Avvenire, 04-10-02
di Luigi Geninazzi - Inviato a Sarjevo
È un uomo di frontiera, sempre sulla breccia: ieri stretto dall’assedio e della guerra interetnica, oggi in lotta contro il rischio del fondamentalismo. Il cardinale Vinko Puljic, arcivescovo della città-martire d’Europa, dissimula il dramma dietro un faccione da ragazzo ed un largo sorriso che a volte scoppia in una sonora risata. In questi giorni è felice di poter ospitare i rappresentanti dell’episcopato europeo ai quali parlerà della difficile convivenza con l’islam.
Eminenza, come sono i rapporti tra cattolici e musulmani nella Bosnia?
Fino a dieci anni fa, prima della guerra, erano molto buoni. Ma da quel momento la situazione è cambiata. Il primo segnale ci fu con l’arrivo degli aiuti umanitari dai Paesi arabi: venivano distribuiti solo ai musulmani, era proibito darli ai cristiani. La nostra Caritas invece non faceva alcuna distinzione di etnia o religione, tutti ne potevano usufruire. Ma per loro gli aiuti erano un mezzo per favorire il processo di islamizzazione della società.
E’ un processo che continua ancora oggi?
Certamente.
Non si sono limitati a riparare le moschee danneggiate dalla guerra, ne hanno costruite moltissime nuove, più di dieci nella sola città di Sarajevo. E poi tante scuole islamiche, “madrase”, ed una facoltà teologica islamica. Inoltre è iniziata una massiccia propaganda finanziata da Iran, Arabia Saudita, Malesia. Una propaganda che a volte non risparmia duri attacchi alla religione cristiana. Devo dire che il “reis”, l’ulema capo della comunità musulmana della Bosnia, ha condannato questi episodi. Ma resta la preoccupazione.
Come sono i suoi rapporti personali con i responsabili dell’islam?
Lavoriamo assieme nel Consiglio interreligioso. Abbiamo chiarito che nel ‘92-’95 non c’è stata una guerra di religione, anche se da noi l’identità religiosa ed etnica tendono a coincidere e questo crea dei problemi. E stiamo elaborando un progetto per il rispetto della libertà religiosa da sottoporre alle autorità del Paese.
C’è libertà religiosa in Bosnia-Erzegovina?
E’ un discorso complesso. Nella Repubblica serba della Federazione c’è la Chiesa ortodossa che viene considerata una Chiesa di Stato. Nella Repubblica di Bosnia comandano i musulmani e di fatto non riusciamo ad ottenere il permesso per la costruzione di nuove chiese. A Sarajevo negli ultimi 50 anni ne è stata costruita una sola. DaI 1997 ho fatto domanda per tre nuovi edifici di culto ma non ho ancora avuto risposta.
E’ un modo per rendere difficile la vita ai cattolici?
Non lo so. Di fatto molti fedeli pensano di emigrare. E’ una discriminazione molto sottile, strisciante. Noi, come Chiesa cattolica, non ci scoraggiamo: uno dei nostri programmi più importanti riguarda le scuole multietniche che vogliamo sviluppare il più possibile.
Teme che la Bosnia diventi uno Stato islamico?
Spero che rimanga uno Stato laico dove vige il principio dell’eguaglianza delle diverse etnie e confessioni religiose.
Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 cos’è cambiato nel suo Paese?
I capi musulmani hanno condannato il terrorismo ma c’è qualche risentimento nei riguardi dell’Occidente. A molti non è andata giù la richiesta avanzata dagli Stati Uniti alle nostre autorità per controllare se alcuni membri di Al-Qaeda o di altre organizzazioni terroristiche si nascondano in Bosnia.
E vero che molti combattenti islamici, giunti negli anni della guerra a dare man forte ai bosniaci musulmani, sono rimasti a vivere qui?
Molti di loro si sono sposati e sono diventati cittadini del nostro Paese. Non so se sono terroristi. Ma vorrei aggiungere una cosa: gli Stati Uniti sapevano fin dal 1992 che qui c’erano delle milizie straniere provenienti dai Paesi islamici. Ma allora non hanno detto niente. Quando lo feci notare a un alto funzionario americano non tenne in nessun conto la mia osservazione. Anzi mi accusò di gretto nazionalismo. Soltanto dopo l’11 settembre hanno cominciato a gridare allo scandalo.
A suo avviso cosa deve fare l’Europa di fronte all’islam? Che consigli si sente di dare?
Temo che l’Europa non conosca ancora bene l’islam. Deve svegliarsi, non per lanciare nuove crociate ma per prendere coscienza della nuova sfida. I musulmani in Europa devono essere rispettati nella loro identità, così come lo deve essere ogni altra confessione religiosa nei Paesi a maggioranza islamica. Bisogna battersi per il principio di reciprocità, è un punto fondamentale. Ne va dell’Europa che non può rinunciare al rispetto della libertà e dei diritti dell’individuo. E la Bosnia, sia chiaro, sta in Europa.