(www.Viewsfromrome.org)
Questa dottrina è ritenuta tuttora valida da Weigel, anche nell’era della guerra ABC (nucleare, chimica
e batteriologica) e nel contesto di un conflitto anomalo e ‘asimmetrico’ come
quello in corso. Egli contesta la tesi pacifista secondo cui un conflitto, per
essere moralmente lecito, dovrebbe innanzitutto garantire l’incolumità dei
civili: questa condizione dev’essere evidentemente
osservata, per quanto possibile, almeno nelle intenzioni; ma non si può bollare
come immorale una guerra per il solo fatto che la parte offesa non riesce a
garantire l’incolumità dei civili inevitabilmente coinvolti. Questo risultato
“umanitario” non può stabilire la valutazione morale sulla liceità del
conflitto. E’ la “giusta causa” a giustificare in radice l’in-tervento, non le
modalità del suo sviluppo, che sono secondarie e possono dipendere da fattori
non voluti né controllabili: “L’insegnamento sulla guerra giusta, in altri
termini, non presuppone una ‘presunzione contro la violenza’,
che riterrebbe come essenzialmente sproporzionato e ingiusto ogni uso della forza
armata. Partire da questo presupposto significherebbe liquidare l’insegnamento
tradizionale sulla moralità della guerra giusta”.
Weigel affronta anche il delicato tema della distruzione
preventiva dei focolai di terrorismo: “Sono pienamente convinto che le azioni
militari preventive contro i terroristi sono moralmente legittime in base ai princìpi dell’insegnamento sulla guerra giusta. Non ha
senso dire, come hanno suggerito alcuni teologi moralisti, che esiste giusta
causa solo finché l’attacco è in corso”. Pertanto, è lecito intervenire
preventivamente eliminando persone o distruggendo basi che stanno per provocare
una offensiva terroristica; non è necessario aspettare che questa offensiva
abbia avuto successo: “I terroristi concepiscono la loro guerra come uso della
violenza di massa per ottenere fini politici; dunque cessano di essere civili
per trasformarsi in combattenti; di conseguenza, muta la valutazione morale”.
Questo vale anche per quegli Stati, come l’Afghanistan, che forniscono basi o copertura
diplomatica ai terroristi, diventando quindi complici attivi delle loro
nefandezze: “Se il governo che ‘ospita’ i terroristi si rifiuta di ammettere
questa complicità e di porvi fine, esso diventa alleato del terrorismo e
combattente in suo favore, sebbene di altro tipo”.
Weigel respinge anche la tesi secondo cui gli USA avrebbero
commesso un abuso intervenendo in prima persona, in quanto solo una istituzione
internazionale, come l’ONU, avrebbe diritto di reprimere il terrorismo: “Il
sistema delle Nazioni Unite non ha ottenuto risultati nell’affrontare il
problema dell’ordine e della sicurezza mondiali. Inoltre, un Paese non ha
bisogno dell’approvazione dell’ONU per realizzare la propria difesa, diritto
questo riconosciuto come fondamentale dalle stesse Nazioni Unite. (...) La
questione dei tribunali internazionali è alquanto complessa. Mi preoccupa la
tendenza di alcune organizzazioni internazionali di giuristi che propongono una
giurisdizione preferenziale che s’imponga sulle leggi e sulle Corti nazionali.
Non ogni passo verso un maggior grado d’integrazione politica mondiale promuove
i fini politici classici della giustizia: l’ordine e la libertà come fattori di
pace”.