Il Giornale venerdì 19 ottobre 2001

VITTIME DELL’ISLAM

di Antonio Socci

Domenica scorsa, mentre varie associazioni cattoliche marciavano alla Perugia-Assisi contro la politica degli Stati Uniti, naturalmente rappresentati come guerrafondai e violenti (come ha segnalato polemicamente l’Osservatore rornano), circa duecento vittime, per lo più cristiani, sono stati provocati in Nigeria da musulmani inferociti che manifestavano anch’essi contro l’intervento americano e hanno finito con l’organizzare la solita caccia all’uomo (al cristiano). Ma nessuno, eccetto il Papa, ha protestato o marciato per quelle vittime dell’islam. Anzi, è proibito anche solo parlare di «vittime dell’islam».

Le nostre associazioni cattoliche inorridiscono solo se a impugnare le armi sono gli americani (sebbene lo facciano per autodifesa, dopo aver subito delle stragi e cercando di evitare in ogni modo vittime civili). Del resto le vittime della violenza islamica in Nigeria nell’ultimo mese sono state almeno 500, e l’anno scorso circa 2000, ma nessuno si è accorto delle parole drammatiche pronunciate al Sinodo dei vescovi dall’arcivescovo di Abuja. Avendo denunciato l’odio religioso che grava sui cristiani, i marciatori cattolici non lo hanno degnato delle minima attenzione. Anche intellettuali o politici fanno articoli, interviste e marce solo per difendere certi regimi e certi despoti dalla presunta «aggressione» dell’Occidente.

In queste ore un missionario italiano, Giuseppe Pierantoni, è stato rapito nelle Filippine dai guerriglieri islamici, i quali ogni anno fanno centinaia di rapimenti e di morti nei villaggi cristiani, ma contro di loro nessuno protesta. L’Occidente invece è sempre colpevole. Anche se si difende soltanto. Nemmeno le persecuzioni dei cristiani del Libano hanno suscitato proteste nelle piazze: anzi, la Siria è stata promossa all’Onu.

Dal mondo cattolico delle marce, delle riviste e delle interviste, vorrei sentir pronunciare - almeno una volta, con la stessa energia con cui si scagliano contro l’Occidente - una denuncia dei regimi o delle organizzazioni islamiche che perseguitano o massacrano i cristiani. Perché no? Perché mai?

Il problema non è lo schierarsi contro l’intervento militare. Personalmente ritengo sia l’unica strada praticabile e non sono state prospettate alternative, ma capisco l’apprensione per la possibile escalation del conflitto. Posso comprendere – con una certa nausea - anche l’ipocrisia delle anime belle. Quello che è inspiegabile e inaccettabile e stomachevole è la deliberata, cinica indifferenza alla sorte tragica di milioni di cristiani vittime delle persecuzioni, l’ostinato silenzio e in certi casi addirittura il solidarizzare con i loro carnefici.

Eppure si tratta di un fenomeno di dimensioni immense e terribili. Nel volume «Their blood cries out», Paul Marshall cita almeno 60 Paesi interessati. Nel Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo realizzato dall’ «Aiuto alla Chiesa che soffre» si calcolano 250 milioni di cristiani che vivono sotto la spada di Damocle della persecuzione. E ogni anno i cristiani uccisi sono circa 160 mila. Una cifra impressionante, che si aggiunge ai 604 missionari uccisi nel decennio 1990-2000. Con casi di vero e proprio genocidio, come quello perpetrato a Timor Est o quello ancora in corso in Sudan dove -secondo il New York Times -2 milioni di uomini, donne e bambini sono stati sterminati dagli «islamici del regime», nell’indifferenza del mondo. Innanzitutto il mondo cattolico europeo.

Un macello per il quale certo non si può accampare la scusa dell’Occidente oppressivo e sfruttatore visto che i cristiani perseguitati e massacrati vivono di solito ai livelli più miseri della società e i missionari sono fra i pochi a portare aiuto vero ai poveri e ai sofferenti. Come si spiega - nonostante la testimonianza del Papa - l’indifferenza di gran parte del mondo cattolico a questo immenso martirio, che fa del cristianesimo oggi la religione più perseguitata del pianeta? Perché nel mondo cattolico si è completamente dimenticata non solo la memoria dei martiri -che da sempre la Chiesa custodisce - ma perfino la preghiera per i cristiani perseguitati. preferendole invece - in molti casi -certe ambigue preghiere per la pace organizzate solo quando sono gli americani a prendere le armi?

Paolo VI, negli ultimi mesi del suo pontificato, lanciò un grido profetico contro «l’autodemolizione della Chiesa», riferendosi ai tanti che operano per «abbattere la Chiesa dal di dentro». Lo spettacolo che offre una parte del mondo cattolico in queste settimane. si può definire in effetti una terribile autodemolizione. Giovanni Paolo II vive in fondo Io stesso dramma che già visse Paolo VI. Del resto lo stesso papa Wojtyla è stato colpito a morte da un terrorista islamico ed è stupefacente la censura che vige su questo particolare che nessuno più ricorda: Alì Agca era, guarda caso, un musulmano (con la stessa spensieratezza si sorvola sull’attentato che era stato organizzato ai danni del Papa nelle Filippine da estremisti islamici e che - secondo una recente rivelazione di Clinton - fu sventato dagli americani).

Mai il Papa è apparso così solo come nel rito che volle, durante il Giubileo dell’anno scorso, per ricordare al Colosseo i martiri cristiani. Per contro stupisce lo zelo con il quale certi cattolici difendono (solo) gli indifendibili regimi islamici o tacciono sul problema Islam, riuscendo a non parlarne neanche in riferimento alla tragedia dell’11 settembre. Un caso incredibile per tutti.

Giulio Andreotti dirige un mensile internazionale ecclesiastico. Sull’ultimo numero compare l’editoriale del senatore sulle stragi dell’11 settembre a New York e Washington. Credo sia uno dei rarissimi commenti (se si eccettuano quelli della stampa islamica più fanatica e pochi altri) che è riuscito a non fare alcun riferimento all’Islam. Neanche di sfuggita. Si parla di generico «terrorismo», ma - a leggere Andreotti - frutto di un complotto oscuro e tuttora indecifrato a sfondo «neocapitalista». A un certo punto il senatore accenna a uno sceicco, ma senza farne il nome e definendolo «anomalo», cioè uno che non ha nulla a che fare con gli sceicchi (peccato che solo per restare al Pakistan, 183 per cento dei pakistani stia con Osama e con i talebani).

Ovviamente l’omissione di ogni riferimento all’islam, da parte di un così navigato uomo politico, non può essere casuale: è autocensura. Cosa non si fa per compiacere gli «amici arabi». Non a caso è stato Andreotti a sollecitare in questi giorni l’approvazione da parte del governo italiano del concordato con i musulmani (idea almeno intempestiva nei giorni in cui si parla di Milano come capitale europea dell’organizzazione di Bin Laden). Ma in fondo si potrebbe anche capire questo adoperarsi per quel concordato, se almeno una volta Andreotti avesse chiesto agli amici arabi un minimo di reciprocità, la possibilità per i cristiani di laggiù quantomeno di non essere perseguitati. Ma non abbiamo mai letto una cosa simile. Meglio non alzare la voce per i diritti di quegli infelici, gli amici carnefici potrebbero offendersi.