Il Domenicale, 23-11-2002
In un periodo in cui il memento di Gianantonio Stella su «quando gli albanesi eravamo noi» scala le classifiche, riesumando i tempi neri in cui gli italiani sciamavano per il mondo con le pezze al fondoschiena, le edizioni “Il Minotauro” di Roma (www. ilminotauroeditore.it) ricordano, con una collana diretta da Rino Cammilleri, l’epoca nella quale i nostri compatrioti il mondo lo riempivano, sì, ma di ammirazione.
La collana esordisce con Un italiano fra Napoleone e i Sioux; sottotitolo: Giacomo Costantino Beltrami: il patriota, l’esploratore, il letterato (pp. 230, €12,00). L’autore è Luigi Grassia, giornalista de La Stampa e, come autore di reportage, gran viaggiatore. Il protagonista della biografia è un gentiluomo italico che si era fatto le ossa negli eserciti napoleonici e che fu in relazione con i maggiori personaggi del tempo.
Va subito detto che, tanto per cambiare, gli italiani non Io conoscono, laddove lo conoscono benissimo i nordamericani e per due motivi: uno, ha scoperto le sorgenti del Mississippi, lungamente cercate dal fior fiore degli esploratori dell’epoca; due, è a lui che si ispirò James Fenimore Cooper, il cantore della “frontiera” americana, nel tratteggiare e lanciare la romantica figura del trapper, quell’eroe alla BIek Macigno tutto frange, mocassini e berretto di tasso.
Beltrami, di cui gli indiani avevano un rispetto reverenziale pari a quello visto nel film Corvo Rosso non avrai il mio scalpo (cult-movie interpretato da Robert Redford, che a sua volta ha ispirato l’apprezzatissimo fumetto Ken Parker), era soprannominato in vari modi. Per esempio «Ombrello rosso», dal momento che l’aitante uomo bianco ne sfoggiava sempre uno mentre pagaiava in solitaria sulla sua canoa. La leggenda nacque però quando i sioux lo videro affrontare da solo l’assalto di un grizzly e abbattere il bestione mentre gli altri si davano alla fuga.
Le sue avventure (con annessa compilazione di resoconti) meritano di essere seguite anche in Messico, ad Haiti e in India. Come vanno gustate le polemiche egli ebbe con personaggi del calibro di Francois-René de Chateaubriand del suddetto Cooper. I quali con quell’italiano scherzavano poco, perché aveva il vezzo (il vizio) di farsi spesso annunciare da una regolare sfida a duello.
Storia, insomma, di una di quelle glorie patrie che la patria ignora.