Il Giornale della Toscana 31/10/2002

“New global cristiani, non state con i marxisti”

Appello di Don Piero Gheddo alle associazioni cattoliche presenti nel Socialforum: ”Sbagliate ancora”

 

“La globalizzazione non è un male, anzi, il primo globalizzatore dell’umanità è stato Gesù Cristo quando ha detto ai suoi apostoli: andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura”. È lucida e precisa l’analisi di don Piero Gheddo, vercellese di origine, ordinato sacerdote del Pime (il Pontificio istituto missioni estere) nel 1953. Ieri don Gheddo era a Firenze per partecipare a una serie di incontri sul tema della globalizzazione e ha rilasciato questa intervista al Giornale della Toscana.

Don Gheddo ha lavorato nella redazione delle riviste del Pime a Milano fino al maggio’94. Da allora è incaricato dell’Ufficio storico dello stesso Istituto a Roma. Ha scritto una quarantina di volumi, tra i quali «Davide e Golia. I cattolici e la sfida della globalizzazione» (San Paolo, 2001).

Lei da tempo si sta occupando delle tematiche legate alla globalizzazione. Che cosa ne pensa dei contenuti del Sociaforum che sta per arrivare a Firenze?

La contestazione del “modello di sviluppo” in cui viviamo è sacrosanata, ma il Socialforum è fuoristrada nell’analisi del sottosviluppo e nei rimedi proposti.

Che cosa intende con “la contestazione è sacrosanta”?

Cito l’economista statunitense Kenneth Galbrait: «L’americano medio consuma almeno tre volte tanto quello che sarebbe necessario per una vita pienamente dignitosa e umana. Il di più che consuma lo rende meno uomo perché le troppe ricchezze rendono meno uomini allo stesso modo della troppa miseria». La nostra società è egoista e senza gioia. Va migliorata perché così com’è non piace a nessuno. Ma preoccupa il fatto che i no global, e in particolare i no global cristiani, finiscono ancora una volta nel gorgo di un’ideologia che tanti danni ha già prodotto nel sud e nel nord del mondo.

A quale Ideologia si riferisce?

Non basta protestare, occorre produrre frutti positivi. E l’alternativa può venire solo dal Vangelo, non da una supposta “analisi scientifica” di origine marxista-leninista-maoista. I cattolici che partecipano al Social forum rischiano di avallare una protesta che ha un’eredità diretta: quella del comunismo. Le associazioni cattoliche attive fra i no global già in passato hanno preso cantonate solenni, seguendo le mode ideologiche del momento. Hanno esaltato i «liberatori» comunisti del Vietnam che poi hanno portato a due milioni di «boat people», hanno simpatizzato per la rivolta armata di don Camillo Torre e di Che Guevara in America latina e ancora oggi lì i suoi seguaci combattono la loro guerra di liberazione. Non è finita: in Africa l’ideologia Comunista coperta da certi cristiani ha creato disastri, così come non hanno prodotto nulla i “Cristiani per il socialismo”. Anche il grande e caro padre Ernesto Balducci sbagliava quando esaltava i «liberatori del Vietnam» che dovevano salvare il popolo dall’oppressione americana. Adesso i Paesi comunisti si contano sulle dita di una mano. E la situazione è drammatica. Nell’ottobre di due anni fa in Cina ho incontrato un missionario del Pime. Mi diceva che non c’è al mondo Paese più capitalista della Cina. L’imperativo è uno solo: arricchire, lo sfruttamento dei lavoratori è totale, senza limiti.

Eppure i no global nei loro intendimenti vogliono proprio una società più equa e giusta. Qual è il problema?

Il problema è che non si può continuare a ripetere gli stessi errori del passato. Lo dico in primo luogo ai cattolici perché sono coloro che mi stanno più a cuore. I no global, come detto, sbagliano sia l’analisi sia il rimedio. L’analisi è prettamente economica, non tiene conto della cultura, delle usanze, della religione; i rimedi sono anche peggio. Non serve a niente inveire contro una multinazionale, il cambiamento deve partire da ciò che ognuno ha dentro di noi. È più utile passare un mese in una missione in Africa che fare barricate per una vita. E il mondo ricco occidentale e cattolico ha prodotto l7mila missionari.

Ma la globalizzazione è positiva, oppure no?

Il primo globalizzatore dell’umanità è stato Gesù Cristo quando ha detto ai suoi apostoli: andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Si poteva obiettargli che gli altri popoli hanno già le loro culture e le loro religioni. Quand’ero giovane pensavo che noi missionari portassimo il Vangelo per salvare le anime. Poi mi sono accorto, girando il mondo dei poveri, che il Vangelo dà gli stimoli giusti per la promozione umana e la purificazione delle culture, prepara il Regno di Dio già su questa terra. Un regno di pace, amore, perdono, giustizia e solidarietà. Dopo quella di Gesù la prima globalizzazione è stata quella dèi missionari che non hanno atteso l’Onu per interessarsi dei popoli poveri. Questa esperienza i no global la ignorano completamente.

Condivide la tesi dei no global che la colpa del sottosviluppo è degli Stati occidentali?

Quando si continua a ripetere che il 20 per cento dell’umanità si accaparra l’80 per cento delle ricchezze si bara sapendo di barare. Infatti, prima bisogna dire che il 20 per cento delle persone produce l’80 per cento dei beni. I no global danno la colpa all’Occidente cristiano, ma qui si lavora sodo, pur tra mille storture, per migliorare le condizioni della vita di tutti, al contrario in India la teoria del karma ha praticamente regalato secoli di immobilismo. Per non parlare dei Paesi dell’Africa che stanziano una quota enorme del loro Pil per le forze armate. E non sono certo i Paesi occidentali a volerlo. Non vedere questo significa essere miopi e fare delle tentazioni new global solo una bandiera.