondo del silenzio
noi cerchiamo
solo la vita
l’appartenenza del tempo
la parola piena dei giorni
una stanchezza compiuta
strane telefonate
d’un tempo
senza storia
vento e rumori di sartìe
nient’altro da aggiungere
ALTROVE
(30.1.99)
il pianoforte
quattro note
per i surfisti che s’involano
luce immemore
d’aria invernale
cosa succede
in una
una macchina francese
un pomeriggio fin de siecle?
occhi indiani
sui colori
d’un Mediterraneo stanco
cosa succede?
persone
della tua vita
che non sapranno
di mercati ventosi
dei gabbiani segnatempo
delle lussuose indifferenze
che ti sfiorano rapide
si viaggia veloci
mentre un altro sguardo
si apre ineluttabilmente
abbracci d’orizzonte
luci d’uomini
come rispecchio di cielo
cosa succede
in una macchina francese
mentre va
joiboy in mexico
nell’autunno del ‘99?
velvet
(23.2.9919.3.99)
noi
che ci distraiamo facilmente
che ci guardiamo sempre intorno
siamo sempre da un'altra parte
scriviamo cartoline senza
indirizzo
talvolta ci fermiamo
per affondare più agevolmente
respiriamo vecchie arie
che lasciamo tracce di dolore
in un ritmo
di giorni troppo lunghi o troppo
brevi
notti che passano
rapide e leggere
sognando un vecchio verso di
Montale
come nei treni degli anni ‘60
con Seferis e Kavafis
libri ingialliti
e date segnatempo
d’un isterico puzzle
mentre
ritualmente
scoprono le barche per l'estate
sul fiume grigio
dei piovaschi di marzo
provvisori
barlumi di sole
e arriva da lontano
l'altera voce
d'una cantante inglese
così
multiple realtà
si velano e si svelano
contemporaneamente
precipitando
verso l’ora senza nome
né giorno né notte
tra le stagioni umane
the little happy death
(4/2000)
ecco i corvi che giocano
sui peschi fioriti
di un’altra primavera
ecco le strade vuote dell’alba
e i paesi accollinati
e le sonnolente città
mediterranee
ecco gli occhi
della piccola morte felice
quella che comincia
quando finisce Prufrock
cornetti alla marmellata
un caffè basso con latte
quando Tom
comincia a vedere
poeticamente le cose
così scivola il tempo
tra scrittura e visione
una porta aperta sul nulla
riempita dalla vita
le navi da guerra
sono partite
per il loro glorioso destino
mentre
i commercianti aspettano l’estate
e parlano di avventure finanziarie
e intanto
le barche cullano
donne immobili
con lunghi bicchieri
un vecchio marinaio
svolge sempre
lo stesso nodo
e storie di famiglia
arrivano nell’aria
con accenti fatui
Mr. Prufrock
incontra Tom
in un’assolata
città meridionale
tè e whisky
e così continua
senza coraggio
la deriva
della piccola morte felice
c’è un negozio che apre alle
dieci
con svendite di fine stagione
abbiamo amato e sofferto
per tutto e per niente
albe amare
corpi stanchi
un odio solido e continuo
ci stanno guardando
accidenti
ma è viaggiando da soli
che abbiamo trovato
le parole
e la piccola morte felice
il naufragio che dilata il tempo
il naufragio che abbiamo amato
e che puntualmente ritorna
spiraglio
senso estremo
tra stagioni che cambiano
occhi assenti
e labbra viola
e intanto visti e non visti
su un colle di Recanati
in un albergo di Londra
benvenuti al club dei naufraghi
c’è posto per tutti!
tra fumi di sakè
in un monitor coreano
Mr. Eliot e il Conte Leopardi
una notte
abbiamo scoperto
conversare amabilmente
in greco moderno
della piccola morte felice
e incedere
tra musiche di Sakamoto
il Conte
ammantato di viola
in una via Toledo pestilenziale
Mr. Eliot
cercare le sirene
i loro capelli
nel Mare del Nord
ben seduto
di fronte a una finestra
Tom, Tom,
dico a te
naufraghi dei loro occhi
nella piccola morte felice
e noi avvoltolati
in fondo a un viaggio
mentre la notte
comincia a colare
el viento
la primavera
give
me a cigarette
some
vulgarity
go,
go, go
le foglie degli eucalipti
nel pomeriggio ventoso
di aprile
un attimo innominabile
per sempre
su questi tasti
mai
per quello che resterà
di queste case
di queste strade
del sogno perduto
di queste città
del sogno ritrovato e offerto
chiavi in mano
I
don’t believe
In casual meetings
yet,
yet
something always escapes to us
it is a vertigo
22.5.99
albe inesorabili
di notti agitate
nelle contrade
toccate dalla leggera ala
della morte
quando premono
i gelidi silenzi
di quelli che ci amarono
case senza rumori
mobili coperti
oggetti senza tempo
avanzi d’epoche scomparse
non sappiamo
cosa cerchiamo
nelle stanze senza luce
troviamo forse
un anticipo del nulla
nel tuffo del sangue
che ci guida
domani
lentamente
dimenticheremo l’amore
parole e sorrisi
di quelli che ci desiderarono
gesti e occhiate nervose
poi saremo
il corpo della verità
ci sarà un momento
senza voce
ritornerà un sussurro antico
tra specchi vuoti
e carte da bruciare
come necessario esorcismo
buena noche compañero
(5.2.2000)
un’ora immobile
ritaglio d’un sole di febbraio
la gran folla assente
vecchi violinisti e
piloti sopravvissuti
ubriachi di birra messicana
buena noche compañero
troppe chitarre
e ritmi cubani
all’ombra d’un bar
non abbiamo mai avuto
l’amore che cercavamo
ma gli anni non ci hanno tradito
se allo stesso giro di boa
siamo sempre a stupirci
di questa vita
vivendo in un altro paese
con molto savoir faire
questa vita degli altri
di chi è solo e non lo sa
di chi cerca di amarci
questa vita che ritorna fuggendo
in un’aria di mambo
buena noche compañero
e il ritmo
porta via
volti, confessioni
e solidi sentimenti
sandali consunti
patrie sognate
e riviste d’avanguardia
quella che mi parla di Lévinas
con molta fretta
fumando lunghe sigarette
quelli che trasformano negozi
in circoli new age
e vanno in deltaplano
buene noche compañero
e l’inquadratura continua
senza dissolvenze
aerei sigari
daiquiri
letture poetiche
reperti etnici
e circoli psicologici
deriva infinita
Pontiac del ‘59
ma così non si va da nessuna
parte
accidenti a te
cosa ci facciamo qui
vieni entra nel ritmo
hai bevuto abbastanza
non è questo che serve
capisci
è la presa sul testo
tutto è testo
non abbiamo mai avuto
l’amore che cercavamo
in un’aria di mambo
buena noche compañero
© by PASQUALE STANZIALE 2001