La Nazione
15
settembre 2001
di Elena Comelli
MILANO — «Un attacco di questa portata era difficile da
immaginare. Eppure nel mio libro l’avevo detto che la minaccia più grave veniva
da quella parte».
Samuel Huntington, direttore
dell’Istituto di studi strategici a Harvard, ha
lanciato già da anni il sasso nello stagno. E non ritira la mano.
Secondo quanto lei scrive nel suo libro, stiamo entrando in una nuova fase della Storia, che sarà caratterizzata dai conflitti tra civiltà e non tra Stati o ideologie come in passato...
«Sì, dalla fine del Medio Evo fino alla fine della Guerra
fredda tutti i conflitti che ci coinvolgevano si erano mantenuti all’interno
del mondo occidentale: prima fra diversi principi, re o imperatori, poi fra
diversi Stati nazionali e infine fra diverse ideologie. Ma in ultima analisi
restavano sempre “guerre civili” all’interno del mondo occidentale. Ora stiamo
passando a una nuova fase, in cui salgono sul palcoscenico i conflitti fra il
mondo occidentale e gli altri».
E fra gli
altri, il primo antagonista è l’Islam.
«Esatto. Ma prima bisogna premettere che le differenze fra
civiltà sono molto più forti delle differenze tra nazioni o ideologie: la gente
che appartiene a civiltà diverse ha una diversa visione dei rapporti fra l’uomo
e Dio, l’individuo e il gruppo, i cittadini e lo Stato, genitori e figli,
marito e moglie come pure una diversa visione dei diritti e delle
responsabilità, della libertà e dell’autorità, dell’uguaglianza e della
gerarchia. Queste differenze sono il prodotto dei secoli e non spariranno
facilmente: sono molto più profonde delle differenze politiche o ideologiche».
Torniamo all’Islam.
«Il problema islamico deriva da un concorso esplosivo di
circostanze. Da un lato il mondo sta diventando sempre più piccolo e la
crescente interazione intensifica la coscienza della propria identità e delle
differenze fra noi e gli altri. Inoltre, il processo di modernizzazione in atto
tende a separare la gente dalle proprie identità locali: questo vuoto viene
spesso riempito dalla religione, nella forma di movimenti sempre più
fondamentalisti. Una persona può essere mezza francese e mezza araba e perfino
cittadina di due Paesi diversi, ma sarà difficile che sia mezza cattolica e
mezza musulmana. Su questi dati, che sono comuni anche ad altre civiltà come
quella giapponese o quella indù, l’Islam inserisce uno straordinario dinamismo
demografico, senza precedenti nella storia».
Conseguenze?
«L’altissimo tasso di natalità ha creato un’enorme
concentrazione di giovani in questi Paesi, dove la popolazione fra i 15 e i 25
anni arriva quasi a un quarto del totale. Quando questo succede, i sociologi e
gli storici c’insegnano che si avvicinano i guai». Ma perché scoppiano proprio adesso?
«Perché la progressiva ritirata dell’Occidente da quei
territori, dopo la fine del colonialismo, ha fomentato le speranze di rivalsa,
che invece restano regolarmente deluse. Dalle guerre arabo-israeliane alla
sconfitta di Saddam, le “ragioni” per scatenare un
attacco terroristico sono infinite».