Avvenire 23 ottobre 2001
Una videocassetta comprata al Centro di viale Jenner esorta alla guerra
santa. E il Washington Post riprende l’articolo di Avvenire
Continuano le polemiche sul Centro islamico di viale Jenner a Milano e sui sospetti di collegamenti a reti del terrorismo islamico. I servizi segreti americani sarebbero convinti che la struttura rappresenta la principale base europea dell’organizzazione di Benladen, Al-Qaeda. Secondo l’intelIigence italiana si tratterebbe invece di una struttura dalla quale sono transitati in passato elementi legati ad attività terroristiche, ma questo non costituirebbe la «prova» di legami organici con l’attività terroristica. A sostegno delle tesi americane, il Washington Post di domenica cita un articolo di Avvenire pubblicato il 6 aprile scorso, in cui si dà conto di una conferenza tenuta dallo sceicco Abu Talal al-Qassimi ai musulmani di Milano e riprodotta su una videocassetta acquistata presso il Centro. Alle spalle del relatore compare uno striscione che augura buone feste ai musulmani della Lombardia. Il titolo della cassetta, in lingua araba, è: «Terrorizzare è dovere religioso, assassinare è tradizione». Consapevoli che nel mondo islamico esistono differenti scuole e che quella illustrata nella conferenza non è certo la più seguita, pubblichiamo ampi stralci del testo integrale, per significare che anche episodi ritenuti marginali non possono essere sottovalutati.
«Il musulmano è terrorista per natura, nel senso che deve
terrorizzare i nemici di Dio, ma è sicurezza e pace per i fedeli. Sono
ignoranti coloro i quali non appena si sentono accusare che l’islam si è
diffuso con la spada corrono a negarlo. Invece, l’islam è la religione della
forza e incita a terrorizzare il nemico e ad essere clementi con i fedeli».
«Il Corano ci ordina di combattere tutti gli associatori,
senza esclusione. La nostra religione non può convivere con nessun’altra. La
Jahiliya (miscredenza, ndr) non può arrivare a delle tregue definitive con
l’islam. Quelli non ci lascerebbero in pace nemmeno se noi lo facessimo».
«Si sbaglia chi crede che il conflitto tra l’islam e gli
altri riguardi problemi di frontiera, o problemi strategici o economici. Non è
vero, la ragione sta nella natura della nostra religione. L’islam deve
dominare».
«La sura rivelataci ai tempi degli “Stati Uniti romani”
dell’epoca, ci illustra che il comportamento che dobbiamo seguire con la Gente
del Libro (ebrei e cristiani, ndt) è identico a quello degli altri infedeli. Non
sono infatti nella Verità coloro che associano a Dio un altro dio, affermano
che Cristo è Figlio di Dio, che Dio è Trinità».
«Dio ci rivolge la parola: Cosa avete?, vi siete accomodati,
vi lasciate attrarre dai piaceri della terra... mentre loro violano la nostra
religione e profanano le nostre terre. Questo vi deve bastare per affrettarvi
ad unirvi al Jihad».
A questo punto lo sceicco racconta alcuni episodi della
sunna (la tradizione desunta dalla vita del profeta) di ciechi o handicappati
che chiedono a Maometto di poter partecipare al Jihad aggiungendo «mentre noi
ci attacchiamo a vari pretesti pur di non parteciparvi».
«Vi scongiuro, fratelli, esiste forse nella nostra epoca un
linguaggio più comprensibile di quello della forza? È l’unico che la gente
capisca: la lingua della forza, della distruzione e del sangue. Credete che
l’America sarebbe mai uscita dalla Somalia se alcuni suoi effettivi non fossero
stati uccisi in una certa maniera? Lascerebbe forse uno dei governanti apostati
dei musulmani la sua carica se non con la forza e il terrore? Negli anni
Ottanta, a Beirut, uno solo si è immolato nel centro dei marines distruggendolo
e costringendo gli americani al ritiro. Uno solo, uno sconosciuto, ha potuto
cambiare con la sua azione il corso di una politica che poteva altrimenti
durare cent’anni. L’America è uscita con umiliazione. Abbiamo poi quegli ulema
che tirano ogni tanto fuori frasi del tipo: l’islam non è la religione del
terrore, ma della pace. si, è vero ma la pace con chi e la religione del terrore
con chi?»
«Fratelli dell’islam, vediamo ora insieme che l’assassinio è
sunna. È noto che se un membro del corpo è colpito da un morbo che rischia di
propagarsi al corpo intero, conviene tagliano. Nella chirurgia, a decidere di
operare il taglio dev’essere un medico, nella società a decidere che un tale
deve essere eliminato deve essere qualcuno con delle prerogative religiose».
«Ora, cosa facciamo? Ci limitiamo forse a leggere questi
racconti per il gusto di saperlo? La nostra religione è ancora oggi umiliata,
il nostro onore calpestato, il nostro sangue sparso... Il Jihad è imposto a
ogni uomo capace. E’ un dovere di ogni musulmano, un dovere che va osservato in
compagnia di un gruppo che opera per il Jihad. E se tu non dovessi trovare
altri, lo fai da solo. Ci sarà Jihad fino alla fine dei tempi, come dice il
Profeta. Dio provvederà quindi a fornire sempre gente disposta a compierlo».
«Qualcuno potrebbe dire: e cosa fareste davanti ai carri
armati dei nemici, davanti ai loro missili, davanti alle grandi potenze nel
loro Nuovo ordine mondiale? Noi siamo pochi. Si, caro fratello, ma l’irruzione
contro i nemici ti è prescritta anche quando sei sicuro che la tua azione non
servirà a niente e che sarai ucciso. Per tre buoni motivi, dicono i nostri ulema:
uno, per ottenere il martirio; due, per provocare l’ira del nemico, sfidato da
un piccolo gruppo; tre, quello più importante, perché i non musulmani sappiano
che tra i musulmani c’è gente disposta a gettarsi pur sapendo che sarebbe
uccisa».
Nel dibattito che segue la conferenza, uno dei partecipanti
chiede allo sceicco per quale motivo i musulmani sono oggi riluttanti nel
compiere il Jihad «Il motivo è la rilassatezza», risponde lo sceicco. «Siamo
diventati attaccati alla vita e odiamo la morte. Data l’umiliante nostra vita,
fratelli, il ventre della terra è posto migliore della sua facciata. Per noi è
questione di essere o non essere. La strada è chiara, dobbiamo solo seguirla,
gettando di dosso ogni dubbio e l’ombra dei riluttanti per andare verso l’onore
del martirio. La spada cancella i peccati».
«All’lmam Ahmad fu chiesto: “quando il servo gode il
riposo?” Rispose: “dopo aver messo il primo piede nel Paradiso”. Non parliamo
di riposo in questo mondo. Non c’è islam senza gruppo: i nostri nemici ci
affrontano uniti, affrontiamoli anche noi uniti».