Il Giornale, 31-12-2002

Il ribelle che si abbandona alla fede

di Sandro Biondi 

Arrischio un’ipotesi per il nuovo anno: la politica sarà sempre di più incardinata nell’etica. Apparirà sempre più chiaro che i problemi sociali hanno una possibilità di essere affrontali e governati solo se avverrà un risveglio etico della coscienza di ogni uomo. Di più: si fa strada la convinzione, anche fra i laici, che il sussulto morale delle coscienze, per essere efficace e per avere quell’intensità necessaria a trasformare la realtà, deve concepire la coscienza come la voce di Dio.

Nel corso di quest’anno che volge al termine, non sono mancati avvenimenti che, come la morte dei bambini di San Giuliano, mettono a dura prova la nostra fede e che, comunque, ci spingono a interrogarci sul senso della nostra esistenza terrena Leonardo Mondadori ci ha lasciato, da questo punto di vista, un testamento spirituale che illumina i nostri passi verso una fede semplice quanto convinta, da cui sgorga gioia e letizia. Ma altre voci, più tormentate e ancora alla ricerca di un approdo sicuro alle loro inquietudini, hanno manifestato analoghe riflessioni. Fra quelle che mi hanno più colpito c’è quella di Vittorio Sgarbi, del quale è uscito in questi giorni un saggio, piccolo quanto prezioso. Una perla che si legge con rapimento e con piacere. L’autore si rivela per quello che è: un uomo non solo intelligente, ma anche delicato e tenero nei suoi sentimenti più interiori. Ma questo saggio è soprattutto un manifesto politico. È il manifesto di un programma politico a favore di una società in cui prevalgano il bene e la felicità delle persone. Il programma di Sgarbi è rivoluzionario, se si mettono a confronto le sue proposte con l’attuale realtà delle nostre città, delle nostre scuole, dei nostri ospedali,dei luoghi in cui viviamo. La miseria di questa condizione si manifesta massimamente quando l’uomo non è in grado di badare a se stesso, quando è aggredito dalla malattia, quando si trova in una condizione di prostrazione fisica e spirituale.

E qui Sgarbi ha parole umanissime, riguardo, per esempio, all’idea che l’ospedale debba essere, come nel passato, «una reggia del malato». Così come l’architettura non può esistere se non in rapporto alle esigenze reali dell’esistenza umana, allo stesso modo l’ospedale non adempie ai suoi compiti più profondi se non riconosce la sacralità del malato, e se, all’interno di esso, non viene testimoniato l’amore per la vita e la compassione per la persona che soffre. Non a caso Sgarbi parla degli stretti rapporti tra la filosofia,l’arte e la letteratura, da una parte,e la medicina dall’altra, e di un filo conduttore che unisce religiosità, carità, assistenza e medicina.Il pensiero di Sgarbi affonda le sue radici e si alimenta della grande eredità umanistica italiana, punto di confluenza fra la tradizione cristiana e le nuove acquisizioni della filosofia e della scienza, fra lo spirito del cristianesimo e le nuove espressioni dell’arte e della letteratura. Oggi la visione unitaria del cosmo propria dell’umanesimo può costituire un prezioso punto di riferimento per raggiungere un nuovo traguardo nella storia della nostra civiltà. Si tratta di recuperare quel senso divino che pervade la natura e l’uomo, quello spinto autenticamente religioso della suora italiana di Tangeri, che tanto ha colpito Sgarbi con la sua immagine serena e insieme fermissima dei santi, e per la sua convinzione che la vita è sempre un valore, una positività assoluta Tutto il ragionamento di Sgarbi si svolge attorno al problema fondamentale del nostro tempo: se Dio è morto, allora tutto e permesso? Sgarbi risponde a questo tormento della coscienza moderna indicando una grande meta all’agire dell’uomo: comportarsi come se Dio ci fosse, assumere il compito di aiutare gli altri in nome di Dio. Homo homini deus. Questa ricerca di Dio, in cui è impegnato anche Sgarbi, è un gradino verso il completo abbandono della fede, ma è un gradino importante che consente di orientare la nostra vita e il nostro impegno civile sulla base di quei valori che possono rendere possibile l’edificazione di una società più rispettosa della dignità di ogni uomo e di ogni donna.