Il Giornale, 21-10-02
di Renato Cristin
In Francia sta crescendo fra gli intellettuali la consapevolezza che il rapporto con l’universo culturale islamico non è così pacifico come annidi integrazione degli immigrati maghrebini avevano fatto supporre. Si avverte un clima di disagio e cautela, alimentato anche da tensioni e paure che, come brividi gelidi, percorrono le fibre più intime della coscienza collettiva. Questo malessere profondo erompe in diverse forme, che vanno dal rifiuto cieco alla critica ragionevole. Eccone due esempi. Il 17 settembre scorso Michel Hoùellebecq si è presentato alla prima udienza del processo in cui, su denuncia della comunità islamica parigina, è accusato di istigazione all’odio razziale e religioso, ma la delusione è stata pari alle aspettative. Scialbo e intimorito, lo scrittore, che in un’intervista al settimanale Lire aveva espresso profondo disprezzo per l’Islam, ha ritrattato dicendo in sostanza: ho espresso quelle opinioni senza ragionarci sopra, non credevo di suscitare questa reazione nè, tanto meno, di essere preso sul serio, e poi io cambio spesso opinione, quindi non sono credibile. Tutto ciò senza il minimo tentativo di difendere una tesi, un principio, senza alcuna coerenza nè coraggio. Sembrava uno dei personaggi interpretati da Alberto Sordi (“io nun so niente, io so un vigliacco, nun vojo morì”).
Il secondo esempio, di tono opposto, è Alexandre Del Valle, il quale ha da poco pubblicato un libro, tanto audace quanto ben fondato (Le totalitarisme islamiste, Ed. des Syrtes, che verrà presto tradotto in italiano), che sta subendo la stessa sorte che i media francesi hanno riservato al libro della Fallaci (e proprio perciò Giuliano Ferrara ha voluto parlarne sul Foglio). L’autore però non ha mutato di un millimetro la sua posizione, esponendosi a gravi rischi e mostrando così l’abissale differenza tra espressioni anti-islamiche che nascono da pulsioni emotive e, dall’altro lato, argomentazioni critiche frutto di un’analisi razionale e non inquinata da odio o disprezzo. Del Valle (pseudonimo per ragioni di sicurezza in quanto funzionario del ministero della Difesa) è italo-francese di padre siciliano e di madre spagnola, ha conseguito il dottorato all’Università di Aix-en-Provence con una tesi sull’eversione
islamista in Europa e attualmente insegna geopolitica alla Scuola di Guerra Economica (Ege) di Parigi, è editorialista di Le Figaro e a solo 34 anni ha alle spalle un- percorso intellettuale complesso.
Da dove nasce la sua riflessione sul totalitarismo islamico e in che direzione sta andando?
“Per approfondire i miei studi sull’islaimismo in geopolitica, nel 1997 mi sono recato in Libano, ancora scosso dai tremori della guerra civile, dove ho trascorso quasi sei mesi, rendendomi conto come i cristiano-maroniti fossero non solo aggrediti in patria dai musulmani ma anche ingiustamente demonizzati dai mass media europei, come se avessero un cromosoma che li rendesse geneticamente di destra, mentre i palestinesi e gli Hezbollah venivano presentati come progressisti. Da paradossi come questi nascono i profondi equivoci e le vergognose falsificazioni a cui l’opinione pubblica europea è esposta. A partire da questa esperienza, che io considero fondamentale per la mia formazione di studioso di geopolitica, ho capito che Israele è vittima oggi della medesima persecuzione mediatica che ha contribuito a isolare e distruggere la minoranza cristiana in Libano. A partire da qui sono diventato filoisraeliano, ma anche filokabil, filocopto ecc., perché difendo quelle minoranze che il fascismo musulmano, come ogni totalitarismo, opprime. Il Libano è infatti il luogo d’origine della situazione attuale, non solo perché è stato la palestra di quelle organizzazioni terroristiche che operano in Israele e che non vogliono la pace, ma anche perché lì si è affermata l’immagine, propagandata dalla sinistra mondiale, del musulmano come vittima innocente. Il dolore dei palestinesi, pur reale e tragico, non fu superiore a quello del maroniti, massacrati in numero non inferiore ai morti di Sabra e Chatila, ma questa realtà è stata sistematicamente occultata. Il “fascismo verde” (secondo la definizione dell’intellettuale di sinistra algerino Rashid Boudjedra) è un nuovo totalitarismo, ancor più pericoloso dei precedenti perché il suo fanatismo universalistico è guidato dalla fede religiosa. La definizione di integralisti è inadeguata: gli islamisti sono totalitari. La base del mio ragionamento risiede nell’analisi del concetto di dhimmitudine (i dhimmis, i protetti, sono i non-musulmani residenti nei Paesi musulmani): tutte le minoranze che hanno rifiutato questa condizione sono state perseguitate”.
Lei sostiene che il movimento islamista, pur nelle sue ramificazioni, ha un unico obiettivo: islamizzare il mondo.
“In Europa l’eversione islamica si sta diffondendo a macchia d’olio e trova sostenitori anche in molti europei convertiti, dalla Germania alla Francia, dall’Andalusia alla Svizzera (con il gruppo di Ahmed Huber) fino all’Italia. Proselitismo ed eversione si stanno diffondendo come un cancro generalizzato, le cui metastasi soffocheranno l’Europa, vittima di una sorta di sindrome di Stoccolma. La nostra cedevolezza è infatti inversamente proporzionale alle pretese islamiche. Siamo oggetto infatti di una vera e propria strategia di invasione, che ha tra i principali finanziatori i wahabiti dell’Arabia Saudita, che continuano imperterriti a predicare il loro odio anticristiano e antiebraico ovunque nel mondo, in particolare nelle moschee europee e statunitensi, anche grazie ai governi occidentali che gli hanno permesso di prendere il controllo delle grandi associazioni islamiche a scapito dei musulmani moderati. Dopo l’11 settembre però gli Stati Uniti stanno cambiando atteggiamento, e anche in base a ciò devo dire che ho modificato molto la mia analisi sugli Usa, che considero oggi indispensabili alleati dell’Europa nella lotta al terrorismo islamico e nella difesa dell’Occidente”.
Quando Le Monde l’ha accusata di essere islamofobo, è stato difeso, sul giornale di sinistra Marianne, dagli esponenti della comunità ebraica, perfino da intellettuali musulmani come l’algerina Latifa Ben Mansour, la cui nobile famiglia discende da Maometto, ma da nessun cristiano. Come mai?
“lo credo che i veri islamofobi, nel senso letterale del termine, siano quei cristiani occidentali che, anziché esercitare una critica razionale dell’integralismo islamico, preferiscono, appunto per paura di ritorsioni, subire il costante ricatto psicologico e ideologico degli islamisti e sottostare alle loro sempre crescenti richieste. Bisogna invece sbarazzarsi da ogni complesso nei loro confronti e trattarli, come dice Amir Taheri, da adulti, senza cioè quelle patologiche forme di attenzione che si riservano ai bambini o ai malati di mente. Non a caso Rashid Kaci, un musulmano liberale aderente al partito di Alain Madelin che ha scritto la prefazione al mio libro, sostiene che le mie tesi fortemente critiche sono utili alla causa dell’Islam moderato e alla liberalizzazione della sua cultura. Non a caso il giornale algerino Le Matin mi ha definito “amico dei musulmani”; e non a caso l’imam di Roma Abdul Palazzi ha apprezzato il mio lavoro. Infatti, le prime vittime del fondamentalismo sono proprio i musulmani, che continuano a vivere in un oscurantismo in cui sono negati molti diritti umani elementari, in cui le dorme sono del tutto emarginate e umiliate, in cui, come in Algeria, migliaia di persone vengono massacrate per fanatismo. Il vero razzismo è non parlare di tutto ciò”.
Lei afferma che gli islamici presenti oggi in Europa non rispettano i valori fondamentali su cui si reggono gli Stati europei. Come dovremmo comportarci?
“Dobbiamo dichiarare guerra anche al terrorismo intellettuale e smetterla di colpevolizzarci. Dobbiamo incominciare a difendere con fermezza i nostri valori laici, democratici e repubblicani che discendono, lo si voglia o no, dalla cultura cristiana, che ha permesso la nascita di un pensiero laico. Quanto alla proposta di reintrodurre il crocefisso nelle scuole italiane sono d’accordo, perché difendere questo simbolo significa rispettare in modo tangibile ciò che ci ha consentito di diventare ciò che siamo. Nei confronti del fondamentalismo islamico i governi europei devono comportarsi in modo analogo a come trattano i movimenti filonazisti, antisemiti, negazionisti ecc... Dobbiamo mettere subito fuori legge gli integralisti in nome del vero antifascismo su cui si regge la civiltà europea attuale, bandire i “fascisti verdi”, contribuendo così anche alla lotta contro l’antisemitismo. Dobbiamo capire che il musulmano immigrato può essere buono ma anche cattivo, razzista e totalitario, e che in questo caso dev’essere messo al bando senza esitazioni, come facciamo con i naziskin”.
LO PSEUDONIMO DEL PROFESSORE
“Le totalitarisme islamiste” è il titolo del libro che in questo momento è sotto i riflettori dei media francesi. L’autore ha scelto, a quanto pare per motivi di sicurezza, lo pseudonimo. di Alexandre Del Valle. Di lui si sa che è un funzionario del ministero della Difesa. È, inoltre - sulla base di ciò che si ricava dalla quarta di copertina del libro - ricercatore di geopolitica a “L’Ecole doctorale de Sciences politiques” a l’Università di Parigi Il. Scrive per diverse riviste di settore (“Hérodote”, “Stratégique”, “Quaderni Geopolitici”) e per il quotidiano “Le Figaro”. NeI 1997 ha pubblicato un saggio dal titolo: “lslamisme et Etats-Unis”.