Toscana Oggi-Vita Nova, 27 ottobre 2002

Un rosario per amico

È la forma più diffusa di devozione a Maria

 di Franco  BAGGIANI

La recita del Rosario nella storia della pietà popolare è una delle varie forme di devozione alla Madonna, sicuramente la più diffusa, e proviene dall’evoluzione del culto tributato alla madre di Gesù nel corso dei secoli. Benché una generica diffusione sia da collegare alla predicazione di San Domenico, essa prese organicità allorché si dovette ricercare una preghiera comune tra i frati laici dell’Ordine domenicano che erano per lo più illetterati. Fu così che a fianco del “Salterio davidico” riservato ai sacerdoti si strutturò un “Salterio della Beata Vergine Maria” per i laici. Questo consisteva nella meditazione dei quindici misteri della vita umana del Salvatore seguito ciascuno da un Pater, dieci Ave Maria e Gloria. Se tale Salterio doveva essere recitato per intero ogni giorno dai frati laici, pian piano anche i fedeli che vivevano nel mondo desiderarono pregare con la medesima formula, e ad essi venne data la facoltà di recitarne ogni giorno una terza parte. Considerato il fervore che incontrò, San Pietro martire (morto nel 1252) dette vita ad alcuni raggruppamenti di persone (sacerdoti e laici) sotto il nome generico di “Confraternite della Beata Vergine Maria”. Dopo i primi esperimenti, si pensò alla specifica costituzione di Confraternite del rosario con approvazione pontificia. Le prime, che

poi rimasero punto di riferimento, vennero fondate nelle regioni del Nord Europa, soprattutto dietro la predicazione di Alano de la Roche e di Giacomo Sprenger negli anni 1470-75.

Il fondamento teologico di tali istituzioni, e poi di quelle che si sarebbero diffuse nel mondo cristiano, fu la “iscrizione” dei singoli fedeli in un libro a somiglianza del “libro della Vita” (come in Daniele 12,1; Apocalisse 20,15), e la partecipazione degli iscritti ai beni spirituali di tutto l’ordine domenicano, tramite la reversibilità dei meriti di ciascuno su tutti i componenti dell’ordine maschile, femminile e sugli iscritti alle diverse Confraternite secondo la dottrina della “comunione dei santi” Gli iscritti alle confraternite, in compenso delle preghiere recitate, godevano dell’acquisto di determinate indulgenze.

Ovviamente per raggiungere questo obbiettivo ogni confraternita doveva avere la conferma del ministro generale dell’ordine.

IL CULTO IN DIOCESI

Come in tutte le grandi istituzioni, anche in questa c’erano degli organismi periferici nelle varie città o diocesi. Per la diocesi di Pisa la chiesa “matrice” per l’approvazione delle confraternite era quella di Santa Caterina a fianco della quale era un convento di frati domenicani.

In pochi decenni le confraternite del rosario nel mondo raggrupparono un esercito di persone che pregavano con la corona.

Lo sviluppo più ampio si verificò all’indomani della vittoria delle armate cristiane su quelle musulmane vicino allo scoglio di Lepanto il 7 ottobre 1571 (prima domenica del mese), cui presero parte anche cinque galee dell’ordine dei Cavalieri di Santo Stefano di Pisa. Per scongiurare il pericolo dell’invasione dei turchi in Europa, il papa Pio V aveva indetto una crociata di preghiere in tutto il mondo con la recita del Rosario, e la vittoria di Lepanto fu attribuita all’intercessione della Madonna. Il Papa Gregorio XIII nel 1573 istituì ufficialmente la festa del Rosario nel giorno 7 ottobre di ogni anno in quelle chiese dove fosse stata eretta la Confraternita.

Nella diocesi di Pisa le prime di queste Confraternite, di cui si hanno notizie, figurano a San Giusto, a Buti, a Cascina e a S. Jacopo di Zambra, della quale rimangono gli statuti del 1576. In seguito vennero istituite in circa settanta parrocchie. Come in tutte le cose gestite dagli uomini, così con l’ andare dei secoli si diffusero delle irregolarità e degli abusi, al punto che nel 1785 il Granduca Pietro Leopoldo soppresse tutte le Confraternite di ogni denominazione, confiscandone i beni. Verso il 1790 fu concessa una ricostituzione di confraternite su uno schema unico per tutta la Toscana, ma senza il diritto di possedere i beni (cosa che interessava di più al governo granducale). Nel giro di pochi anni vennero ripristinate quasi tutte le antiche confraternite del Rosario con le nuove regolamentazioni.

Se era crollata la vecchia configurazione di forma associativa, ne guadagnò la preghiera dei singoli fedeli. Nel 1826 fu fondato il cosiddetto “Rosario vivente” da Pauline Jaricot; nel 1830 iniziarono le apparizioni della Madonna a S. Caterina Labouré per la Medaglia miracolosa, poi nel 1846 a La Salette, poi nel 1858 a Lourdes, infine nel 1917 a Fatima.

La Madonna, apparendo sempre ad anime semplici, ha chiesto ogni volta la recita del rosario come strumento di salvezza nei momenti di maggior pericolo. In Italia la costruzione del santuario di Pompei nel 1887 sarebbe divenuta il centro di irradiazione del Rosario.

I PONTEFICI E IL ROSARIO

Il pontefice Leone XIII nel suo lungo pontificato (1878-1903) ha emanato dodici encicliche per esaltare la preghiera rosariana. Tutti i pontefici seguenti hanno raccomandato questa preghiera, ma soprattutto Paolo VI esaltò la devozione con l’Esortazione apostolica “Marialis Cultus” del 1974.

L’attuale pontefice Giovanni Paolo II prima di scrivere la recente lettera sul Rosario, è apparso al mondo lui stesso come un “rosario vivente” tramite un esempio che ha inciso nella sensibilità dei fedeli meglio degli scritti e delle parole.