Il Giornale, 13 dicembre
2001
di Marina Valensise
Il teologo della Casa Pontificia ha citato la situazione
spirituale della Russia dopo il crollo del comunisimo,
l’ampiezza della scristianizzazione, la tentazione nazionalistica della Chiesa
che dà una coloratura temporale al messianesimo cristiano, nell’attribuire a se stessa una
missione politica o a una nazione una missione religiosa, col rischio nei due
casi di incorrere in una strumentalizzazione politica. Ministro della fede,
colpito dalla leggerezza con cui il mondo intellettuale ha prima appoggiato e
poi dimenticato il totalitarismo comunista, padre Cottier
ha invitato a prendere coscienza delle profonde ferite lasciate da quel
sistema. E ha auspicato non un processo, «che sarebbe malsano e sterile», ma
una riflessione fondata sul coraggio e la verità della memoria.
Non poteva darsi giustificazione migliore del premio a
Barbara Spinelli per la sua diagnosi della «malattia della mente, che impedisce
all’Europa di oggi di apprendere lezioni dal passato». Anche se, dopo Anatoll Krasikov, Sandro Fontana,
Paolo Franchi e Pierluigi Battista, è stato Paolo Mieli a darne la motivazione
più eloquente, quando ha ricordato difficoltà che impediscono di assimilare il
1989 al 1945, cioè la caduta del comunismo alla sconfitta del nazifascismo,
visto che a 12 anni dal crollo del Muro di Berlino ci sono ancora quattro Paesi
al mondo, Cina, Cuba, Vietnam, Corea, che persistono nel proclamarsi comunisti,
mentre fra le generazioni dei postcomunisti
occidentali, quasi nessuno si sente in colpa per aver partecipato da
protagonista a un fenomeno deprecabile. Solo quando ciò succederà si potranno
fare i conti con la memoria. Nel frattempo, il libro di Barbara Spinelli è
carne un lumicino in una stanza buia e serve a tenere accesa la lezione di lrina, la quale, come ha ricordato il presidente della
Camera Pierferdinando Canini, era solita dire: «Più
dell’infamia dei Gulag, mi indigna la viltà».