Avvenire, 28-03-02

Niente restaurazione

IL SETTE IN CONDOTTA: È PREVENZIONE

 di Alfredo Cattabiani

 

 Ritorna il sette in condotta nelle scuole. Vi è chi ha gridato alla restaurazione di una educazione “autoritaria e repressiva”. Ma tutti noi sappiamo in quale pessimo stato sia la disciplina nelle aule. Molti professori si trovano addirittura in difficoltà perché i genitori degli alunni contestano i provvedimenti disciplinari. Purtroppo una parte della nuova generazione è stata poco educata in quelle famiglie dove un malinteso culto per la libertà e l’antiautoritarismo, tipico delle generazioni sessantottine, ha provocato danni psicologici nei figli che richiederanno anni per essere corretti. D’altronde l’indisciplina, la mancanza di senso civico, il disprezzo per i beni della collettività sono ormai così diffusi anche fra gli adulti che è nato un detto molto preoccupante: “ I divieti sono solo inviti: ognuno si regoli come preferisce, secondo il suo interesse”. Per questi motivi il ministro della Pubblica Istruzione ha dichiarato che “ l’educazione civica comincia dal rispetto nei confronti dei propri compagni, dei docenti e dei luoghi nel quali si staudia’. È un’osservazione ovvia, da Bouvard e Pécuchet, ma la situazione è così preoccupante che la decisione pare persino originale, innovativa.

Tuttavia la reintroduzione del sette in condotta con le consegue che ne derivano non sarebbe sufficiente se la scuola stessa non si impegnasse a rimuovere a poco a poco questa maleducazione che ha le sue radi ci, come dicevamo, in molte famiglie non più capaci di controllare le pulsioni dei figli, spesso in balia di pubblicità mode amicizie incontrollate, messaggi negativi. Per questo motivo, con la istituzione di un tutor e con un recupero da parte degli insegnanti, più motivati  economicamente e più rispettati, della loro piena funzione educativa è forse possibile ovviare all’indebolimento della funzione familiare. “Una scuola così concepita, “ha osservato Letizia Moratti In una recente intervista “anche colmando il vuoto di spazi di aggregazione dei giovani, torna ad essere un forte collante sociale fatto di solidarietà e senso civico, di rispetto umano, perché sa fornire alle nuove generazioni una buona formazione morale e spirituale.

Educazione, prevenzione e una dose sopportabile di repressione al tempo stesso; un metodo che ha sempre dato buoni risultati là dove non ci s’illude sulla natura umana e si sa che tutti noi siamo attraversati da pulsioni negative, talvolta persino distruttive, e da contrastare fin dalla prima adolescenza spiegando nello stesso tempo ai ragazzi che la espansione incontrollata del proprio io non può non provocare un intreccio di strumentalizzazioni reciproche, di sopraffazioni dei più deboli, di disgregazione sociale di violenza. Ne erano consapevoli i padri gesuiti che mi hanno educato alternando lo repressione alla formazione e giungendo persino a celebrare pubblicamente gli studenti più educati in un albo d’onore che, esposto nell’atrio accanto a un altro dedicato all’istruzione, segnalava ogni mese chi si era distinto per buona educazione. Un giorno domandai al padre censore, che doveva vegliare sulIa nostra buona condotta, perché si ponesse la buona educazione sullo stesso piano dell’istruzione: “San Francesco di Sales” mi rispose” ha spiegato che la compitezza è il primo  gradino della santità”.

Fui sconcertato da quella criptica definizione; finché un giorno, durante la ricreazione, volli riprendere il discorso. “Vedi,” mi rispose “per diventare una persona beneducata è necessario un primo fondamentale passo: controllare le proprie pulsioni; sicché un’aurea regola comanda che tutti i gesti e i comportamenti che turbino l’armonia interiore vengano banditi e insegna anche massime come ad esempi “Avere troppa coscienza di se stessi o considerarsi al centro del mondo è sgradevole”