Il Giornale 13-11-2002
di Luca Doninelli
Nei giorni del dolore, e affrontando argomenti dolorosi, a che pro parlare di bellezza? Cos’ha da dire la bellezza sui dissesti della terra, quelli naturali e quelli prodotti dall’uomo? Eppure, una cosa è evidente: senza la bellezza anche parlare del dolore sarebbe vano. Alla morte non sapremmo aggiungere altro che parole di morte, alla disperazione altra disperazione. Ne è la prova un libro di grande e insolita bellezza, realizzato da un giornalista e da un fotografo italiani, Gianni Valente e Massimo Quattrucci, in forza presso il mensile romano 30giorni.
Un lungo viaggio compiuto da Valente e Quattrucci in Cina ha prodotto “Il tesoro che fiorisce” (ed. 3ogiorni, prefazione di Giulio Andreotti, pagg. 90, euro 20). Il libro non nasce per caso. Come racconta il direttore Andreotti nella prefazione, da molti anni 3Ogiorni lavora affinché si possa arrivare a rapporti ufficiali tra la Santa Sede e il governo di Pechino. La rivista ha seguito spesso, nel corso degli anni, l’evoluzione dei rapporti tra regime comunista e comunità cristiane.
La cosa presenta molte difficoltà. Nel regime comunista che precedette l’avvento di Mao, infatti, la Chiesa cattolica si differenziò al suo interno tra coloro che aderirono all’Associazione patriottica dei cattolici cinesi - un organismo filocomunista teso a rescindere i rapporti tra i cattolici cinesi e la Santa Sede, covo di capitalisti - e coloro che, per restare fedeli a Roma, scelsero la clandestinità e, non di rado, il martirio. Questa ferita, ancora presente nella Chiesa in Cina, è sanabile o no?
Valente e Quattrucci sono andati in Cina senza tesi preconcette, con il solo intento di guardare e offrire poi un resoconto che fosse il più utile possibile a tutti: ai cinesi come a noi occidentali. Il risultato del loro lavoro va, credo, al di là di ogni previsione. Certo, il modo in cui il giornalista guarda quello che passa sotto i suoi occhi può condizionare il quadro generale. Valente si è posto, mi pare, la più semplice ed essenziale delle domande: non «a che punto sono i rapporti tra le due chiese in Cina?», bensì «c’è vita cristiana in Cina?». È infatti da questa seconda domanda che si deve partire per poter rispondere in modo credibile alla prima. Se c’è vita cristiana, allora la ferita è sanabile. Se non c’è vita cristiana, allora è dura.
Ora, questa vita c’è, ed è tutto quello che conta. Lo scritto puntuale di Valente lo mostra con abbondanza. Non sostiene tesi, non rincorre la completezza della documentazione, ma si attiene a un principio di ragion sufficiente tipicamente narrativo: registrare la presenza o meno di un dato. La luce che si leva dallo scritto di Valente si riverbera nell’apparato fotografico - che è il vero corpo del libro - di Quattrucci. Di questa Chiesa provata dal martirio (si leggano in proposito le cifre spaventose ne “I nuovi perseguitati” di Antonio Socci, ed. Piemme) rimane ancora una quantità di gioia sufficiente a confortare tutti i cristiani. Questa gioia si comunica attraverso la bellezza delle immagini di Quattrucci, alcune delle quali come il ritratto del vescovo Giuseppe Zheng - sono vere e proprie opere d’arte non indegne di un Cartier-Bresson.
E, devo dire, anche la voglia di fare un libro bello, ottimamente curato, con immagini belle per una bella storia, e belle per tutti (non solo per i cattolici), è segno di una passione culturale straordinaria. Nell’editoria cattolica non succede tutti i giorni.