Senza le nascite non c’è futuro

di Robi Ronza

Mentre i mass media americani rivolti al pubblico internazionale non cessano di alimentare il timore per gli effetti di un boom demografico mondiale peraltro ormai già finito, e mentre molte delle più forti fondazioni americane finanziano campagne per il blocco delle nascite un po’ ovunque nel globo, al loro interno gli Stati Uniti fanno una politica esattamente opposta. Da anni la crescita demografica viene sostenuta sia materialmente che culturalmente con risultati notevolissimi: dal 1980 al 2000 gli Stati Uniti sono passati da 218.311.000 a 281.422.000 abitanti, il che equivale a un incremento di oltre 63 milioni di persone.

Il silenzio su tale contraddizione è una prova impressionante del grado di controllo «morbido» ma efficace che la superpotenza ha sui circuiti mass-mediatici mondiali. I dati ricordati qui sopra non sono segreti. Si trovano su qualsiasi atlante geografico-statistico, compresi quelli che chiunque può comprare in Italia in tutte le librerie. Ciò nonostante non riecheggiano nei grandi mass media, e perciò per il grande pubblico è come se non ci fossero. Con grande disciplina si piegano a questa «vulgata» non soltanto dei giovani cronisti inesperti, ma anche autorevoli commentatori, e tanto più quelli che, come ad esempio Alberto Ronchey e Giovanni Sartori, più spesso e più disciplinatamente rinviano al modello americano quasi come alla panacea di tutti i mali.

Fatto sta che gli Stati Uniti, che secondo le statistiche dell’Onu sono al terzo posto nell’indice di sviluppo umano, hanno oggi un incremento naturale del 5,8 per cento, mentre un po’ dappertutto altrove, salvo che in Africa, l’incremento decresce e spesso si annulla.

Venendo in particolare all’Europa, mentre in tutti i Paesi dell’allargamento la crescita è a zero come in Polonia o ha cifre negative, la Commissione dell’Ue sta cercando zitta zitta di far passare norme che vincolano gli aiuti loro rivolti all’adozione di politiche di blocco demografico basate tra l’altro principalmente sull’aborto. Siamo insomma in pratica a una specie di masochismo di Stato, o meglio di Unione, se è vero come è vero che il declino demografico è un motore primario di ristagno e di declino economico a causa dell’impennata della spesa sociale e della caduta della produzione e dei consumi, che sono tipici e irrimediabili nelle società ove il numero degli anziani prevale su quello dei giovani.

Da tutto ciò ci pare emerga con chiarezza l’urgenza, in sede sia italiana che europea, di una politica di sostegno alla famiglia e alla fertilità, preceduta e accompagnata da un movimento di emancipazione culturale dai luoghi comuni anti-natalistici neo-malthusiani che negli ultimi decenni sono stati diffusi a piene mani nelle nostre popolazioni per motivi evidentemente estranei non solo al bene comune ma anche ai nostri legittimi interessi.