“Il Giornale” 25/11/2002

Da che pulpito la predica No global

di Antonio Socci

Quando si è saputo di una veglia di preghiera indetta per venerdì notte nella cattedrale di Cosenza, con l’arcivescovo, ho immediatamente pensato che finalmente qualcuno nel mondo cattolico nostrano si era commosso per le centinaia di cristiani (e anche non cristiani) uccisi in quelle stesse ore per le violenze dei fondamentalisti islamici in Nigeria. Fanatici musulmani si sono infatti scatenati su di loro - poveri capri espiatori- per protestare contro il concorso di Miss Mondo. Che c’entrano i cristiani con Miss Mondo? Nulla, ma sono sempre e comunque loro i bersagli. Carneficine che durano peraltro da anni e che si perpetrano non solo in Nigeria, ma in decine di Paesi, nell’indifferenza del mondo, perché i cristiani sono oggi il gruppo umano più inerme, indifeso e più perseguitato del pianeta, da tutti i regimi illiberali (comunisti, islamici, autocratici, a volte anche parzialmente democratici) e da gruppi terroristici e nessuno se ne cura, nessuno prega (...)  per loro, nessuno si batte per loro. Se non il solitario Giovanni Paolo II e pochissimi altri insieme a lui (talora non cattolici).

Pensavo dunque che a Cosenza qualcuno fosse addolorato per tutti quei morti innocenti. Ma - se sono vere le cronache dei giornali - il vescovo di quèlla città ha dedicato la veglia di preghiera ai no global. Sì, mentre i cristiani venivano massacrati la diocesi di Cosenza chiamava alla solidarietà e alla preghiera per Caruso e gli altri no global arrestati (e in parte rilasciati). I compagni dei Casarini e degli Agnoletto: sarebbero loro i perseguitati indifesi. Le vittime con cui solidarizzare.

Riporto testualmente la cronaca che ne ha fatto il Corriere della Sera perché meriterebbe di finire sui libri di storia come documento del suicidio tragicomico di un certo mondo cattolico. «Ciò che per parecchi di loro (i manifestanti no global, ndr) resterà davvero indimenticabile è quanto hanno vissuto nella veglia di preghiera che s’è tenuta in Duomo per un venerdì notte “un po’ sacro e un po’ rivoluzionario”. Con l’arcivescovo Giuseppe Agostino che andava giù duro contro i magistrati della Procura. E con l’altare addobbato come un centro sociale. Dietro alla croce e ai candelabri, un telo di stoffa bianca: “Giustizia e pace”. Nella prima fila c’era il sindaco Eva Catizone e accanto l’assessore Franco Piperno. Il leader antagonista Vittorio Agnoletto, due banchi dietro. Le mogli dei consiglieri comunali vicino alle ragazze con la kefiah. Certi in ginocchio e certi altri in piedi. Chi pregava e chi no . - Però aggiunge il cronista del Corriere - tutti ad ascoltare monsignor Agostino. “Il Movimento non è sovversivo e noi abbiamo il compito di capire cosa vogliono questi giovani. Il nostro dovere è capire dove va la storia”. Raccontano di uno che, appoggiato ad una colonna, ha perfino alzato il pugno chiuso, in evidente segno di approvazione».

Tralascio altri pittoreschi dettagli della cronaca del Corsera, come la presenza di preti, suore, catechisti e scout dietro agli striscioni di Rifondazione comunista e dei noglobal (mi auguro che non sia andata così). Molto ci sarebbe da dire sul caso di un vescovo evidentemente smanioso di cercare gli applausi del mondo e di accodarsi dietro ai forti e agli arroganti che innalzano le bandiere rosse e il pugno chiuso.

Vorrei pensare a ingenuità, ma è poi difficile spiegarsi quella quantità imbarazzante di incenso: “Questi giovani sono molto, ma molto più interessanti dei giovani del perbenismo, che vanno nei pub e danzano sul nulla”. Anziché mettere in guardia i giovani e soprattutto i giovani cattolici da simboli e ideologie ottuse in nome delle quali nel Novecento altri hanno provocato un oceano di sofferenza e una strage immane di cristiani, il vescovo cerca il plauso della piazza noglobal e - dopo aver insultato senza alcuna ragione i tanti giovani normali che vanno a prendersi una birra al pub - non si risparmia neppure - stando alla cronaca del Manifesto - un banale comizietto antiberlusconiano. Dall’altare.

Quello che più colpisce - dicevo - è la quasi totale indifferenza di gran parte del mondo cattolico italiano, pronto a mobilitarsi per Caruso, di fronte alla tragica sorte dei cristiani nel mondo (circa 600 milioni di cristiani che vivono in regimi persecutori o illiberali). Peraltro è interessante anche notare come hanno riferito del massacro della Nigeria i giornali più vicini ai no global, quelli che esaltano il vescovo di Cosenza. La prima pagina del Manifesto: «Orde di integralisti islamici si scontrano con fanatici cristiani devastando, uccidendo, incendiando».

Così si confondono le vittime e i carnefici. Del resto Liberazione parla di uno «scontro di fondamentalismi». Quello della «Nigeria islamica» e quello di un mostruoso «Occidente cristiano» che sarebbe colpevole di immoralità. Giustamente Avvenire ha - sommessamente, molto sommessamente - protestato per questa versione dei fatti, facendo notare fra l’altro che non esiste una «Nigeria islamica»: evidentemente a Liberazione non hanno tanta voglia di documentarsi e ignorano che il 50 per cento della popolazione è cristiana e che i morti cristiani sono tutti neri, non bianchi occidentali.

Tuttavia anche Avvenire sembra fuggire come la peste la verità di quei tragici fatti. Dice che “la questione etnica porta ancora allo scontro” e poi cerca di convincerci che «dietro l’apparenza di un conflitto che nasce e si alimenta anche delle diversità religiose» ci sarebbero questioni politiche e sociali, addirittura di classe. Hanno una gran paura, in ambiente clericale, a nominare il problema: l’Islam «versus» il cristianesimo. Alle più diverse latitudini, nella più totale diversità di Situazioni sociali e politiche, i regimi islamici o i gruppi fondamentalisti perseguitano i cristiani, li umiliano, li massacrano o ne limitano drammaticamente la libertà. Così come fanno i regimi comunisti. È una verità così difficile da dire? Più si tarda a riconoscerla più drammatico sarà il risveglio suonato, purtroppo, da tanti altri «11 settembre».