(www.Viewsfromrome.org)

 17.11.2001 

Noto moralista cattolico in favore dell’intervento militare

 Se i mass-media hanno dato esagerato risalto agli interventi dei pacifisti “cattolici”, in realtà numerose e autorevoli personalità cattoliche hanno preso posizione in favore della guerra contro l’Afghanistan. Fra questi, il più articolato è stato quello di George Weigel, noto docente di morale nelle università cattoliche statunitensi e consulente della Santa Sede, che ha iniziato la sua carriera come studioso di diritto internazionale. In un’intervista all’agenzia internazionale Zenit (10 novembre 2001), egli ha giustificato l’intervento americano basandosi sulla tradizionale dottrina cattolica sulla “guerra giusta”.

Questa dottrina è ritenuta tuttora valida da Weigel, anche nell’era della guerra ABC (nucleare, chimica e batteriologica) e nel contesto di un conflitto anomalo e ‘asimmetrico’ come quello in corso. Egli contesta la tesi pacifista secondo cui un conflitto, per essere moralmente lecito, dovrebbe innanzitutto garantire l’incolumità dei civili: questa condizione dev’essere evidentemente osservata, per quanto possibile, almeno nelle intenzioni; ma non si può bollare come immorale una guerra per il solo fatto che la parte offesa non riesce a garantire l’incolumità dei civili inevitabilmente coinvolti. Questo risultato “umanitario” non può stabilire la valutazione morale sulla liceità del conflitto. E’ la “giusta causa” a giustificare in radice l’in-tervento, non le modalità del suo sviluppo, che sono secondarie e possono dipendere da fattori non voluti né controllabili: “L’insegnamento sulla guerra giusta, in altri termini, non presuppone una ‘presunzione contro la violenza’, che riterrebbe come essenzialmente sproporzionato e ingiusto ogni uso della forza armata. Partire da questo presupposto significherebbe liquidare l’insegnamento tradizionale sulla moralità della guerra giusta”.

Weigel affronta anche il delicato tema della distruzione preventiva dei focolai di terrorismo: “Sono pienamente convinto che le azioni militari preventive contro i terroristi sono moralmente legittime in base ai princìpi dell’insegnamento sulla guerra giusta. Non ha senso dire, come hanno suggerito alcuni teologi moralisti, che esiste giusta causa solo finché l’attacco è in corso”. Pertanto, è lecito intervenire preventivamente eliminando persone o distruggendo basi che stanno per provocare una offensiva terroristica; non è necessario aspettare che questa offensiva abbia avuto successo: “I terroristi concepiscono la loro guerra come uso della violenza di massa per ottenere fini politici; dunque cessano di essere civili per trasformarsi in combattenti; di conseguenza, muta la valutazione morale”. Questo vale anche per quegli Stati, come l’Afghanistan, che forniscono basi o copertura diplomatica ai terroristi, diventando quindi complici attivi delle loro nefandezze: “Se il governo che ‘ospita’ i terroristi si rifiuta di ammettere questa complicità e di porvi fine, esso diventa alleato del terrorismo e combattente in suo favore, sebbene di altro tipo”.

Weigel respinge anche la tesi secondo cui gli USA avrebbero commesso un abuso intervenendo in prima persona, in quanto solo una istituzione internazionale, come l’ONU, avrebbe diritto di reprimere il terrorismo: “Il sistema delle Nazioni Unite non ha ottenuto risultati nell’affrontare il problema dell’ordine e della sicurezza mondiali. Inoltre, un Paese non ha bisogno dell’approvazione dell’ONU per realizzare la propria difesa, diritto questo riconosciuto come fondamentale dalle stesse Nazioni Unite. (...) La questione dei tribunali internazionali è alquanto complessa. Mi preoccupa la tendenza di alcune organizzazioni internazionali di giuristi che propongono una giurisdizione preferenziale che s’imponga sulle leggi e sulle Corti nazionali. Non ogni passo verso un maggior grado d’integrazione politica mondiale promuove i fini politici classici della giustizia: l’ordine e la libertà come fattori di pace”.