LA
STAMPA
La
prima persona nel tempo che si sia fatta notare a Ravanusa per la sua
attività pubblicistica è l’arciprete dott. Calogero Curto.
Pochissimi lo conoscono, qualche anziano ricorda di aver sentito parlare
di donna Dia Curto e del palazzo di don Rocco Curto, sede, negli anni
‘40-50 della scuola elementare, sito in Via Lincoln, ma nessuno
realmente sa chi fosse. Nella toponomastica ravanusana tale nome non
esiste eppure l’arciprete don Calogero Curto è un cittadino illustre
e benemerito di Ravanusa appartenente ad un aristocratico e ricchissimo
casato che viene ricordato per la sua filantropia perché sensibile alle
istanze sociali ed economiche del popolo. Per individuare il personaggio
diremo che era fratello della leggendaria Donna Dia (Dorotea) e di don
Rocco, ed operò a Ravanusa per ben 44 anni, dal 1844 al 1888, anno
della sua morte. La sua attività pubblicistica è legata alla
collaborazione ai periodici "Il Cittadino", "L’Indipendenza",
"La Lega", nei quali espresse i suoi orientamenti manifestando
le sue tendenze antiborboniche e libertarie che in più occasioni Io
portarono a svolgere un ruolo pubblico che andò ben al di là delle
mura cittadine e della sua funzione di prete. E’ probabile che dopo di
lui ci siano state altre iniziative di cui in atto non si trova traccia.
I primi giornali locali si fanno risalire agli inizi del ‘900 e
precisamente al 1909 con la pubblicazione di un foglio di ispirazione
cattolica del maestro sac. Angelo Bellavia dal titolo "Salviamo la
gioventù" seguito dal numero unico "Il ribelle" del 1911
e da "Il risveglio"del 1920 entrambi a carattere sociale. Del
1913 è "La preparazione" di ispirazione socialista
finalizzato alla campagna elettorale del canicattinese avv. Giuseppe
Marchesano. Da questo momento non emergono altre iniziative fino al
numero unico "Saraceno Sud" del 30 marzo 1965 il cui direttore
responsabile era il dott. Salvatore Aronica che anticipava la
pubblicazione de "IL SARACENO". Nell’articolo di fondo
veniva presentato il programma del giornale che si trascrive nelle linee
fondamentali: "Nostro primo impegno è contribuire alle risoluzione
dei probleni cittadini.., alla rivalutazione del nostro patrimonio
archeologico, alla protezione del nostro paesaggio..." "Noi
non abbiamo padroni o finanziatori interessati, non serviamo correnti
politiche o gruppi di industriali, non siamo al servizio di un uomo odi
una setta: viviamo liberi e vogliamo che il nostro giornale sia
libero". Il primo periodico vero e proprio fu pubblicato il I
maggio 1965 con il titolo "IL SARACENO". Ne era proprietario
il dott.Salvatore Aronica; Direttore responsabile dott. Gaetano Elio
Lombardi. Venne registrato dal Tribunale di Agrigento al n. 56 del
10/4/1965 e pubblicato dalla tipografia Enzo Gallo di Agrigento. L’abbonamento
ordinario costava 1000 lire; una copia lire 100. Ad esso collaborarono:
Salvatore Aronica, Salvatore Abbruscato, Antonino Aronica, Gaetano
Cavalcanti, Antonino Cremona, Paolo D’Anna, Pietro Di Caro, Lillo Di
Maida, Luigi Di Pasquali, Pippo Dulcetta, Emanuele Gagliano, Agostino
Grifasi, Mario Gori, Mimmo Monterosso, Giuseppe Musso, Lillo Ninotta,
sac. Angelo Noto, Gina Noto Termini, Angelo Parisi, Massimo Palumbo,
Diego Termini, Francesco Verso.
Un
altro numero unico si ebbe alla fine del 1967, "La Voce di Ravanusa",
sponsorizzato dal Circolo universitario Atheneum. Direttore responsabile
prof. Diego Termini. Il giornale espresse un momento della vita
socio-politica del paese.
L’iniziativa
più notevole di questi ultimi anni è rappresentata da "L’ECO",
un mensile diretto dal dott. Lilli Parisi che in elegante veste
tipografica e con numerose e originali fotografie e illustrazioni dal
marzo 1972 al dicembre 1992 ha fatto un quadro ampio ed esauriente di
tutti gli aspetti della vita ravanusana. Ha affrontato problemi di
costume, di cultura, di politica, scolastici, di attualità; ha raccolto
recensioni, liriche, lettere provenienti dai nostri cittadini emigrati;
non è mancata in esso la satira (simpatica quella di Pilato, al secolo
dott.Girolamo La Marca) e la polemica. Il periodico ha espresso il
tenace,costante,a volte anche testardo attaccamento del suo direttore
che ha sfidato le difficoltà più serie, anche economiche, per tenere
in vita il giornale che oggi, raccolto in quattro volumi, rappresenta un
elememto di testimonianza e di consultazione per ulteriori indagini sul
nostro paese. A Lilli Parisi e a quanti lo hanno collaborato rivolgiamo,
a nome della collettività, un sentito ringraziamento.
I
CIRCOLI
Le
origini del circolo Dante Alighieri e del circolo Menenio Agrippa, detto
degli Intellettuali, sono confuse perché mancano di documentazione
scritta. Abbiamo dovuto quindi intervistare le persone anziane e
servirci di un articolo de "L’Eco" scritto dal defunto comm.
Angelo Testasecca amante delle tradizioni ravanusane. Per renderci conto
delle origini dei due circoli "di civili", i più antichi di
Ravanusa, è necessario fare riferimento alle classi sociali. I
signorotti locali, discendenti dai Baroni Sillitti, qualche
professionista medico, farmacista, notaio e qualche possidente che si
era economicamente elevato e che aveva ottenuto il "don",
primo gradino della scala nobiliare, venivano chiamati Galantuomini.
Essi si riunivano per trascorrere il loro tempo in locali chiamati
"circoli civili". Con l’incameramento dei beni della chiesa
e con l’estensione delle leggi Siccardi a tutto il Regno d’Italia,
il Convento venne chiuso e i locali furono adibiti a sede del Comune,
del carcere, degli uffici giudiziari e del circolo dei civili. I civili,
che allora reggevano l’Amministrazione Comunale, di fatto cedettero a
se stessi un locale che divenne così la sede stabile del primo circolo
dei galantuomini. Con l’Unità d’Italia iniziavano anche le
discussioni politiche e i civili cominciarono a manifestare idee
contrastanti; alcuni erano favorevoli alle nuove istanze sociali, altri
preferivano mantenere i loro privilegi. Queste discussioni duravano a
lungo, gli anziani morivano e i giovani prendevano il loro posto con
mentalità ed ideali diversi. Nel 1913 con I ‘estensione del suffragio
universale a tutti gli uomini i contrasti si acuirono degenerando in
vere e proprie dispute accese. Il Commissario prefettizio per evitare le
polemiche chiuse il circolo. Gli elementi di destra aprirono subito un
altro circolo che chiamarono "Progresso" che ebbe sede negli
attuali locali del Banco di Sicilia, in piazza Umberto I, oggi piazza I
Maggio. Gli elementi di sinistra fondarono il Circolo Democratico
sistemandosi anch’essi in piazza Umberto I. In seguito alle elezioni
del 1914 i socialisti ottennero la maggioranza, riaprirono l’ex
circolo e lo concessero ai democratici, diventando "Circolo
democratico". I soci pur essendo popolari ammettevano anch'essi
solo chi aveva il "don" e operai, artigiani e contadini non
furono mai ammessi. Nel 1922 il Partito Fascista che si era insediato
nei locali del Partito Socialista, siti in C/so della Repubblica, in
prossimità di piazza Crispi (attuale bar Centrale), si trasferì nei
locali nel circolo democratico che cesso di esistere. Nel 1924 il
circolo Progresso, guidato dalla famiglia Sillitti, si trasferì nei
locali del Fascio, dove in alto si trova il Circolo "Dante
Alighieri". Intorno al 1926/27 le due famiglie più emergenti,
entrambe fasciste, Sillitti e Galatioto, vennero in lite perché i
Galatioto volevano ammettere dei soci che i Silitii non gradivano. Il
circolo si spaccò e i Galatioto fondarono il Circolo "Arnaldo
Mussolini", mentre i Sillitti conservarono la direzione del Circolo
"Progresso che da allora si chiamo Dante Alighieri. Ispiratore e
fondatore del Circolo "A. Mussolini" fu Girolamo Galatioto,
conosciuto come "Mommo Otello" per il colore scuro della
pelle. Questi lo gestì con tutta la sua famiglia fini alla caduta del
fascismo quando per ragioni di opportunità si dovette cambiare il nome.
I Galatioto nostalgici del fascismo, vollero almeno conservare le
iniziali di Anialdo Mussolini, andando a pescare tra i personaggi della
storia quel Menemio Agrippa che aveva la ventura di avere le stesse
iniziali. A parte questo non e e nessun rapporto tra il personaggio e l’attività
del circolo. Difatti né allora né oggi il circolo e i suoi soci sono
stati mai "sull’Aventino"; al contrario anzi hanno sempre
attivamente partecipato alle vicende della vita cittadina, esagerando
magari con il pettegolezzo vivace sul nostro ambiente. Accanto a questi
due che sono considerati i più famosi, perché ancora oggi vivono con
le differenze e le sfumature di un tempo, numerose altre aggregazioni
sorsero in quel periodo dando vita ad associazioni che, più o meno
caratterizzate o influenzate, possono considerarsi dei veri e propri
circoli dai quali promanò quella attività socio-culturale, umanitaria,
politica e dialettica che ha sempre distinto il nostro paese. Tra questi
ricordiamo il Circolo Socialista e il Circolo Garibaldi. Nel 1918 viene
istituito il Circolo studentesco "Silvio Pellico" annesso al
circolo Progresso, dove portò una folata di gioventù e di modernità
con la istituzione di una biblioteca itinerante. Nel 1920 venne fondato
il "Circolo Giovanile Cattolico Sacro Cuore di Gesù" diretto
dall’ Arc.Calogero Sorrento e dal sac. Vito Costanza. Cattolici e
socialisti gareggiano in accanite lotte e i circoli vivono intensamente
questi eventi. Tra il 1920-23 i contrasti si acuiscono fomentati da
divergenze politiche ma l' avvento del fascismo tacitò gli animi e i
circoli furono costretti a chiudere: rimase attivo solo il circolo
Progresso, delle cui vicende abbiamo parlato. Dopo la seconda guerra
mondiale sorsero il Circolo Goliardico e la FUCI che ebbero sede in
Corso Vittorio Emanuele, zona S.Giuseppe. Solo negli ultimi decenni c e
stata una ripresa associativa notevole che negli anni ‘60 vede sorgere
un nuovo circolo goliardico, Atheneum e successivamente il circolo
studentesco G.Verga, entrambi di breve durata. Oggi sono attivi i
circoli sotto elencati:
-CIRCOLO
INTELLETTUALI "MENENIO AGRIPPA";
-CIRCOLO
CULTURALE "DANTE ALIGHIERI" costituitisi entrambi tra il
1926-27 dalla scissione del circolo Progresso.Riuniscono i vecchi
"notabili" e professionisti;
-CIRCOLO
INVALIDI E MUTILATI DI GUERRA;
-CIRCOLO
S.FRANCESCO, 1978, Via Mazzini, costituito da pensionati;
-CIRCOLO
A.VOLTA, 1981, costituito da artigiani e qualche professionista;
-CIRCOLO
PIRANDELLO, 1982, costituito da professionisti ed artigiani;
-CIRCOLO
SPORTIVO A. FRANCHI, 1986, costituito da giovani;
-CIRCOLO
OPERAI RIUNITI, 1989, Piazza Crispi.
-CIRCOLO
CULTURALE FALCONE E BORSELLINO, 1993, ultimo in ordine di tempo, nato
dalla scissione del Pirandello.
Operano
anche come circoli la sezione dei Coltivatori Diretti, quella di
Alleanza Contadina e le sezioni dei partiti politici, dislocati tutti in
Corso della Repubblica. Questi hanno sostituito i luoghi di riunione che
una volta erano i saloni dei barbieri.
LA
DONNA
La
donna nella società ravanusana non ha mai avuto un ruolo importante. La
sua funzione iniziava e si concludeva nell’ ambito delle pareti
domestiche: figlia, moglie, madre e nonna, così per generazioni e
generazioni. E’ vero che nell’ambito della famiglia la donna
assumeva un posto di primo piano, era la regina incontrastata e il
"pater familias "in realtà aveva un compito secondario. Era
lei che gestiva la casa e i figli. Possiamo ben dire che nella famiglia
patriarcale la donna è sempre stata rispettata e alleggerita dai lavori
gravosi della campagna. Per il contadino ravanusano era disonorevole non
essere in grado di poter sostenere da solo moglie e figli. Non bisogna
però pensare che il ruolo della donna in seno alla propria casa fosse
meno impegnativo di quello dell’uomo. Le giornate erano faticose, ella
doveva pensare alla numerosa prole, alla pulizia della casa, al bucato,
ad impastare e cuocere il pane, a fare la pasta, a preparare il sapone,
ad accendere il fuoco per preparare i pasti e per riscaldare l’ambiente
con il braciere; doveva inoltre accudire alle galline, alla capra, al
maiale e doveva svolgere tutti quei lavori collaterali al lavoro dei
campi che richiedevano una immensa fatica. Era lei infatti che puliva il
grano per la semina, era sempre lei che si preoccupava di smallare e
sgusciare le mandorle e i pistacchi, di pulire le olive per la raccolta
dell’olio. La sua mano attiva e il suo occhio vigile dovevano
provvedere alla equa distribuzione di tutto ciò che poi sarebbe servito
per "far passare l’annata" alla sua famiglia. La bimba
appena nata era destinata ad assolvere al suo ruolo di moglie e di
madre. Nella seconda metà dell’Ottocento e agli inizi del Novecento l’età
media per convolare a nozze era compresa tra i tredici e i sedici anni;
il numero dei figli cresceva a dismisura (dai dieci ai diciotto) e così
logorata dalla fatica e dalle numerose maternità il corpo delle ragazze
assumeva prestissimo una conformazione appesantita e invecchiata. Con un
simile ritmo di vita anche chi apparteneva al ceto benestante non aveva
né il tempo, né la voglia di accudire alla propria persona. Di uscire
manco a parlarne, l’unico diversivo consisteva nel partecipare con la
mamma o con il marito a qualche matrimonio o nel fare qualche
passeggiata nelle feste. L’abbigliamento era dei più modesti, una
sottana lunga ed ampia con sopra un grembiule che copriva tutta la
persona, un corpetto più o meno ricco con ricami (ippuni) per le grandi
occasioni. I colori erano seri ed andavano dal nero al blu e bordò. I
capelli in lunghe trecce venivano raccolti sulla nuca (tuppu) e una
mantellina copriva il loro capo. Intorno al 1920 la mantellina verrà
sostituita dallo scialle (lu sciallu). Il lutto, rigidissimo,
"eterno" per il marito, decennale per tutti gli altri parenti
ed affini, rendeva ancora più lugubre l’abbigliamento. Dai documenti
relativi ai primi anni dell’Ottocento non compare il nome di nessuna
donna che si sia distinta in campo sociale; anche negli atti notarili è
rarissimo incontrare il nome di una acquirente di sesso femminile, è
sempre l’uomo che fa gli affari. E’ giusto ritenere però che
qualche donna del ceto aristocratico e borghese si sia occupata di
operare per i bisognosi ed in particolare per i bambini. Dagli atti dell’archivio
vescovile di Agrigento si ricava che nel 1804 il dott. Giuseppe Gallo e
il dott.Marco Miccichè avevano un oratorio che raccoglieva i bambini
del paese e il dott. Gallo ne aveva un altro in campagna. Un altro
riferimento si riscontra nel 1853. La famiglia Curto e il barone Aronica
Paternò gestiscono due oratori. E’ logico pensare che donne e
certamente persone della famiglia si preoccupassero di accudire e di
istruire i figli del popolo. La prime donne che compaiono in ordine di
tempo per una iniziativa religiosa e sociale sono Dorotea Curto (Donna
Dia), Maria Cannarozzo e Colomba Minacori, rispettivamente presidente,
vice presidente e segretaria dell’Associazione Cuore Immacolato di
Maria e delle Madri Cristiane. E’ questa la prima notizia documentata
che ci dà la possibilità di trovare donne impegnate fuori dell’ambito
familiare. Nel 1893 il governo liberale del Giolitti aveva favorito il
diffondersi in Italia delle nuove istanze sociali ad opera dei
socialisti, della ideologia del Bakunin e della Rerum Novarum. In
Sicilia su iniziativa di intellettuali sensibili ai problemi di
contadini e minatori, nacquero i Fasci dei Lavoratori, importanti
perché rappresentavano la prima tappa nell’associazionismo siciliano.
Anche Ravanusa ebbe il suo Fascio (16 marzo 1893) che il 12 maggio
organizza una protesta. La maggior parte degli aderenti al Fascio erano
carrettieri che trasportavano lo zolfo dalla miniera TrabiaTallarita
fino allo scalo ferroviario di Campobello-Ravanusa; essi chiedevano un
più equo trattamento e per questo sfilarono lungo le strade principali
del paese seguiti da contadini e donne. Dalla denuncia fatta dalle
autorità locali, come riporta Francesco Provenzano in "Il Fascio
dei Lavoratori di Ravanusa", insieme agli uomini ben sette donne
furono denunciate, Grifasi Crocifissa, Savarino Maria, Cimino Antonia,
Borsellino Vincenza e Francesca, Tasca Angela, Avenia Pasqua. Certamente
le donne erano familiari dei carrettieri e il grave problema le toccava
da vicino. In questo periodo l’istruzione lasciava a desiderare; nella
prima metà dell’Ottocento nelle scuole elementari le classi maschili
erano quattro, la femminile una. Questa proporzione dovette durare fino
al 1920. Un miglioramento culturale ma molto modesto si avrà nel
periodo del fascismo, quando l’associazionismo inquadrò anche le
ragazze. Il clero ravanusano però, sensibile ai problemi sociali,
sentì la necessità di educare ed istruire i bambini e per iniziativa
dell’ arciprete Giuseppe Sorrento, nel 1924 venne aperto l' Istituto
delle Figlie di Maria Ausiliatrice che accoglieva i bambini per l’asilo
e le ragazze per insegnar loro a ricamare e cucire. Le fanciulle
finalmente hanno la possibilità di lasciare le pareti domestiche ed in
gruppo raggiungere le suore. La vita delle Figlie di Maria Ausiliatrice
fu travagliata. Infatti in seguito al fallimento della banca fondata da
Gaetano La Lomia e dall’arciprete Sorrento la casa sita accanto alla
Matrice che ospitava le suore venne pignorata da Sarina Sillitti e le
suore dovettero sloggiare. La signora Anna Giuliana vedova Bonaccorsi
racconta che il dott. Archimede Miccichè e la moglie Rosina Tulimello
sognarono contemporaneamente Don Bosco che li invitava ad ospitare le
suore che si trasferirono, nel 1933, in contrada Grada (nella parte alta
del quartiere San Michele) dove i coniugi Miccichè avevano una villetta
che esiste tuttora. La vita delle suore fu difficile perché erano
isolate, senza acqua, senza fognature e in un ambiente molto freddo e
lontano dall’abitato. Ogni mattina una giovane, Carmela Di Rosa,
divenuta in seguito Figlia di Maria Ausiliatrice, radunava i bambini
dell’asilo in Matrice e li accompagnava per le strade fangose del
paese sino alla villetta. Per tali disagi l’ispettrice pensava di
ritirare le suore, ma anche questa volta la Provvidenza si presenta
sotto le vesti di una ragazza. Anna Giuliana, molto legata alle suore,
convince il padre Luigi a vendere la loro casa di Via Sella e a comprane
un’altra più grande sita in Via Mamiani e ad ospitare le suore che
nel 1938 poterono ritornare al centro. Le peripezie però non finirono;
nel 1941 infatti, venuta meno la rendita annua di lire 12.000 che l’arciprete
Sorrento versava per il mantenimento delle suore, l’Istituto dovette
chiudere. Anche questa volta intervenne una donna, la signora
Mariassunta Gallo, che svincolò l’antica casa pignorata da Sarina
Sillitti e le suore ritornarono accanto alla chiesa Madre, dove operano
ancora oggi. Si ricorda che per interessamento dell’arciprete Giuseppe
Burgio, don Vito Gallo, fratello di Mariassunta, concesse alle suore la
rendita delle 12.000 lire per il loro mantenimento ed in più versò la
somma di 50.000 lire (cifra per quei tempi altissima) alla Curia per
liberare la casa da qualsiasi diritto della parrocchia e così le suore
ebbero la loro autonomia. Sempre in questo periodo, per iniziativa di
donna Giulia Sillitti Bella e delle sue sorelle, delle sig.ne Gambino e
Galatioto, sostenute dal sac. Giuseppe Musso, fu fondato, nel 1925, il
ricovero di mendicità dedicato a San Vincenzo de’ Paoli che venne
affidato alle Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue che
ospitarono bambine orfane e un asilo. Come si può rilevare la donna
ravanusana uscita dalle pareti domestiche trova la sua realizzazione
sociale nell’ambito della parrocchia e delle opere di carità. La
situazione culturale però non accenna a migliorare, le più fortunate
conseguono la licenza elementare; sono pochissime quelle che
intraprendono gli studi superiori anche perché è convinzione diffusa
che uscire fuori dall’ambito familiare le compromette e le pone in
condizione di non potere trovare marito, condannandole a resta zitelle o
a matrimoni di ripiego. Un posto particolare, intorno agli anni trenta
spetta alla maestra Vittorina Noto, donna energica, di vivace
intelligenza e di grandi iniziative; il suo rapporto con Ravanusa era di
odio-amore, le sue aspirazioni la spingevano lontano, il suo amore per
la famiglia e il paese la richiamavano al "suo Saraceno".
Insofferente dei pregiudizi e dei tabù che la donna doveva subire era
sua ferma convinzione migliorarne le condizioni e liberarla dalla stato
di inferiorità con l’istruzione. Pertanto convinceva le mamme a far
partire le proprie figlie per il collegio dove si sarebbero fatte suore
e avrebbero studiato. Tra il 1935 e il 1955 le ragazze con la maestra
Noto partirono a folate per Roma, San Giovanni Campano e Montefiascone;
qualcuna divenne suora, ma la maggior parte, intraprese gli studi
superiori, conseguì il diploma magistrale e molte di esse hanno operato
a Ravanusa come insegnanti elementari incrementando la cultura e
migliorandone la società. Nel 1964, Vittorina e il fratello mons.Angelo
Noto, fondarono l’Istituto "Santina Noto" donando la loro
casa paterna, sita in Viale Matteotti e il terreno di contrada
Lazzaretto, dove oggi sorge l’asilo delle Suore Apostole del Sacro
Cuore. Intorno agli anni ‘40 la donna comincia ad avere un po’ più
di libertà. Si incrementa l’Azione Cattolica e molte sono le
fanciulle che seguono le iniziative religiose. La nascita della scuola
media locale convince le famiglie che l’istruzione ha una grande
importanza; si riducono i pregiudizi e l’età media per il matrimonio
sale a sedici-venti anni, lo scialle scompare e le più giovani
abbandonano il "tuppo", si tagliano i capelli e fanno la
permanente. Nel 1948 le Orsoline Giuseppina Ministeri, Crocifissa
Ministeri e Carmelina Pennica, sostenute dall’ arciprete Giuseppe
Burgio, sul terreno donato dal sig. Antonio Raia, con fondi regionali
costruiscono l’Istituto S.Angela Merici, in contrada Mastro Dominici,
quartiere periferico della Matrice. Esse si occupano dell’educazione
dei ragazzi del quartiere e aprono pure un asilo. Tra queste, per la sua
bontà si distinse Angelina Tricoli, ricordata dal sac. don Nunzio
Burgio con due pubblicazioni. Tra il 1950 e il 1970 Ravanusa ha un
grande numero di emigrati e con l’emigrazione giunge in paese il
benessere e l’evoluzione. Anche le donne in Germania e Francia
lavorano e accumulano soldi con grandi sacrifici. Alcune rimangono in
terra straniera dove i figli si sono accasati, molte ritornano più
emancipate e meno legate alla tradizione. Tra il ‘50 e il ‘60
aumenta il numero delle ragazze iscritte alla scuola media e nel 1958
apre l’Istituto Magistrale che porterà molte ragazze del circondano a
Ravanusa. Proprio in questo periodo le prime donne si mettono al
volante, sono due ragazze che, noncuranti dei pettegolezzi, rischiano di
restare zitelle. Le più intraprendenti inoltre cominciano ad andare in
piazza, a passeggiare e a frequentare il cinema senza
"cavaliere". In un ambiente come Ravanusa c’è di che
parlare... L’esempio però viene seguito da molte altre e la
generalizzazione acquieta le malelingue. Il livello medio dell’istruzione
è migliorato ma il numero delle universitarie è sempre basso. Solo
dopo la contestazione del ‘68 molte ragazze lasceranno il paese per
frequentare l’Università. Nel 1978 una donna emerge nella realtà
sociale di Ravanusa. Si tratta della signora Santa Galifi Sillitti che
in ricordo della tragica scomparsa dell’unico figlio, cav. Giuseppe
Sillitti, della moglie Rosetta Gagliano e della loro unica figlia
Santina fonda una Casa di riposo donando la propria abitazione di Piazza
25 aprile - Via Aronica, alle suore del Preziosissimo Sangue. Oggi nel
rinnovamento si procede più rapidamente, la donna opera in molti campi
e qualcuna si distingue in attività di primo piano. Ricordiamo la
scrittrice e critico letterario Luisa Trenta Musso e la giovanissima
Luisa Turco, magistrato presso il Tribunale di Agrigento. Solo nell’
ambito politico l’inserimento della donna si è rivelato tardivo. I
pregiudizi hanno prevalso e il "perché non pensa al marito o a
cucinare" e stato detto e ripetuto contro molte candidate a
consigliere comunale che così non hanno avuto successo. Nel 1983
finalmente in consiglio comunale siedono due ragazze, Teresa Burgio del
PSI e Antonella Cupani del PCI. Nelle elezioni del 6 giugno del 1993 le
elette sono tre, Gina Gambino per la DC, Rosalinda D’Angelo per il PDS
e Paola Ciotta per la Rete. In questa circostanza, per la prima volta un
partito, la DC, candida una donna alla massima carica del Comune, l’ins.
Adele Testasecca. La candidata ottiene un’ottima affermazione ma non
vince. La sua candidatura segna però una tappa molto importante. Per la
prima volta una sezione di partito vede un grande assembramento di donne
partecipare attivamente al dibattito politico. Le distanze tra uomo e
donna si vanno realmente accorciando. Alle giovani donne del futuro l’augurio
che possano contribuire più fattivamente al miglioramento di Ravanusa.
LA
BANDA MUSICALE
Ravanusa
non ha una tradizione fortunata in fatto di banda musicale e i vari
tentativi intrapresi per costituirne una non hanno mai dato risultati
duraturi per cui bisogna attingere ai paesi vicini per onorare
ricorrenze quali la Commemorazione dei Defunti e il Venerdì Santo. Solo
nel 1909 Ravanusa vede nascere una banda musicale i cui componenti
sfoggiavano una elegante divisa. Fondatore e animatore fu il sac. prof.
Mario Musso, uomo di cultura, molto attivo e intraprendente; partecipò
attivamente e vivacemente alle vicende della vita paesana sino alla sua
partenza per la prima guerra mondiale. Il prof. Mario Musso aveva
fondato la Gioventù Italiana di Azione Cattolica (GIAC) a cui aderirono
numerosi giovani, tra essi selezionò il gruppo che diede vita alla
banda. Oggi il sac. prof. Mario Musso viene ricordato per avere scritto
il Mortorio. Siamo nel periodo della nascita del socialismo ravanusano e
gli animi dovevano essere molto accesi. I socialisti fondarono anch’essi
la loro Fanfara guidata da Vito Paternò e la rivalità tra i due
complessi musicali diede origine ad accese polemiche che videro come
protagonisti rispettivamente il sempre attivo sac. Mario Musso e il
dott. Vito Zagarrio e l’avv. Giuseppe Lauricella. Da una parte si
inneggiava al "bianco fiore", dall’ altra alla"
bandiera rossa". La guerra era alle porte e spazzò via tutti i
bollori. Molti partirono per il fronte e alcuni non fecero più ritorno.
Con la fine della guerra la vita cittadina riprese con intenso vigore. L’allora
arciprete Giuseppe Sorrento e il sac. Vito Costanza che partecipavano
attivamente al risveglio sociale, culturale e politico di Ravanusa,
ricostituirono la GIAC e rifondarono la banda con 18 strumenti
Contemporameamente si ricostrui la Fanfara, i cui strumenti durante i
periodo del Fascismo erano stati conservati in deposito in casa di Paolo
Vela,Via Garibaldi (Muluvientu).La Fanfara si intestava alle forze
socialcomuniste che allora costituivano insieme il Blocco del Popolo. Di
essa si ricordano Vito Russica e Mariano Falletta che suonavano il
bombardino, don Luigi Di Carlo (aveva il don perché fabbro ferraio),
trombone, Vito Di Caro e Gregorio Messinese, cornetta, Mariano D’Auria,
basso. Ancora una volta detti complessi musicali esprimevano le
rivalità tra le forze politiche che rappresentavano attraverso parodie
a volte anche pesanti: "un vò e un parrinu ha mmà ‘mpaiari, un
purpittaru ha mmà scusciari" (un bue e un prete dobbiamo
aggiogare, un democratico cristiano dobbiamo squartare). La banda cessò
ogni attività con la partenza dell’ arciprete Sorrento e anche la
Fanfara scomparve quando i socialcomunisti sciolsero il Blocco del
Popolo. I componenti della Fanfara legati da amicizia ma soprattutto
dall’ amore per la musica continuarono a riunirsi senza però prendere
parte a cerimonie ufficiali Il signor Lillo Alessi, ex sindaco ed ex
consigliere PCI-PDS riferisce che le note dei due complessi erano motivo
di allegria soprattutto al termine della guerra quando il paese era
ancora afflitto dai luttuosi eventi bellici. Dopo la guerra l’Amministrazione
comunale assunse il Maestro Millunzi che riunì molti di questi
"musicisti" che al di là del colore politico diedero origine
alla banda musicale cittadina. Di essi si ricordano i fratelli Paolo
eVito Di Caro, Nazareno Provenzano, Giuseppe e Stefano La Marca,
Francesco Costanza, Angelo Ministeri, Giuseppe Rago e Domenico Posata. L’esperimento
durò diversi anni durante i quali le loro note musicali onorarono la
manifestazioni cittadine. Dopo la sua scomparsa un altro tentativo di
costituire una nuova banda fu fatto dal maestro Salvatore Ingo di
Alessandria della Rocca che era venuto a Ravanusa su incarico del
Comune. Questi curò un gruppo di giovani dal 1957 al 1967 ma la banda
non riuscì ad attecchire.
COMPLESSI
MUSICALI
Ravanusa
che non ha avuto fortuna con la banda musicale, ha invece raggiunto una
certa notorietà con i complessi vocali-strumentali, soprattutto per
merito dei "Teppisti dei Sogni", l’unico che sia riuscito ad
emergere nella mediocrità generale. Il primo complesso organico, se
così si può dire, che era in grado di fare un concerto, fu il
"Complesso Juve". Un nome in verità assai strano, ma
scaturito dall’attaccamento dei suoi componenti alla squadra torinese.
Nacque nel 1958 e ne facevano parte Vito Sanfilippo e Giuseppe Leone,
sax tenore, Luigi di Natali, chitarra, Lillo Ferrera, tastiera, Gianni D’Angelo,
batteria, Lillo Rizzo, romba. Non andò mai al di là delle mura
cittadine e sopravvisse finche costituì, col nome di THE RAVS (i
ravanusani), il complesso base della Manifestazione Canora, una gara per
cantanti dilettanti piccoli e grandi e poi per complessi, ideata dal
sac. Francesco Caravaglia che vide ben 22 edizioni, dal 1969 al 1990.
Più fortuna invece ha avuto il complesso dei "Teppisti dei
Sogni". Nacque nel 1973 ad opera di Salvo Romano, voce solista e
chitarra accompagnamento, Tanino Cannarozzo, batteria, Pino Falletta,
voce e basso, Ezio Volpe, voce e chitarra solista e Angelo Avarello,
voce e tastiere. Erano cinque ragazzi semplici, con tanta voglia di
vivere, suonare ed amare, come hanno sempre affermato nelle loro
canzoni. Nel 1974 hanno inciso il loro primo 45 giri dal titolo
fortunato "Piccolo fiore dove vai". E’ stato un vero
successo che oltre ad una forte vendita ha dato loro la notorietà. Nel
1977 esce il loro primo LP dal titolo "Tu amore mio" che dà
al complesso il successo e li porta a New York, Boston e Filadelfia.
Entrati nel giro, nel 1979 incidono il secondo LP dal titolo "Sei
tu l’amore": Anche questa raccolta fa da passaporto per un
secondo viaggio negli USA e in Canada dove si esibiscono al Madison
Square Garden di New York e al Teatro Olimpico di Toronto (1980). Nello
stesso anno però qualcosa si incrina e Salvo Romano lascia i compagni
per fondare un nuovo complesso chiamato "Salvo e la rosa di
cristallo", assieme a Gino Borsellino, Gino Erba, Mario Schembri,
Toti Ministeri. Il nuovo complesso tenta di ripetere le fortune dei
Teppisti ma senza successo e nel 1984 si scioglie. Salvo torna con i
Teppisti che riprendono a girare in Italia e all’estero, soprattutto
in Germania. Nel 1993 Angelo Avarello lascia il complesso e viene
sostituito da Gimmy Borsellino. Tra la fine degli anni ottanta e i primi
anni novanta numerosi altri giovani si impegnano nella musica dando vita
a vari complessi che lavorono per affermarsi.Tra tutti emerge quello dei
Fester, guidato da Andrea Tricoli, in collaborazione con Pino Sanfilippo.
LA
CORRENTE ELETTRICA
Procedendo
nello studio dell’evoluzione del nostro centro è aumentata la
curiosità e il desiderio di conoscere le varie tappe che hanno
migliorato le condizioni di vita della nostra gente e ci siamo chiesti:
"Quando i nostri antenati hanno avuto la corrente elettrica?"
Dalle informazioni ricevute dalle persone anziane si è quasi certi che
la centrale elettrica sia stata installata intorno al 1929, dove in atto
è la tabaccheria-edicola di Antonino Calafato. Fu costruito
appositamente un ampio edificio tra Via Volta e C/so Garibaldi e la
gestione fu tenuta dai signori Salvatore Trenta, Calogero D’Antona,
Diego Sanfilippo e Giuseppe Cumbo. La "luce" si diffuse
rapidamente e qualche anziano, allora bambino, ricorda le prime
sensazioni quasi di sgomento nel vedere muovere per le stanze la propria
ombra proiettata appunto dalla luminosità della piccola lampadina. I
ravanusani accolsero con piacere questa innovazione e si resero conto
subito dell’utilità. Solo pochi "poveri di spirito"
rimasero senza corrente elettrica sino agli anni ‘40.
IL
CINEMA
La data
della comparsa del Cinema a Ravanusa non è certa. Dalla tradizione
giuntaci si pensa che un primo locale cinematografico, gestito dal
signor Antonio Parisi, sia sorto intorno al 1920 in via Campanella, nei
locali attualmente sede dell’Istituto Santina Noto. Intorno al 1920
Antonio Parisi costituì una società con i fratelli Trenta trasferendo
il cimena nei locali della vecchia chiesa del Purgatorio, in via Saffi.
Con l’avvento del fascismo nel 1922 il locale fu chiuso. Sotto la
stessa gestione fu riaperto nel 1930 nei locali dell’ex baronia di
Naro, di fronte la chiesa Madre. Contemporaneamente venne aperto un
secondo cinema in Piazza Regina Elena, dove in atto c’è il ristorante
La Corrida, gestito dal Signor Salvatore Ministeri. Della consistenza e
struttura di questi locali si sa ben poco. Il primo fu chiuso per
ragioni di pubblica sicurezza in seguito all’incendio avvenuto in un
cinema di Licata dove morirono numerose persone. La sua struttura in
legno in effetti non garantiva nessuna sicurezza. Il secondo chiuse i
battenti per fallimento. Il Cinema a Ravanusa riapre dopo la guerra, nel
1948, nei locali dell’ ex Purgatorio in via Saffi attualmente
Piazzetta. Rispetto ai precedenti, come locale pubblico era più
organizzato, ma in sè abbastanza modesto. Era Cine-Teatro in quanto
ospitava le compagnie di avanspettacolo che portavano in giro quelle
ballerine che in gergo venivano chiamate "Sciantuzze", dal
francese chanteuses, ma anche il "Mortorio" che, sui testi di
Padre Mario Musso, veniva rappresentato tutta la settimana di Pasqua, e
gli spettacoli di prosa della compagnia dei fratelli Eugenio e Franco
Zappalà. Tale locale sin dalla sua fondazione fu gestito dai Signori
Castrense Mattina con il figlio ms. Ignazio, Antonino Termini e Antonio
Raia. Sull’onda del successo riportato, i gestori costruirono il
giardino Arena-Edison in uno spazio in via Galilei di proprietà di don
Felicino Lo Presti, circondato da alberi addobbati da lampade variopinte
(1950). Qualche anno dopo in concorrenza, ma solo per l’estate, nacque
l’Arena Parisi, nello spazio retrostante il Circolo Dante Alighieri,
gestita dai fratelli Domenico e Calogero Parisi, D’Antona Baldassare e
Grifasi Angelo. Dopo qualche anno di concorrenza, durante il quale i
cittadini poterono usufruire di films a buon mercato, le due gestioni si
fusero. E’ rimasto proverbiale il periodo in cui con la modica cifra
di venticinque lire si poterono vedere due films. Nel 1955 ad iniziativa
di Domenico, Francesco e Giuseppe Trenta sorse il Cinema-Teatro Trenta
molto più capiente dei precedenti, più moderno e più igienico. Questo
nuovo locale assorbì il precedente che scomparve, rimanendo l’unico
locale pubblico sino al 1992, anno in cui ha chiuso i battenti per la
nota crisi del Cinema. Televisione, discoteche, passeggio, attività
sportive, distraggono diversamente le persone.
RADIO
E TV
La
nascita delle radio libere non poteva non far sentire l’influenza nel
nostro centro dove le iniziative certo non mancano. Con tempestività,
quasi che si temesse che l’etere potesse saturarsi, un gruppo di
giovani tra i quali si ricordano Pietro Di Natali, Enzo Milisenna,
Angelo Grifasi e Franco Rizzo, inaugurano la RTR (Radio
Telecomunicazioni Ravanusa) ubicandola in Via Lisia zona Lazzaretto, che
per l’occasione si animò di un via vai di persone che in passato non
si era mai verificato. L’ambizioso nome allora fu suggerito dal
progetto di trasformala in TV libera e in effetti alla sua nascita
suscitò un entusiasmo che coinvolse molte persone in dibattiti,
interventi telefonici, suggerimenti su argomenti da trattare,
recitazione di liriche, racconti, ma soprattutto propose quiz e tanta
musica. E’ doveroso segnalare che il programma per i bambini, condotto
dalle insegnanti Alba Avarello e Rosetta Cannarozzo polarizzò l’attenzione
dei radio ascoltatori per un lungo periodo. In quella radio si distinse
pure come D. J. Carmelo Di Pasquali, meglio conosciuto come
"Carmelo lu bosso". RTR pur con il successo, non realizzò i
suoi progetti ambiziosi; essa chiuse i battenti nel 1980. Ne colse l’eredità
Radio Uno che trasmetteva dai locali del Disco Club OK; furono promotori
i fratelli Galifi, Salvatore Bisaccia, Luigi Cascina e Francesco Faudone.
Trasmetteva musica,notizie di attualità e fatti di costume. Seguirono
quasi contemporaneamente Radio Gamma (1981), Nuova Radio Centro
Meridionale (1982), filiazione della Televaldisalso, Emittente Monte
Saraceno (1982), tutte di breve durata. Una iniziativa più stabile è
rappresentata da Radio Insieme fondata nell’ aprile del 1985 da
Giuseppe Miceli, Luigi Formica, Carmelo Raia e il geom. Luigi Raia. E’
stata una radio tipicamente commerciale; ciò le ha consentito una
sopravvivenza più stabile ma non aliena da polemiche. L’emittente è
tuttora in esercizio. Nel novembre del 1987 nasce Radio Azzurra ad opera
di Santo Boncori, Lillo e Calogero Avarello. Dopo un primo Veriodo di
assestamento nel 1989 con l’ingresso in Società di Lillo Pirrera, la
Radio si pone come punto di riferimento più concreto non solo in paese
ma anche per i centri delle province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna;
mira ad arrivare anche in provincia di Palermo. I suoi programmi offrono
informazioni, cultura, dibattiti, politica, sport, musica, oroscopo,
quiz. Nel contesto dell"’invasione" dell’etere si registra
a Ravanusa anche la nascita di una TV locale, la TELEVALDISALSO che
iniziò la sua attività nel luglio del 1977 nei locali di Via Ombrone.
Era una Società a r.l. con presidente l’ins.Vito Borsellino; vice
presidente Antonino Giudice; consigliere Stefano Giudice. Divenuta
S.p.A. cambia gestione e diviene presidente il dott.Giuseppe Barrese;
coordinatore dott. Luigi Raia. Era di ispirazione politica e come tale
non ebbe vita lunga. Cercò di coinvolgere alcune categorie di
professionisti ma senza successo. Si ricordano, per un certo interesse
destato, i programmi "Settebello" e "Quasi un
varietà" oltre ai dibattiti sul calcio a Ravanusa che in quel
momento era in auge. Non ebbe però mai una programmazione quotidiana
organica. La TV chiuse nel 1984. Ai nostri giorni si registra un altro
tentativo che ancora è in fase di prove tecniche. Si tratta di TRR alla
quale si augura un buon successo.
LO
SPORT
Lo
sport a Ravanusa è stato sempre praticato a livello dilettantistico.
Nasceva dall’intimo del cuore dei giovani che spinti dal desiderio di
associarsi e di dare sfogo alla loro baldanza e vitalità, mettevano
insieme un gruppo di persone che su improvvisati campi di maggese,
sfidando i sassi e le sterpi,scioglievano i loro muscoli per potere poi
impegnarsi in qualche gara amichevole che polarizzava l’attenzione dei
ravanusani.Si ricordano negli anni quaranta i fratelli Parisi, Angelo
Muratore, Lillo Avenia, Giuseppe Romano, Totò Lauricella, Lillo Burgio,
Francesco Ministeri. E negli anni ‘50 i più giovani Totò Ciotta
detto fuciliere, Angelo D’Angelo, Melino Ciotta, Lillo Ninotta, Gino
Muratore, Totò Sciangula, e via via molti altri, tenevano desto per il
breve periodo estivo il "nome" del calcio ravanusano. Nelle
sfide contro i più blasonati del Licata eravamo sempre vittime;
riscattavamo però il nostro orgoglio ferito contro i vicini di
Campobello che erano al nostro livello. A quei tempi lo sport non andava
oltre. Mancava una mentalità sportiva vera e propria, una qualsiasi
iniziativa menageriale che costituisse una Società organica. Non c’era
neanche campo sportivo per potere inseguire il miraggio di una squadra
che partecipasse ad un campionato ufficiale e ogni velleità calcistica
si spegneva con la fine dell’estate, quando l’aratura dei campi
toglieva ai giovani persino quegli spazi su cui potevano sgambettare. Il
campo sportivo Saraceno a Ravanusa nacque nel 1967 e da allora si
costituirono Società sportive vere e proprie che però non
parteciparono a campionati ufficiali. Si ricordano la A.S. Ibla, vicina
ai socialisti e ispirata dal dott. Paolo Lauricella e l’antagonista
Club Juve, di matrice cattolica guidata dal sac. Francesco Caravaglia e
da Gioachino Sciascia, entrambi noti per la eccessiva foga e
passionalità. In esse si distinsero i fratelli Calogero e Gianni Rizzo,
Francesco e Pippo Lazzaro, Mimmo e Michele Cannarozzo, Totò Grifasi,
Angelo Tedesco, Pino Giarrana, Luigi Iacona, Pietro Carmina. Le
rivalità tre le due Società furono sempre feroci fino a quando, con
buon senso di molti nel 1973 si attuò la loro fusione da cui nacque l’A.C.
Ravanusa, la squadra comunale la cui direzione fu assunta dall’on.
Salvatore Lauricella che la portò ai fasti della conquista della Coppa
Italia dilettanti, in quella memorabile gara che fu la finale di
Camaiore, il 30 giugno 1979 contro lo JAG Gazoldo di Goito (Mantova)
sconfitta per 1-0 con gol di Conti. Quasi contemporaneamente nasce a
Ravanusa l’A.S. Saraceno, sponsorizzata dai comunisti. Anch’essa è
vissuta principalmente con i contributi comunali e con qualche
occasionale sponsor. A Ravanusa ancora manca una mentalità contributiva
organica e finalizzata allo sport per cui le due Società vivono in
difficoltà. Di altri sport a Ravanusa non si parla.Un tentativo di
lanciare il basket è naufragato prima di nascere.L’atletica, una
volta esaltata dai Giochi della Gioventù che coinvolgevano gli
studenti, oggi non viene più praticata. Solo il giovane Giancarlo La
Greca si distingue a livello regionale per il mezzo fondo, ma gareggia
con Società che operano fuori.
Professoressa
Gina Noto Termini
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