Avvenire, 10-09-02
di GIANNI SANTAMARIA
La galassia dei 45 milioni di martiri cristiani del secolo scorso continua man mano ad emergere. Volti che si stagliano nell’indistinta nube di testimoni. Ne è ricco il volume I martiri del Ventesimo secolo di Robert Royal, storico statunitense e presidente del centro studi “Faith and reason” di Washington. Esce domani per le edizioni Ancora (pagine 512, euro 30), proprio alla vigilia dell’11 settembre. Una circostanza significativa, scrive nella prefazione all’edizione italiana padre Bernardo Cervellera, missionario del Pime e già direttore dell’agenzia “Fides”, che ogni anno pubblica il martirologio dei missionari uccisi. “Dopo l’attentato alle Torri gemelle, infatti, “la parola “martire” ha assunto nell’opinione pubblica una valenza terribile, inquietante e distruttiva”. Ma basta confrontare il volto duro e inespressivo di Mohammed Atta e dei suoi complici con la galleria fotografica che correda il volume per capire che, come scrive ancora Cervellera, questi martiri sono “di tutt’altra pasta”. Sono persone del sorriso. Del perdono verso i carnefici. Gente che ha dedicato la vita al prossimo. Dei testimoni, secondo l’etimologia greca della parola “martire”. Il loro sacrificio è solo l’ultima, suprema, attestazione di un atteggiamento di fede portato avanti durante tutta l’esistenza.
Un tema, quello del martirio che ha ripreso vigore dopo il Giubileo, quando il Papa ha celebrato una Giornata per i testimoni della fede. E ha insistito più volte sul valore del sangue versato da rappresentanti di tutte le confessioni cristiane. Da allora numerosi sono i testi apparsi sull’argomento. Quello di Royal rappresenta una delle prime prove, uscita negli Usa proprio nel 2000. Con esso vanno ricordati i testi dei giornalisti Luigi Accattoli (San Paolo) e Antonio Socci (Piemme), entrambi dedicati ai martiri dei giorni nostri, quello dello storico Andrea Riccardi (Mondadori) e il martirologio ecumenico realizzato (ancora per i tipi della San Paolo) dai monaci di Bose.
L’impresa di Royal, che oltre ad essere studioso dei rapporti tra religione e politica è anche apprezzato opinionista sui principali quotidiani americani, vuole togliere qualsiasi aura romantica al martirio che è “qualcosa di tremendo”, senza però perdere l’eroismo e la grandezza d’animo di questi uomini. Come testimonia la vicenda proprio di un vescovo “yankee”, Patrick Byrne, missionario della Congregazione di Maryknoll. L’autore descrive le massacranti marce forzate cui lui e altri, religiosi e non, vennero sottoposti a partire dal 31 ottobre 1950 dagli aguzzini della Corea del Nord comunista. Condivise la sorte di quei disperati lasciati senza cibo e assistenza, morendo di meningite in una “casa” d’isolamento.
Ma il martirio non si esaurisce al 38° parallelo. Molti altri sono i personaggi presentati, emblematici dei vari luoghi e periodi storici di persecuzione: martiri messicani, e quelli di comunismo, nazismo, nei Paesi islamici e nelle missione asiatiche e africane. Dai più noti, come Edith Stein, Massimiliano Kolbe, padre Popieluszko (il comunismo ha una gran parte in questa vicenda e anche nel libro), Oscar Romero, Charles de Foucauld. Fino ai nomi meno “gettonati” se non dimenticati: Miguel Augustin Pro, ucciso in Messico, il marianista austriaco Jakob Gapp e l’obiettore di coscienza austriaco Frani Jàgerstiltter, entrambi vittime del nazismo, il vescovo guatemalteco Juan Gerardi, quello pakistano John Joseph, o il religioso svizzero Maurice Tornay, ucciso dai lama tibetani per la sua attività missionaria. A volte, infatti, sono stati (e sono) proprio uomini “religiosi” a levare la mano su altri. “Esiste una logica quasi ultramondana - scrive Royal — che ordina non solo a chi non crede, ma a volte anche a credenti fuorviati di odiare, perseguitare e uccidere autentici discepoli di Gesù Cristo”.