Secolo
d’Italia
28
settembre 2001
Sgradevoli e strumentali le
polemiche sulle affermazioni del presidente del Consiglio, Berlusconi
di Giovanni Cantoni
OSWALD
Spengler, l’autore de «Il Tramonto dell’Occidente. Lineamenti di una morfologia
della Storia, mondiale» —tanto citato almeno come prototipo di un genere della
filosofia della storia — conclude quest’opera con una sentenza di Lucio Anneo
Seneca: Ducunt fata volentem, nolentem
trahunt!, «Il destino guida chi lo segue, costringe gli altri». Si potrebbe
dire che tale «coazione» giunge anche a quel genere di fatti che sono i
pensieri e le parole che li rappresentano. Così, di fronte ai tragici
accadimenti dell’11 settembre 2001 — che si sono verificati in America ma hanno
sconvolto il mondo intero e che hanno tutta l’aria di un semplice inizio —, si
è costretti a pensare e a parlare in proporzione, cioè a pensare in grande e a
utilizzare termini di uso non corrente. Soprattutto a rendersi conto che il
significato attribuito a tali termini è tutt’altro che univoco. Così si
equivoca su «scontri di civiltà» o «scontri di cultura» e su «guerre di
religione», come se i primi dovessero essere, dichiarati dai magnifici rettori
delle università e le seconde dal Papa o da autorità equipollenti, dimenticando
quanto — piaccia o meno — è implicito nei fatti e nelle situazioni. Comunque,
se serviva una prova di queste ricadute lato
sensu culturali, l’offre la cronaca politica Il 26 settembre, il presidente
del Consiglio, on. Silvio Berlusconi in visita a Berlino, ha raffrontato la
civiltà occidentale e islamica. Ed è stata immediatamente polemica. Dando prova
di mirabile sensibilità sul Corriere della Sera del 25 settembre Angelo
Panebianco ha affrontato il tema del relativismo culturale, espressione appunto
culturale, cioè di visione del mondo condivisa dà un gruppo umano, mentre il
relativismo filosofico e morale è stato denunciato con altrettanta puntualità
dall’on. Lucio Colletti su Il foglio quotidiano del 13 settembre.
Cos’ha detto di così scandaloso l’on. Berlusconi? Ha notato una «singolare coincidenza» fra i fondamentalisti islamici e il movimento antiglobalizzazione nella sua radicale critica ai valori del mondo occidentale. Una coincidenza determinata dal fatto che il movente dell’attacco terroristico dell’11 settembre, oltre a voler provocare «un’azione violenta da parte dell’Occidente per ,suscitare una ,reazione popolare dei paesi arabi moderati», era anche di carattere «culturale, ovvero quello di fermare la corruzione del mondo islamico da parte della civiltà occidentale». Per questo il presidente del Consiglio, parlando con i giornalisti al termine dell’incontro con il. presidente russo Vladimir Putin, ha scorto «una singolare coincidenza con il movimento antiglobalizzazione, perché dall’interno dell’Occidente sono state mosse critiche al modo di pensare e di vivere occidentale». «Si cerca di criminalizzare l’Occidente — ha spiegato — come se, fosse colpa dei paesi più industrializzati là povertà di cui soffre larga parte del mondo». Anche a Genova, durante il G8, il presidente del Consiglio ricorda di «aver subito la pressione dei ragazzi occidentali che in modo - estremo e violento manifestavano contro la civiltà occidentale e ciò che questa porta nel mondo».
«Noi.
invece dobbiamo essere consapevoli della superiorità della nostra civiltà — ha
aggiunto in una conferenza stampa —; il nostro è un sistema che ha garantito il
benessere, il rispetto dei diritti umani e, a differenza dei paesi islamici, il
rispetto dei diritti religiosi e politici. Un sistema che ha come valore la
comprensione delle diversità e la tolleranza». «E Occidente è stato un grande
crogiolo di culture, storie, modi di pensare e di vivere, tradizioni. È
esattamente l’opposto del pensiero unico — ha osservato l’on. Benlusconi —. Il
valore (nella diversità è un valore riconosciuto. La capacità di integrazione,
la tolleranza e la solidarietà per gli altri sono valori che fanno della nostra
civiltà un fatto di cui dobbiamo essere orgogliosi». Per questo sbaglia chi
«vuole mettere le due civiltà [quella occidentale e quella islamica, Nota
dell’agenzia] sullo steso piano. Dobbiamo essere convinti della superiorità
della nostra civiltà — ripete il presidente del Consiglio —, una civiltà che
mette al centro, come valore più grande, la libertà, che non è un patrimonio
della cultura islamica». Dunque, si comincia trasformando la rilevazione delle,
diverse prospettive individuali e di gruppo a prova della non esistenza e della
non coglibilità di verità oggettive se non della stessa realtà, quindi di
valori permanenti che ne decorrano; si prosegue guardando con indifferenza ogni
comportamento umano, e si finisce per diventare «comprensivi» anche nei
confronti del terrorismo e per valutare come equipollenti tutte le visioni del
mondo condivise, con una propensione alla svalutazione e’ alla
criminalizzazione della propria, in quanto meno esotica e della quale sfuggono
con maggiore difficoltà pure i particolari scabrosi. Certo, come dice Plinio
Corréa de Oliveira, nella cultura e nella civiltà occidentale vi sono elementi
positivi e negativi, ma — aggiungo — oltre al fatto non trascurabile di essere
la nostra cultura e la nostra civiltà, per quanto e nella
misura in cui è degradata, gli elementi positivi primeggiano su quelli negativi,
le luci hanno la meglio sulle ombre, com’ebbe a dire Papa Giovanni Paolo Il a
proposito della scoperta, della conquista e dell’evangelizzazione del
Continente Americano. Certo, la libertà non è tutto, ma, come la pace, è la
possibilità del molto concesso all’umanità come singoli e come gruppi. E,
piuttosto che far l’apologia dell’illibertà religiosa e politica, merita si
facciano sforzi — questa è anche la Nuova. Evangelizzazione — per provare
storicamente e teoreticamente che l’uomo occidentale ha fatto conquiste
decisive e irrinunciabili perché ha scommesso sull’ipotesi Gesù» — passo da un
richiamo a Blaise Pascal a quello del titolo di un’opera di Vittorio Messori —,
da cui è derivata, come ricaduta ad altri ignota, una straordinaria fecondità,
anche scientifica, alla quale niente ci può indurre a rinunciare, ma che, per
non produrre un delirio di onnipotenza, abbisogna della consapevolezza della
sua causa prima e profonda. Perciò, di fronte alle diverse “culture” —
suggerisce Nicolàs Gomez Dàvila — vi sono due atteggiamenti simmetricamente
erronei: ammettere un solo modello culturale, concedere a tutti i modelli un
identico rango. «Né l’imperialismo petulante dello storico europeo di ieri; né
il relativismo che si vergogna di quello attuale». E non manca chi alla
vergogna aggiunge — accanto a visibili notazioni economiche, costruite a
prescindere dai mutamenti avvenuti nel neolitico, cioè nel 9000 avanti Cristo —
volgare demagogia e afferma di esser grato al Signore dell’esser nato in
Occidente, ma che esser grato al Signore non mi impedisce di pensare che se i
miei quattro figli fossero nati in Biafra e nell’Iraq dell’embargo occidentale,
essi sarebbero morti di fame nell’indifferenza dell’Occidente per le sue
colpe». Al che rispondo che la mia gratitudine verso il Signore per la
condizione in cui sono nati e nella quale vivono i miei quattro figli trova il
suo fondamento nel fatto che non sono nati in nessun paese islamico, dove
avrebbero certo potuto ricevere dai genitori la fede, ma non trasmetterla. E
non voglio — l’esito è un incubo —pensare a cosa sarebbe accaduto loro se, in
un tale paese, non avessero fatto parte della «gente del libro», ma fossero
stati — per esempio — poveri animisti sudanesi.